In data 27 luglio 04, il coordinamento dei circoli UAAR del Veneto ha inviato la seguente lettera aperta all'assessore regionale per le politiche sociali Antonio De Poli:

Egregio Assessore,
abbiamo appreso dalla stampa che, su Sua proposta, la Regione Veneto ha deliberato di erogare 2.700.000 euro a favore delle comunità religiose per garantire ai loro preti anziani non autosufficienti una assistenza adeguata.
Forse non Le sono noti alcuni fatti:
1) La legge statale 20 maggio 1985, n.222, riguarda il sostentamento del clero cattolico ed a tale fine ha introdotto il meccanismo dell'8 per mille dell'Irpef. Il meccanismo ha permesso alla chiesa cattolica italiana di incassare per il 2003 ben 1.016.403.210,00 euro. La Cei, poi, ripartisce le risorse che riceve dallo Stato alle diocesi, che usano i soldi anche per il sostentamento dei preti anziani non autosufficienti. La diocesi di Verona, ad esempio, nel 2003 ha speso 30.000 euro, di quelli provenienti ex art.47 della legge 222/1985, per il clero anziano e malato.
2) Le comunità religiose del Veneto, diocesi e congregazioni, hanno patrimoni immobiliari ricchissimi. Liquidando una piccolissima parte di essi avrebbe l'autosufficienza economica per assistere adeguatamente i preti che nella loro vita attiva hanno contribuito ad accrescere tali patrimoni.
La Regione Veneto preleva imposte e tasse a cittadini che stentano a vivere la quarta settimana del mese per dare soldi alle ricchissime comunità religiose. I cittadini atei ed agnostici, poi, sono chiamati a dare a Cesare quel che è di Cesare per apprendere dalla stampa che Cesare dà alla chiesa cattolica. Siamo di fronte ad una ingiustizia e ad un privilegio intollerabili per cittadini che hanno le radici nel Veneto moderno.
Apprendiamo che per ogni prete anziano saranno erogati 2.266 euro. È scandaloso ed offensivo che la Regione faccia questo ulteriore regalo alle comunità religiose cattoliche: questo proprio quando gli enti locali sono costretti a tagliare servizi pubblici essenziali per mancanza di fondi non potendo così più garantire l'assistenza indispensabile ai cittadini che non hanno certamente a disposizione la ricchezza dei patrimoni della chiesa cattolica.
Riteniamo incostituzionale privilegiare la condizione sociale del prete rispetto a qualsiasi altra condizione sociale e invitiamo la Regione Veneto o ad estendere la provvidenza a tutti i cittadini anziani non autosufficienti o a ritirare il provvedimento in questione.


A proposito di Irpef, la diocesi di Verona ha pubblicato nel suo ultimo bollettino il resoconto delle somme che ha ricevuto dalla CEI ex art. 47 della legge 222/1985, cioè quella dell'8 per mille. Sono soldi che i contribuenti pagano come imposta allo Stato e che lo Stato (per questo aspetto non laico) regala alla chiesa cattolica. I clericali hanno inventato uno pseudo vangelo che dice: date a Cesare quello che è di Cesare in modo che possa foraggiare vescovi e preti. Il meccanismo ha permesso alla chiesa cattolica italiana di incassare per l'anno scorso ben 1.016.403.210,00 euro. La fetta che la CEI ha destinato alla diocesi di Verona è pari a 2.103.265 euro, cioè lo 0,207%, una esiguità rispetto sia all'Irpef che pagano i veronesi sia alla percentuale di coloro che firmano a favore della chiesa cattolica. L'ingannevole e dispendiosa pubblicità che viene fatta dalla CEI per captare l'8 per mille è smentita dai numeri*. Ad esempio, di quei 2.103.265 euro la diocesi ne ha spesi ben 620.000 per la politica del mattone (210.000 per nuovi complessi parrocchiali, 140.000 per restauro edifici, 310.000 per una casa di via Trezza, quale importo per pagamento pluriennale di acquisto e ristrutturazione), vale a dire quasi il 30%. 

Questo modo di gestire il danaro da parte della curia di Verona si riperquote nel settore asili, e anche in questo caso il comune viene chiamato a elargire finanziamenti. Ci sono genitori che vedono respinta la domanda di iscrizione dei propri figli nelle scuole materne pubbliche e protestano, giustamente. Ecco qual è la situazione nel comune di Verona: 18 scuole materne statali, 34 comunali (con 2800 bambini), 38 della Fism, cioè cattoliche (con 3000 bambini). A queste ultime il comune di Verona dà un contributo di 2 milioni di euro all'anno. Riteniamo opportuno che il comune impieghi questi soldi per ampliare l'offerta del proprio servizio. Sappiamo, purtroppo, che la chiesa cattolica ha chiesto e ottenuto l'insegnamento della religione anche nella scuola materna. I papisti ritengono che i bambini dai 3 ai 6 anni siano in grado di capire concetti metafisici, che hanno un padre a casa ed uno in cielo, che hanno una mamma che li accudisce ed una celeste e via imbrogliando. Ma almeno si spera che le scuole materne comunali siano meno inquinate di santi, madonne, angeli, diavoli, peccati, fioretti, ecc. di quelle delle suore, dove molti bambini hanno subito violenze psichiche. Il comune dovrebbe dare la precedenza ai genitori senza alternativa, cioè a coloro che nella domanda dichiarano che non vogliono avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica e che non possono, quindi, rivolgersi alla scuole cattoliche.
Nei comuni della provincia le cose non sono in genere molto diverse. La stampa ci informa che il prof. Mosele, neoeletto presidente della provincia, sta trattando con la direzione provinciale delle suore Canossiane perché diano in affitto alcune aule per il liceo Cotta di Legnago. La provincia è anche in trattativa con i salesiani per acquistare l'istituto San Davide di Porto di Legnago. Sono due le considerazioni che ci vengono da fare:
a) se l'ex assessore Moretti, invece di preoccuparsi che ci fosse un crocifisso in ogni aula, si fosse adoperato perché ci fossero le aule, oggi la scuola pubblica non si troverebbe con l'acqua alla gola. Per un recente temporale alcune aule dell'istituto Fermi sono state allagate; da anni la dirigenza dell'istituto chiede alla provincia di sistemare il tetto;
b) la chiesa cattolica ha abbondanza di edifici, tanto da affittarli e da venderli, eppure stato, regione, provincia e comuni continuano a darle soldi per i suoi edifici e per le sue scuole.

Come si vede, poi, sono spesso gli stessi enti locali che prendono in affitto e comprano gli edifici della diocesi da essi stessi finanziati (a quel punto però, gli edifici sono diventati obsoleti, costosi nel mantenimento, non più adatti a nuove esigenze e quindi bisognosi di pesanti ristrutturazioni). Un elemento essenziale per chiudere il cerchio sono proprio gli amministratori pubblici. Nello scorso aprile avevamo consegnato una lettera all'ing. Giuseppe Nicolò, presidente dell'AGSM, perché il vescovo cattolico di Verona, lunedì 5 aprile, aveva celebrato una messa presso la sede dell'azienda in orario di lavoro. Accertammo, poi, che l'invito al vescovo non era partito dal consiglio d'amministrazione dell'AGSM, che era stato informato a cose già combinate. Adesso, veniamo a sapere che il pio ingegnere fa parte del consiglio d'amministrazione anche dell'Istituto diocesano per il sostentamento del clero (IDSC). Non è chiaro se sia stato chiamato dal sindaco a presiedere l'AGSM perché del consiglio dell'IDSC oppure se il vescovo l'abbia messo nel consiglio dell'IDSC perché presidente dell'AGSM, oppure se sia solo una coincidenza. L'IDSC ha sede a Verona in piazza Vescovado 7 ed è un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto con decreto del ministro dell'interno. Con lettera in data 24 maggio 2001 il vescovo di Verona affidava il compito di vendere il seminario di San Massimo all'IDSC. Un fatto strano perché l'IDSC ha il compito di amministrare i soldi provenienti dall'8 per mille affidati alla diocesi. Ma nell'IDSC c'era, forse, chi aveva gli agganci giusti con le pubbliche amministrazioni. Il lavoro per le trattative di vendita del seminario fu appannaggio di un gruppo ristretto dell'IDSC, formato da presidente, vicepresidente e ingegner Nicolò. L'ing. Nicolò è anche membro del Consiglio economico del seminario.

 

Il seminario vescovile e Centro unitario missionario di via mons. Bacilieri (loc. San. Massimo).

        

Invece di occuparsi di fornire servizi a tutti i cittadini, ecco come alcuni comuni impiegano i soldi dei contribuenti.
Nell'agosto del 2002 il Comune di Isola Rizza aveva deliberato il finanziamento di 14.480 euro (80% della spesa prevista) per l'impianto di illuminazione del centro sportivo parrocchiale, gestito dall'associazione Noi, già Anspi. Nelle settimane scorse il Comune ha deciso di erogare ulteriori 3.620 euro, sobbarcandosi, così, l'intera spesa dell'operazione.

L'anno scorso il Comune di Angiari ha finanziato vari enti ed associazioni. Nell'elenco troviamo anche la parrocchia e la parrocchiale polisportiva Arcobaleno per complessivi 2.000 euro.

La giunta comunale di Lazise ha deciso di erogare 64.000 euro alla parrocchia quale "parziale rimborso per la manutenzione dell'impianto campanario e per quella straordinaria".
Chiediamo ai nostri lettori se conoscono un solo comune del veronese che nello scorso anno non abbia erogato finanziamenti a favore di parrocchie, scuole materne parrocchiali, associazioni parrocchiali. Potremmo premiarlo come comune laico dell'anno.


* Secondo le stesse fonti della CEI, per esempio quella del Televideo-RAI, alla pag. 418, sull'ammontare complessivo incassato dalla chiesa cattolica italiana con l'8 per mille, la percentuale che viene impiegata effettivamente alla carità non arriva nemmeno al 19%.

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