Guido CAVALCANTI (circa 1259-1300)

Fiorentino di una potente famiglia di guelfi bianchi, sostenne la fazione dei Cerchi contro quella dei Donati, guelfi neri, e nel 1267 si fidanzò con Bice, figlia di Farinata degli Uberti. Fu coinvolto precocemente nelle lotte politiche della città. Nel 1280 fu tra i garanti di parte guelfa alla pace stipulata tra guelfi e ghibellini, e nel 1284 partecipò ai lavori del Consiglio Generale del Comune, insieme a Brunetto Latini e a Dino Compagni. In seguito a una disposizione emanata nel 1293 da Giano della Bella, a Cavalcanti venne vietata la partecipazione alla vita politica. Il provvedimento di ordine pubblico, volto a placare le continue liti tra fazioni rivali, non fu sufficiente.

Nuovi violenti disordini cittadini costrinsero nel 1300 i Priori del Comune (fra i quali si trovava Dante, che pure considerava Cavalcanti "primo dei suoi amici") ad allontanare da Firenze i rappresentanti più turbolenti delle fazioni: Cavalcanti venne così esiliato a Sarzana, allora insalubre zona di confino. Nello stesso anno la condanna fu revocata, ma Cavalcanti rientrò a Firenze ormai ammalato e morì subito, probabilmente per febbri malariche.

Il suo canzoniere è composto di 52 testi (sonetti, canzoni e ballate) da cui non si possono ricavare indicazioni cronologiche utili per stabilire la data di composizione. Intorno al 1283 il nome di Cavalcanti doveva essere assai noto tra i poeti stilnovisti: nella Vita nuova, infatti, Dante lo considera uno dei più "famosi trovatori in quello tempo".

Il tema largamente dominante del suo canzoniere è Amore, inteso come passione irrazionale che allontana l'uomo dalla conoscenza e dalla felicità speculativa, conducendolo a una "morte" che è a un tempo morale e fisica. I trattati di medicina medievale (derivati da testi arabi) ritenevano che la "malattia d'amore" (l'amor heroicus) potesse avere anche esito mortale.

Nutrito di letture filosofiche e in contatto con gli ambienti averroisti di Bologna, Cavalcanti procede nei suoi testi a un'indagine sull'origine, la natura e gli effetti che la passione amorosa produce nell'uomo: programmatica in tal senso è la sua canzone dottrinale Donna me prega.

Provenienti dagli ambiti della "filosofia naturale" (fisica, astrologia, medicina e "psicologia" nel senso di "scienza dell'anima") e applicate alla passione amorosa, le sue ampie metafore (quali la battaglia d'amore, con ferite, "sbigottimenti", intervento degli spiriti vitali, paure, fughe, distruzione e morte) prendono vita in un linguaggio drammatico e lirico che lascia nel lettore un senso di malinconia e fatalità. L'enfasi drammatica della poesia di Cavalcanti è però stemperata e controbilanciata da un senso di stupore malinconico nei confronti di un realtà interiore che sempre trascende il soggetto e la sua sofferenza.

Nei suoi testi ciò si realizza con sapienti tecniche, quali la distanza dell'io poetico dal proprio discorso, l'ironia implicita nei frequenti diminutivi, un lessico concettuale e filosofico arduo, un sistema di immagini e paragoni.


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