Articolo tratto dal VENERDI'
Venerdìì 13 aprile 2001
Mare manipolato
Aiuto ... arriva il supersalmone
 
E' il primo animale transgenico destinato a finire sulle "vostre" tavole.
Allevato in Canada e Stati Uniti, aspetta solo il via libera dalle autorità di controllo per essere commercializzato. Ma gli ambientalisti insorgono: si rischia un ecodisastro.

Quindici anni di esperimenti, milioni di uva manipolate, una spesa di 10 milioni di dollari, et voilà, il primo pesce biotech é pronto a saltare in padella. E' un salmone dell'Atlantico costruito nei laboratori dell'azienda americano-canadese AquaBounty Farm con sedi a St. John's (Canada) e a Waltham nel Massachusetts. A differenza dei suoi comagni "normali", il trans-pesce é capace di crescere da 2 a 6 volte più velocemente: arriva così alla taglia giusta per il mercato in 14-18 mesi, contro i 36 dei colleghi.

Ma non fa tutto da solo: lo aiuta un altro pesce, il salmone chinook (varietà del Pacifico), che gli ha "donato" un gene bravissimo nel sovrintendere alla produzione dell'ormone della crescita. Il pesce così "dopato" é buono, nutriente e costerà molto di meno (questo sostiene l'azienda produttrice). Ma chi ci dice che é anche sano? Mentre ancora ci interroghiamo sulla sicurezza del mais resistente agli insetti e della soia anti-erbicida, é importante che iniziate a preoccuparvi anche per il salmone a crescita rapida , primo animale transgenico che destinato alla vostra alimentazione.

I padrini di Franknfish (come é stato subito ribattezzato dalle associazioni ambientaliste), tentano di rassicurare: "All'inizio degli esperimenti abbiamo avuto pesci che crescevano davvero troppo in fretta, con un grande sviluppo di cartilagini", dice Arnold Sutterlin, biologo di Aqua-Bounty. "Poi, lentamente abbiamo perfezionato il processo: i nostri salmoni adesso sono in tutto e per tutto uguali agli altri. L'unica differenza è nel loro metabolismo accelerato, che fda risparmiare un quarto dei costi agli allevatori". E' quando si parla di risparmio non é difficile essere convincenti: l'azienda ha dichiarato di avere opzioni da tutto il mondo per la bellezza di 15 milioni di uova. Ma non basta. Adesso tenta anche la strada del "politicamente corretto" sposando l'appello lanciato dalla Fao (che, tra l'altro, nel suo primo rapporto sull'acquacoltura, parla dell'arrivo imminente del pesce biotech): per i prossimi trenta anni é necessario moltiplicare per sette l'allevamento se si vuole raggiungere con questo alimento ricco di nutrienti tutti i popoli. Risponde Aqua-Bounty: "Stiamo studiando delle convenzioni per piccoli allevatori perchè possano pagarci solo dopo aver venduto la loro produzione. Non é filantropia: è un modo per commerciare con i paesi del Sud del mondo", dice Elliot Entis.

Pesce buono e anche bravo, dunque. Perche non ve lo danno subito? La Food and Drug Amministration sta valutando rischi e benefici dell'ogm marino e ha annunciato una decisione entro la fine dell'anno. Per dare il via alla commercializzazione sul territorio americano richiede alcune garanzie: che il pesce non sia portatore di tossine e allergeni, che le sue performance di crescita siano sempre uguali (il che indica una stabilità genetica), che non sia soggetto a tumori o malformazioni in Nuova Zelanda la Società King Salmon ha abbandonato la produzione di mega-salmoni perché presentavano teste deformi).

"Ma ciò di cui la Fda non può occuparsi, perchè non rientra tra le sue più strette competenze, è il "rischio ambientale" dice Luca Colombo di Greenpeace. Due settimane fa l'associazione ambientalista ha manifestato davanti alla sede di AquaBounty e ora lancia la campagna contro Frankenfish in tutto il mondo. In Italia, ha chiesto ai ministri Bordon e pecoraro Scanio di scrivere ai governi di Canada e Usa per fermare il pesce manipolato. "Questi pesci vengono allevati in comprensori che confinano con le acque oceaniche. Basta un temporale o una cattiva gestione dei cancelletti perchè fuggano in mare aperto, andando ad inquinare geneticamente i mari. Queste fughe non sono rare negli allevamenti: nel '99 fuggirono 300 mila pesci da un allevamento del Washington State, altri 280 mila in British Columbia". il timore é quello di un effetto "gene di Troia": gli scienziati Muir e Howard della Purdue University nell'Indiana, hanno fatto un esperimento di laboratorio su pesci mekada modificati con ormone della crescita umano e hanno scoperto che bastano 60 individui modificati per portare all'estinzione un branco di 60 mila nel giro di una quarantina di generazioni.

L'arma vincente di queste creaure biotech é proprio la seduzione fisica: più giovani e prestanti degli altri, attirerebbero le partner, ma avrebbero poi una progenie fragile e debilitata, destinata a vivere un terzo di quella comune. "La situazione che si produce è che l'individuo meno adatto si riproduce: siamo all'esatto opposto delle legge di Darwin". Anche la Società americana di ittiologia e erpetologia é arrivata a conclusioni simili e ha chiesto perciò una moratoria sull'acquacoltura biotech. Non si fidano a quanto pare delle certezze scientifiche di Sutterlin: "I nostri pesci sono sterili al 99,99%", sostiene. "Noi sottoponiamo le uova a un forte sbalzo di pressione che provoca una modifica cromosomica incompatibile con la riproduzione". il dubbio però resta: l'errore umano é sempre in agguato e qualche uovo potrebbe comunque scampare al trattamento di sterilizzazione.

E poi, se verrà accettato il salmone a crescita rapida, la porta si dovrà spalancare automaticamente anche atutte le altre specie trans allo studio in questi mesi: trote iridee, carpe, spigole, pesci rossi e tilapie. Anzi voci sempre più insistenti sostengono che a Cuba e in Cina sono state già immesse sul mercato tilapie e carpe biotech a crescita accelerata. E da noi? "Non c'é nessun esperimento su pesci transgenici e neppure dobbiamo temere che vengano importati in tempi brevi", assicura Stefano Cataudella, docente di Ecologia all'Università di Roma Tor Vergata e autore di un progetto di allevamento biologico, il primo in Italia.

é "vegetariano" e vuole sensibilizzare e stimolare un cambiamento delle normali abitudini alimentari della gente, in modo da eliminare o comunque ridurre il consumo di alimenti di derivazione animale.