Le ultime raccolte

In dieci anni, dal 1971 al 1981 Montale pubblica quattro libri con evidenti affinità tematiche e formali. 

Dichiarerà in un’intervista a proposito di Satura (1971):

« Tra i primi tre libri miei e questo quarto sono passati alcuni anni, anni occupati da mestiere preciso che prima non avevo, quello del giornalista naturalmente, e in questi anni di intervallo io pensavo che non avrei piu scritto versi. Quando poi ho cominciato a fare qualche epigramma pubblicato in coda a certi elzeviri sul giornale, allora e rispruzzato fuori il verso e ha preso una dimensione anche, diciamo, musicale diversa: la dimensione di una poesia che apparente-mente tende alla prosa e nello stesso tempo la rifiuta ».

L’abbassamento di tono caratteristico della nuova produzione è funzionale allo stile «comico» in senso dantesco (e quindi eticamente impuntato e risentito), che Montale adotta con convinzione, dopo la fase alta dei primi tre libri che adesso vengono in qualche modo « rovesciati » .

Il titolo Satura richiama l’antica satura lanx dei latini, cioè il «piatto farcito, ricco di cibi vari» offerto agli dei, e quindi un genere letterario in cui vengono trattati i più svariati argomenti, in uno stile libero e spesso comico-farsesco. In secondo luogo, il titolo rimarca l’intenzionalità propriamente satirica, ironica, parodistica, gnomica e in senso lato moralistica del nuovo discorso montaliano, profondamente coinvolto nella critica del costume e dell’ideologia della società contemporanea.

Nella sezione Xenia ci sono 28 componimenti dedicati alla moglie, Drusilla Tanzi, ricordata come «Mosca» e richiama il XIII libro degli Epigrammi di Marziale, cioè i «regali per gli ospiti», quindi va inteso come i regali di addio per la consorte che ha lasciato per sempre il poeta. L’inconsistenza della realtà è il motivo di fondo: il poeta delega ad oggetti insignificanti o a gesti e situazioni lo stimolo per ricordare un’occasione di vita e la sapienza di Mosca, sola autentica interprete della contraddittorietà fenomenica. Nel L’alluvione ha sommerso il pack dei mobili (II, 14) l’alluvione di Firenze diventa l’exemplum in senso dantesco di una condizione ontologica e metafisica: anche l’io come gli oggetti ha un’identità precaria sottoposta all’azione dissolvente del tempo e della realtà fenomenica (è una ripresa del sofferto problematicismo esistenziale degli Ossi in un contesto molto diverso, quello della società consumistica degli anni Sessanta.

Poeta da sempre «negativo», Montale ritrova attraverso Mosca la capacità di penetrazione del mistero del reale grazie ad una forma di pensiero che è al di là della logica della non contraddizione e della dialettica e che professa verità (o l’ignoranza) dell’indistinzione degli opposti e della loro riconciliazione. «Eppure resta / che che qualcosa è accaduto, forse un niente / che è tutto » (Xenia II, 13). La verità non è a-letheia, s-coperta, ma anzi è il «coperto», il nascosto, l’assente, l’inappartenente al mondo, ciò che non si dice.


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