Il problema della risposta di sito

      
Il problema della risposta di sito nasce dalla osservazione effettuata in seguito a terremoti distruttivi, che il tipo di danno subito da costruzioni analoghe può variare fortemente anche entro distanze ravvicinate (poche centinaia o addirittura poche decine di metri) e che in molti casi la risposta più plausibile deve essere ricercata nella differenza di comportamento dei terreni di fondazione  o in altri fattori inerenti la geologia e la morfologia superficiale.Com’è noto, infatti, la composizione spettrale di un’evento sismico subisce una prima modifica nel percorso fra il fuoco e il basamento rigido di una qualsiasi area considerata (funzione di attenuazione) ed una seconda modifica nel percorso attraverso i materiali (non rigidi) presenti fra il basamento e la superficie. Quest’ultima modifica, alterando il contenuto spettrale del sisma, è di notevole importanza poichè condiziona le sollecitazioni cui potranno essere sottoposte le strutture in quel sito. Risulta quindi necessario far ricorso a metodologie che permettano di definire come i terreni di copertura del “bedrock” possano influenzare l’ampiezza delle onde in superficie. I metodi più utilizzati che permettono di stimare la risposta di sito sfruttando le registrazioni del rumore di fondo (noise) sono due: il metodo di Kanai e Tanaka (1961) e il metodo di Nakamura (1989).
Il primo metodo nasce dalla constatazione che in ogni sito si registra un peculiare spettro dei microtremori che mostra una buona somiglianza con quello dei terremoti  registrati nello stesso luogo; a sostegno di ciò due autori, Kanai e Tanaka, portarono una serie di analisi spettrali di microtremori che dimostravano la loro costanza nel tempo e la loro dipendenza  dal profilo stratigrafico del sito. Se quindi esiste una buona coincidenza fra lo spettro del noise e quello delle registrazioni sismiche relative ad un sito, in generale si può considerare che il periodo predominante di un terremoto è strettamente connesso a quello dei microtremori .
Il metodo di Nakamura, invece, permette di stimare la risposta di sito attraverso il rapporto spettrale fra la componente orizzontale (H) e la componente verticale (V) del noise. Le principali assunzioni fatte da Nakamura sono che i microtremori derivano da onde Rayleigh e che la componente verticale (V) del noise nel passare dal bedrock alla superfice non subisce amplificazione. Nel dominio delle frequenze, l’amplificazione del suolo dovuta ad una superfice di strato a bassa velocità è data da:
H(f) = [h
n(f)2 + hu(f)2 ]½
 
Dove h
n(f) e hu(f) sono rispettivamente le componenti verticali ed orizzontali dell’amplificazione del suolo H(f); hn(f)  è data dal rapporto fra la componente verticale del moto sulla superfice Vs(f)  e la componente verticale al bedrock Vb(f):
hu(f) = Vs (f) / Vb(f) =  S
n(f) * G(f) * Zn(f) / Sn(f) * G(f)  dove Sn(f) rappresenta il contributo della sorgente, G(f) l’effetto di tragitto dalla sorgente e Z(f) rappresenta l’amplificazione indotta dai sedimenti. Analogamente la componente orizzontale di H(f) può essere definita come:
hu(f) = Us(f) / Ub(f) = Su(f) * Zu(f) *
G(f) / Su(f) * G(f)
dove Us(f) e Ub(f) sono rispettivamente le componenti orizzontali del moto sulla superficie e sul bedrock. Effettuando il rapporto fra la componente orizzontale e verticale di H(f) si ottiene:
hu(f) / h
n(f) = Zu(f) / Zn(f) = Us(f) * Vb(f) / Ub(f) * Vs(f)
Nakamura considerò che la componente verticale h
n(f) dei microtremori, nel passare dal bedrock in superfice non subisce amplificazione, per cui, nell’equazione precedente si ha Zn(f) = 1.  Quindi: Zu(f) = Us(f) * Vb(f) / Ub(f) * Vs(f)
Assumendo che al bedrock l’ampiezza spettrale di entrambe le componenti è la stessa  Ub(f) = Vb(f) la risposta di sito dipenderà soltanto dall’amplificazione subita dalla componente orizzontale del noise:
Zu(f) = Us(f) / Vs(f)
Il metodo di Nakamura è stato adottato, negli ultimi anni da vari autori per la stima della risposta di sito, con risultati e valutazioni sul metodo spesso contrastanti. Field et al. (1995), nello studio della risposta di sito per il terremoto di Giumri (Armenia) osservano che né la sola componente orizzontale dello spettro del noise né i rapporti spettrali riferiti a un vicino sito posto su roccia dura possono rivelare informazioni utili sulla risposta di sito; al contrario utilizzando il metodo di Nakamura, i rapporti spettrali fra componenti orizzontali e verticali mostrano un netto picco che coincide con la frequenza fondamentale di risonanza osservata nei dati delle repliche. Questi autori concludono quindi che il metodo di Nakamura può essere  considerato una procedura attendibile per determinare la frequenza fondamentale di risonanza di depositi sedimentari da osservazioni di noise ambientale.
 Lachet et al. (1996), nell’analizzare le registrazioni relative al terremoto di Salonicco (Grecia) e al noise ambientale con tre differenti tecniche (rapporti spettrali a una stazione di riferimento, funzioni di ricezione, rapporti spettrali H/V sulla registrazione del noise) giungono alla conclusione che il metodo di Nakamura sottostima i livelli di amplificazione  rispetto a quelli dedotti dalla classica tecnica del rapporto spettrale. Bonilla et al. (1997), per studiare l’amplificazione di sito nella valle di S. Fernando (California) utilizzano le onde S, le onde di coda e il metodo di Nakamura; i risultati evidenziano che le amplificazioni determinate attraverso il metodo H/V sono differenti dalle amplificazioni determinate tramite gli altri metodi. Durante la valutazione dell’amplificazione di sito di cinque località in S. Francisco (California), Seekins et alii (1996), notano che il metodo H/V applicato ai microtremori mostra amplificazioni concordanti con la frequenza fondamentale delle onde S, ma per frequenze superiori ai 2 Hz i picchi spettrali delle onde S non coincidono con quelli dei microtremori. Per tale motivo il metodo di Nakamura, secondo questi autori, è solo in grado di prevedere la  frequenza fondamentale di risonanza dei siti analizzati. Secondo Lermo e Garcia (1993) il rapporto spettrale H/V porta a buoni risultati anche quando utilizzato con dati relativi a deboli e forti moti del suolo; anche in questi casi è infatti possibile definire la frequenza fondamentale di risonanza del suolo. Gli stessi autori considerano, inoltre, che attraverso la tecnica di Nakamura è possibile caratterizzare gli effetti topografici di sito. Mucciarelli e Monachesi (1998), verificano se esiste una correlazione fra  l’amplificazione di sito, stimata con il metodo di Nakamura, e i differenti danni osservati nei paesi colpiti dal terremoto Umbro-Marchigiano del 26 Settembre 1997. Vengono messe in evidenza anche alcune peculiarità di questo sisma, quali nette variazioni di intensità entro brevi distanze e singoli casi di elevati danni verificatisi in aree di bassa intensità. Secondo i due autori queste peculiarità sarebbero dovute o all’amplificazione del moto del suolo per effetto geomorfologico di sito o alla variabilità della vulnerabilità delle strutture; in quest’ultimo caso, viene ricordato che la situazione peggiore si ha nel caso della “doppia risonanza” quando la frequenza di risonanza del terreno è prossima alla frequenza propria di oscillazione dell’edificio. I risultati, infine,  evidenziano che in molti casi esiste una evidente correlazione fra funzioni di amplificazione, geologia locale e danni; per alcuni casi, comunque la morfologia potrebbe essere il fattore prevalente nell’amplificazione osservata. Lentini (1995), applica il metodo di Nakamura per  valutare gli effetti di sito nella città di Canberra (Australia); nota che questo metodo dà con buona approssimazione la frequenza fondamentale di risonanza e che i fattori di amplificazione ottenuti sono sicuramente più realistici che non quelli ottenuti facendo il rapporto spettrale fra soil-site e rock-site. Capotorti et al. (1997) interpretano gli effetti di sito rilevati per il terremoto Umbro-Marchigiano del  26 Settembre 1997 attraverso il metodo di Nakamura; l’elevata frequenza ed intensità degli aftershocks che si susseguivano durante le registrazioni ha consentito a questi autori di stimare il rapporto H/V utilizzando, oltre ai microtremori, anche  veri e propri eventi. Le conclusioni, dedotte dall’analisi dei rapporti spettrali, considerano come cause predominanti degli effetti osservati le condizioni geolitologiche relative ad alcune località; minor peso, in questo contesto sembrano aver avuto le condizioni morfologico-topografiche dei siti e la differente vulnerabilità delle strutture (eccezion fatta per Nocera Umbra).

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