STUDIO LEGALE AMATI
Dott. Roberto Amati
Documenti: Tesi di Laurea
Concussione per Induzione di Silvia Amati
2° CAPITOLO : ANALISI DELLA RIFORMA.
5. LA RIFORMA DELLE QUALIFICHE
SOGGETTIVE.
Per quanto riguarda le qualifiche
soggettive , bisogna ricordare che la proposta di riforma degli articoli
357 e 358 è stata inserita soltanto all’ultimo momento nella legge 86 /
90.
Prima di allora nessuno dei progetti di
riforma presentati nella IX e nella X legislatura aveva ritenuto di
doversi occupare di questo aspetto della normativa , sebbene da tempo le
nozioni di “ pubblico ufficiale “ e di “ incaricato di pubblico
servizio “ fossero al centro di un acceso dibattito dottrinale con
riferimento soprattutto alla natura giuridica dell’attività svolta dagli
operatori bancari. [1]
Tale mancata riconsiderazione delle
qualifiche soggettive pubbliche potrebbe indurre a ritenere che il
carattere apparentemente “ neutro “ delle indicazioni fornite dagli art.
357 e 358 c.p. ( nella formulazione del 1930 ) fosse considerato idoneo a
ricomprendere tutte le nuove fenomenologie suggerite dalla sempre più
pregnante commistione di modelli organizzatori intermedi fra pubblico e
privato , senza che si rendesse necessario riformulare il contenuto di
quelle norme. D’altro lato , tuttavia - per il SANTACROCE - ciò poteva
anche significare un’altra cosa : che una riforma di tal genere fosse
molto difficile da realizzare. “ Il settore del credito rappresentava
solo il punto di emersione del problema , rispetto a tante altre aree di
attività - assicurazioni , radio-televisione , partecipazioni statali -
per le quali si erano già proposti ( ed è prevedibile che si riproporranno
) problemi di inquadramento analoghi “.
[2]
Forse ancora , come sostenuto dalla SEVERINO DI BENEDETTO , si ritenevano sufficienti a chiarire il problema le tre sentenze pronunciate in materia dalle Sezioni unite della Corte di Cassazione : la sentenza CARFI’ del 10 ottobre 1981, la sentenza TUZET del 23 maggio 1987 e la sentenza VITA, CRESTI ed altri del 28 febbraio 1989. Decisioni che in realtà , secondo l’ A., non avevano affatto risolto il problema in quanto si riferivano esclusivamente agli operatori bancari né fra l’altro erano perfettamente in linea tra di loro. [3]
Tale proposta di riforma , inoltre , non
naque in sede parlamentare bensì per iniziativa di una parte della
dottrina nel corso di un Convegno di studi tenutosi a Siracusa
nell’ottobre 1986 , diretto a dare il contributo della dottrina
penalistica alla riforma dei delitti contro la pubblica amministrazione e
i cui risultati confluirono poi in Parlamento.
Ciò che tale dottrina proponeva - come ha
ricordato il BERTONI - era , “ da un lato , di introdurre nella nuova
disciplina , con riferimento alla funzione amministrativa , un criterio
normativo idoneo a delimitare , nel suo complesso , l’attività pubblica
rispetto a quella privata e , dall’altro , indicare i parametri che ,
all’interno di questa prima e più ampia distinzione , servissero a
differenziare , anch’essi con una precisa formula normativa , la pubblica
funzione amministrativa dal pubblico servizio “.
[4]
In occasione del Convegno si sottolineò la
incongruenza di una riforma dello statuto penale dei reati contro la
Pubblica Amministrazione che lasciasse immutata la vecchia e pericolosa ,
per la sua indeterminatezza , nozione di pubblico ufficiale e di
incaricato di pubblico servizio. Così la SEVERINO DI BENEDETTO , una volta
esposti i problemi interpretativi relativi agli articoli 357 e 358 ,
criticò i progetti di riforma dei delitti contro la pubblica
amministrazione i quali , “ se da un lato tenevano conto del profondo
mutamento intervenuto nella stessa articolazione dell’attività
amministrativa ; se da un altro lato accentuavano i profili funzionali -
oggettivi connessi al disvalore di comportamenti illeciti nell’ambito
della pubblica amministrazione ; per altro verso , contraddittoriamente ,
trascuravano del tutto di prendere in considerazione - nella formulazione
di allora - il problema delle qualifiche soggettive .”
[5]
“ La lacuna si presentava di chiara evidenza
, - proseguiva l’A. - laddove si consideri che l’indicato problema
rappresenta - per un verso - la cornice nella quale vanno inquadrate le
singole fattispecie di reati propri contro la pubblica amministrazione ; e
che esso ha costituito e continua a costituire - per un altro verso -
uno dei punti di maggiore e più preoccupante oscillazione
giurisprudenziale “. [6]
I problemi che si ponevano erano da un lato
quello di abbandonare la nozione soggettiva che sembrava accolta nel
codice Rocco ( ma in realtà non lo era ) in favore di quella oggettiva ;
dall’altro lato quello di precisare la posizione degli enti pubblici
economici in genere, anche nel caso in cui non si trattasse di aziende di
credito.
Nel corso del Convegno citato , la SEVERINO DI BENEDETTO auspicò una riformulazione degli art. 357 e 358 c.p. nelle seguenti linee di tendenza : - abolizione della distinzione tra i numeri 1 e 2 , contenuta in entrambe le norme , per concentrare la definizione sull’oggettivo esercizio di una pubblica funzione e sulla oggettiva prestazione di un pubblico servizio ; - mantenimento di formule meramente enunciative per la pubblica funzione legislativa e giudiziaria , poiché si tratta di funzioni così analiticamente delineate nei settori di appartenenza , da poter essere agevolmente circoscritte attraverso i criteri di disciplina , che necessariamente ricomprendono la qualifica personale ; - inserimento , per la pubblica funzione amministrativa e per il pubblico servizio , di un criterio normativo di delimitazione “ esterna “ rispetto all’attività privata , con la specificazione che rientrano nella pubblica funzione amministrativa e nel pubblico servizio solo quelle attività e quei poteri il cui ordinario svolgimento è disciplinato attraverso norme di diritto pubblico ;
- inserimento di parametri normativi di
delimitazione “ interna “ tra pubblica funzione
amministrativa e pubblico servizio.
A quest’ultimo proposito , l’ Autrice
dichiarò opportuno che venissero “ tradotti in elementi normativi quei
criteri di qualificazione della pubblica funzione che la giurisprudenza ha
ricavato in maniera empirica e che la dottrina ha cercato di desumere
normativamente , ma solo in via indiretta , attraverso i connotati
salienti di disciplina dell’attività amministrativa. Sarebbe cioè
opportuno che fosse lo stesso legislatore a chiarire che per pubblica
funzione amministrativa si intende un’attività disciplinata da norme di
diritto pubblico e caratterizzata dalla esistenza di poteri autoritativi ,
di poteri certificativi , di poteri decisionali , idonei a contribuire ,
in maniera determinante , alla formazione , manifestazione ed esternazione
della volontà in cui si esprime l’attività pubblica. Mentre per il
pubblico servizio sembra tuttora valida una ricostruzione in termini
residuali , sia rispetto alla pubblica funzione , sia rispetto al servizio
di pubblica necessità , che si incentri però , in termini positivi , su
quello stesso criterio normativo di delimitazione “ esterna “ già
enunciato e comune alla pubblica funzione amministrativa “.
[7]
Il tipo di formulazione proposta avrebbe
consentito , da un lato , di riempire di contenuti normativi e
descrittivi le formule meramente enunciative adottate dal testo vigente
degli art. 357 e 358 c.p. ; dall’altro avrebbe evitato di ritornare ad
una elencazione casistica , del genere di quella adottata dal codice
Zanardelli , la quale , pur avendo il pregio di escludere alla radice
qualsivoglia problema applicativo , avrebbe presentato peraltro il difetto
di una eccessiva rigidità con il rischio di possibili vuoti di tutela.
Durante il Convegno di Siracusa - in base a tali indicazioni -fu redatta una proposta di riforma degli articoli 357 e 358 che così recitava : “ Art. 357 - Agli effetti della legge penale , sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giurisdizionale o amministrativa. Per pubblica funzione amministrativa deve intendersi un’attività disciplinata da norme di diritto pubblico o da atti autoritativi della Pubblica Amministrazione , per la cui inosservanza siano stabilite sanzioni diverse da quelle comminate dal diritto comune. La pubblica funzione è caratterizzata dallo svolgimento di poteri autoritativi , certificativi ovvero di contributo determinante alla formazione e manifestazione della volontà in cui si concreta l’attività amministrativa. Art. 358 - Agli effetti della legge penale , sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali , a qualunque titolo , prestano un pubblico servizio. Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione , ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima , e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni d’ordine e dalla prestazione di opera meramente materiale. “ Tale proposta venne recepita dal Comitato ristretto della Commissione Permanente di Giustizia che approvò il testo unificato del 2 maggio 1989 , nel quale all’art. 17 risultava inserita la formulazione del nuovo testo dell’ art. 357 , leggermente modificato rispetto alla proposta , mentre era rimasto immutato il testo dell’ art. 358 :
“ Art. 17 - L’art. 357 del codice penale è
sostituito dal seguente : “ art. 357 ( Nozione del pubblico ufficiale ) -
Agli effetti della legge penale sono pubblici ufficiali coloro i quali
esercitano una pubblica funzione legislativa , giurisdizionale o
amministrativa. E’ pubblica la funzione amministrativa che è disciplinata
da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi. Essa è caratterizzata
dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della Pubblica
Amministrazione e dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi e
certificativi. “
Nel corso della discussione definitiva avvenuta nella seduta del 23 gennaio 1990 della Commissione di Giustizia della Camera riunita in sede legislativa , vennero respinti gli emendamenti proposti dagli on. MASTRANTUONO ed ALAGNA che comportavano alcune marginali modifiche alla definizione di “ funzione amministrativa “. Secondo tali emendamenti il testo sarebbe così risultato : “ Agli effetti della legge penale sono pubblici ufficiali coloro che esercitano , permanentemente o temporaneamente , gratuitamente o con retribuzione , volontariamente o per obbligo , una pubblica funzione legislativa , giudiziaria o amministrativa. La pubblica funzione amministrativa si estrinseca in attività disciplinate da norme di diritto pubblico , per la cui inosservanza siano stabilite sanzioni diverse da quelle comminate dal diritto privato comune. La pubblica funzione è caratterizzata dallo svolgimento di poteri autoritativi , certificativi , ovvero di contributo determinante alla formazione o manifestazione della volontà in cui si concreta l’attività amministrativa “. [8]
Il relatore NICOTRA presentò un terzo
emendamento di modifica con il quale si proponeva di sintetizzare in un
unico comma il secondo e il terzo capoverso dell’art. 17. L’emendamento
venne approvato dando così origine alla definizione di “ funzione
amministrativa “ poi accolta : “ Agli stessi effetti è pubblica la
funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da
atti autoritativi , e caratterizzata dalla formazione e dalla
manifestazione della volontà per mezzo di poteri autoritativi e
certificativi “.
Prima dell’approvazione finale del testo
definitivo dell’ art. 17 l’ on. FRACCHIA sottolineò l’importanza della
nuova norma definendola “ di avanguardia “ perché il suo scopo era
quello “ di delineare un ambito diverso di applicazione delle norme
penali più ristretto di quello nel quale vige l’attuale normativa “.
[9]
Il primo comma della norma in questione,
tanto nel testo di proposta originaria quanto in quello oggetto di
emendamento , si discostava dalla formulazione del ‘30 - come ha
affermato SEVERINO DI BENEDETTO - sostanzialmente per il fatto “ di
accentuare la prospettiva funzionale - oggettiva delle qualificazioni
pubblicistiche , sganciandole del tutto dal rapporto di dipendenza dallo
Stato o da altro Ente pubblico , che la norma in vigore configurava , sia
pure come semplicemente alternativo al criterio di svolgimento effettivo
della funzione pubblica. In particolare - proseguiva l’A. -
l’emendamento proposto , con il mantenimento delle formule già usate dal
codice in ordine alle modalità di svolgimento della funzione , sembrava
voler ulteriormente sottolineare come il connotato penalistico della
funzione prescindesse da caratterizzazioni formali , o esteriori , quali
quelle legate alla retribuzione , alla continuità o alla obbligatorietà
dello svolgimento di essa. Il secondo comma della norma , invece , colmava
il vuoto definitorio dell’art. 357 in vigore , il quale si asteneva dal
descrivere i connotati della pubblica funzione , tanto nella prospettiva
di una delimitazione “ esterna “ di essa , rispetto ad attività
privatistiche , quanto nella prospettiva di una delimitazione “ interna “
di essa , rispetto al pubblico servizio. “
[10]
Passato il testo al Senato , il Governo
presentò un emendamento di totale soppressione dell’ art. 17 , perché ,
come ebbe a chiarire il Ministro VASSALLI , le imprecisioni della nozione
di pubblico ufficiale “ si sarebbero riverberate negativamente non solo
nell’ambito penale ma anche in quello dell’organizzazione amministrativa
“. [11] E rimanevano quindi
preferibili le definizioni contenute negli articoli 357 e 358 del
codice Rocco “ perché se è vero che esse possono apparire o sono
tautologiche , certamente vi è a favore di esse il vantaggio di una ricca
stratificazione giurisprudenziale e anche dottrinale. Infatti , le nuove
definizioni proposte hanno il pregio di muoversi in una ottica di
impostazione oggettiva delle funzioni e dei poteri esercitati dai soggetti
pubblici ( ciò che del resto è quasi unanimemente ritenuto dalla dottrina
e dalla giurispudenza ) : mi sembra tuttavia che talune tautologie e
indeterminatezze rimangano anche nel testo proposto , quale ci perviene
dalla Camera.” [12] In
particolare il Guardasigilli VASSALLI si riferiva all’espressione “
formazione e manifestazione della volontà della pubblica amministrazione
“ proponendo di sopprimerla in base al rilievo che il momento della
formazione e manifestazione della volontà della p.a. “ è rinvenibile in
ogni momento procedimentale , anche remotamente collegato a un iter
deliberativo “. [13]
A proposito della nozione di “ incaricato di
pubblico servizio “ il ministro aggiunse che la nuova norma definitoria
appariva “ notevolmente imprecisa in quanto fa riferimento , tra
l’altro , ad assetti organizzativi delle pubbliche amministrazioni
superati da tempo dall’evoluzione della legislazione che ha introdotto in
via generalizzata il sistema delle qualifiche funzionali “.
[14]
All’emendamento di soppressione proposto dal ministro VASSALLI , il Relatore BATTELLO obiettò che : “ Per quanto riguarda l’emendamento del governo , il problema è semplice : qui c’è un’opzione di fondo , una della summae divisiones dell’ordinamento penale , cioè tra una concezione oggettiva e una soggettiva in materia di pubblico ufficiale e di incaricato di un pubblico servizio ; Rocco aveva adottato la concezione soggettiva , al limite tautologica , mentre noi riteniamo di proporre la concezione oggettiva. Siamo soli , siamo temerari , siamo voces clamantes in deserto ? No , perché autorevoli autori , di cui non cito i nomi , che sono stati sentiti dalla Commissione della Camera in sede di audizioni informali hanno sostenuto : “ si tratta di riforma molto difficile da effettuare , tuttavia molti degli inconvenienti oggi lamentati nella prassi dipendono dal persistere di una condizione soggettiva “. Noi vogliamo eliminarla , punto e basta. “. [15] L’ emendamento governativo fu dunque respinto.
La Commissione accolse invece un altro
emendamento , pure governativo , volto a sostituire ( al comma 1°
dell’art. 357 ) la parola “ giurisdizionale “ ( presente nel testo
approvato dalla Camera ) con quella “ giudiziaria “ . Si temeva ,
infatti - come sostenne il senatore GALLO - che adottando il
termine “ giurisdizionale “ , - “ che si attaglia
esclusivamente al magistrato giudicante “ - si finisse per accreditare
la tesi che quella del pubblico ministero fosse una funzione
amministrativa. Si rilevava , al contrario , che l’uso del termine “
giudiziaria “ potesse “ senza alcuna ambiguità riferirsi e ai magistrati
( giudice e pubblico ministero ) e ai loro coadiutori ( cancelliere e
segretario giudiziario ) “.
[16] Peraltro gia nel 1930 si era ritenuto che il termine “
giurisdizionale “ in luogo di “ giudiziaria “ ( poi adottato ) potesse
sollevare dubbi circa una inconfessata volontà di restringere la portata
della norma alla sola funzione del cd. ius dicere. Ciò nonostante il
Senato , su proposta del relatore BATTELLO , approvò il testo così come
trasmesso dalla Camera , per non doverlo rimandare all’esame dell’altro
ramo del Parlamento.
L’intenzione del legislatore - secondo il CHIUSANO - non fu però quella di restringere l’operatività della funzione in esame escludendo il pubblico ministero dalla stessa. [17] Illuminante è sul punto la relazione finale del suddetto on. BATTELLO : “ Il problema era se mantenere la parola “ giurisdizionale “ o sostituirla con la parola “ giudiziaria “ , a proposito di nozione del pubblico ufficiale al primo comma. La problematica nasceva dal fatto che la funzione legislativa ha un significato chiaro , e così anche la funzione amministrativa mentre per la funzione giurisdizionale si potrebbe discutere se essa ricomprenda i giudici o anche tutti i magistrati. Chiarisco meglio : la questione era se giurisdizionale era da intendersi come sinonimo di giusdicente o se invece giurisdizionale era da intendersi come sinonimo di magistrato. Ho sostenuto in Commissione che non si correva il rischio di ricomprendere e di escludere dal concetto giurisdizionale i magistrati che non giusdicessero perché questo rischio poteva esserci nel 1930 , ed anche nel 1941 , quando nell’impianto dell’ordinamento giudiziario era evidente che il pubblico ministero esercitava attività amministrativa. Ma dopo l’entrata in vigore della Costituzione , che all’art. 107 , all’ultimo comma , dopo avere enunciato le guarentigie dei magistrati nei primi due commi , dice : “ Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario “ , è evidentemente improponibile un’interpretazione che escluda dal concetto giurisdizionale il pubblico ministero , in quanto assistito da tutte le guarentigie che coprono i magistrati giusdicenti.
Da questo punto di vista ritenevo ultroneo e
superfluo sostituire il termine “ giurisdizionale “ con “ giudiziario “
, che tra l’altro presentava la controindicazione di far ricomprendere nel
concetto del giudiziario anche chi non è magistrato ( cancellieri ,
segretari o applicati ) e di ritornare al termine giurisdizionale che era
stato approvato dalla Camera dei deputati. Sono questi i motivi che
sorreggono il mio emendamento “.
[18]
Secondo lo IADECOLA “ dai lavori preparatori appare evidente che la modifica terminologica è ispirata all’intento di favorire un’interpretazione riduttiva del concetto di pubblico ufficiale nel settore dell’amministrazione della giustizia : il termine “ giudiziario “ , infatti , faceva ricomprendere nel concetto anche il personale ausiliario ( cancellieri , segretari , applicati ) ; l’intento manifesto del legislatore è invece quello di limitare ai soli magistrati la rilevanza della qualifica di pubblico ufficiale , sicchè si è operato l’intervento sostitutivo. Può invero osservarsi che l’impiego del nuovo attributo evocherà verosimilmente la grossa questione interpretativa del rientrare o meno nell’ambito della funzione giurisdizionale della stessa attività del pubblico ministero : se , come il dato semantico peraltro sollecita , per “ giurisdizionale “ si deve intendere “ giusdicente “ , la conclusione sarà che l’organo dell’accusa pubblica ne rimarrà fuori ; diversamente se , siccome divisato in sede di dibattito assembleare dal relatore on. BATTELLO , “ giurisdizionale “ debba intendersi equivalente di “ magistrato “ , anche alla luce del precetto costituzionale ( art. 107 Cost. ) che fa assistere il pubblico ministero da tutte le guarentigie che coprono i magistrati giusdicenti “. [19] Per quanto riguarda l’ambito dei soggetti dell’illecito, si era da tempo giudicata insufficiente la sola indicazione dei pubblici ufficiali per alcuni reati ( concussione , abuso innominato di ufficio - oggi divenuto “ abuso di ufficio “ - e interesse privato in atti di ufficio ).
In relazione alla concussione , l’
esclusione degli incaricati di pubblico servizio era stata spiegata nella
Relazione al Progetto del Codice Penale del 1930 in ragione della “
importanza limitata e della modestia delle loro attribuzioni “ e della
impossibilità da parte di quei soggetti “ di compiere opera di coazione ,
che è elemento essenziale di un simile delitto “ ; aggiungendosi inoltre
che “ la pratica delle mance , anche se non spontaneamente date , non può
adeguarsi al fatto costitutivo del delitto di concussione , ma può dar
luogo solo a responsabilità disciplinare “.
[20] Nello stesso senso
osservava il PANNAIN che “ il soggetto attivo può essere soltanto il
pubblico ufficiale - non pure , come , invece , nel peculato , nella
corruzione , etc... anche l’incaricato di un pubblico servizio - e ciò
perché la publica potestas il cui metus caratterizza la concussione , non
può risiedere in soggetti diversi , e meno elevati , del pubblico
ufficiale “. [21]
Ma già il PEDRAZZI negli anni ’60 rilevò
come , in tali affermazioni - che pure evidenziavano esattamente il
carattere peculiare della concussione - si celasse una concezione del
rapporto tra funzione e servizio basata sull’ormai tramontato principio
gerarchico in base al quale il secondo si presentava “ come
subalterno e strumentale nei confronti della prima “.
[22]
Secondo il PALOMBI invece il pubblico
servizio non si distingueva per l’entità delle attribuzioni ma per
l’assenza degli specifici poteri che caratterizzano la pubblica funzione :
potere di formare o concorrere a formare la volontà dell’ente pubblico e
di rappresentarlo nell’esecuzione di tale volontà ; esercizio di una
potestà certificatrice o di funzioni autoritarie che si esprimono in atti
di impero o di comando. [23]
Sicchè per il GALLO la Relazione aveva “ inteso la minore importanza e la
modestia delle attribuzioni nel senso concettuale e non nel senso
gerarchico , riferendosi cioè al difetto del potere d’impero , la cui
presenza rende invece elevata la pubblica funzione , anche se l’opera di
chi questa attui sia modesta dal punto di vista gerarchico o intellettuale
“. Osservava ancora l’ A. che “ la minore considerazione
dell’incaricato di un pubblico servizio in rapporto alla tutela penale è
in logica rispondenza alla diversità intercedente tra pubblica funzione e
pubblico servizio , e precisamente alla maggiore elevatezza della prima ,
elevatezza costituita appunto dalla circostanza che in essa la volontà
dello Stato o dell’ente pubblico si manifesta col potere d’impero , che
pone la volontà stessa in condizioni di signoria rispetto agli altri
soggetti di diritto “. [24]
L’esclusione dell’incaricato di un pubblico
servizio dall’ambito dei soggetti attivi dell’illecito fu dunque criticata
, rilevandosi che la condotta tipica del reato di concussione non è
integrata solo dalla coazione , ma anche dalla induzione , ovvero dalla
persuasione. L’ampiezza delle facoltà attribuite ad un incaricato di un
pubblico servizio poteva in concreto essere tale da rendere possibile
l’abuso di tali facoltà o della qualità stessa posseduta , per
costringere ( anche senza uso o minaccia di coazione fisica ) , e
ancora più per indurre , altri a dare o promettere indebitamente denaro o
altra utilità.
Come osservò il RICCIO “ la concussione non
si realizza solo a mezzo della coazione “.
[25] E pertanto -
confermava l’ ANTOLISEI - anche questo soggetto , pur non esercitando
una pubblica funzione , ben può “ commettere gli stessi fatti con identico
pregiudizio per gli interessi dell’amministrazione “.
[26]
Peraltro già durante i lavori preparatori del codice Rocco la limitazione soggettiva dell’art. 317 al solo pubblico ufficiale non era andata esente da critiche , [27] anche se - come ha osservato il PAGLIARO - almeno i ” casi in cui l’incaricato di un pubblico servizio , abusando delle sue facoltà o della sua qualità , costringe taluno a dare o a promettere indebitamente , a lui o a un terzo , denaro o altra utilità “, sarebbero stati comunque punibili a titolo di estorsione , o di violenza privata o di truffa , reati tutti aggravati ex art. 61 n° 9 c.p.. [28] Sarebbero però rimasti privi di sanzione i fatti di semplice induzione “ con la conseguenza - secondo il PALAZZO - che non poteva dirsi irragionevole che la connotazione pubblicistica dell’incaricato di pubblico servizio si limitasse ad incidere , per quanto riguarda la concussione , sul piano solo circostanziale e non anche su quello strutturale della condotta della fattispecie , proprio perché quest’ultima risulta fortemente condizionata dalla natura specifica dei poteri abusivamente esercitati “. [29] D’altronde - come rilevato da SEGRETO e DE LUCA - il fatto che l’incaricato di un pubblico servizio fosse titolare di “ attribuzioni modeste “ non aveva impedito che fosse tranquillamente considerato soggetto attivo nei reati di peculato e di corruzione e non aveva costituito un ostacolo per il legislatore nel momento in cui aveva parificato , in linea generale , gli abusi dei poteri e le violazioni dei doveri commesse sia dal pubblico ufficiale che dall’incaricato di un pubblico servizio ( art. 61 n° 9 c.p. ). [30]
Infatti , altro è la potestà di coazione ,
espressione della funzione autoritaria di cui è istituzionalmente dotato
colui che esercita una pubblica funzione , altro la possibilità di
esercitare un’azione a contenuto coattivo sul privato ; sicchè - osservò
il PALOMBI - “ il problema della estensione dell’incriminazione a titolo
di concussione all’incaricato di un pubblico servizio a ben vedere è
erroneamente impostato dalla dottrina tradizionale , che è portata
inconsapevolmente a confondere il contenuto coattivo integrante l’abuso di
cui all’art. 317 , che può essere realizzato da qualsiasi soggetto
investito di poteri pubblici , con la potestà di comando che
istituzionalmente caratterizza la pubblica funzione , distinguendola
comunemente dal servizio pubblico “.
[31] Concordava con tale
opinione il SANTACROCE , rilevando come , ai fini della qualificazione
della fattispecie , l’esercizio di funzioni autoritarie proprie della
pubblica funzione non fosse affatto elemento indispensabile per
esercitare sulla vittima del reato la coazione tipica della concussione ,
che andava invece posta in relazione all’abuso della qualità o dei poteri
connessi all’attività svolta. “ L’abuso che contraddistingue il reato di
concussione - notò l’ Autore - esprime , infatti , una
strumentalizzazione di quella attività o di quei poteri per realizzare un
fine illecito : sicchè nulla vieta che anche l’incaricato di pubblico
servizio , nei limiti delle proprie attribuzioni , possa abusare della sua
posizione giuridica per costringere o indurre taluno a dare o promettere
indebitamente a lui o a un terzo , denaro o altra
utilità ( art. 317 c.p. ) “.
[32]
Ancora il PALOMBI sottolineava come la
mancata estensione dell’incriminazione a titolo di concussione
all’incaricato di un pubblico servizio comportasse un diverso trattamento
legislativo per situazioni non obiettivamente differenziate , con la
conseguente violazione del principio di eguaglianza sancito dall’art. 3
della Costituzione , che interessa qualsiasi norma di cui si prospetti
l’irragionevole trattamento differenziato .
[33] Secondo la Corte
Costituzionale infatti , “ ove la ratio della legge sia tale da coprire
situazioni omogenee rispetto a quella singolarmente considerata, si avrà
violazione del principio di eguaglianza , perché si determineranno
ingiustificate situazioni di vantaggio o di svantaggio per i soggetti
della situazione e del rapporto regolato dalla legge , in relazione ai
soggetti della serie delle situazioni o dei rapporti che ne sono stati
esclusi “. [34]
Pertanto , in relazione all’art. 317 , si
poteva parlare di una vera e propria omissione legislativa con una
ingiustificata ed irragionevole differenziazione di trattamento rispetto
all’incaricato di un pubblico servizio.
Alla luce di tali rilievi vari disegni di
legge proposero di estendere l’incriminazione per concussione
all’incaricato di pubblico servizio.
Tra essi vanno ricordati : la Proposta di
legge AZZARO ed altri, n° 1780 del 31 maggio 1984 ; la Proposta VASSALLI
ed altri, n° 1250 del 15 marzo 1985 ; il Disegno di legge MARTINAZZOLI ,
n° 2844 presentato alla Camera il 22 aprile 1985 ; il Disegno di legge
ministeriale VASSALLI n° 2441 , del 7 marzo 1988.
Non mancarono comunque opinioni discordanti
sulla opportunità di tale estensione : “ La scelta di includere tra i
soggetti attivi del delitto di concussione , - affermò la SEVERINO DI
BENEDETTO alConvegno di Siracusa del 1989 - oltre ai pubblici ufficiali
, anche gli incaricati di un pubblico servizio , confligge con gli
elementi oggettivi costitutivi del reato e con la ratio ispiratrice di
esso , ribadita anche in sede di riforma. Non vi è dubbio , infatti , che
i contenuti funzionali del delitto in questione siano incentrati in una
strumentalizzazione della pubblica funzione nelle forme tipiche del metus
publicae potestatis.
Tale concetto è stato ribadito anche in sede
di riforma , con l’affermazione che è proprio “ lo stato di soggezione “
determinato nel privato dal pubblico ufficiale a caratterizzare la
fattispecie in questione ed a contraddistinguerla rispetto alle
fattispecie di corruzione e truffa aggravata ai sensi dell’art. 61 n° 9
c.p.. ( v. in particolare relazione al dis. di legge VASSALLI n° 2441 del
7 marzo 1988 ).
Non vi è dubbio , peraltro , che i
presupposti definitori assunti dai proponenti la riforma degli art. 357
e 358 c.p. a fondamento della distinzione tra pubblico ufficiale ed
incaricato di un pubblico servizio rendano inconciliabile con i contenuti
funzionali del delitto di concussione l’estensione della sfera dei
soggetti attivi del reato alla categoria dell’incaricato. L’uso del metus
publicae potestatis , o comunque la determinazione di uno stato di
soggezione , possono essere connessi allo svolgimento di una pubblica
funzione , connotata da poteri di supremazia o comunque “ esclusivi “ del
pubblico ufficiale , o tali da porlo istituzionalmente in una posizione
non paritetica rispetto al privato ; ma non possono essere connessi allo
svolgimento di un pubblico servizio che , per definizione espressa
dell’odierno legislatore , è privo degli elencati connotati “.
[35]
Parimenti critico , anche se su un diverso piano , fu l’ ARDIZZONE per il quale la tendenza riformatrice , comune a vari illeciti , di considerare sullo stesso piano , come autori del reato , il pubblico ufficiale e l’incaricato di un pubblico servizio avrebbe finito per appiattire “ le due figure su quella generale e comprensiva di pubblico agente . Ciò , se può avvantaggiare l’interprete sul versante della ricerca dei requisiti utili a differenziare l’ambito delle attività in rapporto ai poteri , rischia di far scivolare la determinazione della qualità del soggetto dell’illecito verso la nozione caratterizzata in modo inadeguato rispetto alle esigenze di una giusta punizione “. [36]
[1] G. SANTACROCE “ Profili innovativi della normativa in tema di reati contro la P. A. “ , in Nuova Rassegna 1992 , p. 2075 [2] G.SANTACROCE , op. cit. , passim. [3] P.SEVERINO DI BENEDETTO “ Prospettive di riforma degli art. 357 e 358 C.P. “ , Testo della Relazone svolta al Convegno tenutosi a Siracusa dal 2 al 4 giugno 1989 , presso la sede dell’ Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali , in Riv.It.Dir. e Proc.Pen. 1989 , p. 1166. [4] R.BERTONI “ Pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio. La nuova disciplina “ , in Cass. Pen. 1991 , p. 873. [5] P. SEVERINO DI BENEDETTO , op. cit. , p. 1165. [6] P. SEVERINO DI BENEDETTO , op. cit., passim. [7] P. SEVERINO DI BENEDETTO “ La riforma dei delitti contro la pubblica amministrazione : soggetti , qualifiche , funzioni “ , testo della Relazione svolta al Convegno tenutosi a Siracusa dal 16 al 19 ottobre 1986 , organizzato dall’ I.S.I.S.C. , i cui atti sono raccolti in “ La riforma dei delitti contro la pubblica amministrazione “ a cura di A.STILE , Jovene ed. , Napoli , 1987. [8] Cfr. Atti parlamentari. Camera dei deputati , X Legislatura , Commissione Giustizia , seduta del 23 gennaio 1990 , p. 26 [9] Cfr. l’intervento dell’on. Fracchia riportato in Atti parlamentari , Camera dei deputati , X Legislatura , Commissione Giustizia , seduta del 23 gennaio 1990 , p. 27. [10] P. SEVERINO DI BENEDETTO “ Prospettive di riforma degli artt. 357 e 358 C.P. “ , cit. , p. 1172. [11] Cfr. Emendamento 17.1 proposto dal ministro di grazia e giustizia G. VASSALLI , in Resoconto sommario , n. 370 del 5 aprile 1990 , p. 25. [12] Cfr. Emandamento 17. 2 , in Resoconto sommario , cit. , passim. [13] Cfr. Emendamento 17. 2 , in Resoconto sommario , cit. , passim. [14] Cfr. Emandamento 18.1 in Resoconto cit., p. 27. [15] Relazione , cit. , p. 66 - 67. [16] Cfr. intervento del sen. GALLO , a sostegno dell’emendamento Vassalli quanto alla modifica terminologica , in Lavori preparatori della legge 86 / 90 , p. 261. [17] V.CHIUSANO “ Il diritto penale in trasformazione : le nuove figure di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio “ , in Difesa Penale 1992 , p. 43. [18] Relazione del Senatore BATTELLO in Atti Senato - X Legislatura - Assemblea , 5 aprile 1990 , p. 66. [19] G.IADECOLA “ La riforma dei delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione “ , cit. , p. 108. [20] Relazione ministeriale al Progetto del Codice Penale 1930 , vol. 5° , parte II , p. 131. [21] R.PANNAIN “ I delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A. “ 1966 , Napoli , Jovene ed. , p. 94. [22] PEDRAZZI “ Problemi e prospettive del diritto penale dell’impresa pubblica “ in Riv.It.Dir.Proc.Pen. 1966 , p. 358. [23] E.PALOMBI , op. cit. , p. 305. [24] M.GALLO “ Nozione di pubblico ufficiale , dell’incaricato di un pubblico servizio e dell’esercente un servizio di pubblica necessità nel nuovo codice penale “ , in Ann. Dir.proc.pen. 1953 , I , p. 1082. [25] RICCIO “ La concussione negli elementi costitutivi “ 1942 , p. 21. Cfr. CHIAROTTI “ Concussione ( Diritto vigente ) “ , in Enc. del diritto , 1961 , p. 701. PEDRAZZI , op. cit. , p. 358. MANZINI , Dir. pen. cit. , V , p. 160 . MAURO , “ Concussione “ in Enc. forense 1958 , p. 423. [26] F.ANTOLISEI “ Trattato di diritto penale “ , Milano 1982 , parte sp. Vol 2° , p. 692. [27] Cfr. Lavori preparatori del Codice penale , 1929 , vol. IV , parte III , p. 69 e p. 103. [28] A.PAGLIARO “ Principi di diritto penale , parte speciale “ , Milano 1977 , p. 85. [29] F.PALAZZO “ La riforma dei delitti dei pubblici ufficiali : un primo sguardo d’insieme “ , in Riv. It. Dir. e Proc. Pen. 1990 , p. 824. [30] SEGRETO A. - DE LUCA G. “ I delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A.. Dopo le leggi 86/90 , 146/90 , 241/ 90 “, Milano , Giuffrè ed. , 1991 , p. 194-195. [31] E.PALOMBI , op. cit. , p. 314. [32] G.SANTACROCE , op. cit. , p. 2078. [33] E.PALOMBI , op. cit. , p. 317. [34] Cfr. C. Cost. 14 aprile 1969 , n° 80. [35] SEVERINO DI BENEDETTO “ Prospettive di riforma degli artt. 357 e 358 c.p. “ , cit. , p. 1175 - 1176. [36] S.ARDIZZONE “ Il delitto di concussione alla luce di recenti proposte di riforma “ , in AA.VV. “ La riforma dei delitti contro la P.A. “ , cit. , p. 325.
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