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SANTARCANGELO DI ROMAGNA

E' impossibile restare insensibili al fascino di questo grazioso e misterioso paese! Al suo ingresso c'è un Arco costruito tra il 1773 e il 1777 in onore del concittadino Lorenzo Ganganelli eletto al soglio pontificio nel 1769 col nome di Papa Clemente XIV. All'interno di questa antica cittadina di origine preistorica, ci si imbatte in monumenti di notevole interesse artistico: la Chiesa Collegiata, la Pieve Romanica  di San Michele , la rocca Malatestiana risalente con tutta probabilità al 1300 e restaurata da Sigismondo Pandolfo Malatesta nel 1447 e le enigmatiche grotte scavate nel Mons Jovis (Monte Giove) colle tufaceo sul quale ebbe origine l'attuale centro di Santarcangelo nel XII sec. Qui secondo antiche leggende popolari in una grotta non ancora scoperta si troverebbero alcuni telai d'oro in oro massiccio azionati nella notte da instancabili tessitori-fantasma.

MONTEBELLO

La storia ci ricorda che la Fortezza di montebello (Mons Belli) apparteneva alla famiglia dei Montefeltro, passò poi ai Signori di Rimini e successivamente alla famiglia dei Guidi che tutt'ora ne sono i proprietari. Si parla di presenze truci, ma anche di presenze gentili che nelle notti di luna piena ritornano ad ambientare quella che fu per tanto tempo la loro dimora. Uno dei fantasmi rassicuranti è la presenza di  Azzurrina. Nacque albina e l'albinismo era considerato all'epoca un chiaro segno di stregoneria, per cui la madre le tinse i capelli di scuro e la fece sorvegliare a vista da un tutore per non farla rapire e condannare al rogo. La tinta sui capelli stopposi della bimba si schiarì lasciando quel riflesso azzurrino da cui deriva il suo soprannome. Il 21 giugno del 1300 la bimba sparì nel nulla. Si narra che "Azzurrina" stava giocando a palla nei pressi delle scale che conducono ai sotteranei del Castello. La palla, rotolando, rimbalzò per le ripide scale e la bimba cominciò a inseguirla, inoltrandosi nei sotterranei. Il tutore quando si accorse dell'assenza della piccola la cercò nei cunicoli della Rocca, seguendo le risate felici delle piccola, ma non riuscì più a trovarla. I resti di Azzurrina non furono mai più rinvenuti. Che fine fece? Il mistero deve ancora essere risolto. La leggenda narra che ogni cinque anni nella notte del 21 giugno si possono ancora ascoltare le allegre risate di una bimba che il destino la volle albina, l'amore materno la volle proteggere e la superstizione la condannò ad essere segregata ma per sempre presente in mezzo agi uomini nei secoli a venire.

 

ONFERNO

Ci addentriamo nelle pieghe del mistero visitando un grazioso paesino chiamato Onferno, arroccato sulle colline della Valconca, ai confini con il Montefeltro. Il suo antico appellativo deriva dal latino "Castrum Inferi" (1231), divenuto poi Inferno. La tradizione, non supportata da reali basi storiche, ci dice e ai suoi abitanti fa piacere crederlo che il sommo Dante abbia ambientato i gironi del suo "Inferno" traendo spunto da queste cavità. A cambiare il nome al paese ci pensò nel 1810 il vescovo riminese Gualfardo che probabilmente voleva far scomparire dalla sua Diocesi una probabile dimora luciferina, chiamandolo Onferno. Ora e diventato una Riserva Naturale Orientata ricca di rare specie di vegetazione. All'interno della suggestiva grotta, il visitatore potrà addentrarsi nella dimora di una colonia di pippistrelli, la più importante di tutta la Regione (circa 3500 esemplari). Se ora desideriamo provare il brivido dell'ignoto, scendiamo nelle viscere delle grotte e percorriamo i suoi 1350 metri per ammirare l'affioramento dei gessi cristallini e la miriade di "Chirotteri" (pippistrelli) abitatori abituali delle cavità delle grotte di Onferno. Ad Onferno mistero significa non solo conoscenza ma anche avventura. La visita guidata muniti di pila e caschetto, farà provare l'ebbrezza di una avventurosa esplorazione speleologica  accessibile a grandi e bambini. Un'avvertenza, non disturbiamo i piccoli pippistrelli, siamo nella loro casa.

 

VERUCCHIO

Questa cittadina fu scelta 3000 anni fa da un gruppo di uomini che videro in Verucchio un luogo ideale per fondare la loro città, la civiltà di cui stiamo parlando è quella "Villanoviana". Verucchio fu uno dei più importanti centri di questa cultura e il grado di evoluzione di questa civiltà è dimostrabile dagli innumerevoli e straordinari oggetti ritrovati in alcune necropoli. Civiltà antica e nello stesso tempo avvolta dal mistero. Successivamente la sua Rocca diventa centro di vitale importanza sia per la sua funzione militare sia per quella civile. Dante nella Divina Commedia cita il Masti Vecchio, capostipite dei Malatesta, e padre di Giangiotto e Paolo celebri per la storia d'amore e di morte con Francesca. Un mistero irrisolto e non suffragato da alcuna prova certa vuole che fra le mura della Rocca si sia dipanata la storia  a sfondo tragico della tresca amorosa di Paolo e Francesca da Rimini. Questa vicenda viene contesa da diversi Castelli della zona fra i quali Gradara, Rimini, ecc. Lui di bell'aspetto e colto, lei malmaritata con Giovanni lo Zoppo furono colti da improvvisa follia amorosa, complice un libro. Dante narra che "Galeotto fu il libro e chi lo scrisse". Chissa se la bianca figura che alcuni hanno immaginato di vedere nelle notti di luna piena sia veramente l'ectoplasma della irrequieta signora? A noi non è dato a sapere. L'amore fu più forte della violenza della morte.

 

SAN LEO

Così come l'alba e il tramonto segnano il giorno, così il fascino del mistero insegue le notti e la luna. San Leo il cui antico nome è Montefeltro è costruito su un enorme masso roccioso nella Valmarecchia a circa 600 m. sul livello del mare. Il nome deriva dal suo evangelizzatore San Leone che operò in quei luoghi nel IV Sec. Per la sua collocazione, in posizione inespugnabile, visse fatti d'ordine civile, militare, religioso e politico. Sue importanti vestigia storico-artistiche sono la Pieve Pre-Romanica (Sec. IX-XI) con il suo splendido Ciborio (882), il Duomo Romanico Lombardo (Sec. XXI) e il Forte (SEC. XV) che domina incontrastato il paesaggio. Proprio qui fra le mura di questo antico Castello fu rinchiuso in una piccola cella chiamata "il pozzetto" Giuseppe Balsamo, Conte di Cagliostro e qui per volere della Chiesa in quanto mago alchimista trovò la morte il 26 agosto del 1795. Per coloro che lo odiavano fu un falsario, un impostore, un traditore. Per i suoi sostenitori fu un genio, un martire, un santo. Tra abiure e pentimenti trascorse tutta la sua esistenza. Cagliostro fu punito non tanto per quello che aveva fatto, ma per quello che aveva rappresentato. Era stato una spina nel fianco del Papato uscendo dalle fila della Chiesa ed era stato un mago famoso celebrato da Principi e Imperatori. Miserie, ricchezze e stravaganze insieme al mistero sul luogo della sua sepoltura ancora oggi fanno versare fiumi di inchiostro su questo personaggio, affascinante e nello stesso tempo controverso.

 

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