L'Epicureismo

Le fonti del pensiero di Epicuro

  1. Epicuro è il primo vero “materialista” nella storia del pensiero occidentale perché ha consapevolmente rifiutato la “seconda navigazione” platonica.
  2. Non a caso egli recupera la fisica degli atomisti, quella che senza dubbio meglio si prestava per strutturare un sistema materialista.
  3. La sua attenzione alla dimensione materiale dell’esistenza gli farà recuperare dalla scuola socratica dei Cirenaici la dottrina relativa al piacere, di cui Epicuro darà una rilettura originale.
  4. Infine, nella sua dottrina si trovano echi del disprezzo verso i bisogni superflui del cinismo.

 

La “canonica” epicurea

Con il termine “canoni”, Epicuro intende indicare i criteri necessari e sufficienti per condurre l’uomo verso la verità. Tali criteri sono tre:

le sensazioni -

colgono sempre l’essere in modo infallibile, quindi sono sempre e tutte vere;

le prolessi -

sono le rappresentazioni mentali delle cose, anticipano l’esperienza ma solo nella misura in cui sono prodotte dall’esperienza (ad es.: i “nomi”);

i sentimenti di piacere e dolore -

servono per riconoscere i valori dai disvalori (criterio logico-ontologico ed anche assiologico).

 

La fisica epicurea

La “fisica” di Epicuro è una ontologia, una visione generale della realtà nella sua totalità e nei suoi principi ultimativi; essa è elaborata per dare fondamento all’etica. In forza del grande principio parmenideo, nulla nasce in assoluto (cioè viene dal non-essere), e nulla muore in assoluto (torna al non-essere), si può parlare unicamente di composizione e scomposizione a partire da elementi originari, che sono gli atomi (Democrito): la totalità del reale è dunque immobile ed infinita .

Esistono perciò solo due tipi di corpi:

La presenza del movimento dimostra inoltre l’esistenza del “vuoto” che consente appunto ai corpi di spostarsi. Le caratteristiche degli atomi sono le seguenti:

  1. forma , intesa non come massa, ma come forma ontologica; sono assai numerose, ma non infinite;
  2. peso;
  3. grandezza;
  4. movimento perpendicolare , dall’alto in basso;
  5. “clinàmen” (inclinazione); talvolta, in maniera casuale, gli atomi deviano dal loro moto perpendicolare, scontrandosi così con gli altri atomi che in quel momento si trovano attorno (non si spiegherebbe altrimenti l’origine dei corpi).

Ma la teoria del “clinàmen” è introdotta non solo per ragioni fisiche, ma anche e soprattutto per ragioni etiche. Infatti, nel sistema dell’antico atomismo tutto avviene per necessità: il Fato e il Destino sono sovrani assoluti; ma in un mondo in cui predomini il Destino, non c’è posto per la libertà umana, e, quindi, non c’è posto per una vita morale quale Epicuro la concepisce.

 

L’etica epicurea

Epicuro reinterpreta le teorie etiche classiche alla luce della sua diversa idea di uomo: se l’essenza dell’uomo è materiale, anche il suo bene sarà materiale; il bene consiste nel cercare il piacere e fuggire il dolore. La dottrina epicurea del piacere può essere espressa in tre convinzioni:

  1. la massima espressione del piacere consiste nel non avere dolore - aponìa - e nella mancanza di turbamento nell’anima - atarassìa;
  2. i piaceri ed i dolori dell’animo sono superiori a quelli del corpo;
  3. la suprema virtù, la “phrònesis”, altro non è se non la ragione applicata al piacere.

La tavola epicurea dei piaceri

Tipo di piacere

Caratteristiche

Comportamento

Naturali e necessari

Sono quelli legati alla conservazione della vita dell’individuo

Devono essere sempre soddisfatti

Naturali ma non necessari

Sono le variazioni superflue dei primi

Devono essere limitati

Non naturali e non necessari

Desideri di ricchezza, onore, potenza, ecc.

Non bisogna mai cedere

 

Bisogna, dunque, sfrondare i nostri desideri e ridurli al primo nucleo essenziale; solo così ce ne verrà ricchezza e felicità. Per procurarci quei piaceri noi bastiamo a noi stessi, e in questo bastare-a-noi-stessi (autarchia) stanno la più gran de ricchezza e felicità.

Anche i problemi che sembrano attanagliare da sempre l’esistere dell’uomo non costituiscono per Epicuro un ostacolo insormontabile al suo modello di felicità-piacere.

  1. Il trascorrere del tempo non minaccia la felicità perché un tempo limitato o uno illimitato possono contenere la medesima quantità di piacere (ciò dipende dal fatto che il piacere, quando c’è, è infinito).
  2. Anche il dolore non è un problema. Vi sono tre tipi di dolore:
  3. - il dolore leggero, che è facilmente sopportabile;

    - il dolore forte, che, in quanto tale, passa presto;

    - il dolore fortissimo, che rapidamente conduce alla morte.

    Il saggio epicureo non si misura con il dolore: lo rimuove.

  1. Il problema della morte non si dà: non dobbiamo temere la morte, perché quando essa sopravviene, noi non sentiamo più nulla; sinché l’uomo vive la morte non c’è, quando c’è la morte, non v’è più l’essere umano. (Epicuro trascura il fatto che ciò che l’uomo teme non è la morte, ma il “morire”).

Non bisogna inoltre dimenticare come l’individualismo di Epicuro appaia del tutto coerente con il suo edonismo etico, e ciò lo si comprende perfettamente tenendo presente la crisi delle città-stato. La dimensione sociale e politica dell’essere umano appare come qualcosa di innaturale, e un’intensa vita sociale e politica compromette l’aponia ed è fonte di turbamento. Di qui il perentorio invito che Epicuro rivolge a colui che intende divenire saggio: “Vivi nascosto”.

 

Il «Tetrafarmakon»

Il “verbo” epicureo può essere sintetizzato, come volle lo stesso Epicuro, in quattro brevi proposizioni (le “quattro medicine”):

  1. il timore per l’aldilà e la paura degli dei sono vani;
  2. la paura della morte è assurda, perché la morte è nulla;
  3. il piacere (catastematico) è possibile per tutti;
  4. il male, o è breve, o è sopportabile.

L’uomo che sappia applicare a sé questo quadruplice rimedio acquista la pace dello spirito e la felicità, che nulla e nessuno possono intaccare. È questo l’ideale del “saggio” che, diventato padrone di sé, nulla può ormai temere, nemmeno i più atroci mali e addirittura nemmeno le torture. Questo è il modo paradossale col quale Epicuro vuole dirci che il vero saggio è “imperturbabile”. Forte della sua “atarassia” , Epicuro ritiene di poter dire che il saggio può contendere in felicità perfino con gli Dei: ove si tolga l’eternità, Zeus non possiede più del saggio.

Questa autentica “ricetta di vita”, certamente discutibile, apparve agli uomini di quel tempo innegabilmente chiara, semplice ed invitante. Questa è senza dubbio una delle ragioni del successo ottenuto assai rapidamente dalla scuola epicurea, indipendentemente dalla sostenibilità logica delle sue teorie.

 

L’epicureismo latino: Lucrezio

Il movimento filosofico che ha preso spunto da Epicuro non ha prodotto alcuna evoluzione di rilievo all’interno del suo pensiero; più che altro si è trattato di ripetizioni che in alcuni casi hanno esplicitato qualche punto lasciato in ombra dal maestro.

Da questo panorama “uniforme” si stacca però la figura del poeta latino Lucrezio che costituisce un “unicum” nella storia della filosofia di tutti i tempi. Nell’opera “De rerum natura” egli cantò in mirabili versi il verbo di Epicuro sottolineandone la valenza esistenziale, ma conferendoli un tono drammaticamente pessimista.

Grazie all’opera del poeta latino, la dottrina epicurea non parla più solamente al lògos, ma a tutta l’emotività dell’uomo. La “malinconia” di Epicuro trova in Lucrezio un’espansione lirica, e viene ad emergere anche un senso di pietà nei confronti degli uomini non saggi, per i quali la vita appare senza luce. Il pessimismo sembra talora assumere forme radicali spingendo il poeta a chiedersi che male sarebbe stato non nascere.

Lucrezio, del resto, non fa che confermare un aspetto: l’epicureismo, al di sotto di una superficie apparentemente ottimista e fiduciosa nelle possibilità di autosalvezza del saggio, sembra percepire la drammaticità di un orizzonte esistenziale privo di senso.

Concludendo, una sola differenza sussiste fra Epicuro e Lucrezio: il primo seppe placare le sue angosce anche esistenzialmente; Lucrezio, invece, ne restò vittima, e morì suicida a 44 anni.


Fonte: http://www.geocities.com/Athens/Olympus/4533/epicuro.htm