PASSEGGIATA PALEOANTROPOLOGICA BELLUNESE

ovvero DOCUMENTARIO SULLA PREISTORIA IN PROVINCIA DI BELLUNO

 

PARTE II - La sepoltura Epigravettiana di Rosna

Fortuna volle che nel 1988 fra gli addetti ai lavori stradali necessari per il riassetto della direttrice di Val Cismon, proprio dove in essa confluisce l'impervia Val Rosna, ci fosse un appassionato amatore di cose antiche a cui parve di riconoscere fra i materiali di sbancamento di un conoide di deiezione, importanti tracce di una possibile presenza antropica.

E gli scavi da lì a poco scientificamente condotti dagli incaricati dell'Università di Ferrara, portarono alla scoperta dei resti del Cacciatore di Rosna, sepolto nel ricovero ora dedicato ad Aldo Villabruna.

 

Rosna non è lontana dal Monte Avena, dislocata nelle ultime propaggini sud-occidentali delle Vette Feltrine. Il sito è sulla sinistra orografica della media Val Cismon in prossimità della confluenza di una strettissima vallecola.

 

Il reperto giaceva supino, immerso nelle ceneri di un freddo focolare, ricoperto da sassi sicuramente tratti dall'allora prospicente torrente. Accanto al braccio sinistro dello scheletro, mutilato dalla benna della ruspa all'altezza dei femori (poi ritrovati) un corredo di oggetti non ricco ma emblematico della quotidianità di un cacciatore di allora, forse contenuto all'origine in un sacchetto di pelle.

 

L'immancabile nucleo di selce, il percussore per toglierne le schegge, una lama di selce ed unico arnese in materiale organico una punta in osso incisa con tacche che farebbero pensare af altrettante prede catturate.

Gli studi effettuati ci dicono di lui l'altezza, 1 metro e 68, l'età, circa 25 anni, di sesso maschile, di corporatura assai robusta, senza apparenti malformazioni, ma dalla finora sconosciuta causa di morte. La prova al Carbonio 14 lo ha datato a 12040 anni dal presente. Un uomo di Cro-Magnon del periodo Epigravettiano, dunque.

Lo scalpore del ritrovamento è accentuato dalla presenza delle pietre poste sul corpo: esse sono dipinte con segni di ocra rossastra. Una reca un disegno geometrico su sfondo violetto quasi a rappresentare uno scheletro stilizzato, un'altra richiama motivi di decorazione arborea, un'altra accenna a movimenti di danza e bottini di caccia.

Tutto ciò è espressione del Paleolitico superiore, di cui si aveva riscontro solo in reperti somiglianti ma ben più tardivi, trovati in Spagna. Probabili scambi culturali a livello Mediterraneo?

Comunque sia, gli oggetti sepolti col corpo e questi ciotoli dipinti comprovano che il nostro Uomo fu deliberatamente sepolto con una serie di azioni premeditate e consecutive che a loro volta presuppongono una mirata capacità volitiva dettata da evidenti sentimenti spirituali.

Era insomma apparso finalmente l'Homo sapiens sapiens, un progenitore consapevole di volere e di realizzare le sue azioni. Quanto erano lontani gli ominidi che forse appena mugugnavano di disappunto sui loro morti abbandonati nella savana.

E quanto è lontano anche l'Uomo di Similaun, pur di datazione assai più recente. Ma la mummia dalla fin troppo romanzata vicenda conclusasi con la morte accidentale in mezzo ai ghiacci, nulla ha saputo raccontarci al di là di notizie sui vestimenti, sulle armi, sui cibi.

Rosna, per contro, ci racconta di precise lacrimevoli ancestrali esequie funebri condotte 7000 anni prima, con precisi riti di partecipazione da parte di un ben determinato Clan formato da famiglie consapevoli e capaci di esternare sentimenti sia in luttuose che in normali circostanze di vita e di morte.

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