LA GITA IN BRENTA (1954)
All'"
Aquila d'oro ", dov'erano alloggiati, operai e tecnici dell'Edison
parlavano frequentemente del gruppo del Brenta con i paesani clienti del
locale: il Campanil Basso, la Cima Tosa e le altre cime delle Dolomiti
occidentali venivano assumendo contorni mitici per Franco, Nino e
Angelo, venivano imponendosi come mete obbligate di una prossima gita.
L'occasione si presentò appunto nel giugno del 1954. Approfittando di
due giornate festive consecutive, i tre salirono in sella alle
biciclette il sabato mattina. L'itinerario di andata toccò Trento,
Andalo e Molveno. S'addentrarono nel gruppo del Brenta, dopo aver
abbandonato le bici a Molveno, nel primo pomeriggio e, come se si
fossero appena alzati dal letto, salirono subito sulla Brenta Bassa.
Trascorsero la notte tra il sabato e la domenica al rifugio oPedrotti
col proposito di scalare, appena svegli, il Campanil Basso. Sveglia alle
tre. Colazione preparata su un fornelletto a meta. In attesa di unirsi
ad una comitiva per salire assieme sul Basso, decisero di recarsi sulla
Cime Tosa. Sbagliarono però strada e si trovarono a camminare nella
nave che il sole di giugno stava sciogliendo. Seppure fradici riuscirono
a ritrovare la strada, ma l'itinerario non previsto rubò del tempo
prezioso e dovettero rinunciare alla programmata salita sul Basso.
Ridiscesero a Molveno non completamente soddisfatti e s'avviarono verso
Caldonazzo dalla parte di S. Lorenzo in Banale, Ponte Arche e Toblino.
Sosta 'd'obbligo nella zona del vin santo e altrettanto obbligato
assaggio. Nino solo preferì il chinotto. La solita salita di Ponte Alto
non perdonò: le gambe cedettero sia ai bevitori di vin santo che ai
bevitori di chinotto. Fu un miracolo se riuscirono a trascinarsi con le
loro fedeli biciclette fino a 5. Cristoforo. Ormai era notte fonda.
Sulla strada tutta buche e polvere i tre sembravano gareggiare a chi
arrivava dopo. D'un tratto s'udì il rombo d'un automobile che
s'avvicinava. Giunta in prossimità dei ciclisti, rallentò e le persone
a bordo li osservarono. Anche Nino trovò la forza di girare la testa e
riconobbe Riccardo Ghesla che ritornava dall'opera assieme a Lodovico
Chiesa ed altri. Mossi a compassione i samaritani caricarono ciclisti e
bici sul portapacchi e s'avviarono verso Caldonazzo. Le scudisciate che
i rami di gelso protesi sopra la strada impartivano a ciclisti e
biciclette non erano cosa da poco. Ma dai nostri tre eroi sono ricordate
ancora oggi con sollievo. |