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THE NAZI STATE AND THE NEW RELIGIONS: FIVE CASE STUDIES IN NON-CONFORMITY
by Christine Elizabeth King
(1982 New York)

LO STATO NAZISTA E LE NUOVE RELIGIONI:
 CINQUE STUDI DI CASI DI NON-CONFORMITA' 
di Christine Elizabeth King

Autorizzazione
- Capitolo 6 - Capitolo 7- Appendici - Note 


Vogliamo ringraziare la Professoressa King che ha dato il consenso e l'opportunità alla Redazione di "Triangolo Viola" di tradurre e pubblicare in Internet in italiano questi due capitoli a beneficio dei nostri lettori. E' possibile visualizzare l'autorizzazione e la lettera della Prof. King alla Redazione Triangolo Viola.Il testo originale è pubblicato in un sito in inglese. Il numero delle pagine ed i riferimenti sono stati mantenuti nel testo per permettere il collegamento al testo originale.

[209] APPENDICE 1: Punto 24 del programma del partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi (NSDAP)

[211] APPENDICE 2: Romani 13:1-7, New English Bible.

[213] APPENDICE 3: Poesia attribuita a un Testimone di Geova e distribuita nelle caselle della posta private di membri del NSDAP a Rheingönheim nella notte del 5 Giugno 1936.

[215] APPENDICE 4: Note da un'intervista fatta con Dorota Wind, 19 Ottobre 1978.

[221] APPENDICE 5: Note da un'intervista con la Signora Werner Fett, 12 ottobre 1978.


[209] APPENDICE 1

Punto 24 del programma del partito nazionalsocialista
dei lavoratori tedeschi (NSDAP)

Noi chiediamo libertà per tutte le confessioni religiose esistenti nello stato, nella misura in cui esse in nessun modo minaccino l'esistenza dello stato, offendano il sentimento morale e i costumi della razza germanica. Il partito, come tale, rappresenta il punto di vista del 'cristianesimo positivo' senza essere legato confessionalmente ad alcuna fede particolare. Si oppone allo spirito materialistico ebreo all'interno e al di fuori della nazione ed è convinto che il permanente recupero del nostro popolo è possibile soltanto dall'interno e sulla base del principio del 'bene collettivo al di sopra del bene individuale'.

Da: A.C. Cochrane, The church's confession under Hitler, [La confessione religiosa sotto Hitler] Philadelphia, 1962, pag. 221.

[211] APPENDICE 2

Romani 13:1-7, New English Bible.

Ogni persona deve sottomettersi alle autorità supreme. Non esiste alcuna autorità se non per volontà di Dio, e le esistenti autorità sono state istituite da lui; di conseguenza, chiunque si ribelli all'autorità, si oppone a una istituzione divina, e coloro che fanno opposizione dovranno incolpare se stessi della punizione che riceveranno. Poiché chi governa è oggetto di terrore, non per l'opera buona, ma per il crimine. Non vuoi dunque aver timore dell'autorità? Allora continua a fare il bene ed avrai la sua approvazione, poiché essa è ministro di Dio che opera per il tuo bene. Ma se fai il male, allora avrai motivo di temerla, poiché non senza scopo essa porta la spada, essendo ministro di Dio, vendicatrice, per la punizione di chi opera il male. C'è quindi una ragione per cui siete obbligati a sottomettervi, non solo a motivo del timore della punizione, ma anche a motivo della vostra coscienza. Poiché per questo anche pagate le tasse; l'autorità è un servitore di Dio, che dedica a questo scopo le sue energie. Rendete a tutti ciò ch'è dovuto, pagate tassa e tributo, riverenza e rispetto a coloro ai quali essi sono dovuti.

[213] APPENDICE 3

Poesia attribuita a un Testimone di Geova e distribuita nelle caselle della posta private di membri del NSDAP a Rheingönheim nella notte del 5 Giugno 1936.

[Segue la relativa traduzione delle rime tedesche in rime italiane]

Né soldi, né potere, né armi  l'angustia nostra scacceran,

Né  umane  mani  l'aurora sorger faran,

Né sulla terra la nuova èra verrà,

Pria che a noi umani concessa sia l'eternità.

In nessun altro salvezza, né sotto il ciel nome di alcun è dato

Tranne che di Gesù sol sia beato!

Da: H. Prantl, Die kirchliche Lage in Bayern, Regierungsbezirk Pfalz 1933-1940, [La situazione religiosa in Baviera, Distretto governativo Palatinato...] vol. V, Magonza, 1978, pag. 129.

[215] APPENDICE 4

Note da un'intervista fatta con Dorota Wind, 19 Ottobre 1978.

Dorota Wind nacque circa cinquant'anni fa in Polonia da genitori ebrei benestanti. Suo padre era proprietario di ristoranti. Ora quel posto è sotto la dominazione russa e lei non vi è più tornata dalla fine della guerra, poiché come ebrea ha motivo di temere per la sua vita.

I suoi genitori erano ebrei semiortodossi. Osservavano le feste religiose più importanti, fra le quali Dorota ricorda con grande gioia le celebrazioni della settimana pasquale. Quand'era ragazza, suo padre fu parzialmente accecato durante una sommossa popolare antisemita contro la comunità ebrea in cui vivevano.

Fu istruita nella fede ebraica e non conobbe altre fedi eccetto il cattolicesimo, del quale ebbe solo scarsa conoscenza. In seguito, quando si nascose presso una famiglia cattolica, si recò insieme a lei in una chiesa cattolica abbastanza lietamente, pregando per se stessa in ebraico, credendo che, dopo tutto, c'era pur sempre un solo Dio. Non aveva mai sentito parlare dei Testimoni di Geova fino a che non venne a contatto con loro nei campi di concentramento.

Allo scoppio della guerra, i suoi genitori furono portati via improvvisamente, di notte, e non li vide mai più, sebbene ricevesse la notizia che si trovavano in un ghetto. Aveva tre fratelli, uno avvocato, uno dentista e un altro commerciante. Per primo fu arrestato il dentista con la sua famiglia e poi gli altri. Aveva anche delle sorelle, più anziane d'età, che fuggirono tutte in Israele prima della guerra.

Dorota si trovò sola e nascosta presso una famiglia di gentili, ignari che lei fosse ebrea. Fece in modo di poter visitare uno dei suoi fratelli nel ghetto e vide gli 'sgomberi', il trasferimento in massa di ebrei verso i campi di sterminio. Dorota, che ora è testimone di Geova, vede nelle sue molte fughe da arresto e detenzione la mano di Geova. Ha narrato nei particolari come in varie occasioni gli uomini delle SS l'avessero notata e lasciata andare, o come le avessero  restituito i suoi documenti d'identità dopo averli esaminati senza fare commenti, nonostante che fossero ovviamente falsi. [216]

La famiglia di gentili alla fine le chiese di andarsene e lei continuò la sua clandestinità con altre giovani ragazze. Richiamò alla mente le esperienze vissute con loro ed anche gli orrori del momento in cui fu alla fine scoperta ed arrestata. Fu interrogata per 10 giorni e sottoposta al terzo grado; finalmente, dopo avere acconsentito alla versione del verbale, secondo cui 'non aveva denaro al momento dell'arresto', e capito che quel denaro sarebbe servito a soddisfare i suoi carcerieri, fu liberata. Seguì un secondo arresto e il trasferimento in un campo di concentramento. Mentre aspettava il suo internamento, subì pesanti maltrattamenti e fustigazioni, e rinchiusa in una 'cella della morte' per ludibrio. Rammenta che, ancora impaurita per le ferite aperte,  fu costretta a stare in piedi insieme ad altre prigioniere in un'altra cella, pigiate così strettamente da sfregarsi reciprocamente le ferite.

In seguito fu internata in un campo di concentramento. (Per sue ragioni personali, Dorota Wind ha chiesto di usare il suo nome da nubile e di non menzionare il nome del lager, un campo di sterminio che si trovava in Polonia). Qui subì i rigori della routine quotidiana comune a tutti i prigionieri, sopravvivendo allo sterminio per una serie di circostanze. Dorota attribuì la sua sopravvivenza all'aiuto di Geova, ma questo fu probabilmente dovuto al fatto che fosse minuta e graziosa e avesse trovato lavoro come parrucchiera della moglie del comandante. Essendo capace ed efficiente, si salvò dalla morte. Venne a sapere che tutti quelli coi quali fu arrestata e imprigionata furono fucilati.

Dopo qualche tempo fu destinata ad un lavoro più routinario, quello di cavare patate; ricorda un'occasione in cui, scavando nella dura terra, la sua squadra dissotterrò capelli e ossa di prigionieri seppelliti in una fossa comune anonima e dimenticata. Rammenta le pressioni psicologiche; fu detto alla sua squadra che sarebbe stata destinata a morire dopo avere finito di cavare le patate, e più volte furono tenute rinchiuse per un giorno intero senza lavoro, nell'intento di far credere loro che stavano per morire.

Un capitano tedesco della Wehrmacht [esercito tedesco] venne un giorno al campo e chiese che dei collaboratori andassero con lui al confine ceco-magiaro. Egli scelse Dorota e un'altra ragazza ebrea, entrambe capaci di parlare il tedesco. Esse svolsero per lui lavori di cucina e di pulizia e lo seguirono a Plaschov, nelle vicinanze di Cracovia. Poiché non era un uomo delle SS, esse avevano per lui un certo rispetto, e Dorota rammenta che il suo comportamento nei loro riguardi era stato cortese. Un giorno si congedò da loro, promettendo che sarebbe tornato e che le avrebbe prese ancora al suo servizio, una volta che avesse finito di adempiere i suoi obblighi di servizio militare, ma non si fece mai più vedere. [217]

Dopo che il capitano se ne era andato via, lei descrive il suo avvio al campo propriamente detto. Ricorda particolarmente lo spidocchiamento; quando si recava in un locale in cui si infestava immediatamente di parassiti, doveva poi essere rapata.  Il campo era misto e vi avvenivano stupri. Dorota rammenta di aver provato paura quando un giovane guardiano del campo venne da lei una notte, ma poi si limitò a sedersi e a conversare con lei tutta la notte.

Nel termine di poche settimane, probabilmente nel 1944, fu trasferita a Birkenau con un mezzo ferroviario, del quale ricorda l'orrore. Alcuni dei suoi compagni fuggirono fuori dai vagoni, e nessuno tentò di fermarli. Le venne voglia di farlo anche lei, ma non sapeva dove andare.

A Birkenau fu sottoposta ancora a tutti i rituali d'iniziazione, ma dice che in quel tempo 'era un po' fuori di sé' e non comprendeva del tutto quello che le stava capitando. Ancora le docce, le pulci, le rapature e gli indumenti ruvidi e sudici, poi il trasferimento nel grande campo di Auschwitz.

Qui le fu tatuato un numero sul braccio (me lo mostrò, era il numero 890,93). Qui vide le camere a gas, i camion che portavano il gas, le ciminiere che emanavano fumo. Tutti vivevano in uno stato di perenne paura, poiché di notte i prigionieri semplicemente sparivano, per non ricomparire mai più. Descrisse la sua vita quotidiana, l'appello e gli orrori dell'alloggio e del cibo. Raccontò che in quel periodo sentiva d'impazzire e di non essere capace di capire quello che le accadeva intorno, non in un senso profondamente filosofico o morale, ma nel significato più pieno del termine, perché non poteva più credere alle cose che vedeva.

Quando gli Americani stavano avvicinandosi ad Auschwitz, fu trasferita a Belsen e qui le sue condizioni peggiorarono, perché si ammalò di tifo. Con difficoltà e pena rammentò 'un mondo di spettri' a Belsen, in cui ognuno era moribondo, la dissenteria, la mancanza d'acqua, scarso cibo e i morti abbandonati dove morivano.  Rammenta un suono ossessivo che, come seppe in seguito, veniva causato dai pesanti zoccoli di legno sui pavimenti di pietra. Anche lei doveva calzare quegli zoccoli e i suoi piedi portano ancora le lesioni subite nel portarli. Rammenta esattamente una serie di rumori, stava fisicamente male ed era mentalmente disturbata. Ciò nonostante, imparò a sopportare i suoi malesseri e i rumori, non permettendo mai a se stessa di pensare a quello che accadeva intorno a lei.

Si offrì sempre volontaria ai lavori, nonostante i suoi malesseri, poiché questo le consentiva di evitare la camera a gas. [218] Rammenta il lavoro di sepoltura dei morti e come lei e altri, a motivo delle loro povere razioni, toglievano pezzi di pane infestati da pidocchi dalle mani contratte dei morti. In seguito fu messa a lavorare in una squadra addetta al trasporto di pietre. Alcuni dei prigionieri cadevano a terra morti. Vivevano immersi in quello che riconoscevano come uno strano puzzo, ma fino a che non vennero liberati  dai soldati dell'esercito vincitore dotati di maschere, non poterono rendersi conto che quel puzzo proveniva da cadaveri.

Dorota disse quanto fosse stata vicina alla morte quando fu aiutata da un soldato tedesco. Espresse il vivo desiderio che io menzionassi il suo nome, Bernard Lösch. Egli le salvò la vita con una piccola cortesia e lei non l'ha mai dimenticato. Dopo la guerra tentò di rintracciarlo mediante avvocati internazionali, ma senza successo. Lei commentò il fatto dicendo che questo genere di cose era accaduta ad altri e che molti tedeschi rifiutarono tutti questi contatti per paura di rappresaglie. Allora le sue ginocchia erano piagate per il pesante lavoro che era stata costretta a fare e Lösch fece in modo di procurarle, senza farsi notare nel campo, della carta igienica confezionata, che, anche se appiccicata alla ferita, le evitò di essere dichiarata inabile al lavoro e di finire nella camera a gas. Lösch cercò di farla evadere dal campo, ma la sua testa rapata, il braccio tatuato e l'espressione demente lo resero impossibile.

Lei rammenta la liberazione, le grida e le acclamazioni dei soldati quando aprirono i cancelli del campo e videro quello che c'era dentro. Catturarono il comandante Kramer e lo picchiarono selvaggiamente, ma Dorota e la maggior parte dei prigionieri erano troppo deboli e confusi per capire quanto stava accadendo. Sentiva che in quel momento la sua sanità mentale era in gravissimo pericolo. Molti dei suoi amici morirono dopo aver mangiato la sostanziosa minestra che gli americani avevano preparato per loro con spirito amorevole; sembrò che non si potesse più vivere dopo gli orrori che avevano visto, e che non si potesse più incontrare altri esseri umani.

Fu in quel tempo che Dorota fu avvicinata da una compagna di prigionia testimone di Geova, che era però in possesso delle sue facoltà mentali più di Dorota e che cominciò a parlarle e a raccontarle tutti i guai che avevano passati.

Dorota rammentò di avere sentito pronunciare  il nome Zeugen Jehovahs [testimoni di Geova] nel momento dell'appello, ma di non averne capito il significato. Ciò nonostante, quel particolare le restò in mente, e quindi ascoltò volentieri quell'estranea. Da quel momento iniziò a lavorare per la Croce Rossa e ad adattarsi, sebbene ancora  confusa  e nervosa, gradualmente alla nuova vita.  Un giorno andò con altri a fare una gita di 24 ore organizzata dalla Croce Rossa. Una donna coi capelli grigi offrì a ciascuno di loro una cartolina con la scritta: C'è un Dio, c'è una speranza, c'è un futuro.[219]

Sul retro c'era un nome. Dorota contattò questa persona ed essa venne ad istruirla. Questa testimone di Geova era molto giovane, ma a causa della sua detenzione nel campo era incanutita.

In seguito cominciò a viaggiare un po' e fece visita a sei testimoni di Geova ad Amburgo, dei quali aveva avuto l'indirizzo quand'era nel campo. Da allora fece preparativi per andare, tramite la Croce Rossa, in Inghilterra, e le furono dati nomi ed indirizzi di Testimoni a Londra, affinché li contattasse per avere aiuto, cibo, asilo ed amicizia. Dorota non capì i loro insegnamenti, ma gradualmente 'imparò la verità'. A Londra i Testimoni le insegnarono la lingua inglese e lì conobbe altri convertiti venuti dalla Germania. Usavano portare con sé delle Bibbie per potersi riconoscere a vicenda. All'inizio Dorota fumava molto, ma presto seppe che la Società metteva in guardia contro i danni del fumo alla salute e così si liberò da quel vizio.

Dorota ormai era sposata con un soldato inglese che aveva fatto parte dell'armata di liberazione del campo di Belsen. Egli temeva che i Testimoni condizionassero troppo sua moglie, ed allora i suoi istruttori venivano da lei quando lui era assente. Ci fu un momento in cui lei stessa temette di essere ipnotizzata, ma alla fine anche lei si convertì. La sua famiglia lo considerò un tradimento, ed una sua sorella le fece tre visite da Israele per dissuaderla. Dorota raccontò con orgoglio che questa sorella era diventata allora pure lei una testimone di Geova, e in quel momento si occupava di traduzioni per la Società in polacco ed arabo.

La conversione di Dorota aveva influenzato la sua veduta delle esperienze vissute. Pur non minimizzando l'orrore, ora lei lo comprendeva e diceva che senza la guerra non avrebbe potuto conoscere la verità; perciò aveva trovato uno scopo. Nella sua regolare opera di predicazione di porta in porta, fu ingiuriata da un ex soldato che aveva partecipato alla liberazione del campo di Belsen. Ringraziò 'lo spirito di Geova' di avere operato mediante lui, ma non poteva condonare la sua partecipazione ad una guerra terrena. Aveva visto la mano di Dio nella sua vita, particolarmente nel periodo della sua prigionia nei campi di concentramento. Tutto quello che aveva appreso sui Testimoni allora dava un senso a quello che per lei non ne aveva avuto prima. Il passato era divenuto più sopportabile dopo che lei aveva saputo tutto su come e perché il potere di Satana aveva operato mediante Hitler.

Sebbene abbia trovato la pace mentale con la sua conversione, Dorota non minimizza le sue esperienze. [220] Fu incaricata recentemente di 'dare testimonianza' ad un ex ufficiale delle SS, un'esperienza che la fece soffrire molto. Spera solo e prega che da quando ha sofferto come ebrea, per il suo Dio, Geova ne 'tenga conto'. Desidera ferventemente che le sue sofferenze siano avvenute come una testimone di Geova.

[221] APPENDICE 5

Note da un'intervista con la Signora Werner Fett, 12 ottobre 1978.

La Signora Fett venne con suo marito in Inghilterra dalla Germania dopo la fine della guerra, su incoraggiamento della madre di lei che aveva sofferto in un campo di concentramento per mano dei nazisti. Dopo il suo arrivo in Inghilterra, la signora Fett si convertì alla fede dei testimoni di Geova; questo era in parte una risposta a quello che aveva visto e imparato sui testimoni di Geova in Germania sotto il Terzo Reich.

Veniva dalla località tedesca di Attendorn, dove, fino a questo giorno, non c'è ancora nessun testimone di Geova. La Signora Fett ha moltissimi contatti con i Testimoni di Geova di Düsseldorf, dai quali ascolta le esperienze vissute nei campi. Uno dei suoi amici fu decapitato e molti patirono atroci sofferenze. Né la Signora Fett, né, come lei dice, i suoi amici si sono amareggiati a causa delle loro esperienze, poiché queste erano state tutte predette nella Bibbia ed erano tutte conformi al piano divino.

La famiglia della Signora Fett era, come lei la definisce, 'cattolica tradizionalista', attaccata alle vecchie usanze e che parlava bene di Hindenburg e del Kaiser. Suo padre era stato  insegnante di scuola per quarant'anni, un cittadino stimato. Avevano una graziosa casa con una veduta sulla cittadina e sulla campagna circostante. Nel 1933 accettarono l'avvento del nazismo al potere con sentimenti contrastanti. Suo padre non era filo-nazista, ma dovette adeguarsi a quello che era richiesto a un impiegato statale e si unì alle SA. Lei ricorda che lui, all'arrivo delle armate americane e canadesi nel 1945, si affrettò a seppellire la sua uniforme nel loro giardino e  nascose dietro un quadro appeso in casa i suoi documenti, fra i quali vari certificati contenenti la svastica. In un tempo successivo, la Signora Fett li trovò e me li mostrò.

Sua madre disapprovava categoricamente il partito nazista e già dall'inizio si rifiutò di fare il saluto a Hitler, ma faceva invece il tradizionale saluto Grüss Gott. [equivale all'italiano Buon giorno o buona sera] A motivo di questo, fu denunciata alle autorità da un vicino nazista [222] e questo le costò due diversi internamenti in un campo di concentramento. Un terzo internamento a Ravensbrück le fu risparmiato dalla fine del conflitto mondiale. Nel periodo di libertà intercorso fra le due condanne, sua madre operò nel movimento clandestino e venne in aiuto ad ebrei.

 L'obiezione di sua madre al regime nazista era dettata da motivi religiosi e spesso doveva difendere le sue vedute dinanzi agli scherni della polizia e degli ufficiali nazisti, che le sputavano addosso accusandola di tradimento, e dicendole che la sua chiesa dava pieno appoggio al regime. La Signora Fett rammenta che alle funzioni religiose in chiesa erano presenti uomini delle SS e che un suo amico fu denunciato alla polizia per aver detto qualcosa in privato al prete. Una volta riconobbe in chiesa due guardie SS che avevano sparato poco tempo prima contro alcuni  giovani ragazzi. Rammenta anche che gli uomini delle SS stavano vicino al pulpito, specialmente nei primi anni del regime, pronti ad arrestare il prete se avesse parlato contro lo stato.

La popolazione locale fu coinvolta in ogni genere di attività clandestina. La panettiera del luogo dava pane agli ebrei e munizioni straniere agli operai. Fu denunciata e mandata in un campo di 'rieducazione'. C'erano diversi magazzini gestiti da ebrei ed era in atto un boicottaggio ufficiale contro di loro, sebbene molta gente, inclusa la madre della Signora Fett, andava a farvi acquisti segretamente di notte. I malati di mente sparivano dalla città e solo in seguito si venne a sapere che erano stati mandati nei campi di sterminio.

La Signora Fett fu autorizzata a visitare sua madre e fu nel corso di quelle visite che ebbe i primi contatti con i testimoni di Geova e poté parlare con loro. Essendo moglie di un impiegato statale, a sua madre furono concessi speciali privilegi, perciò poté ricevere visite dalla sua famiglia.   Sua madre passava grandissima parte del tempo concesso per le visite a parlare dei testimoni di Geova, il cui comportamento l'affascinava e le destava nello stesso tempo della perplessità.

I Testimoni subivano più che le solite pressioni e punizioni, poiché si rifiutavano di salutare la bandiera nel campo e di fare qualsiasi lavoro militare. Nonostante il sempre più duro lavoro, nessuno rinunciò alla fede e nuove persone si convertirono. In un blocco di 48 persone, 6 erano Testimoni e col tempo 8 si convertirono. I Testimoni erano onestissimi, soltanto loro fra tutti i gruppi erano disposti a condividere le magre razioni di pane e cercavano sempre di mettere pace e di sedare conflitti e dispute. La madre della Signora Fett sentiva che essi avevano qualcosa che a lei mancava. Non supplicavano mai per salvare le loro vite, non facevano mai compromessi e mantenevano sempre la loro dignità umana; erano sempre 'una roccia nel fango'. [223]

I Testimoni avevano compiti e punizioni speciali. La Signora Fett rammenta di aver visto alcuni di loro stare sull'attenti, al freddo, senza protestare, anche se le guardie gridavano 'vi romperemo la testa'. Cercavano di spiegare alla madre della Signora Fett come potevano sopportare tutto questo: ciò che accadeva loro era come sulla scena di un palcoscenico, davanti agli occhi di Dio, e tutto il questo male proveniva dal dominio di Satana. La madre della Signore Fett non poté mai capirlo né crederlo.

Fra tutti i prigionieri, solo i testimoni di Geova mostravano di non odiare le guardie SS. La madre della Signora Fett ed altri compagni di prigionia sputavano quando veniva pronunciato il nome di una guardia e non capivano perché i Testimoni non volessero fare altrettanto. Tutti i prigionieri non Testimoni sapevano che copie della Torre di Guardia venivano introdotte clandestinamente nel campo attraverso Testimoni che lavoravano per il comandante, che abitava con la sua famiglia fuori dal campo, e questo dava la possibilità di avere contatti con i Testimoni del luogo. Fu elaborato un complesso sistema che consentiva di raccogliere e far circolare dei libri. Le loro pagine erano 'piantate' sotto foglie di rabarbaro, che nascondevano l'odore della carta all'olfatto dei cani del campo. Altri venivano nascosti vicino a qualche piccolo oggetto, come un uccello o una farfalla morti, e quando venivano raccolti dai Testimoni, potevano, se interrogati, rispondere che stavano pulendo o esaminando qualcosa.

Come disse la Signora Fett, i Testimoni sembravano avere esperienza in tutte le professioni e provenire da grandi città come Bonn, Colonia e Dortmund. Due erano insegnanti, il resto di loro aveva fatto una varietà di lavori. Solo i Testimoni, diceva sua madre, continuavano ad aiutare gli ucraini e i polacchi odiati dai tedeschi. Chiunque fosse stato sorpreso a dare aiuto a questo gruppo poteva essere condannato a morte, e alcuni Testimoni subirono questa sorte.

Fu dopo avere saputo tutti questi fatti relativi ai Testimoni che la Signora Fett si convertì al movimento quando venne in Inghilterra. Le sue convinzioni ora le facevano vedere più chiaro quello che stava accadendo. Sua madre restò cattolica e nessuno della sua famiglia si unì a lei nel movimento dei testimoni di Geova. Più di tutto, lei ritiene che le sofferenze dei Testimoni in Germania furono un adempimento del loro ruolo biblico degno di attenzione nell'opera di testimonianza fatta a Geova Dio. Su questo lei pensa che i suoi amici tedeschi, anche se preferiscono non parlare delle loro esperienze, sarebbero d'accordo.


Il  testo originale è pubblicato all' indirizzo web: http://jehovah.to/general/nazi/chaptVI.htm. Il numero delle pagine ed i riferimenti sono stati mantenuti nel testo per permettere il collegamento al testo originale. Se notate qualche incomprensione, errore nella traduzione saremo lieti di verificare insieme ai nostri traduttori la vostra segnalazione.  Il testo potrebbe essere soggetto ancora a qualche piccola modifica.

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