Il Simbolismo

 

 

Il Parnassianesimo francese

Nel 1852 il poeta francese Théophile Gautier pubblica una raccolta di poesie, Smalti e cammei, improntata a un ideale di levigata compiutezza formale e di impassibilità stilistica. La sua lezione sarà presa a modello dai poeti Parnassiani, attivi nel decennio 1866 - 1876. Promotore fu Catulle Mendès, direttore della «Rivista fantastica», che con un’altra rivista, «L’Arte», aveva anticipato la tendenza.

 

Il nome deriva da Parnaso, il monte sacro ad Apollo, dio della poesia.

 

Il gruppo pubblica tre raccolte con il titolo Il Parnaso contemporaneo nel 1866, 1871, 1876.

 

Il loro programma prevede un ritorno alle forme classiche rinascimentali e settecentesche, ad un’arte impeccabile senza troppi sentimentalismi, senza forme di impegno sociale ma propongono l’autonomia dell’arte.

Il maggior teorico fu Théodore de Banville che difese l’autonomia dell’arte e una sua concezione raffinata che la riserva a pochi eletti nel Piccolo trattato di poesia francese (1872).

 

L’esclusione del poemetto Il pomeriggio di un fauno di Mallarmé determina la fine di un movimento e l’inizio di un altro, il Simbolismo.

 


Le origini del Simbolismo

Rimbaud aveva espresso nella Lettera del veggente del 1871 le basi della nuova poetica.

Anche Verlaine si ispirava a Baudelaire con i Poemi saturnini del 1866. La nuova tendenza sembra già una realtà affermata nell’antologia curata da Verlaine I poeti maledetti del 1884.

 

Nel 1886 viene pubblicato sul “Figaro” il Manifesto del Simbolismo.

La poetica simbolista

I punti principali della nuova tendenza, la quale si rifà largamente alla poesia di Baudelaire, sono

Il poeta cerca un rapporto con il mondo puramente sensuale, non più mediato dalla ragione. Da questa rinuncia deriva quella di un discorso fondato sulla logica comune, quindi al prevalere di una comunicazione semantica.

Da un lato, secondo Rimbaud, il poeta diventava veggente impossessandosi di una verità oscura e infinita, attraverso “uno sregolamento di tutti i sensi”, dall’altro questa verità, proprio perché oscura, è inesprimibile e può essere resa solo attraverso le allusioni, le suggestioni musicali, la magia della parola.

Fra la parola e il  mondo, fra la poesia e la verità si stabilisce una perfetta coincidenza. La poesia non significa più il mondo, ma è il mondo. Dunque non vuole più avere un contenuto semantico, rappresentativo, referenziale, ma tende a sciogliersi in musica, come voleva Verlaine, e come già Rimbaud aveva teorizzato nel sonetto Le Vocali.

La poesia è essenzialmente un’arte fonosimbolica, cioè in cui il suono assume un valore evocativo e simbolico.

Ovviamente questo genere di poesia è molto oscuro. Inoltre il linguaggio poetico si specializza, diventa il linguaggio specifico e separato della poesia.

I rapporti tra la percezione sensoriale e la natura inclinano a soluzioni mistiche o paniche, a una confusione vitale. Tendono ad essere esposti nella forma della metafora e in particolare della sinestesia, prediligono i procedimenti analogici che accostano aspetti diversi e in genere irrelati e che quindi bene si adattano a rendere le corrispondenze fra i sensi umani e gli aspetti della natura. Prevale il senso di una partecipazione mistica al tutto.

L’uso di queste tecniche si spiega anche poiché il particolare vale come simbolo dell’universale, che è oscuro ed esprimibile solo in modo indiretto, per approssimazione, attraverso accostamenti successivi.

 

La centralità della parola come magia, allusione, musica comportano un estremo soggettivismo e individualismo e una valorizzazione del poeta e della poesia che tende ad assumere un significato superiore, religioso, una concezione della poesia come assolutezza: cioè ab-soluta, sciolta da ogni legame con il mondo delle cose e con quello della pratica e della morale comune.

 

Dal carattere del tutto soggettivo della poesia deriveranno fondamentali innovazioni formali, come il verso libero. Dalla concezione assoluta della poesia nasceranno le teorie dell’autonomia estetica e della poesia pura, separata cioè da ogni preoccupazione civile, morale e comunicativa.

 

Il poeta diventa un “veggente”, dotato di capacità oracolari, profetiche. Di qui la tendenza della nuova poesia a porsi come religione, la tendenza all’estetismo.


Il Decadentismo

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