STUDIO LEGALE AMATI
Dott. Roberto Amati
Documenti: Tesi di Laurea
Concussione per Induzione di Silvia Amati
3° CAPITOLO : IL DELITTO DI CONCUSSIONE NELL’ATTUALE TESTO DELL’ART. 317 : IN PARTICOLARE NELLA FORMA DELL’INDUZIONE.
1. LE INNOVAZIONI
INTRODOTTE DALLA LEGGE n. 86 / 90.
La norma dell’articolo 317 , così come modificato dall’art. 4 della legge 26 aprile 1990 , n° 86 , stabilisce che : “ Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che , abusando della sua qualità o dei suoi poteri , costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente a lui o ad un terzo , danaro o altra utilità , è punito con la reclusione da quattro a dodici anni “. Rispetto al vecchio testo si evidenziano dunque le seguenti modifiche : 1) estensione dell’incriminazione all’incaricato di un pubblico servizio ; 2) sostituzione dell’espressione “ abuso delle funzioni “ con quella “ abuso di poteri “ ; 3) eliminazione della previsione della pena pecuniaria ; 4) eliminazione del richiamo al vecchio articolo 314 c.p. che prevedeva la pena accessoria della interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici , ora prevista dall’articolo 317 bis , introdotto dall’art. 5 della legge n° 86 del 26 aprile 1990. La legge 86 / 90 ha realizzato la più grande riforma della parte speciale del codice penale dal 1930 ad oggi. Con riguardo alla disciplina del delitto di concussione la principale innovazione ha interessato la sua sfera soggettiva di applicazione. Peraltro , come sostenuto da SEGRETO e DE LUCA , “ l’estensione della incriminazione all’incaricato di un pubblico servizio elimina una lacuna che era stata evidenziata sin dall’entrata in vigore del codice penale del 1930 “. [1] Come evidenziato da FIANDACA e MUSCO , infatti , “ a causa del progressivo incremento dei pubblici servizi , sono andati .... aumentando i casi di comportamento concussivo da parte degli stessi incaricati di pubblico servizio , come ad es. nell’ipotesi paradigmatica di una infermiera - capo di un ospedale , la quale , adibita all’accettazione dei pazienti , subordini il ricovero di un ammalato al previo pagamento di una indebita somma di denaro “. [2] Anche secondo lo IADECOLA “ ha evidentemente il legislatore tenuto presente , cosiccome del resto si arguisce indirettamente ma chiaramente dalla discussione sull’articolo 317 c.p. ( cfr. seduta della Seconda Commissione del 23.1.1990 ) , quelle particolari situazioni in cui la titolarità dell’esercizio di un servizio pubblico pone il soggetto in condizione di poter effettivamente svolgere un’opera di condizionamento nei confronti del soggetto passivo ...... Se si voglia aver riguardo all’attività dei medici esercenti in una clinica privata convenzionata con le U.L.S.S. ( i quali , a meno che non si voglia allargare a dismisura la categoria dei pubblici ufficiali , non paiono certo esercitare una pubblica funzione e sono incaricati di un pubblico servizio , dal momento che , pur realizzando il fine pubblico perseguito dall’ ente , non hanno alcun potere autorità nei confronti degli assistiti ed è difficile ipotizzarne una potestà certificatrice , se è vero che , come è stato rilevato , è la stessa clinica privata convenzionata a gestire i rapporti , relativi agli assistiti stessi , con l’ente e con l’esterno in genere ) ....... si evidenzia un rilevante settore del servizio pubblico ( sanitario ) nell’ambito del quale è ben possibile porre in essere condotte di coartazione e di costringimento nei confronti di soggetti in condizioni di “ debolezza “ ( i quali sono sempre il malato o i suoi familiari ) , che descrivono nella sostanza proprio il nucleo di disvalore della concussione “. [3] La estensione della punibilità anche all’incaricato di un pubblico servizio ha destato , tuttavia , delle riserve da parte della SEVERINO DI BENEDETTO , essendo la concussione intrinsecamente fondata ( per lo meno nella ipotesi della costrizione ) su quel metus publicae potestatis che un incaricato di pubblico servizio non sembrerebbe in grado di poter determinare. “ Tuttavia la nozione stabilita dall’articolo 358 comma 2 c.p. , nel testo profondamente modificato dall’art. 18 , può forse giustificare l’estensione dell’art. 317 anche all’incaricato di un pubblico servizio , dato che esso viene ora rigidamente ancorato ad un’attività disciplinata “ nelle stesse forme della pubblica funzione “ , anche se caratterizzata “ dalla mancanza dei poteri tipici di quest’ultima “ “. [4] Più critici al riguardo FIANDACA e MUSCO , per i quali , invece , “ il legislatore non si è preoccupato di apportare i necessari adattamenti alla struttura della condotta incriminata , che è rimasta essenzialmente invariata ( salvo , come vedremo , una modifica di dettaglio ) rispetto a quando la fattispecie era incentrata sul solo pubblico ufficiale : per cui si potrebbe obiettare che gli incaricati di pubblico servizio , a differenza dei pubblici ufficiali , non sono veramente in grado , tenuto conto dei limitati poteri di cui dispongono , di esercitare una pressione psicologica idonea a sfociare in induzione o costrizione dei privati “. [5] Correlativamente all’ ampliamento soggettivo dell’ incriminazione , il riferimento all’abuso delle funzioni ( che sono proprie solo del pubblico ufficiale ) è stato mutato in abuso dei poteri. “ E’ intuitivo - ha sostenuto il Relatore Battello - come tale sostituzione sia stata dettata dalla necessità di raccordare l’elemento materiale con la estensione dell’incriminazione all’incaricato di un pubblico servizio , in riferimento al quale è più corretto parlare di poteri che di funzioni. “ [6] Anche se , come ha evidenziato LI VECCHI , la nuova dizione “ non costituisce altro che un’endiadi per il semplice fatto che i “ poteri “ derivano propriamente dalle “ funzioni “ esercitate. “ [7] “ L’adeguamento del testo normativo - ha rilevato lo IADECOLA - persegue anche l’obiettivo di una più puntuale definizione della condotta materiale del reato , in cui la prevaricazione consumata nei confronti del cittadino non sia posta in relazione , genericamente , alle funzioni effettivamente ricoperte , bensì più incisivamente rifletta i poteri che sono manifestazione delle sue specifiche competenze “. [8]
L’ ALBAMONTE ha invece sottolineato che , “
se anteriormente la locuzione “ qualità o funzioni “ veniva usata per
rafforzare il paradigma dell’anti - doverosità dell’abuso commesso dal
pubblico ufficiale , ora , riferendosi soggettivamente il delitto al
pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio , il paradigma
dell’antidoverosità doveva essere definito con riferimento alle
caratteristiche dell’attività propria di ciascuna di dette figure ; con la
conseguenza che , mentre l’abuso della qualità ( ovvero delle funzioni )
attiene all’anti - doverosità dell’azione del pubblico ufficiale , l’abuso
dei poteri è utile per identificare la condotta illecita dell’incaricato
di pubblico servizio , non potendosi a costui di certo riferirsi funzione
pubblica alcuna , almeno in senso tecnico “.
[9]
[1] SEGRETO A. - DE LUCA G. “ I delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A.. Dopo le leggi 86/90 , 146/90 , 241/90 “. Milano , Giuffrè 1991 , pag. 188. [2] FIANDACA - MUSCO “ Diritto penale. Parte speciale. “ Zanichelli , Bologna , 1994. Appendice “ La riforma dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica Amministrazione. ( Legge 26 aprile 1990 , n° 86 ) “ , pag. 19. [3] G. IADECOLA “ La riforma dei delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione “ , Torino , Giappichelli , 1992 - 8° , p. 43-4. [4] P. SEVERINO DI BENEDETTO “ L. 26/4/1990 n° 86 ( G.U. 27/4/1990 n° 97 ). - Modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione “. in Legislazione Penale 1990 , p. 269. [5] FIANDACA - MUSCO , op. cit. , p. 19. [6] Senato della Repubblica , Relazione della II Commissione Permanente ( Giustizia ) , relatore Battello , atto n° 2078 , 58 e 688 / A , p. 9. [7] R. LI VECCHI “ Vecchi e nuovi problemi ermeneutici in tema di concussione “ , Riv.Pen. 1992 , p. 708. [8] G. IADECOLA , op. cit. , p. 45. [9] A.ALBAMONTE “ Modifiche ai delitti contro la pubblica amministrazione. ( Legge 26 aprile 1990 n° 86 ) “ , Consiglio di Stato 1990 , p. 770.
Contattaci
Studio Legale Amati 00019 Tivoli (Roma) - Via Due Giugno, 18 Tel/Fax : 0774.314845
|
Documenti:
Powered by
|