STUDIO LEGALE AMATI
Dott. Roberto Amati
Documenti: Tesi di Laurea
Concussione per Induzione di Silvia Amati
2° CAPITOLO : ANALISI DELLA RIFORMA.
3. SEGUE : E DEI REATI DI CORRUZIONE
E DI CONCUSSIONE IN PARTICOLARE.
Tra i delitti dei pubblici ufficiali contro
la pubblica amministrazione , i delitti di corruzione hanno sempre
suscitato meno problemi di altri. Questo perché - secondo il
SANTACROCE - “ a differenza di altre figure di reato ( come l’abuso di
ufficio , o l’interesse privato in atti di ufficio , o il peculato per
distrazione ) che involgono il tema della discrezionalità amministrativa e
il piano comunque scivoloso dei controlli esterni del suo uso concreto , i
delitti di corruzione presentano una struttura piuttosto assestata
e una formulazione più precisa , anche perché la loro incriminazione
risponde ad esigenze di politica criminale comuni a tutte le legislazioni
penali , pressochè in ogni tempo e sotto tutte le latitudini , mirando a
colpire situazioni di arricchimento indebito all’ombra della pubblica
amministrazione. “
[1]
Per
quanto riguarda il reato di corruzione , ci si proponeva soprattutto di
distinguerla dalla concussione e di favorirne la prova mediante
l’introduzione di misure premiali.
Ci si era resi conto , infatti , che lo stretto legame tra corruttore e corrotto poteva essere spezzato solo rendendo non punibile il corruttore. E tale scopo poteva essere realizzato o riconducendo ( ad opera dei giudici ) molti casi di corruzione alla concussione , o concedendo l’impunità al corruttore al fine di ottenere la prova della corruzione. Pertanto , riprendendo alcune proposte degli anni ’60 si propose , per la corruzione attiva impropria , la non punibilità del corruttore quando l’iniziativa di corruzione fosse opera del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio , l’atto della p.a. fosse dovuto e il corruttore avesse presentato denuncia entro un certo termine ( vedi proposte di legge TRANTINO ed altri, Camera n° 1619 del 19 aprile 1980 ; FILETTI , Senato n° 885 dell’ 8 maggio 1980 ; FILETTI , Senato n° 28 del 19 luglio 1983 ; TRANTINO ed altri , Camera n° 410 del 17 agosto 1983 ). Nella proposta di iniziativa dei deputati AZZARO ed altri, presentato alla Camera dei Deputati il 31 maggio 1984 , si prevedeva un aggravamento di pena per la corruzione e l’introduzione dell’esenzione di pena per il corruttore che denunziasse spontaneamente il fatto illecito entro un anno dalla sua consumazione , e comunque , prima che venisse esercitata contro di lui l’azione penale , posto che , si affermò , “ solo attraverso questa via è possibile spezzare la solidarietà criminosa che rende praticamente non scopribile il reato di corruzione. “ [2]
Nello stesso senso osservava il GROSSO :
“ Da un lato è indiscutibile che una delle cause che ostacolano la
scoperta degli episodi corruttivi è individuabile nel patto di solidarietà
che lega oggi i due protagonisti della corruzione , e che pertanto rompere
questa solidarietà significa aprire una breccia che potrebbe rivelarsi
importante nella omertà. Ed è possibile che il p.u. che sa che ,
lasciandosi corrompere , si consegna praticamente nelle mani del
corruttore che , non punibile , potrà denunciarlo senza rischi eccessivi ,
dovrebbe avere una forte controspinta a lasciarsi appunto corrompere. “
[3]
Nel caso della corruzione propria , invece ,
poiché “ il privato assume un atteggiamento che è riprovevole quanto
quello del pubblico ufficiale , e la sua impunità perciò contrasterebbe
con il sentimento di giustizia della generalità dei cittadini “ , si
manteneva la doppia punibilità del corrotto e del corruttore.
[4]
V’è da dire però che tali proposte non
furono recepite nella legge n° 86.
Fra l’altro , nel citato disegno di legge presentato alla Camera nell’ 85 dal Ministro Martinazzoli , si escludeva la possibilità di sottrarre a sanzione il corruttore nei casi di corruzione impropria antecedente, per evitare il rischio di incrementare il fenomeno che si voleva reprimere. Si legge infatti nella Relazione : “ La legittimazione penale dell’operato del corruttore finirebbe , anche sotto il profilo psicologico , col togliere ogni remora ai cittadini , liberi ormai di offrire una retribuzione per assicurarsi una prestazione più sollecita o più efficiente del pubblico ufficiale , o , comunque , per conquistarsene la benevolenza. “ [5] Secondo il VASSALLI poi , la proposta di introdurre una causa di non punibilità per il corruttore che denunciasse spontaneamente il fatto , urtava contro “ la diffusa diffidenza verso il pentitismo in generale e contro il timore , tutt’altro che ingiustificato , di false e strumentali accuse e di una degradazione della giustizia. “ [6]
Dunque , piuttosto che ricorrere a misure
premiali si è preferito colmare un vuoto legislativo, introducendo la
nuova incriminazione della istigazione alla corruzione da parte del p.u.
che offre di compiere atti contrari ai suoi doveri di ufficio , o di
omettere atti di ufficio, in cambio di retribuzione. In questo modo , come
rileva il VASSALLI , si ha l’effetto di “ agevolare denuncie senza timore
di punizione per lo stesso denunciante e senza ricorrere al premio per il
pentito. “ [7]
Mentre per la corruzione i problemi erano di facile soluzione , per la concussione , invece , la situazione era particolarmente complessa. Come è noto , - ricordava il MARINI - secondo il codice Zanardelli si aveva concussione sia nel fatto del pubblico ufficiale che , abusando del proprio ufficio , costringesse ( concussione “ esplicita “ ) o inducesse ( concussione “ implicita “ ) taluno a dare o a promettere indebitamente a sé o ad un terzo danaro o altra utilità , sia nel fatto del medesimo che ricevesse ciò che non gli era dovuto , “ giovandosi soltanto dell’errore altrui. [8] Infatti il codice del 1889 disciplinava all’art. 169 la concussione per costrizione , in tali termini : “ Il pubblico ufficiale che , abusando del suo ufficio , costringe alcuno a dare o promettere indebitamente a sé o ad un terzo , danaro od altra utilità , è punito con l’interdizione perpetua dai pubblici uffici , con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa non inferiore a lire trecento. Se la somma o l’utilità indebitamente data o promessa sia di lieve valore , l’interdizione è temporanea e la reclusione è da uno a cinque anni. “ L’art. 170 dello stesso codice disciplinava , invece , la concussione per induzione e , quale sua forma attenuata , la concussione mediante profitto dell’errore altrui :
“ Il pubblico ufficiale che , abusando del
suo ufficio , induce alcuno a dare o promettere indebitamente , a sé o ad
un terzo , danaro o altra utilità , è punito con la reclusione da uno a
cinque anni , con l’interdizione temporanea dai pubblici uffici e con la
multa da lire cento a cinquemila. La reclusione è da sei mesi a tre anni ,
se il pubblico ufficiale riceve ciò che non è dovuto , giovandosi soltanto
dell’errore altrui. Se la somma o l’utilità indebitamente data o promessa
sia di lieve valore , la reclusione è , nel primo caso , da sei mesi a
due anni ; e , nel secondo caso , da un mese ad un anno . “
La dottrina dell’epoca , individuata nelle prime due ipotesi la “ concussione positiva “ , parlava , per ciò che riguardava la ricezione dell’indebito per esclusivo errore del terzo , di “ concussione negativa “. [9] “ Quali che fossero le motivazioni che avevano indotto il legislatore del 1889 a tali configurazioni dei fatti che ne interessano , - sottolineava il MARINI - chiara appare l’eterogeneità delle ipotesi ricondotte nell’ambito della concussione ; se , infatti ( indipendentemente dall’interpretazione da darsi dei termini “ costringere “ e “ indurre “ , presenti negli articoli 169 e 170 , primo comma c.p. Zanardelli ) , la presenza necessaria dell’abuso costituiva momento unificante delle due figure , per ciò che riguardava , invece , la terza , considerazioni analoghe potevano assumersi solo a condizione di estendere la nozione di “ abuso “ anche alla mera violazione dei doveri di fedeltà generici verso la Pubblica Amministrazione ; conclusione , peraltro , non accettabile. ” [10]
Pertanto la disposizione prevista nel 2°
comma dell’art. 170 del codice Zanardelli ( concussione mediante
profitto dell’errore altrui ) non fu riprodotta nel codice penale Rocco ,
del 1930 , ove il fatto venne configurato come peculato mediante profitto
dell’errore altrui ( art. 316 ). Come ha affermato l’ ARDIZZONE , “ si
giudicò più adeguata siffatta sistemazione , perché si ritenne che la
condotta non importava una azione coattiva del pubblico ufficiale ,
diretta al conseguimento della cosa , ma soltanto la ricezione e la
ritenzione dell’indebito. “ [11]
L’articolo 317, come formulato nel 1930 ,
così stabiliva :
“ Il pubblico ufficiale che , abusando della sua qualità o delle sue funzioni , costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente , a lui o a un terzo , danaro o altra utilità , è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa non inferiore a lire seicentomila. Si applicano le disposizioni del capoverso dell’art. 314. “
In relazione a tale fattispecie criminosa i
maggiori problemi riguardavano la linea di demarcazione tra concussione e
corruzione per talune condotte nelle quali appariva incerta la relazione
tra il comportamento profittatore del pubblico ufficiale e la dazione
di denaro o altra utilità da parte del privato stante che la corruzione ,
nel testo del 1930 , consisteva nel fatto del pubblico ufficiale che
ricevesse per sé o per un terzo, o accettasse per sé o per un terzo la
promessa di denaro o altra utilità per compiere o aver compiuto un atto
del suo ufficio ( art. 318 , corruzione impropria ) ; ovvero per
omettere , ritardare o compiere un atto contrario ai doveri del suo
ufficio ( art. 319 , corruzione propria ). Come ricordava il RUSSO , il
limite tra le due fattispecie restava “ ancorato ai criteri - non
univoci - più volte indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza , con
particolare riferimento alla natura dell’atto o all’autore dell’iniziativa
o della proposta. “ [12]
Criticata , però , la posizione di chi riteneva di poter esaurire la
questione stabilendo di chi fosse stata la iniziativa dell’episodio
criminoso , l’orientamento prevalente , sostenuto anche dalla Cassazione ,
basava la distinzione tra i due delitti sul comportamento delle parti ,
ovvero sulla diversa posizione che nel rapporto venissero ad assumere i
due soggetti. Dunque, mentre nella corruzione le parti operavano su di un
piano di parità e di libera determinazione , nella concussione il privato
era invece dominato dal metus publicae potestatis senza alcuna
possibilità di autodeterminarsi , anche se alla ricerca del minor danno.
[13]
Si configurava così corruzione
ogniqualvolta il privato ed il pubblico ufficiale avessero agito su un
piano paritetico , sì da dar luogo ad un contratto illecito
[14], mentre avrebbe
integrato gli estremi del più grave delitto di concussione la condotta del
pubblico ufficiale che , creando o insinuando nel privato uno stato di
paura o di terrore atto ad eliderne o quantomeno a viziarne la volontà ,
lo avesse costretto o indotto ad esaudire la illecita pretesa al fine di
evitare un nocumento. [15]
In questo modo , secondo il PAGLIARO , la differenza tra concussione e corruzione è venuta a corrispondere , per grandi linee , a quella che , nei rapporti tra privati , si può riscontrare tra un normale contratto e una estorsione. Nel contratto entrambe le parti mirano ad ottenere il massimo utile e a ridurre gli eventuali svantaggi. Nella estorsione , il male minacciato , dipendente dalla volontà di uno dei soggetti , costringe l’altro soggetto a una condotta per lui svantaggiosa. [16]
D’altronde , come sosteneva REPACI ,
mentre nella concussione il privato certat de damno vitando , nella
corruzione certat de lucro captando.
[17]
Più in particolare secondo l’ ARCERI l’ “
elemento caratterizzante della concussione rispetto alla corruzione
risiederebbe ...... nel metus publicae potestatis , consistente in
quello stato di timore e di soggezione che il pubblico ufficiale ispira
nel privato in ragione dei poteri connessi alla sua posizione , e che
induce la vittima a sottostare alla richiesta , rivoltagli dallo stesso
pubblico ufficiale esplicitamente o implicitamente , di una retribuzione
ch’egli sa non essere dovuta. “
[18] Vale a dire , come puntualizzava il GROSSO , che “ attraverso
l’abuso nella concussione il p.u. insinuerebbe nella vittima uno stato di
paura o di timore in grado di annullare o di ridurre la volontà ,
costringendolo o inducendolo ad esaudire l’illecita pretesa allo scopo di
evitare pregiudizio , mentre nella corruzione il privato agisce in piena
coscienza e volontà e al fine di realizzare un indebito lucro in
condizioni di parità “.[19]
E negli stessi termini si espresse una pronuncia della Suprema Corte : “
l’avere creato o insinuato nel soggetto passivo uno stato di paura o di
terrore atto ad eliderne la volontà “.
[20]
Anche lo ZANOTTI concordava sulla importanza del dato dell’abuso quale criterio di distinzione tra concussione e corruzione mancando completamente nella corruzione , dove non si può dire che il p.u. che si accorda con il privato già abusi della qualità o delle funzioni , perché ciò rappresenta solo il contenuto ( futuro ) della pattuizione illecita. Laddove la concussione “ si radica non su una virtuale disfunzione di poteri , che nella corruzione può anche mancare senza che ciò incida sulla consumazione dell’illecito , ma su un abuso attuale , ovvero , il che non muta la situazione , su una minaccia , sempre attuale , di un uso distorto dei poteri che spettano al soggetto qualificato. “ [21] La concussione - come sottolineò il GROSSO - implica l’impunità della vittima privata dell’azione prevaricatrice del pubblico ufficiale ; la corruzione , invece , comporta pressochè sempre la punibilità del privato. La corruzione può essere commessa sia in relazione ad atti conformi ai doveri di ufficio ( corruzione impropria ), sia in relazione ad atti contrari ai doveri di ufficio ( corruzione propria ). [22] La concussione , invece , come affermò il VASSALLI , si esercita il più delle volte proprio in relazione al compimento di un atto conforme ai doveri di ufficio. [23] Inoltre può essere esplicita, ovvero commessa mediante costrizione , oppure implicita , ovvero commessa mediante induzione.
Il GROSSO prospettò diversi casi in cui
stabilire se vi è concussione ovvero corruzione non è difficile. Ad
esempio , se sono accertate specifiche minacce , non vi è dubbio che ci si
trovi in presenza di concussione. Se invece è stato il privato a prendere
l’iniziativa , ed a convincere il politico o il funzionario a realizzare
l’abuso , o a compiere comunque l’atto amministrativo , versandogli o
promettendogli una tangente , ci si trova sicuramente di fronte a fenomeni
qualificabili come corruzione. Però , come sottolineò l’ Autore , “
perché si abbia corruzione non è d’altronde indispensabile che sia il
privato ad assumere l’iniziativa , bastando che alla richiesta del
soggetto pubblico corrisponda una libera scelta del privato. “
[24] E “ nella zona grigia
individuabile fra l’area di operatività certa della concussione e quella
in cui può avere spazio soltanto la corruzione , è possibile spostare l’
accento dall’ una all’ altra delle due incriminazioni , dando corpo a
qualificazioni giuridiche diverse , rilevantissime sul terreno delle
conseguenze pratiche in punto punibilità di uno dei protagonisti
dell’episodio criminoso. “ [25]
Un esempio di questo scambio di ruoli si può
avere , in relazione ad atto contrario ai doveri di ufficio , nel caso in
cui il pubblico ufficiale miri a realizzare l’ indebito attraverso la
minaccia di denuncia dell’ illecito in cui versa il privato.
Al riguardo il PAGLIARO sostenne che il
soggetto che strumentalizza un’attività lecita o doverosa per ottenere
l’indebito , minaccia un male che non corrisponde ad un esercizio abusivo
della pubblica funzione , ma piuttosto al suo fisiologico svolgimento.
[26] In questo modo , però -
obiettò lo ZANOTTI - non si tiene in considerazione l’illiceità dello
scopo che è un elemento “ capace di connotare in termini di disvalore
anche attività in sé legittime ( si veda, ad esempio, quanto dispone
l’art. 1438 c.c. ). “ [27]
Puntualizzava il PALOMBI che “ la
minaccia del pubblico ufficiale di compiere il proprio dovere contestando
l’ illecito fa venir meno l’ ingiustizia del danno che il privato ,
dando l’indebito , mira ad evitare ; ciononostante si ritiene che
ricorrano gli estremi del reato di concussione , perché la minaccia di
denuncia , secondo l’ orientamento del S.C. , se è lecita quando è
commessa per l’ attuazione della legge , diventa illegittima se è
usata quale mezzo per conseguire fini illeciti. “
[28]
Dunque , secondo l’Autore , nella corruzione
, attraverso una serie multiforme di comportamenti esteriori , il privato
finiva per conseguire un vantaggio contra ius ; nella concussione , invece
, la vittima subiva un danno in relazione ad una sua legittima aspettativa
, senza escludere , però , che una eventuale situazione di vantaggio
illecito per il privato potesse costituire l’occasione della quale il p.u.
approfitta per taglieggiare la vittima.
[29]
In casi di questo genere la Suprema Corte aveva a volte , considerando risolutivo il profilo del vantaggio illecito del privato , negata la concussione sul presupposto che il danno prospettato non sarebbe stato ingiusto , ma “ giuridicamente doveroso “. [30] In altre occasioni , però , secondo un orientamento assolutamente prevalente , aveva ravvisato gli estremi di questo delitto , giudicando l’elemento della conformità o contrarietà dell’atto del pubblico ufficiale ai doveri dell’ufficio non essenziale ai fini della ricerca del criterio discretivo tra concussione e corruzione. [31]
Pertanto sarebbe configurabile la
concussione anche quando l’ atto per compiere il quale l’agente pubblico
riceve una somma di denaro o altra utilità fosse illegittimo. Questo
perché , secondo la Corte , anche in questo caso il privato certat de
damno vitando. Si ricordi in proposito , una sentenza delle Sez. Un.
della Corte di Cassazione del 1982 ( ricorrente DESSI’ ).
In un’ altra sentenza dell’ 11 gennaio
1984 , il S.C. ha poi annullato con rinvio una sentenza che aveva
ravvisato gli estremi della corruzione nella richiesta di denaro per non
far apparire diverse irregolarità emerse nel corso di una verifica
fiscale. Si legge infatti nella sentenza : “ Non si comprende come in un
caso come quello in esame si possa ritenere che le due posizioni in
relazione all’ accordo erano perfettamente paritarie e che l’ abuso della
funzione esplicitato con la richiesta di danaro non aveva alcuna capacità
prevaricatrice e costringente la volontà del privato che si determinava
all’ accordo in piena autonomia o libertà di volere “.
[32]
Ma sottolineò il PALOMBI come tale orientamento rischiasse di dilatare eccessivamente l’ ambito del delitto di concussione ammettendo che “ in ogni richiesta indebita da parte del p.u. si celi una pressione psichica sul privato tale da rompere quel rapporto di perfetta parità che contraddistingue l’ accordo illecito tipico del reato di corruzione “. [33]
La stessa S.C. però , in altra sentenza
ancora , ritenne che la consapevolezza da parte del soggetto passivo che
l’ atto del p.u. è illegittimo e contrario ai doveri di ufficio non
provocasse sempre la degradazione del titolo di reato da concussione in
corruzione. Infatti può “ benissimo verificarsi che la gravità del
male minacciato o la subdola pericolosità dell’ azione fraudolenta
mantengano inalterata la posizione di preminenza prevaricatrice del
pubblico ufficiale sulla turbata ed intimorita volizione della vittima
“. [34]
Pertanto , concludeva il PALOMBI , è
l’iniziativa del p.u. che vale a trasformare in azione coattiva di
prevaricazione la minaccia di denuncia dell’illecito in cui versa il
privato al fine di lucrare l’indebito.
[35]
Lo ZANOTTI evidenziò l’importanza del criterio del “ metus “ quale discrimine tra le due fattispecie , in casi come quello appena citato in cui la minaccia abbia per oggetto un danno doveroso . “ Il terreno di scontro fra diverse sistemazioni teoriche si incentra sul caso emblematico in cui all’abuso del p.u. si accoppi anche il vantaggio del privato. Non sussistono questioni di apprezzabile rilievo allorchè si sia in presenza di una minaccia di danno ingiusto per il privato che sia costretto all’indebito per evitare un male ingiusto più grave. La presenza di una prospettiva vantaggiosa per il privato , invece , pare in grado di sconvolgere ogni architettura dommatica. Lì si misura l’insufficienza dei singoli criteri sinora elaborati “. [36] Dunque , secondo tale Autore , il criterio dell’abuso era il solo in grado di tracciare una linea di demarcazione tra le due fattispecie di reato . Su ciò concordava il RUSSO , secondo il quale bisognava guardare all’atteggiamento psicologico del pubblico ufficiale , al suo comportamento costrittivo o induttivo , e alla sua capacità di vincere la resistenza del privato alterandone la libertà di volizione e determinazione. “ La vittima deve avere la seria e obiettiva consapevolezza di subire un’ingiustizia , non deve cogliere l’occasione dell’iniziativa del pubblico ufficiale per conseguire un vantaggio illecito. “ [37]
Allo stesso modo secondo il PALOMBI
l’atteggiamento psicologico del pubblico ufficiale non poteva valutarsi
disgiuntamente da quello del privato , nel senso che “ la condotta
abusiva nell’incidere sulla sfera di azione della privata resistenza ,
minandola alla base e ponendosi come motivo influente sulla condotta
volitiva della vittima , fa sì che la decisione di quest’ultimo di aderire
alla richiesta del pubblico ufficiale , cedendo alla sua pressione ,
costituisca la proiezione esterna della rottura dell’equilibrio dei
rapporti tra autorità ed individuo ed il riflesso nell’ambito della P.A.
dello scopo realizzato dal p.u. “.
[38]
Per il PAGLIARO , invece , il problema
andava impostato su basi più semplici , seguendo il criterio dell’
iniziativa . Così il compimento di atto contrario ai doveri di ufficio
avrebbe configurato sempre delitto di corruzione propria , mentre quello
di un atto di ufficio concreterebbe concussione in caso di iniziativa
presa dal p.u. e corruzione in caso di iniziativa presa dal privato
. [39]
Ancora più problematica risultava la distinzione tra le due figure di illecito in relazione agli atti conformi ai doveri di ufficio , ossia , come osservava il PALOMBI , in quelle manifestazioni della concussione implicita , e sono le più numerose , che trovano nella conformità dell’atto ai doveri dell’ufficio un elemento fondamentale di identificazione con la corruzione impropria , in cui l’autore mira ad ottenere col mezzo illecito un atto doveroso. [40] Nella concussione implicita è il pubblico ufficiale che induce il privato a pagare per un atto conforme ai doveri di ufficio. Nella corruzione impropria è invece il privato che corrompe il pubblico ufficiale per ottenere un atto d’ufficio , dunque dovuto. Secondo il PALOMBI comunque , la confusione dei ruoli tra concusso e corruttore in realtà era conseguenza della estrema incertezza dei criteri adottati per distinguere le due figure criminose [41] : per il PAGLIARO infatti nella retribuzione per il compimento di un atto di ufficio era dubbia la configurabilità del delitto di corruzione impropria , in favore del più grave delitto di concussione qualora l’iniziativa , nel caso concreto , fosse stata presa dal pubblico ufficiale. [42] Per l’ INFANTINI , al contrario , la legittimità dell’atto compiuto dal pubblico ufficiale costituiva un elemento di valutazione decisivo al fine di individuare gli estremi della corruzione impropria , dal momento che il privato mira a realizzare un vantaggio non ingiusto. [43] Il VASSALLI , invece , rilevò che “ la figura del corruttore , nella corruzione attiva impropria , confina non di rado con quella del concusso e , spesso , se il confine non si coglie con chiarezza o se il soggetto passa dalla posizione di concusso a quella di corruttore , ciò è frutto di uno stato di concussione ambientale e relativamente indeterminata che finisce con il sospingere all’atto della corruzione attiva verso un soggetto determinato. Ma in tale ipotesi pare giusto differenziare il disvalore della condotta dell’autore della corruzione attiva impropria da quella del corruttore attivo proprio “. [44]
In altre parole il consolidato e costante
costume di pretendere un corrispettivo indebito per il compimento di atti
amministrativi , creava una situazione ambientale tale per cui il pubblico
ufficiale non aveva necessità di porre in essere uno specifico
comportamento intimidatorio o capzioso. Infatti tale situazione era di per
sé sufficiente a condizionare la volontà del cittadino , convincendolo
della ineluttabilità del pagamento e dunque obbligandolo ad attenersi ad
una prassi creata da un sistema corrotto. In tali casi - rilevò il
PALOMBI - “ la condizione del privato è il riflesso di una intimidazione
d’ambiente in cui se non si unge la ruota nulla si muove , mentre la
condotta delle parti è espressione di un sistema corrotto fatto di
ammiccamenti , di reciproche intese , di beneaccette offerte di danaro ,
in un contesto in cui è del tutto assente l’azione di taglieggiamento a
contenuto sopraffattorio che è tipica della concussione “.
[45]
Circa la confusione dei ruoli tra concusso e corruttore , a prescindere dall’iniziativa nel caso specifico , affermava infatti il DE MARSICO che , “ anche se nel caso concreto il privato è stato spinto a prendere l’iniziativa , ciò non comporta l’automatica esclusione del reato di concussione a favore della corruzione , perché la soggettivazione degli atti esteriori deve essere fatta guardando non a chi materialmente li compie ma a chi con la sua azione criminosa ne pone la causa , li avvia ed ottiene che siano compiuti “. [46] Per risolvere tali incertezze interpretative , nel corso della IX e della X legislatura furono proposte soluzioni abbastanza contrastanti fra di loro. Tale varietà , ad opinione del PALOMBI , era un indice eloquente e significativo dei dubbi e delle perplessità relativi alla impostazione di fondo del problema. [47] Si andava , infatti , da un’ipotesi di ampliamento del reato di corruzione , che avrebbe dovuto assorbire i casi maggiormente controversi di concussione per induzione , con la previsione della esenzione di pena per il corruttore nel caso di corruzione impropria , alla soluzione opposta di configurare una forma di concussione cd. impropria capace di assorbire molti casi considerati fino ad allora di corruzione.
L’obiettivo comune a tali ipotesi , rilevava
però il PALOMBI , era quello di “ escludere la responsabilità del
privato nei casi in cui il pubblico funzionario ricevesse una indebita
prestazione , cd. tangente , approfittando di uno stato obiettivo di
soggezione in cui veniva a trovarsi il cittadino “.
[48]
Nella proposta di iniziativa dei deputati AZZARO ed altri n° 1780, presentata alla Camera dei Deputati il 31 maggio 1984 ( nel corso della IX legislatura ), si cercava di razionalizzare il sistema penale sopprimendo la figura della concussione per induzione , come si leggeva nella Relazione : “ Sembra pertanto utile far rifluire nell’unica figura della corruzione tutti quei casi di concussione che possono dar luogo a confusione e che in sostanza si identificano in quella particolare fattispecie che è rappresentata dalla concussione per induzione , con abuso della qualità di pubblico funzionario. La concussione , pertanto , rimarrebbe limitata all’ipotesi in cui il pubblico ufficiale , al quale v’è ragione di aggiungere anche l’incaricato di un pubblico servizio , costringa il privato , con atti espliciti di intimidazione o di violenza , a dargli danaro o altra utilità. “ [49] Così infatti recitava l’articolo 1 della proposta di legge : L’art. 317 del codice penale è sostituito dal seguente : “ Art. 317.- ( Concussione ).- Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che , abusando delle sue funzioni , costringe taluno a dare indebitamente , a lui o ad un terzo , denaro o altra utilità , è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa non inferiore a lire seicentomila. Si applicano le disposizioni del capoverso dell’articolo 314. “
Ma la difficoltà pratica di distinguere i
fatti di corruzione impropria da quelli di concussione deve essere apparsa
insuperabile se , nonostante tutto , come notò il PALOMBI , “ si è
sentito il bisogno di prevedere l’abrogazione della norma che punisce il
corruttore nel caso di corruzione impropria , nella intima convinzione di
non trovarsi di fronte ad un vero e proprio corruttore , quanto piuttosto
ad un soggetto che subisce un torto per effetto dell’altrui sopruso. “
[50]
Infatti , nella Relazione al disegno di legge si rilevava che il privato che dà denaro o altra utilità , per ottenere un atto dovuto , in realtà “ soggiace ad un’imposizione implicita “ e “ non è dunque giustificato considerarlo colpevole per il fatto di doversi piegare al malcostume di pubblici ufficiali che si fanno pagare prestazioni e comportamenti a cui sono per legge tenuti. “ [51] In altre parole , si cercava di far rientrare nella corruzione un’ipotesi di concussione , ma poi si era obbligati a prevedere espressamente la non punibilità del privato nella consapevolezza di trovarsi di fronte ad un soggetto che è vittima del comportamento sopraffattorio del pubblico ufficiale.
Secondo la proposta AZZARO , dunque , la
condotta del delitto di concussione era rappresentata in quella del
pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che ,
abusando delle sue funzioni , costringe taluno a dare indebitamente a
lui o a un terzo denaro o altra utilità. Rispetto a quanto disposto
nell’articolo 317 oggi vigente , i limiti della condotta apparivano più
ristretti. Infatti scompariva l’elemento dell’abuso della qualità ; la
costrizione si indirizzava alla dazione e non anche alla promessa ; veniva
soppressa la forma della concussione per induzione.
“ Così formulata - secondo ARDIZZONE - la fattispecie guadagnava in linearità , saltando a piè pari tutti i più spinosi problemi esegetici posti dall’articolo 317 c.p. : la distinzione tra abuso di funzione ed abuso di qualità ; la determinazione della induzione. “ [52]
Questa proposta , tuttavia , fu criticata in
occasione del Convegno di Siracusa del 1986 sulla “ Riforma dei delitti
dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione “ dal PALOMBI
in quantochè , limitando l’ambito della concussione alla sola ipotesi in
cui il pubblico ufficiale o l’incaricato di un p.s. costringesse il
privato , con atti espliciti di intimidazione o di violenza , a dare
denaro o altra utilità , si facevano rientrare arbitrariamente nella
corruzione ipotesi di reato del tutto eterogenee , solo perché si
rilevavano di difficile collocazione. Veniva risolto in tal modo un
problema di differenziazione con la soppressione della concussione per
induzione. Però , come sottolineava l’Autore , si snaturava il reato di
corruzione che veniva ad annoverare ipotesi che presentavano caratteri
difficilmente assimilabili alla sua natura intrinseca , oltre a rendere
problematica la qualificazione giuridica delle ipotesi di concussione
fraudolenta. [53]
Secondo lo ZANOTTI , invece , non era
affatto sicuro che , per dirimere le incertezze , fosse sufficiente un’
unica ampliata figura di corruzione , che comprendesse anche le forme di
concussione per induzione. La Relazione , in effetti , come sottolineava
tale Autore , non illustrava questa convinzione e non spiegava perché
quello che prima era perseguibile come concussione induttiva , in quanto
esisteva l’ elemento dell’ abuso , poi potesse essere punibile a titolo di
corruzione. “ Questa singolare sottovalutazione di un indice distintivo
che non pare sostituibile - affermò lo ZANOTTI - sembrerebbe
denotare una incertezza teorica abbastanza incomprensibile se si considera
l’autorevolezza delle voci dogmatiche cui il progetto esplicitamente
si ricollega “. [54]
In realtà secondo l’ Autore “ un’operazione di semplice travaso di ipotesi
dall’una all’altra fattispecie pare sintomatica di una singolare
incertezza dogmatica circa i criteri che possono tracciare una efficace
linea discriminante tra i due illeciti “.
[55]
Si ricordi che la proposta di sopprimere la
concussione per induzione fu ripresentata nel progetto ANDO’ ed altri
n° 1219 , del 27 luglio 1987.
[1] G. SANTACROCE “ I delitti di corruzione “ , in Pubblica amministrazione e giurisdizione penale , cit. , p. 85. [2] Disegno di legge AZZARO ed altri, p. 8 , in LAVORI PARLAMENTARI , 51 / I , X Legislatura - dicembre 1987. [3] C.F.GROSSO “ Il delitto di corruzione tra realtà interpretative e prospettive di riforma “ , cit. , p. 356. [4] Disegno di legge AZZARO ed altri , cit. , p. 8. [5] Disegno di legge ministeriale , p. 3. [6] G.VASSALLI “ La riforma dei delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A. “ , in Quaderni della Giustizia , 1985 , n° 46 , p. 3. [7] G.VASSALLI , op. ult. cit. , passim. [8] G.MARINI , voce Concussione , in Enc. Giuridica , p. 2. [9] Cfr. MANZINI Trattato di Diritto Penale Italiano , V , Torino , 1926 , 107. [10] G.MARINI , op. cit. , passim. [11] S. ARDIZZONE “ Il delitto di concussione alla luce di recenti proposte di riforma “ , in AA.VV. “ La riforma dei delitti contro la P.A. “ , cit. , p. 328. [12] V.RUSSO “ I reati contro la P.A. a seguito della legge 86 / 90. “ , cit. , p. 103. [13] Cass. Pen. , VI sez., 17 febbraio 1989 n° 2681 , REGGI. Cfr. Cass., sez. VI, 87 / 177707 in Stella - Zuccalà , Commentario breve al codice penale , Complemento giurisprudenziale , Padova , 1990 , p. 439. [14] Cass. , Sez. VI , 31 gennaio 1986 , imp. Ferrari ; Cass., Sez. VI , 6 dicembre 1988 , imp. Reggi , Cass. Pen. 1990 , 408 , n° 371 ; Cass. , Sez. VI , 14 dicembre 1988 , imp. Liotti , ivi , 841 , n° 692. [15] Cass. , Sez. VI , 10 giugno 1989, imp. Teardo, Cass. Pen. 1990, 1354 ; Cass. , Sez. VI , 27 febbraio 1988, imp. Cannone , ivi 1989 , 581 , n° 505 ; Cass. , Sez. VI , 28 ottobre 1987, Aricò , ivi , 49 , n° 21. [16] A.PAGLIARO “ Per una modifica delle norme in tema di corruzione e concussione “ , Relazione introduttiva al Convegno su “ Revisione e riformulazione delle norme in tema di corruzione e concussione “ , Bari , 21 - 22 aprile 1995 , in Riv. Trim. Dir. Pen. dell’ Economia 1995 , p. 57. [17] REPACI “ Sui caratteri distintivi fra concussione e corruzione “ , in Foro it. , 1942 , II , 137. [18] A. ARCERI “ Il metus publicae potestatis quale criterio distintivo tra corruzione e concussione “ , in Giurisprudenza di Merito , 1992 , p. 1287. cfr. MIRRI , Corruzione , Enc. Giur. Treccani , Roma 1988 , vol. IX , 8 ; MARINI , Concussione , Enc. Giur. Treccani , vol. VII , Roma 1988 , in part. 8 - 9 ; VENDITTI , Corruzione , Enc. Dir. , vol X , Milano 1962 , 762 ; CHIAROTTI , Concussione , Enc. Dir. , vol. VIII , Milano 1960 , 706. [19] C.F.GROSSO “ Il delitto di corruzione tra realtà interpretative e prospettive di riforma “, in AA.VV. “ La riforma dei delitti contro la P.A. “ a cura di A.STILE , cit. , p. 347. [20] Cass., sez. VI , 10 giugno 1989. TEARDO , in Cass. Pen. mass. Annot. , 1990 , m. 1354. [21] M.ZANOTTI “ La riforma dei delitti di concussione e corruzione tra dogmatica penale e politica criminale “ , in AA.VV. “ La riforma dei delitti contro la P.A. “ , cit. , p. 377. [22] C.F.GROSSO , op. ult. cit. , p. 339. [23] G.VASSALLI “ Corruzione propria e corruzione impropria “ , in Giust. Pen. 1979 , II , 336 / 337. [24] C.F.GROSSO “ I reati contro la pubblica amministrazione “ , in Democrazia e Diritto , 1992 , 2 , p. 236. [25] C.F.GROSSO , op. ult. cit. , p. 340. [26] A.PAGLIARO “ Principi di diritto penale , Parte speciale , Milano , 1977 , p. 92. [27] M. ZANOTTI , op. cit. , p. 379. [28] E.PALOMBI “ Il delitto di concussione nelle prospettive di riforma “ , in AA.VV. “ La riforma dei delitti contro la P.A. “ , cit. , p. 276. Cfr. Cass. 28 gennaio 1971 , Cass. Pen. Mass. Ann. , 1972 , p. 380 ; Cass. 21 gennaio 1980 , Giust. Pen. 1981 , II , p. 93. [29] E.PALOMBI , op. cit. , p. 287. [30] In tal senso cfr. Cass. 10 febbraio 1982 , Giust. Pen. , 1983 , II , p. 93. [31] In tal senso cfr. Cass. 15 giugno 1981 , Mass. uff. , 1981 , n° 149 , p. 382. Cass. 10 marzo 1981 , Riv. Pen. , 1981 , p. 706. Cass. 21 gennaio 1980 , Riv. Pen. , 1980 , p. 711. Cass. 28 gennaio 1971 , Giust. pen. 1972 , III , p. 181. [32] Cass. 11 gennaio 1984 , Giust.pen. , 1984 , III , p. 273. [33] E.PALOMBI , op. cit. , p. 279. [34] Sez.Un. 27 novembre 1982 , Giust.pen. , 1983 , II , p. 258. [35] E.PALOMBI , op. cit. , passim. [36] M. ZANOTTI , op. cit. , p. 377. [37] V.RUSSO , op. cit. , p. 107. [38] E.PALOMBI , op. cit. , p. 283. [39] A.PAGLIARO “ Principi di diritto penale , Parte speciale , Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione “ , 4° ed. , 1986 , p. 146. [40] E.PALOMBI , op. cit. , p. 288. [41] E.PALOMBI , op. cit. , passim. [42] A.PAGLIARO “ Principi di diritto penale , parte speciale , Delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione “ , cit. , p. 147. [43] INFANTINI “ L’abuso della qualità o delle funzioni di pubblico ufficiale in diritto penale “ , 1974 , p. 115. [44] G.VASSALLI “ Corruzione propria e corruzione impropria “ , in Giust. Pen. , 1979 , II , 336 - 337. [45] E.PALOMBI , op. cit. , p. 299. [46] DE MARSICO “ Sul valore dell’iniziativa nella differenza tra concussione e corruzione “ , in Arch. Pen. , 1948 , II , p. 204. [47] E.PALOMBI , op. cit. , p. 293. [48] E.PALOMBI , op. cit. , passim. [49] Relazione alla proposta di legge AZZARO ed altri , n° 1780 , 31 maggio 1984 , pag. 9 - 10. [50] E.PALOMBI , op. cit. , p. 291. [51] Relazione alla proposta di legge AZZARO , n° 1780 , cit. , pag. 10. [52] S.ARDIZZONE “ Il delitto di concussione alla luce di recenti proposte di riforma “ , cit. , pag. 326. [53] E.PALOMBI , op. cit. , p. 290. [54] M. ZANOTTI “ La riforma dei delitti di concussione e corruzione tra dogmatica penale e politica criminale “ , cit. , pag. 376. [55] M. ZANOTTI , op. cit. , pag. 374.
Contattaci
Studio Legale Amati 00019 Tivoli (Roma) - Via Due Giugno, 18 Tel/Fax : 0774.314845
|
Documenti:
Powered by
|