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E' considerato il fondatore del positivismo. Nato a Montpellier il 19 gennaio 1798, riceva una formazione cattolico-militare, da cui serberà un notevole amore per l'ordine; nel 1806 entra al Liceo imperiale di Montpellier, dove vive una "funesta clausura scolastica"; nel 1814 è all'Ecole Polytechnique dove già manifesta tendenze atee e repubblicane (ne sarà espulso nel 1816). Legge Condorcet, Diderot, Smith, Hume, Maistre, de Bonald.
Nel 1817 avviene l'incontro con St.Simon, di cui diventa segretario, iniziando a scrivere su riviste (Le politique e l'Organisateur), ma con cui nel 1824 rompe i rapporti. Dopo un periodo di forte esaurimento nervoso, da lui risolto con una "dieta cerebrale" (con cui rifiutava il cibo indigesto della lettura di commenti critici alle sue idee), pubblicò il Corso di filosofia positiva, sua opera principale. Non potendo insegnare in sedi istituzionali, tenne dei corsi privati a un ristretto gruppo di estimatori. Morì a Parigi nel settembre del 1857.
La filosofia per Comte non deve proporsi di raggiungere la verità, ma solo di organizzare la società (cfr. il Discours sur l'esprit positif). La società quindi, notiamo, può avere un fondamento diverso dalla verità: tutti troverebbero questo assurdo, trattando di un livello "analitico" e materiale (esempio: ignorare che la scienza prevede [ammettiamone la possibilità, con stretti margini di errore] per il tal periodo nella tal regione un violentissimo terremoto, evitando di farne evacuare per tempo gli abitanti); ma perché quello che vale a livello analitico-materiale non dovrebbe valere per il livello sintetico-spirituale? Perché dovrebbe essere buona una società basata sulla menzogna, una società che facesse come se l'uomo fosse diverso da quello che è veramente?
Corollario: le filosofie diverse dalla sua Comte non le confuta. Le "tollera". Limitandosi a capire perché sono nate, si sono sviluppate e poi sono decadute, o stanno decadendo (il perché è nel dato contesto storico). Ecco che cosa dice in proposito:
"La sana filosofia esclude radicalmente, è vero, tutte le questioni necessariamente insolubili; ma, motivandone il rigetto, evita di negare alcunché a loro riguardo, cosa che è contraddittoria con la loro desuetudine sistematica, per la quale sol tanto devono estendersi tutte le opinionl veramente indiscutibili. Più imparziale e più tollerante verso ciascuna di esse, data la sua comune indifferenza, di quanto non possano esserlo i loro opposti seguaci, essa si ferma a valutare storicamente la loro rispettiva influenza, le condizioni della loro durata e i motivi della loro decadenza, senza giungere mai a una negazione assoluta, anche quando si tratta delle dottrine più ostili allo stato presente della ragione umana nelle popolazioni migliori."
Comte teorizza dunque la più radicale rinuncia alla ragione che la storia ricordi, una vera e propria decapitazione del senso critico. Egli è nemico della domanda.
Non essendoci alcuna verità è la storia a decidere tutto. Le tesi filosofiche più diverse affiorano e scompaiono nel grande fiume della storia, che tutto trascina con sé: e Comte propone di stare a guardare, senza passione, senza nostalgia e senza speranza, adorando ora l'uno ora l'altro dei mostri che emergono dalle acque.
Come per Marx ed Hegel la storia è per lui un cammino (reso sensato dalla immanenza in essa della Divinità, che anche per Comte, come per gli altri due, è l'Uomo, l'Umanità) verso il meglio, verso una meta di piena e totala attuazione dell'Umanità, ossia verso la autodivinizzazione dell'Umanità. La storia è perciò, per lui come per Marx ed Hegel, inesorabile, inevitabile Progresso, non dipendente dalla libertà umana, che per lui, come per gli altri due, non esiste, ma da una necessità inarrestabile. Ne segue che anche per lui il nuovo è perciò stesso migliore dell'antico. L'unico problema resta allora quello di sapere se una cosa è attuale o no, mentre diventa irrilevante sapere se sia giusta o no, vera o no.
Compito della sociologia è quello di disegnare un progetto di nuova società organica, che componga due istanze
Dunque la società positiva, quale lui la immagina è una società organica, ma la sua qualifica è di essere in realtà totalitaria: nessuno spazio di pluralismo, di libertà e di senso critico, ma amorfo amalgama collettivistico dominato dai potenti (banchieri, finanzieri, industriali), che coadiuvati dagli scienziati, sceglieranno che cosa di volta in volta far credere al popolo (mescendo con sapiente arte verità scientifiche e menzogne sentimentali).
La nuova società sarà retta da una Nuova Religione, la religione atea dell'Umanità. Questa avrà un suo Dio, a suo modo trino:
Avrà i suoi santi (i benefattori del Genere umano), i suoi angeli (donne angelicate), i suoi Templi e i suoi Riti, le sue feste, un suo Calendario.
Comte stesso si candidò ad essere il Gran Sacerdote di questa nuova Religione dell'Umanità.
Un bell'articolo di approfondimento con qualche suggerimento di lettura.
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