L'ECOMOSTRO DI DON VERZÈ

Anche Legambiente e Italia Nostra (dopo Rifondazione comunista ed il circolo UAAR) definiscono uno scempio ambientale il centro sanitario di don Verzè che dovrebbe sorgere sulla collina di Lavagno.
La fondazione San Raffaele del Monte Tabor era proprietaria di 330 mila metri quadrati situati sulla collina di San Giacomo, dagli ambientalisti ritenuto l'unico polmone verde di Lavagno. Don Verzè chiese che il parco collinare, attualmente coltivato a vigneto da alcuni mezzadri, abbia una variazione d'uso per la costruzione di edifici pubblici. L'edificazione riguarderebbe 220 mila metri quadrati, cioè i due terzi del terreno. Il 19 dicembre 02 la giunta di Lavagno dice di sì ed approva un'apposita variante al piano regolatore, che è pure approvata dalla Regione. In un primo momento sembrava che la struttura sanitaria riguardasse soltanto laboratori e cose del genere. Successivamente la donazione San Raffaele, cioè don Verzè, costituisce la società Quo Vadis alla quale conferisce il terreno. Alla presidenza della nuova società don Verzè insedia l'avv. Gian Paolo Sardos Albertini. Sull'Arena dell'8 marzo 04 era apparsa una lunghissima lettera (una colonna e mezza) di questo avvocato in difesa dei crocifissi nelle aule scolastiche ed in polemica con nostri soci di Abano Terme che avevano fatto ricorso al TAR del Veneto e successivamente alla Corte costituzionale. Una immediata lettera di risposta del nostro socio interessato (Massimo Albertin) non è mai stata pubblicata dall'Arena.

Di recente l'avv. Sardos Albertini ha dichiarato alla stampa (Corriere del Veneto 11/7/04) che “Il nostro non sarà un ospedale nel termine classico. Avremo bisogno di una quindicina di posti letto, in appoggio all'attività diagnostica.” La prima pietra sarà posta o il 14 marzo o il 25 giugno 05, rispettivamente compleanno e onomastico di don Verzè. C'è un problema. Un conto è la variazione urbanistica altra cosa è l'autorizzazione regionale alla realizzazione e all'esercizio di strutture sanitarie, che secondo la legge regionale 82/2002, dovrebbero essere compatibili con la programmazione ospedaliera. In un periodo in cui viene usata la scure nei confronti degli ospedali pubblici l'avv. Sardos Albertini manifesta certezza sulla concessione della convenzione da parte della Regione.

Un nostro lettore ci ha segnalato un lungo articolo su don Luigi Verzè, apparso nell Corriere della sera dell'1/8/02. Il prete veronese è a capo di un impero. L'ospedale San Raffaele non c'è soltanto a Milano, ma anche in India, Brasile, Tibet, Polonia, Algeria, Malta, Cuba, Medio Oriente. Il suo centro di ricerca, il Dibit, ha 300 scienziati. Il reverendo imperatore ammette d'avere 380 milioni di debiti con le banche, una somma da capogiro. Probabilmente, anche l'operazione San Giacomo sarà finanziata dalle banche. Don Verzè accusa Rosi Bindi d'averlo costretto a vendere il suo San Raffaele di Roma per poche lire.Con una lettera pubblicata il 3/8/02 la Bindi smentisce il prete veronese, che ne esce moralmente distrutto. Al contrario don Verzè, ha preferito favorire gli affari della sanità privata del Lazio vendendo il San Raffaele di Mostacciano alla famiglia Angelucci anziché al ministero della Sanità che cercava una nuova sede per l'Istituto Tumori Regina Elena. Un affare che don Verzè ha trattato dopo che era fallito il tentativo di ottenere una convenzione con l'Università La Sapienza di Roma e la Regione Lazio. Sperava di accollare al sistema pubblico le perdite del suo ospedale ricavato, con abusi edilizi, da un albergo alla periferia sud della capitale... Sicuramente aveva ragione Papa Montini quando consigliava don Verzè di fare solo il prete e non l'imprenditore sanitario.”

Sabato 16 ottobre 04, in una affollata assemblea di personaggi politici a Lavagno, don Verzè ha esposto il suo piano per distruggere il parco verde di San Giacomo (400.000 metri quadrati) per far sorgere un ospedale. I lavori costeranno 12.739.000 euro e nella cassa della società Quo Vadis non c'è un centesimo. Soluzione? “Non è il denaro a fare le idee, ma le idee a fare denaro.” Don Verzè ha già 380 milioni di debiti con le banche. Non ci sono problemi. Sua Sanità fa capire che il suo socio di maggioranza è Dio. Presidente della società Quo Vadis è l'avvocato veronese Sardos Albertini. Don Verzè ammonisce a non opporsi alla volontà di Dio e dei santi: “Questo ospedale è una proiezione di don Calabria, state bene attenti perché opporsi ai santi è estremamente pericoloso. Prendete coscienza di questa mia dichiarazione.” Don Verzè faceva parte della congregazione di don Calabria. Se ne allontanò alla fine degli anni cinquanta per realizzare il suo progetto di un ospedale a Milano (il San Raffaele). Nel suo intervento a Lavagno il prete manager ha affermato: “Io sono il figlio prediletto di don Calabria, così mi ha chiamato mille volte.”
Gli amministratori di Lavagno, timorati di Dio, non si sono opposti ed hanno modificato il piano regolatore trasformando l'area da zona E1, vincolata a parco collinare, in area servizi, aprendo di fatto le porta al progettato ospedale. L'area è già inquinata dal traffico della statale, dell'autostrada, della complanare, con difficoltà nei centri abitati di Vago e di S. Martino. Niente paura. Rincariamo la dose. Il progetto prevede la costruzione di 3,5 chilometri di nuove strade. Sua Sanità decide dei valori ambientali e urbanistici e gli enti locali si adeguano. I cittadini votano, don Verzè decide. Cioè Dio. Scrive don Verzè, nel suo libro recentemente edito da Mondadori, che un giorno, passeggiando per Verona, avvolto in un tabarro, ha “sentito la folgorazione di Gesù. Ho avuto la consapevolezza di non essere più libero. Era una stilettata, una ferita al cuore, un dolore fisico. Io Lui, e Lui me. Sarebbe stato così per sempre.”

La quinta commissione consigliare è competente per la sanità nel Veneto. I suoi componenti non sono stati invitati all'assemblea di Lavagno per la presentazione del piano della società Quo Vadis diretto a distruggere il parco collinare per costruirvi l'ospedale di don Verzè. Costui ha avvertito: dove arriva il San Raffaele arriva una città. Il consigliere regionale Nadir Welponer, non invitato a quel convegno, ha contestato a Sua Sanità il diritto di realizzare un centro con funzioni ospedaliere perché non previsto dalla programmazione ospedaliera, in base alla quale si stanno chiudendo numerosi ospedali pubblici, come il circolo UAAR di Verona sta denunciando da mesi. “Quello che sconcerta, ha detto Welponer , è che si pensi di realizzare un ospedale senza coinvolgere la Regione, titolare della sanità veneta.” Don Verzè aveva affermato: “Quando il Quo Vadis sarà concluso, sarà la Regione a chiederci di convenzionarsi con noi.”

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