ANCORA SULL'AFFARE SEMINARIO

È una questione di laicità. Nelle scelte politico-amministrative della città il vescovo cattolico dovrebbe contare come uno qualsiasi di noi. È un elettore come noi. O, meglio, dovrebbe esserlo. Invece, attraverso gli amici e gli amici degli amici, cerca di determinare gli sviluppi della città non nell'interesse della collettività, ma per valorizzare la proprietà terriera della Curia. In questo caso si tratta di costruire un insediamento che va dai 3 mila ai 6 mila abitanti, senza una discussione in consiglio comunale o in consiglio regionale. Siamo di fronte alla politica carsica, quella sotterranea. I privilegi per una certa confessione religiosa devono cessare. Ecco perché abbiamo organizzato il pubblico dibattito di giovedì 20 gennaio 05, presso la sala Lodi in via S. Giovanni in Valle. Il nostro ospite, l'architetto Giorgio Massignan, è un esponente di primo piano nel panorama culturale e professionale veronese. Da molto tempo presidente della sezione di Italia Nostra, è stato anche assessore all'urbanistica di Verona e, fino a poco tempo fa, presidente dell'ordine degli architetti. Al nostro convegno sull'Affare seminario, l'Arena di domenica 23/1/05 ha dato ampio spazio.

Monsignor Giuseppe Rossi, preside del seminario, è intervenuto sull'Arena del 20/1/05 a proposito delle notizie riguardanti la vendita del seminario. Casuale concomitanza con il nostro convegno della stessa sera? Scrive, manifestando le sue emozioni ed i suoi sentimenti: “C'è da rimanere avviliti, delusi, amareggiati e sconsolati... Non è venuto il momento di finirla, con questi discorsi, almeno sull'edificio e per quanto riguarda la vita che vi si conduce?” Monsignore, sulla vita che vi si conduce ne parla soltanto Verona Fedele e Telepace. Si rivolga a loro. Alla città interessa sapere la verità sui maneggi riguardanti l'affare e l'urbanistica. Per quanto riguarda l'edificio ne ha parlato il suo vescovo in data 2/2/02, in una lettera ai fedeli e ai preti sulla vita del seminario. In tale lettera il vescovo ricordava le scelte decise e presentate nel Consiglio Presbiteriale del 17/1/00 e diceva: “Per affrontare i costi di ristrutturazione del seminario di Verona, è mia intenzione cedere degli edifici e dei terreni del seminario di S. Massimo.” L'Assemblea del 1/10/03 del Consiglio Presbiteriale Diocesano aveva al primo punto all'ordine del giorno: “Comunicazione sulla situazione della vendita del seminario di S. Massimo. Informazione sulla situazione dell'immobile del seminario maggiore.” Monsignore, vada a leggersi il verbale di quell'assemblea e vedrà che la discussione verteva proprio sulla vendita dell'edificio.

Il consigliere comunale Fiorenzo Fasoli, di Rifondazione comunista, in data 12/1/05, ha presentato una interpellanza urgente al sindaco di Verona che riportiamo integralmente. Si potrà vedere come la battaglia che stiamo conducendo da oltre sette mesi non sia una nostra fissazione e quanto sia stata importante la nostra riunione. Ecco il testo:

Sono molti i progetti finora avanzati a riguardo dell’area del seminario di S. Massimo. A modo di esempio se ne possono citare alcuni: facoltà di ingegneria, nuovo ospedale al posto di quello di Borgo Trento, una ARU ed ora la cittadella degli anziani.
A parte il fatto che appare più opportuno per gli anziani cercare soluzioni nei quartieri dove questi abitano piuttosto che sradicarli dal loro contesto sociale per “relegarli” in una mega struttura anche se a loro dedicata, ma la vicenda di questi giorni desta comunque particolari preoccupazioni ed interrogativi.
Durante la presentazione del PAT alla città, l’assessore aveva ribadito la necessità di ridurre il limite espansivo (linea rossa) dell’abitato. Che senso ha, ora, autorizzare un complesso che, secondo quanto riportato dalla stampa, interesserebbe un insediamento di circa 3000 persone ben al di fuori della richiamata “linea rossa”?

1. Tutti abbiamo appreso la questione dalla stampa, addirittura pare che lo stesso trattamento sia stato riservato pure a qualche assessore, ma allora la posizione sostenuta nella commissione tecnica regionale è dell’amministrazione, del sindaco, dell’assessore all’urbanistica o di chi altro? E con quale atto la stessa è stata formalizzata? Se non è dell’amministrazione, qual è, al riguardo, la posizione ufficiale del Comune e che cosa si intenda fare nei riguardi dei responsabili di quanto è successo e per evitare che simili situazioni si ripetano?

2. Visti i risultati dei precedenti tentativi, questa volta si è cercata una via più sicura, addirittura attraverso l’intervento su un piano sovraordinato rispetto al PAT e pare con un accordo trasversale. L’esistenza di questo accordo trasversale è confermata? E nel caso lo stesso come era articolato?

3. Come mai davanti ad un progetto di così ampie proporzioni non si è avvertita l’esigenza almeno di informare le forze politiche presenti in Consiglio Comunale? Appare logico e politicamente corretto questo comportamento proprio quando è aperta la discussione sul PAT? È così che l’amministrazione intende l’urbanistica partecipata? 

4. L’amministrazione concorda con il fatto che la Regione modifichi il PAQE in maniera così dettagliata tanto da prefigurare un intervento che definire particolareggiato è perfino riduttivo? Non si ledono, in questa maniera, le prerogative del Comune? Qual è la garanzia che rimane per un corretto utilizzo del territorio?

Il sottoscritto nel rivolgere formale interpellanza al sindaco sulle questioni appena sollevate, non nasconde il fatto di ritenere di particolare importanza le risposte che al riguardo riceverà perché crede di non esagerare nell’attribuire questi comportamenti a quella sfera di azioni che, se non chiarite, vanno ad incrinare il rapporto di fiducia, credibilità e correttezza che è bene ci sia anche tra interlocutori politici perfino indipendentemente dalla loro collocazione rispetto alla maggioranza.


Dopo una riunione, avvenuta in Provincia il 12/1/05 sulla variante del Paqe (che riguarda anche il seminario di San Massimo), il presidente Mosele ha fatto la seguente dichiarazione: “Abbiamo esaminato la questione con la Regione, aspettiamo un piano generale unico su quest'area che potrà avere grande valore sociale, purché non staccata dal tessuto cittadino.” Avete capito ciò che voleva dire? Mosele, secondo voi, è a favore o contro la speculazione edilizia voluta dalla Curia? Per calmare le acque, e lasciarle scorrere per vie sotterranee, qualcuno ha detto ai giornalisti che le modifiche urgenti al Paqe sono quelle della ZAI e del terreno di San Giacomo, mentre il seminario sarebbe stato considerato una questione non urgente. “La proprietà della Curia, che potrebbe essere messa in vendita con varie destinazioni, fra cui anche quella di centro per gli anziani, non sarà esaminata subito” (Corriere di Verona 13/1/05), Il giorno dopo l'assessore regionale smentiva: la variante al Paqe deve essere approvata tutta intera.

A proposito della variante al Paqe, l'assessore comunale Roberto Uboldi ha ribadito che nessuna carta era partita da Verona diretta alla Regione ed il consigliere regionale Bazzoni, invece, insiste nel dire che era stato concordato un percorso comune con Verona per risolvere alcuni problemi (Arena 25/1/05). Chi aveva parlato con chi ed a richiesta di chi? Il consigliere comunale Giulio Segato, ed un altro consigliere comunale ci autorizzano a dire che, convocata da Mosele, si era tenuta in provincia una riunione in data 2/12/04 proprio sulla variante al Paqe. La stampa non ha mai dato notizia di questa riunione. Ad essa hanno partecipato il presidente della provincia Elio Mosele, il sindaco di Verona Giorgio Zanotto, accompagnato dal dott. Carbognin, e numerosi altri sindaci i cui comuni sono interessati alla varante del Paqe. In quella sede sono state prese in considerazione anche le richieste riguardanti gli interessi della Curia. Per quanto riguarda le carte provenienti da Verona, un consigliere regionale ci assicura che nella riunione della Commissione tecnica regionale del 23/12/04 c'era un voluminoso fascicolo con le carte provenienti proprio da Verona.

Altra promozione per l'ing. Giuseppe Nicolò. Come forse ricordano i nostri lettori, l'ing. Nicolò è una delle persone più influenti della città. È consigliere dell'Istituto diocesano sostentamento clero (IDSC) e presidente dell'AGSM. In questa seconda veste, aveva invitato il vescovo a celebrare una messa presso la sede dell'azienda in orario di lavoro. Come consigliere dell'IDSC aveva collaborato con don Giampietro Fasani, presidente dell'IDSC, nei tentativi di vendita del seminario di San Massimo. Il Corriere di Verona del 19/1/05 riporta la notizia che il CdA del Banco popolare ha nominato l'ing. Nicolò membro del Comitato esecutivo del Banco stesso. 

Sulle colline sopra Avesa c'è una grande tenuta denominata Costagrande. La proprietà è dell'istituto Don Mazza, che, per carenza di vocazioni, non sapeva più cosa farsene. Da un po' di tempo è stato dato in affitto a don Mazzi, dell'istituto Don Calabria, progetto Exodus. La maggioranza di centro sinistra del comune di Verona (assessori, consiglieri e qualcun altro) si è riunita a Costagrande il 29/1/05 per discutere del nuovo Pat (Piano di assetto territoriale). Sarebbe stata l'occasione per trattare democraticamente anche del seminario di San Massimo, tirando in superficie la questione, fuori dalle carsiche trattative preferite dalla Curia. Qualche partecipante alla riunione, invece, ci ha detto che del seminario non si è parlato. Misteri della fede e della politica.

L'avv. Pietro Clementi, cattolico, è da decenni un personaggio pubblico a Verona. È stato anche assessore del Comune. C'è una sua lettera su Verona Fedele di questa settimana. All'avvocato era sembrato che il settimanale diocesano avesse voluto sorvolare sul tema dell'area di San Massimo, che “ha indubbiamente una valenza urbanistica rilevante.” Clementi chiede che il tema sia trattato con chiarezza: “La Curia è proprietaria di un'area; essa gradirebbe venderla per uso edificabile avendo bisogno di liquidità e cerca, come qualsiasi altro soggetto, di realizzare questo scopo.” È quanto il circolo UAAR di Verona va scrivendo e dicendo da molti mesi. La Curia si sta comportando come qualsiasi potere forte di questa città. Aggiunge l'avvocato: “Perché la Curia dovrebbe vergognarsi di fare quello che stanno facendo, a Verona Sud, la società di Tosoni sul terreno delle Officine Adige, la Fondazione Cariverona in varie altre zone e altri soggetti nella zona delle cartiere, e così via?” Caro avvocato, mentre gli altri fanno i propri affari, la Curia vorrebbe apparire come un soggetto che si preoccupa del bene comune. Tenta una speculazione edilizia, anche se lei afferma: “Per il resto è bene ricordare che la Curia di Verona non ha mai dato adito ad accuse di essere uno speculatore edilizio o di altro genere.” Don Fasani direttore di Verona Fedele, fa finta di non capire. Per lui, non dire chiaramente che si vuole fare cassa significa essere prudenti: “La prudenza della Curia nel gestire le cose non nasce dalla paura d'essere accusata di speculazioni o di voracità.”

Ritorna alla pagina precedente.