STUDIO LEGALE AMATI

 

Avv. Silvia Amati

Dott. Roberto Amati

 

 

 

 


 

 

Documenti: Tesi di Laurea

 

Concussione per Induzione

di Silvia Amati

 

2° CAPITOLO : ANALISI DELLA RIFORMA.

 

6. BREVE ANALISI DELLE INNOVAZIONI INTRODOTTE DALLA LEGGE  86 / 90.

 

Dalla riforma sono stati interessati 13 articoli del capo I , titolo II , del codice penale ; ne sono stati aggiunti cinque ( il 316-bis , il 317-bis , il 319-bis , il 319-ter e il 323-bis ) ed abrogati due. Al capo III dello stesso titolo II  sono stati poi modificati gli articoli 357 e 358 , che definiscono le nozioni di “ pubblico ufficiale “ e di “ incaricato di pubblico servizio “.

In particolare è stata anzitutto modificata la  formulazione d’alcune fattispecie , come quella del peculato ( art. 314 c.p. ) , della corruzione ( scissa in tre distinti articoli : 319 , 319-bis e  319-ter c.p. ) , della istigazione alla corruzione ( art. 322 c.p.) , dell’abuso di ufficio ( art. 323 c.p. ) , della rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio ( art. 326 c.p. ) e dell’omissione di atti di ufficio ( art. 328 c.p. ).

Sono poi scomparse altre figure , quali il peculato per distrazione , la malversazione a danno di privati e l’interesse privato in atti di ufficio , rispettivamente previste negli articoli    314 , 315 e 324 c.p.. E’ però opportuno  “ sottolineare sin d’ora      - come ha affermato  IADECOLA  - che , nonostante il tenore letterale della legge possa apparire di diversa significazione ( a proposito degli articoli 315 c.p. e 324 c.p. , ad esempio , si afferma che gli stessi sono  “ abrogati “ , laddove il nuovo disposto dell’art. 314 c.p. non menziona più l’ipotesi della condotta distrattiva nel peculato ) , deve in realtà ritenersi che le condotte di reato appena citate abbiano conservato la loro connotazione di illiceità e la loro rilevanza penale , trovando attualmente collocazione nell’ambito di norme diverse del codice penale , e precisamente nell’articolo    314 c.p. ( peculato) la malversazione a danno di privati , e nell’articolo 323 , 1° e 2° comma , c.p. ( abuso d’ufficio ) l’interesse privato ed il peculato per distrazione “. [1]  Per cui il nuovo delitto di abuso di ufficio è destinato ad assorbire , in tutto o in parte , i vecchi delitti di abuso innominato , di peculato per distrazione e di interesse privato in atti di ufficio.

Tale sostituzione di un solo reato alle tre precedenti incriminazioni è stata criticata dal  GROSSO , soprattutto per la conseguente delimitazione dell’ambito della rilevanza penale  scaturita , in particolare , dalla abrogazione del vecchio delitto di interesse privato in atti di ufficio e da quella del peculato per distrazione. [2] Lo stesso Autore , però , ha riconosciuto alla nuova disciplina il merito di risolvere alcuni nodi interpretativi della vecchia normativa , quali quello “ di definire entro confini più precisi l’ambito delle condotte punibili “ e “ di evitare nei limiti del possibile interferenze della giurisdizione nella discrezionalità amministrativa. I “ tagli “ effettuati riguardano situazioni tutto sommato marginali ; l’abbassamento del livello sanzionatorio , dove è avvenuto , risponde ad una ratio giustificabile. Semmai , a mio avviso , le preoccupazioni devono essere altre : che l’obiettivo perseguito di tipizzazione della condotta punibile non sia stato raggiunto del tutto , e che la nuova fattispecie di abuso di ufficio continui in realtà a consentire le interpretazioni rigoristiche e gli eccessi repressivi che avevano talvolta accompagnato la vecchia giurisprudenza in materia di interesse privato “.  [3]

Come detto sono state , infine , introdotte cinque figure criminose nuove : il peculato d’uso , la malversazione a danno dello Stato , la corruzione in atti giudiziari , l’ istigazione da parte dell’agente pubblico alla corruzione e l’ utilizzazione di segreti d’ufficio.

 Sul piano sanzionatorio è vero che le pene sono state inasprite nel complesso , ma d’altro lato  -  come ha rilevato il  PETRONE  - “  per reati non poco gravi ( peculato per distrazione , interesse privato )  - se pur non siano , tra quelli in questione , i più gravi - le pene sono state ridotte “. [4]

Una caratteristica generalizzata della riforma è stata la eliminazione della pena pecuniaria ( in precedenza comminata congiuntamente alla pena detentiva ) per i delitti di peculato , concussione , corruzione , interesse privato in atti di ufficio , abuso innominato di ufficio.  Ma , secondo il  PALAZZO , “ lungi dal corrispondere ad una volontà di attenuazione del rigore sanzionatorio , l’innovazione riflette piuttosto un ormai consolidato orientamento di politica criminale , o meglio sanzionatoria “, [5]  nel senso cioè di ritenere la pena pecuniaria  estranea al disvalore tipico di questi reati e quindi  assolutamente superflua.

D’altronde - come ha ricordato  PAGLIARO  -  “ la pena pecuniaria aggiunta a quella detentiva , mentre appesantisce il già faticoso momento esecutivo e crea comunque problemi applicativi , nessuna efficacia deterrente aggiunge a quella della reclusione , nella quale rimane in sostanza assorbita , anche quando si tratti di reati a motivazione prevalentemente di lucro come sono quelli contro la pubblica amministrazione “. [6]  Salva comunque per il giudice la possibilità , ai sensi dell’art. 24 c.p. 2° c. , di aggiungere la pena della multa tutte le volte in cui ne ricorrano le condizioni

La pena pecuniaria è rimasta , invece , nei casi in cui era prevista in alternativa a quella detentiva ( es. omissione di atti di ufficio ) , il che naturalmente rende più mite in simili casi la risposta sanzionatoria.

Innovazione importante è stata l’introduzione di una circostanza attenuante per tutti i delitti oggetto della riforma , con l’esclusione della corruzione in atti giudiziari ( art. 319 ter c.p. ) , della rivelazione di segreti di ufficio ( art. 326 c.p. ) e del rifiuto di atti di ufficio ( art. 328 c.p. ).  Tale circostanza attenuante , prevista dall’articolo 323 bis c.p. , comporta la diminuzione della pena fino ad un terzo , quando i fatti previsti dagli articoli 314 , 316 ,        316 bis , 317 , 318 , 319 , 320 , 322 e 323  “ sono di particolare tenuità “. 

Al riguardo l’ ALBAMONTE ha notato che , “ come è stato ritenuto dalla giurisprudenza in tema di speciale tenuità quale circostanza attenuante del delitto di cui all’articolo 648 c. p.           ( ricettazione ) , la valutazione della particolare tenuità del fatto va fatta con riguardo a tutte le circostanze previste dall’articolo       133 c.p. , prime fra tutte le modalità del fatto medesimo. Deve trattarsi comunque di particolare tenuità del fatto , e non di             “ speciale “ tenuità , che rinvierebbe alla nozione di fatto di rilevanza “ minima “ “. [7]

L’intervento legislativo si è concluso con l’attribuzione della competenza per i reati in questione al tribunale ,  “ ratione  materiae “ , e dunque indipendentemente dalla pena prevista.  Risultano così attratti alla competenza del tribunale i delitti di corruzione ( in quanto non già di competenza del tribunale ) , istigazione , rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio , eccitamento al dispregio e vilipendio delle istituzioni e omissione / rifiuto di atti d’ufficio ( tali ultimi prima appartenenti per eccellenza alla competenza del pretore ). Come ha segnalato il  PETRONE , “ si tratta di una innovazione di tipo processuale che , però , ha un notevole significato politico e istituzionale , perché , spostando la competenza per molti di questi reati ( ad esempio l’abuso di ufficio e l’omissione ) dal pretore al tribunale , sembrerebbe rivolta a sottrarre ai cd. pretori d’assalto la possibilità di intervenire nei confronti della p.a. : che è un modo ulteriore , se pur del tutto improprio , di risolvere il problema del sindacato “. [8]

Particolare attenzione meritano le nuove definizioni legislative di “ pubblico ufficiale “ ( art. 357 c.p. ) e di “ incaricato di pubblico servizio “ ( art. 358 c.p. ) , che , come già detto , delimitano l’ambito applicativo dell’intero titolo II del libro II del codice penale.

A questo proposito ha notato il  PALAZZO come il legislatore , anche in ragione dei limiti dell’intervento riformatore , abbia          “ mantenuto le qualificazioni soggettive di pubblico ufficiale e di incaricato di un pubblico servizio indifferenziate per i delitti tanto del Capo I quanto del Capo II. Mentre sembra del tutto ragionevole pensare che le esigenze di tutela contro le offese provenienti dai privati , dall’esterno cioè della pubblica amministrazione , si manifestino in capo a soggetti non del tutto coincidenti con quelli che si rendono autori dei reati di cui al Capo I “.  [9] 

Peraltro  secondo il  BERTONI   la conservazione in entrambe le norme dell’inciso “ agli effetti della legge penale “ lascia intendere , in primo luogo , che la nozione delle due categorie di soggetti pubblici , vale non solo per quelli suddetti ma per tutti i reati , di cui la speciale qualifica soggettiva sia elemento costitutivo o circostanza aggravante , indipendentemente dal fatto che si tratti di reati previsti dal codice o da leggi speciali ; così come peraltro , data la formale caratterizzazione funzionale - oggettiva delle due qualifiche , sembra ancora più chiaro , in conformità di quanto già ritenuto in passato da autorevole dottrina , che la definizione delle due figure soggettive ha efficacia e valore con esclusivo riguardo al diritto penale , compreso naturalmente , come si è detto , quello non codificato “. [10]

Le nuove norme hanno il pregio di esprimere in modo chiaro l’adozione del cd. “ criterio funzionale-oggettivo “ , in quanto svincolano del tutto la qualifica soggettiva da qualunque rapporto di dipendenza dallo Stato o da altro ente pubblico. Ciò che conta è la natura dell’attività svolta in concreto dall’agente pubblico : “ è l’esercizio effettivo di una pubblica funzione legislativa , giurisdizionale o amministrativa  - per usare le parole di  SANTACROCE  -  che determina l’attribuzione della qualifica di pubblico ufficiale ( art. 357 , primo comma , c.p.) ; esattamente come è la prestazione a qualunque titolo di un pubblico servizio che determina la qualifica di incaricato di un pubblico servizio       ( art. 358 , secondo comma , c.p.). A prescindere da altri connotati giustamente espunti dalla nuova formulazione delle norme              ( permanentemente o temporaneamente , gratuitamente o con retribuzione , volontariamente o per obbligo “.  [11] 

Così è stata soppressa quella parte della normativa abrogata in cui venivano indicate la durata nel tempo , il titolo di investitura e le concrete modalità di esercizio della pubblica funzione e di prestazione del pubblico servizio ( anche se rispetto a questa attività il nuovo  art. 358 precisa , sia pure genericamente , che essa può essere prestata “ a qualsiasi titolo “ ).

Per il  BERTONI   “ l’innovazione , già di per sé evidenzia una chiara accentuazione del carattere oggettivo che devono avere le qualifiche dei soggetti pubblici , con l’effetto di chiarire , malgrado che , per la verità , come si è visto in precedenza , anche prima della riforma non esistessero sul punto perplessità significative o consistenti , che un soggetto privato può esercitare una pubblica funzione o prestare un pubblico servizio e che , per converso , nell’ambito di un rapporto di dipendenza dallo Stato o da un ente pubblico , la funzione pubblica e il servizio pubblico richiedono che l’attività svolta dall’interessato sia altresì caratterizzata           da connotazioni oggettive idonee a farla qualificare come                 pubblica “. [12]

L’articolo 357 , nella nuova formulazione , stabilisce che :

Agli effetti della legge penale sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa , giurisdizionale o amministrativa.

Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi , e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione e dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi e certificativi “.

“ Dalla enunciazione normativa  - come ha sottolineato  ALBAMONTE  - risulta , pertanto , estraneo alla nozione di pubblico ufficiale l’esercizio di funzioni di governo che , attenendo alla cd. “ discrezionalità politica “ , si concretizzano nella predisposizione e nella determinazione dell’indirizzo politico , ossia delle linee direttive e fondamentali dell’azione complessiva statale , nonché dell’attuazione diretta ed immediata di tale indirizzo “. [13]

V’è da dire comunque che è il  2° comma dell’articolo 357 c.p. ( come risultante dall’art. 17 l. 86 / 90 ) la vera innovazione sostanziale introdotta con la nuova definizione  delle qualifiche pubblicistiche. Esso fa seguire infatti alla descrizione puramente enunciativa del primo comma una descrizione definitoria della       “ pubblica funzione “ , iniziando là dove terminava il vecchio testo dell’articolo 357.

 “ La norma , nella parte in esame - secondo la  SEVERINO DI BENEDETTO -  colma il vuoto contenutistico della formulazione    originaria , tanto nella prospettiva di una delimitazione “ esterna “ della pubblica funzione rispetto ad attività privatistiche , quanto nella prospettiva di una distinzione “ interna “ all’area delle attività prequalificate come pubblicistiche , tra pubblica funzione e pubblico servizio “. [14]

Per quanto riguarda la prospettiva di delimitazione “ esterna “ tra attività pubblicistiche , sottoposte allo statuto penale della pubblica amministrazione , ed attività privatistiche ad esso   sottratte , l’ Autrice ha precisato  “ che la scelta normativa di definire i connotati della sola funzione amministrativa , e non anche quelli della funzione legislativa e giurisdizionale , appare pienamente giustificata dalla considerazione che queste ultime categorie di attività sono , già sul piano definitorio , caratterizzate da connotazioni interne tanto tipicizzate ed omogenee , da comportare una diretta ed immediata individuazione degli estremi oggettivi della funzione , nonché dei soggetti che ne sono titolari. Il lungo travaglio interpretativo che ha preceduto la riforma ha invece dimostrato che proprio la funzione amministrativa - in assenza di una specifica disposizione di legge - non era suscettibile di una così netta individuazione e delimitazione , soprattutto in considerazione del progressivo moltiplicarsi , nell’ambito della pubblica amministrazione , di modelli organizzatori intermedi tra il pubblico e il privato ( v. ad es. società a partecipazione statale )          nonché rispetto alla evoluzione di attività in cui convergono      aree pubblicistiche ed aree privatistiche ( v. ad es. attività     bancaria ) “. [15] 

Nello stesso senso ha osservato il SANTACROCE che “ finchè la pubblica Amministrazione si presenta nella sua veste classica , agendo con atti e provvedimenti autoritativi , è scontato che ci si trovi di fronte ad un pubblico potere , inquadrabile in qualsiasi teoria dell’organizzazione amministrativa. Gli inconvenienti nascono quando si cerca di delimitare l’area della pubblica funzione , soprattutto amministrativa , e del pubblico servizio , in presenza di una proliferazione e diversificazione di modelli organizzatori dell’intervento pubblico , in settori tradizionalmente riservati ai privati , ovvero organizzati secondo ordinamenti sezionali in cui coesistono soggetti pubblici e privati “.  [16]

 Per quanto riguarda la funzione amministrativa v’è dunque da notare che , in luogo di una formula meramente enunciativa come per le altre due , il legislatore  si è preoccupato di descriverne il contenuto , superando così la sostanziale tautologia che era presente nel precedente testo normativo. A questo scopo , il comma 2° dell’articolo 357 c.p. definisce la funzione amministrativa , sempre agli effetti penali , mediante una disposizione che si può scindere in due parti : quella che indica i connotati che deve avere , come tale e in generale , la funzione amministrativa per poter essere qualificata pubblica , e quella in cui si specificano i caratteri necessari perché il soggetto , che la esercita , assuma la qualità di pubblico ufficiale ( e non di incaricato di pubblico servizio ).

Prendendo in considerazione il 2° comma dell’articolo 357 c.p. è possibile evidenziare come la delimitazione “ esterna “ che rappresenta la linea di “ spartiacque “ tra l’attività amministrativa soggetta allo statuto della Pubblica Amministrazione e quella privata ad essa sottratta , sia data dal tipo di fonte normativa che la disciplina. Per aversi pubblica funzione è , infatti , necessario che l’attività amministrativa sia regolata da “ norme di diritto     pubblico  “ ( nozione rispetto alla quale le incertezze manifestate dagli amministrativisti si riflettono pure sulla presente materia ) e da atti autoritativi , “ concetto sul quale - come ha affermato  TENCATI  - sussiste invece una maggiore concordia tra gli studiosi essendo definibili come quelli nella cui emanazione la P.A. dispone del potere di incidere unilateralmente sulla sfera individuale degradando eventualmente i diritti subiettivi in interessi       legittimi “.  [17]

“ Nei primi commenti alla norma  - nota il CHIUSANO  - si è rilevato che non appare chiara la ragione della previsione quale criterio aggiuntivo alle norme di diritto pubblico , la presenza di atti autoritativi. Infatti , l’unica condizione che appare irrinunciabile per poter definire pubblica la funzione amministrativa è che essa sia regolata da norme di diritto pubblico “. [18]   In questo senso si è espresso nel ’90 il Tribunale di Torino , affermando che : “ Gli atti autoritativi , intesi come manifestazioni di volontà di organi dotati di potere discrezionale , sono l’espressione tipica dell’attività disciplinata in forma pubblica. Come tali essi allora presuppongono sempre una fonte normativa di diritto pubblico , mentre non necessariamente le norme di diritto pubblico attribuiscono alle funzioni amministrative che disciplinano poteri autoritativi. Di qui l’ulteriore conseguenza che in questo primo gruppo di indici o caratteristiche è la disciplina derivante da norme di diritto   pubblico , di per sé sola , che connota e caratterizza , in una con gli altri requisiti , in senso pubblicistico la funzione amministrativa cui si riferisce “.  [19]

 Così pure secondo FIANDACA e MUSCO  “ ancorchè sotto il profilo letterale e concettuale sia poco corretto parlare di funzione  “ disciplinata da atti “ ( gli “ atti “ piuttosto che un modo di disciplina , costituiscono il modo in cui si esterna l’esercizio dell’attività amministrativa ! ) , l’enunciazione di entrambi i           ( sotto ) criteri ora accennati si spiega considerando che non tutte le attività disciplinate da norme di diritto pubblico si esternano o sono oggetto di atti autoritativi immediatamente e inequivocabilmente riconducibili alla categoria degli atti pubblici : per cui il riferimento alla  “ disciplina mediante norme di diritto pubblico “ , mentre risulta a ben vedere pleonastico rispetto agli atti pubblici autoritativi , rimane l’unico parametro di individuazione del carattere pubblico delle attività che non si esternano in provvedimenti amministrativi tipici “. [20]

Sempre dal 2° comma dell’art. 357 c.p. si ricavano i cd.“ limiti interni “ che consentono di distinguere nell’ambito della funzione amministrativa la pubblica funzione dal pubblico servizio. I parametri richiamati sono quelli che in passato erano stati individuati in via interpretativa dalla giurisprudenza e cioè : la formazione e la manifestazione della volontà dell’ente pubblico ; il potere autoritativo ; il potere certificativo. Tali requisiti sono assenti nel pubblico servizio che è dunque caratterizzato  “ dalla mancanza dei poteri tipici “ della pubblica funzione.

Stabilisce infatti l’art. 358 , come novellato , che :

Agli effetti della legge penale , sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali , a qualunque titolo , prestano un pubblico servizio.

Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione , ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima , e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale “.

Il pubblico servizio è dunque individuato mediante una nozione residuale rispetto a quella di pubblica funzione proprio perché csaratterizzato dalla mancanza di quei poteri di natura deliberativa , autorizzativa e certificativa che  - come visto - concorrono invece a connotare quest’ultima. Il legislatore , inoltre , ha precisato che non può mai costituire servizio pubblico lo svolgimento di  “ semplici mansioni di ordine “ , né la “ prestazione di opera meramente materiale “.

“ Emerge in questa parte  -  sottolineano FIANDACA e MUSCO  - l’evidente intento restrittivo perseguito dal legislatore della riforma , essendosi nella prassi applicativa tradizionalmente affermato un orientamento favorevole invece a estendere la qualifica di incaricato di pubblico servizio a soggetti che svolgono attività di tipo esecutivo materiale ( ad es. bidello , custode , portantino ecc. ). Se le ragioni di una simile restrizione  sono condivisibili , appare nondimeno censurabile , sotto il profilo della tecnica legislativa , che il testo della norma continui ad usare il concetto “ mansioni di ordine “ , trascurando che a partire dall’emanazione della  l. 11 luglio 1980 , n° 321 le carriere impiegatizie sono state riordinate in qualifiche funzionali “. [21] 

Tornando all’art. 357 , comma 2° ( come formulato nel 1990 ), con riferimento alla forma con cui i tre criteri di individuazione della pubblica funzione erano stati inseriti nella norma , si può rilevare che l’uso della particella    “ e “ , anziché ( così come era stato suggerito dalla dottrina durante l’ ” iter “ della riforma ) della disgiuntiva  “ o “ nella elencazione dei suddetti connotati , dava luogo ad un problema interpretativo di rilevante portata pratica.       “ Se infatti   -  rilevava la  SEVERINO DI BENEDETTO - ci si fermasse ad una lettura che , a prima vista , sembrerebbe suggerita dal testo della disposizione , si potrebbe ritenere che solo la presenza congiunta dei tre requisiti  ( potere autoritativo , certificativo e deliberativo ) sia idonea ad individuare la sussistenza di una pubblica funzione. Senonchè , siffatta lettura determinerebbe un effetto pressochè paralizzante del riconoscimento della qualifica soggettiva in esame : solo in pochissime categorie di agenti è infatti possibile ravvisare la contemporanea titolarità dei tre connotati ( ad esempio : ufficiali di polizia giudiziaria , sindaci , prefetti , rettori di Università ) , mentre nella maggior parte di esse  - e tra queste alcune delle più chiaramente e tradizionalmente riconoscibili come figure di pubblico ufficiale - è presente soltanto uno dei requisiti di individuazione della pubblica funzione  “. [22]  Si pensi alla figura del notaio che è espressamente qualificata come pubblico ufficiale dall’art. 1 della legge notarile e tradizionalmente considerata dalla dottrina come emblematica di tale tipologia di soggetti , ma titolare del solo potere certificativo. Se dunque si fosse accolta l’indicazione cumulativa che la norma sembrava prospettare il notaio sarebbe risultato escluso dall’ambito di operatività dell’art. 357 c.p. nella sua nuova formulazione.                    

Per quanto riguarda la funzione giudiziaria l’unico problema si era  posto in relazione all’uso del termine “ giurisdizionale “ in luogo del precedente “ giudiziaria ”, con il che la norma appariva  riferita esclusivamente all’attività diretta all’applicazione delle norme giuridiche alle concrete fattispecie , vale a dire - notò il BERTONI  - “ soltanto all’attività che appartiene alla competenza dei giudici o , più esattamente , di chi è chiamato , a qualunque titolo , a dare attuazione all’ordinamento , rispetto a singoli         casi “ . [23]    In tal modo , però , il pubblico ministero sarebbe rimasto confinato nell’esercizio della funzione amministrativa e ciò in contrasto con l’ultimo comma dell’art. 107 Cost. , che invece       - sosteneva l’ ALBAMONTE  -  “ andrebbe comunque riletto come norma estensiva delle guarentigie dei magistrati-giudici al pubblico ministero , e della cui previsione non vi sarebbe stata necessità ove in quella categoria dovesse essere ricompresa istituzionalmente tale figura “.  [24]  

V’è da aggiungere poi che tale limitazione era particolarmente significativa laddove sia nella legge di delega del nuovo Codice di procedura penale , sia nello stesso Codice la figura del pubblico ministero è rimasta fuori dalla giurisdizionalizzazione , assumendo il ruolo di parte.

Per tentare di porre rimedio a tali lacune ed imprecisioni , il 21 giugno 1990 fu presentata al Senato una proposta di legge composta da quattro articoli che , dopo un “ iter “ piuttosto lento , è diventata  legge il  7 febbraio 1992.  [25] 

L’articolo 4 di tale legge  ( n° 181 / 92 )  così stabilisce :

All’art. 357 del codice penale , come sostituito dall’art. 17 della legge 26 aprile 1990 , n° 86 , sono apportate le seguenti modificazioni :

a) al primo comma , la parola  “ giurisdizionale  “ è sostituita dalla seguente :  “ giudiziaria  “ ;                                                                                                 

b) il secondo comma è sostituito dal seguente :

“ Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi “.          

Sono state , dunque , apportate due rilevanti modifiche.  “  In ordine alla prima - secondo il  MAZZA  - va osservato che essa è volta a ricomprendere il pubblico ministero nella categoria dei pubblici ufficiali : infatti , il termine  “ autorità giudiziaria “ , nella sua ampiezza , non può che riferirsi anche a tale organo oltre che al giudice.

Per quanto concerne la seconda modifica , è opportuno precisare che nella vecchia dizione la funzione amministrativa si caratterizzava , sia per la disciplina della stessa in base a norme di diritto pubblico ( categoria di per sé di dubbia definizione ) o ad atti autoritativi , sia per la presenza di tre requisiti cumulativi :      a) formazione e manifestazione della volontà della pubblica amministrazione ; b) svolgimento di dette funzioni mediante poteri autoritativi ; c) e mediante poteri certificativi “ .  [26]   

Mediante la sostituzione della disgiuntiva “ o “  alla congiuntiva  “ e “  nell’elencazione dei poteri ( certificativo , autoritativo , espressivo della volontà della pubblica amministrazione ) caratterizzanti la pubblica funzione amministrativa , e che consentono di delimitarla rispetto al pubblico servizio , si è chiarito  -  come evidenzia la  SEVERINO DI BENEDETTO  -  “ che il riconoscimento della qualifica di pubblico ufficiale consegue alla presenza anche di uno soltanto dei tre poteri indicati dalla norma. Essa ha inoltre escluso i paventati effetti limitativi derivanti dall’uso della congiuntiva , ravvisati soprattutto da chi osservava che , da un lato , rimanevano fuori dalla qualifica categorie di soggetti , tra cui ad esempio i  notai , dotati del solo potere certificativo , ma emblematicamente e per espresso dettato della legge notarile considerati pubblici ufficiali , mentre , da un altro lato , risultava estremamente  difficile , se non impossibile , ravvisare funzioni esprimentisi nel contemporaneo esercizio di poteri certificativi , autoritativi ed espressivi della volontà della pubblica amministrazione “.  [27]

Tuttavia  MACCHIA  e  FERRONI  hanno obiettato che anche dopo il nuovo intervento legislativo continuano ad essere presenti svariate  e  all’interno della nozione di  “ pubblica funzione amministrativa  “ :  “ in particolare continuano ad essere unite da una particella congiuntiva le  “ norme di diritto pubblico  “ e gli     “  atti autoritativi  “, la  “ formazione  “ e la “ manifestazione della volontà della pubblica amministrazione  “. [28] 

Anche secondo il  MAZZA , nonostante la nuova formulazione permarrebbero non pochi problemi : “ ad esempio , la locuzione vigente indica come pubblica la funzione “ caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione “ , e poiché la congiunzione  “ e “  non può che essere interpretata nel senso di richiedere la presenza di entrambe le fasi di formazione e manifestazione della volontà , ne discende che l’attività consultiva resta al di fuori della sfera di operatività della previsione in    esame “.  [29]

Infatti appare evidente a MACCHIA  e  FERRONI che  “ dopo l’entrata in vigore della legge in commento non potrà più essere sostenuta quella tesi interpretativa  ( finalistica e/o estensiva ) che tendeva a leggere come particelle alternative tutte le  contenute nell’articolo 17 della legge n° 86 del 1990 , tranne quella che legava le fonti al contenuto della stessa funzione amministrativa descritta : deve quanto meno presumersi che il legislatore , intervenendo a così breve distanza di tempo sulla norma in argomento , abbia inteso chiarire una volta per tutte il suo intento descrittivo , e quindi le  e , volutamente lasciate nel testo , non possono che essere lette , oggi , come particelle  congiuntive. “  [30] 

In ragione di ciò secondo i citati Autori “ si potrebbe fondatamente concludere che una pubblica funzione amministrativa può aversi solamente quando si sia in presenza di una norma di diritto pubblico e ( in aggiunta ) di un atto autoritativo conseguentemente emesso sulla base di quest’ultima : in altre parole , non basterebbe la presenza di una norma di diritto pubblico - come fonte di disciplina - per ritenere esistente una pubblica funzione amministrativa e per attribuire quindi la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio all’operatore pubblico che a tale funzione assolve.  “  [31]

Una conclusione che potrebbe portare ad un drastico ridimensionamento del novero delle figure soggettive di cui agli articoli 357 e 358 c.p. , in contrasto con la  ratio  legislativa della stessa legge n° 86 del 1990 , che era sì quella di determinare rigorosamente , e dunque ridurre , il numero e la casistica degli operatori pubblici qualificabili come  “ pubblici ufficiali “ o “ incaricati di pubblico servizio “ , ma non certo quella di vanificare totalmente  ( o quasi ) la consistenza della categoria.  [32]

 


   

[1] G.IADECOLA , op. cit. , p. 22.

[2] C.F.GROSSO  “ I nuovi delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione : indebolimento o rafforzamento della tutela penale ? “ ,  in Cassazione penale  1991 , p. 1300.

[3] C.F.GROSSO , op. cit. , passim.

[4] M.PETRONE , op. cit. , p. 935.

[5] F.PALAZZO , op. cit. , p. 821.

[6] A.PAGLIARO  , Relazione introduttiva al Convegno di Siracusa del 1986 , cit. , p. 27.

[7] A.ALBAMONTE  “ Modifiche ai delitti contro la pubblica amministrazione ( Legge 26 aprile 1990 , n° 86 ) “ , cit. ,             p. 776.

[8] M. PETRONE , op. cit. , p. 936.

[9] F.PALAZZO , op. cit. , p. 817.

[10] R.BERTONI  “ Pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio. La nuova disciplina. “ , op. cit. , p. 874.

[11] G.SANTACROCE , op. cit. , p. 2075.

[12] R.BERTONI , op. cit. , p. 874.

[13] A.ALBAMONTE , op. cit. , p. 765.

[14]P. SEVERINO DI BENEDETTO  “ L. 26 / 4 / 1990 n° 86 ( G. U. 27 / 4 / 1990 n° 97 ). - Modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione “ , in Legislazione Penale  1990 , p. 338.

[15] P. SEVERINO DI BENEDETTO , op. ult. cit. , passim.

[16] G.SANTACROCE , op. cit. , passim.

[17] A.TENCATI “ Gli intranei all’amministrazione soggetti attivi dei delitti contro la P.A. “ , Rivista Penale 1991 , p.583.

[18] V. CHIUSANO  “ Il diritto penale in trasformazione : le nuove figure di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio “ ,  Difesa penale 1992 , p. 43.

[19] TRIBUNALE DI TORINO , Sez. V , 3 dicembre 1990 , inedita.

[20] FIANDACA-MUSCO  “ Diritto penale , parte speciale. Zanichelli , Appendice  “ La riforma dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione “  ( Legge 26 aprile 1990 , n° 86 ) “ , p. 8-9.

[21] FIANDACA-MUSCO , op. cit. , p. 11.

[22]P. SEVERINO DI BENEDETTO , op. cit. , p. 342.

[23] R.BERTONI , op. cit. , p. 876.

[24] A. ALBAMONTE , op. cit. , p. 765.

[25] Un rimedio comunque parziale e temporaneo , in vista di una riforma complessiva del codice penale , che presumibilmente interverrà di nuovo sul tema dei delitti di cui al Capo I del titolo II del vigente codice penale.

[26] L.MAZZA “ Delitti contro la pubblica amministrazione : prospettive di ulteriore riforma “ ,  Riv.Trim. di Dir.Pen. dell ‘ Econ. , 1992 , p. 703.

[27] P. SEVERINO DI BENEDETTO  “ L. 7 / 2 / 1992 n° 181- Modifiche al codice penale in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. ( G.U. 2 / 3 / 1992 n° 51 ) “ , in Legislazione penale 1992 , p. 450.

[28] MACCHIA - FERRONI  “ Delitti contro la P.A. : il legislatore interviene nuovamente con la legge n° 181 / 1992 “ ,  in   Nuova Rassegna 1992 , p. 1609.

[29] L.MAZZA , op. cit. , p. 703.

[30] MACCHIA-FERRONI , op. cit. , p. 1609.

[31] MACCHIA-FERRONI , op. cit. , p. 1609.

[32] MACCHIA-FERRONI , op.cit. , p. 1610.

 

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