LA DISCARICA DI CA' ROSSA- UNA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE
- PREMESSA
- LO STUDIO DI VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE
- PROFILI STRATIGRAFICI DEI RIFIUTI
- PROPR. IDRAULICHE DEI RIFIUTI E ACCUMULO DI PERCOLATO
- QUANTITA’ E QUALITA’ DEI RIFIUTI
- QUALITA’ DELLE ACQUE SUPERFICIALI E SOTTERRANEE
- BILANCIO IDROLOGICO PERCOLATO
- ANALISI DEL MATERIALE ARGILLOSO
- STABILITA’ GEOTECNICA DEGLI ARGINI DEI FIUMI
- VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI ESONDAZIONE
- INDAGINE PRESSO LA POPOLAZIONE
- VALUTAZIONE FINALE DI IMPATTO E DI RISCHIO
- CONFRONTO CON GLI APPUNTI DEL CORSO DI V.I.A.
La
discarica di Ca’ Rossa è, dall’estate scorsa, il nucleo attorno il quale
gira tutta la politica ambientale del Comune di Chioggia.
Ad ogni tornata elettorale si è da sempre assistito a qualche promessa agli
abitanti di Ca’ Bianca riguardante la riduzione dei disturbi causati dalle
attività dell’impianto; ma, contemporaneamente, si studiava un piano di
ampliamento della discarica stessa.
Negli ultimi tempi, il testo di V.I.A. redatto dai ricercatori dell’Università
di Padova è stato centro di contestazione da una tesi di Biologia a Padova. Il
laureando denunciava insufficienze nelle analisi condotte per la valutazione di
impatto ambientale.
Cogliendo l’occasione del corso tenuto quest’anno accademico dal Prof.
Bettini a Ca’ Tron, e dalla presentazione di una V.I.A., ne ho approfittato
per informarmi e saperne di più sulla discarica, da sempre al centro di
polemiche.
Si premette che nonostante il titolo del documento studiato: “L’impatto
ambientale della discarica di Ca’ Rossa […]”, i suoi contenuti non
rispecchiano le analisi di una vera V.I.A., ma piuttosto ad un manuale su come
descrivere una discarica.
Non si fa alcuna considerazione, nessuna valutazione sui monitoraggi effettuati
e sui dati raccolti.
Il mio intento è quello di riassumere in poche cartelle i contenuti del documento seguendone
la struttura stilistica, rendendolo così comprensibile anche ai non addetti ai
lavori, e a porre in evidenza alcune considerazioni che
dovevano essere trattate dall’équipe di Padova in modo molto più
approfondito e scientifico, che sono state invece tralasciate.
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La
discarica di Ca’ Rossa, controllata e gestita dal 1° gennaio 1992
dall’Azienda servizi Pubblici di Chioggia, è ubicata in località Ca’ Rossa
ed occupa un’area complessiva di circa 18 ettari. La zona si trova nella parte
occidentale del territorio del Comune di Chioggia, al confine con la Provincia
di Padova, ed è compresa tra l’argine destro del fiume Brenta, a Nord-Est, e
quello del fiume Bacchiglione a
Sud-Ovest. È costituita sostanzialmente da due moduli, denominati cassa di
colmata A e B, ogni settore comprende 7 vasche di raccolta contrassegnate da una
lettera minuscola. Il modulo A non è dotato di un vero sistema di
impermeabilizzazione artificiale, ma si basa sostanzialmente su strati di
materiale argilloso a bassa permeabilità presente in situ. Nel solo settore B
al fondo delle vasche è stato previsto un sistema di impermeabilizzazione
costituito da uno strato di circa 13 cm di argilla bentonica lamellare. La
relazione di V.I.A. non da indicazione del motivo per cui il settore A non sia
provvisto di un sistema impermebilizzante artificiale.
Lungo tutto il perimetro della discarica è stato realizzato un diaframma
plastico bentonico, lungo 1580 m, spesso 25 cm e profondo 6 m dal piano di
campagna; la sua funzione consiste nell’impedire la diffusione delle falde
superficiali dell’eventuale percolato[1]
fuoriuscito dal sistema discarica.
La quota media del piano di campagna, posta a circa –1 m s.l.m.m. è inferiore
di circa 5-7 m rispetto a quella della sommità degli argini dei due fiumi.
Parallelamente agli argini dei fiumi sono stati realizzati dei rinfianchi al
fine di migliorare la stabilità dei rilevati arginali. I rinfianchi sono
costituiti da terreno naturale stabilizzato con modeste percentuali di calce in
modo da ottenere un terreno di costruzione con migliori proprietà meccaniche.
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Lo
studio di Valutazione di Impatto Ambientale della Discarica è stato
commissionato al Dipartimento di Ingegneria Idraulica, Marittima e Geotecnica
dell’Università di Padova con il compito di valutare gli impatti, prevederne
l’evoluzione nel tempo al fine dell’eventuale messa in sicurezza della
discarica stessa.
Il programma dello studio è stato articolato nelle seguenti attività:
1. Raccolta ed esame critico di tutti gli elementi conoscitivi relativi alla realizzazione e gestione della discarica e di interesse per lo svolgimento dello studio, con particolare interesse agli aspetti idrologici, idrogeologici, geologici, geotecnici e della dinamica temporale e zonizzazione dei conferimenti di rifiuto.
2. Carotaggi continui spinti fino al fondo della discarica con prelievo a diverse profondità di campioni di rifiuto e del materiale di impermeabilizzazione.
3. Analisi dei seguenti parametri su campioni di rifiuto:- Composizione merceologica.
- Grado di stabilizzazione biologica.
- Inquinamento da percolato.
- Produzione di biogas.
- Proprietà fisiche e meccaniche dei rifiuti.4. Analisi del comportamento idraulico del corpo rifiuti.
5. Analisi della qualità del percolato.
6. Valutazione dei fenomeni di instabilità verificatesi.
7. Analisi del materiale argilloso che impermeabilizza la discarica.
8. Studio della situazione idraulica dei fiumi Brenta e Bacchiglione.
9. Indagini presso la popolazione interessata.
10. Valutazione finale della situazione di impatto e di rischio ambientale con conseguente indicazione delle soluzioni di intervento.
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L’analisi
ambientale del territorio entro il quale cade la discarica parte
dall’inquadramento geologico, idrologico e geotecnico, più precisamente
dall’analisi dell’evoluzione storica del territorio. Il testo dello studio
è tratto dai capitoli 3 e 8 dello “Studio
geoambientale e geopodologico del territorio provinciale di Venezia – parte
meridionale” ed. Provincia di Venezia.
La descrizione parte molto alla larga, dall’origine della Pianura Padana
dell’era terziaria si arriva fino al recupero delle valli della fine
dell’800 e inizio del ‘900 e alla bonifica integrale della palude nel 1930,
passando per i progetti della serenissima e del Paleocapa sui tagli dei fiumi.
Lo studio morfologico evidenzia un territorio sostanzialmente piatto composto da
terreni superficiali a granulometria limo-sabbiosa appartenente all’antico
delta del fiume Brenta, che qui sfociava tra il 1600 e il 1800, e i cui
sedimenti si sono depositati sopra terreni di natura limosa e argillosa
d’origine lagunare.
I terreni naturali presenti nell’area di Ca’ Rossa possono essere definiti
come una successione non regolare di orizzonti di varia natura granulare e
coesiva. Il profilo stratigrafico è costituito da una fitta alternanza di
litotipi di varia natura, prevalente è la presenza di argille e torbe con
sottili intercalazioni di limo. La presenza di terre organiche e torbe
condiziona il comportamento di qualsiasi opera civile progettata su tale suolo.
La capacità portante del terreno è modesta, i cedimenti assoluti, lunghi i
tempi di consolidazione.
Per quanto riguarda la permeabilità dei terreni coesivi naturali nei primi 10 m
di profondità, siamo in presenza di permeabilità inferiore a 10-8
m/s.[2]
Le zone lagunari adiacenti presentano una morfologia depressa che
favorisce la contaminazione delle falde di acqua dolce da parte dell’acqua
salata. Tale fenomeno determina uno sviluppo non omogeneo delle colture. In
corrispondenza delle zone in cui è ubicata la discarica, il fenomeno
dell’intrusione del cuneo salino nelle falde superficiali è decisamente
inferiore, tranne che in corrispondenza dei paleoalvei comunicanti direttamente
con la Laguna.
Per monitorare la falda freatica in adiacenza del diaframma bentonico
perimetrale alla discarica, sono stati installati 4 piezometri che registrano i
livelli del Brenta e del Bacchiglione, questi hanno evidenziato un’assoluta
dipendenza dei livelli superficiali dei fiumi con l’acquifero superficiale
posto tra i due fiumi, ad innalzamenti dei livelli dei fiumi corrispondono
immediati aumenti delle quote piezometriche della falda superficiale. Per quanto
riguarda la possibile contaminazione delle falde superficiali da parte del
percolato di RSU della discarica, il Prof. Iliceto afferma che “al
disotto del cumulo di RSU ci sia un substrato naturale impregnato di percolato
fino a 12 m, con due apofisi agli estremi del profilo che indicherebbero un
approfondimento dello strato impregnato verso i 18 m, questa impregnazione
potrebbe proseguire in profondità verso i 24 m nella fascia compresa fra i 40 m
e gli 80 m a partire dal bordo Est
della discarica”.
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L’indagine storica riguardante gli aspetti di qualità delle acque superficiali, sotterranee e del percolato ha preso in considerazione i risultati del monitoraggio eseguito nel corso degli anni dall’A.S.P.
Per quanto riguarda le acque superficiali, sono state poste sotto osservazione:
- Le acque del fiume Bacchiglione a monte dell’immissione nel fiume delle acque meteoriche provenienti dalla campagna a monte della discarica e delle acque meteoriche ricadenti sulla superficie della discarica stessa.
- Le acque di drenaggio superficiali provenienti dalle campagne a monte della discarica.
- Le acque di drenaggio superficiali provenienti dalle scoline che lambiscono la discarica e convogliano nel fiume Bacchiglione, le acque meteoriche ricadenti entro la discarica e nei terreni a monte della stessa.
- Le acque di falda intercettate dal diaframma bentonico.
Le
acque del fiume Bacchiglione appaiono di bassa qualità, pur mantenendosi nei
limiti imposti dalla Legge Merli L. 319/1976, limiti che non variano nel corso
degli anni.
Le acque di scolina presentano, nella generalità dei casi, il rispetto dei
limiti della Legge, solo in due occasioni la concentrazione di azoto supera il
limite, ma ciò accade anche nel fiume Bacchiglione a monte della discarica, per
cui l’aumento di azoto non è imputabile a malfunzionamento della discarica.
Pertanto, sulla base dell’analisi storica dei risultati ottenuti dall’A.S.P.
nel corso della campagna di monitoraggio sulle acque superficiali, si può
affermare che la qualità delle acque del fiume Bacchiglione non sia
condizionata dagli scarichi delle acque superficiali gravitanti sull’area
della discarica di Ca’ Rossa.
Si può rilevare una sostanziale uniformità fra i dati medi relativi alle acque
di falda prelevate a monte e a valle del setto bentonico. Risulta perciò
difficile individuare eventuale percolato fuoriuscito dalla discarica senza
poter ricorrere ad analisi particolari, analisi che non viene fatta. Era
auspicabile un’analisi più accurata sulla possibilità di fuoriuscita di
percolato e il seguente inquinamento delle falde acquifere sotterranee, almeno
al livello della colmata A, che come ripetiamo, non è supportata da una parete
artificiale impermeabilizzante. La relazione redatta dall’Università di
Padova non specifica per quale motivo non si proceda a tale analisi e non
vengano effettuati dei controlli che almeno convalidino i valori riportati negli
anni dall’A.S.P.
I dati vagliati dall’équipe di ingegneri indicano una qualità delle acque di
falda che rientra nei limiti dei parametri imposti per le acque destinate, non
per l’uso irriguo, ma al consumo umano. La media dei valori analitici rimane
pressoché costante in tutti i pozzi a monte e a valle della discarica, i dati
registrati non subiscono variazioni significative. Ciò significa che il
perimetro impermeabile della discarica riesce a contenere e a salvaguardare le
acque di falda che lambiscono Ca’ Rossa.
Tuttavia si registra nei pozzi immediatamente a valle della discarica una
maggiore concentrazione salina rispetto ai pozzi posti a monte, ma non tali da
allarmare gli studiosi.
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Vengono
allegate le tabelle, che riguardano i risultati dei sondaggi effettuati nella
discarica con otto diversi carotaggi senza darne alcuna spiegazione, in quanto
le tabelle sono molto descrittive della qualità di terreno estratto.
La Tabella 3.1 consiste in una tavola riassuntiva dei carotaggi effettuati
riportandone la data, la profondità massima raggiunta, le quote dei campioni
prelevati in metri, e la quota dell’eventuale piezometro in metri. Le Tabelle
successive, fino alla Tabella 3.9, riportano i risultati di ogni singolo
carotaggio contrassegnato con una lettera dell’alfabeto.
Dall’analisi risulta che dalle stratigrafie emerge una significativa presenza
di orizzonti saturi con presenza di percolato intorno a –5, -8 m. A vista le
frazioni organiche putrescibili non sono riconoscibili. Fisicamente risulta ben
evidente la presenza di plastica, carta, legno, vetro e metalli, oltre a quella
dei materiali impiegati per le coperture.
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I
sondaggi C e D sono posti a una distanza di 22 m, in questo modo si riesce
monitorare l’eventuale risposta al pompaggio dei piezometri. Le prove non
hanno dimostrato alcuna risposta alla conducibilità idraulica del cumulo di
RSU.
L’ammasso di rifiuti è caratterizzato da uno spessore di materiale saturo sul
fondo variabile da circa un metro
ad alcuni metri, con spessori massimi di 7 m. Le misure appaiono inoltre
caratterizzate da oscillazioni nel tempo, apparentemente non collegate: si
assiste infatti ad un debole aumento del percolato nei sondaggi D e F,
contemporaneo ad una discesa nel pozzo C, peraltro limitrofo al pozzo D.
La temperature del percolato all’interno dei sondaggi esaminati varia anche di
alcuni gradi, si va dai 25,5° C del sondaggio C, ai 32° C del sondaggio F.
Le prove di pompaggio eseguite sui piezometri hanno come scopo la ricerca dei
parametri idrologici del rifiuto come la trasmissività, conducibilità,
coefficiente di immagazzinamento. I parametri idrologici sono indispensabili per
una corretta gestione dei sistemi di estrazione del percolato e per una
ricostruzione delle modalità di circolazione del percolato nel corpo rifiuti.
Le caratteristiche idrauliche della falda vengono quindi ricavate sostituendo
nelle equazioni, che esprimono le relazioni esistenti tra abbassamento,
parametri idrogeologici e portata estratta, i valori dei parametri misurati
durante le prove.
I metodi utilizzati per la valutazione della discarica di Ca’ Rossa presentano
degli analoghi riportati in Cossu et al,
1997, i Professori dell’Università di Padova hanno utilizzato le prove a
portata costante e le prove di abbassamento, per analizzare le proprietà
idrauliche dei rifiuti della discarica, come riportato dalla letteratura
specifica, si sono affidati al metodo dell’analogo, metodo che non viene mai
utilizzato in questa V.I.A. per il confronto dei risultati ottenuti.
Le prove a portata costante, utilizzate per determinare i parametri
idrogeologici dell’aquifero, consistono nel misurare la progressione nel tempo
delle variazioni del livello della falda. I dati sono stati riportati in un
diagramma utilizzando la funzione s =
f(log t). le curve ottenute sono state poi interpretate con il metodo
Boulton (1954).
Le
prove di abbassamento o slug tests
consistono nel rimuovere rapidamente dal pozzo un volume d’acqua e a misurare
il tempo necessario perché si ristabilizzi il livello originario. Siccome il
valore di risposta del livello dell’acqua decresce nel tempo, il livello
dell’acqua e le variazioni di pressione possono essere rilevate secondo
incrementi che sono approssimativamente spaziati rispetto al logaritmo del tempo
a partire dall’abbassamento del pozzo. Il carico del pozzo è dato
dall’espressione studiata da Cooper et al nel 1967[3]:
h = h0 (a,b),
dove :
- h = livello dell’acqua nel foro di sondaggio durante l’esecuzione della prova idraulica.
- h0 = livello dell’acqua iniziale nel foro di sondaggio.
- a,b sono due coefficienti che dipendono dal raggio del foro, dalla trasmissività, dal coefficiente di immagazzinamento e dal tempo.
I
valori di permeabilità riscontrati nel rifiuto mostrano la possibilità di una
discreta circolazione idrica all’interno dell’ammasso, che non presenta
particolari accumuli di fluidi. Il livello di percolato, stimato sui 40.000 m3,
contenuto all’interno dell’impianto risulta in alcune zone superiore al
livello del piano di campagna esterno all’impianto. La sua emissione
incontrollata è quindi affidata al diaframma bentonico che circonda l’area.
Dalle osservazioni e dalle prove eseguite sul corpo rifiuti sono emerse
considerazioni poco precise e deficienti di ulteriori specializzazioni delle
analisi che puntualmente non vengono compiute, la relazione non riporta i motivi
di questa approssimazione dei dati in una valutazione così delicata come una
discarica urbana.
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La
capacità volumetrica attuale della discarica è pari a 1.101.000 m3
di RSU, la discarica rientra nel bacino di raccolta denominato VE 5 e sono
obbligati a conferire i propri rifiuti nell’impianto i comuni di Chioggia,
Cavarzere e Cona. Nel corso del 1994, alcuni Decreti del Presidente della
Regione Veneto hanno imposto l’obbligo di accettare rifiuti da fuori bacino.
Nella fotocopia che si
allega si possono visualizzare in Figura 2.18 i quantitativi annui di rifiuto
smaltiti a Ca’ Rossa. È facile percepire la crescita di tonnellate di RSU
smaltito dalla discarica negli anni fino ad arrivare al tetto delle circa
200.000 t nel 1997 per scendere, se pur lievemente, nel 1998. La Figura 2.19
dimostra che la provenienza dei rifiuti si riferisce al comune di Venezia, che
ricopre il 50% di RSU smaltito, seguito dal comune di Chioggia.
Anche
dalla Figura 2.20 si intuisce la crescita dei rifiuti solidi totali negli anni,
fino a raggiungere e a superare la capacità portante della discarica.
L’analisi granulovolumetrica dei campioni di rifiuti ha evidenziato
una granulometria ben distribuita
nelle classi più grossolane. In corrispondenza delle frazioni fini sono invece
presenti quantitativi più consistenti. L’analisi dei dati porta a concludere
che le frazioni grossolane sono costituite principalmente da carta, plastica,
vetro, cocci e metalli, mentre le frazioni fini sono costituite principalmente
dai terreni utilizzati nelle coperture giornaliere dei rifiuti.
Dall’analisi merceologica si nota che la frazione preponderante è
rappresentata dal sottovaglio a 20 mm nel quale sono contenute le percentuali
maggiori di frazione organica putrescibile. Si può rilevare che le materie
plastiche sono quantitativamente maggiori rispetto alla carta e cartone.
Queste
analisi dimostrano una scarsa educazione della popolazione al riciclaggio dei
rifiuti. Da tempo su tutto il territorio del comune di Chioggia sono presenti
cassonetti differenziati per la carta, la plastica e il vetro. Da un anno a
questa parte, dopo una sperimentazione nella frazione di S. Anna di Chioggia,
l’A.S.P. sensibilizza la popolazione e la invita a riciclare l’umido, questa
campagna, supportata anche dalla distribuzione gratuita di bidoncini per
l’umido da tenere in casa, e veri e propri composter in accomodato da tenere
in giardino per chi ne faccia richiesta, dovrebbe portare ad una considerevole
diminuzione di rifiuti urbani e ad un incremento dell’uso di concimi naturali
nelle coltivazioni del territorio.
Allo
scopo di valutare la qualità dei rifiuti depositati, è stata eseguita una
serie di analisi su campioni estratti dalle carote prelevate durante i
campionamenti già descritti a profondità di 3, 6 e 9 m.
Sui
campioni prelevati sono state eseguite le determinazioni di:
- Umidità.
- Solidi volatili.
I campioni sono stati inoltre sottoposti a:
- Test di cessione con acqua distillata.
- Test con cartina all’acetato di piombo, per visualizzare lo stato di stabilizzazione dei rifiuti.
- Test di fermentazione relativo alla produzione di biogas.
- Test respirometrico.[4]
I parametri utilizzati nelle analisi dei carotaggi sono:
- BOD
- COD
- pH
- TKN
- SO4
- Cl
- Acido Acetico
- TVA
In conclusione, dall’esame dei risultati, si nota una grande variabilità delle caratteristiche qualitative dei rifiuti depositati in discarica. Sembra evidente una maggiore stabilizzazione dei rifiuti depositati negli strati più profondi, che tuttavia presentano un discreto grado di putrescibilità e di potenziale cessione di composti inquinanti nel percolato.
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Il
rapporto presentato dall’Università di Padova in questo capitolo dedicato
alla qualità delle acque dichiara testualmente: “la
valutazione della qualità delle acque sotterranee e superficiali non rientra
tra i compiti del presente studio. In fatti una esaustiva campagna di
monitoraggio per articolazione e tempo di esecuzione andava al di là del quadro
operativo dello studio stesso”; ricordiamo che la discarica si trova tra
il fiume Brenta a Nord-Est e il fiume Bacchiglione a Sud-Ovest, che essa ricade
interamente sull’area di esondazione di entrambi i fiumi. Una considerazione
del genere dimostra scarsa disponibilità di fondi per le ricerche necessarie
alla V.I..A. messe a disposizione dall’ASP, ma soprattutto un’incapacità
dei ricercatori nel far valere le proprie conoscenze e il proprio modo di
procedere nelle valutazioni rispetto le scelte fatte dal committente. Se
l’insufficienza del tempo e dei fondi non permette la completezza della
valutazione, non si deve assolvere[5],
come vedremo, l’impianto di Ca’ Rossa, ma si deve rimandare l’esito della
valutazione allorquando tutti gli aspetti dell’analisi saranno trattati e
valutati.
Nonostante
ciò, i ricercatori, basandosi su alcuni dati forniti dalla stessa ASP, hanno
formulato dei risultati: non si notano sensibili variazioni della qualità delle
acque del Bacchiglione da monte a valle della zona della discarica. Lo scarico
nel fiume delle acque provenienti dalla scolina
che raccoglie le acque di drenaggio superficiale della discarica non sembra
influenzare i valori dei parametri caratteristici dell’acqua del fiume.
I
valori dei parametri utilizzati nell’analisi sono tipici di acque di falda di
cattiva qualità, non si registrano significative variazioni tra monte e valle
dell’impianto. L’unica influenza che si registra è dovuta alle
infiltrazioni di acque saline.
La
discarica, in conclusione, non produce effetti negativi sulle acque sotterranee.
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La
formazione del percolato è regolata da vari fattori legati alla meteorologia ed
idrologia della zona. La comparsa del percolato in una discarica si avrà una
volta raggiunta la capacità di campo del terreno che costituisce la copertura
finale. Per capacità di campo si intende la quantità di acqua che può essere
trattenuta da uno strato di terreno o rifiuti. Essa si definisce come il peso
percentuale di acqua che può essere immagazzinato da un peso di rifiuti
contenuti nell’unità volume.
Il
modello matematico è il modo più corretto per valutare i volumi di percolato
prodotti annualmente, i ricercatori hanno usato l’equazione: L
= P-R-ET dove:
- P = precipitazioni meteoriche
- R = ruscellamento superficiale
- ET = evapotraspirazione
- L = quantità di percolato raccolto
I risultati sono leggibili nella Figura 9.1, si evidenzia che subito dopo i periodi molto piovosi, Maggio, Giugno, Settembre-Ottobre, si hanno i valori massimi di percolato. I dati di produzione di percolato valutati dall’ASP per gli anni 1992-1995 forniscono un valore medio annuale di produzione di percolato di circa 12000 m3.
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Una
stima della capacità di attenuazione delle argille presenti nella discarica di
Ca’ Rossa come materiale costitutivo della barriera di fondo, nei confronti
degli inquinanti tipici presenti nei percolati, è stata effettuata mediante
prove di laboratorio, miranti a simulare le reazioni che plausibilmente si
verifichino quando il percolato fluisce all’interno della barriera.
La
barriera di fondo della discarica è costituita da materiale naturale, presente
in posto, articolato secondo una successione non regolare di orizzonti di varia
natura. La fascia più superficiale è costituita da terreni coesivi fino ad una
profondità di 35 m dal piano di campagna.
La
stima delle capacità attenuative delle argille presenti nei confronti di alcuni
inquinanti presenti nel percolato è stata misurata mediante l’isoterma
di adsorbimento, che è una funzione matematica che misura la quantità di
contaminante adsorbita su un materiale adsorbente, questo dipende sia dalle
caratteristiche e dalla concentrazione del contaminante che dalla temperatura.
Generalmente le quantità assorbite vengono espresse in funzione della
temperatura e dell’adsorbato.
Gli
isotermi utilizzati in questa particolare analisi sono stati: l’isoterma
di Langmuir e l’isoterma
di Freundlich.
Per quanto concerne
l’efficienza geochimica della barriera, non esistono attualmente modalità
standardizzate per verificare l’efficienza delle barriere di materiali
naturali ai moti di diffusione dei contaminanti, si utilizzano delle ipotesi
semplificative. Lo studio in esame si è affidato a delle indagini precedenti,
quindi allo studio degli analoghi, condotte da Daniel e Shackelford.
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In Ottobre del 1998 si
verificò un fenomeno di instabilità in corrispondenza dell’argine
meridionale di contenimento della colmata B. La rottura in esame ha interessato
una fascia di circa 110 m lungo l’asse longitudinale dell’argine;
contemporaneamente si è osservato un innalzamento della zona posta
immediatamente a valle, per una larghezza perpendicolare all’asse
dell’argine di circa 20 m.
La rottura si è
verificata nonostante si fosse sviluppato un progressivo miglioramento delle
proprietà del terreno di fondazione.
Nel caso delle terre
coesive organiche e torbose il fenomeno della consolidazione risulta ancora più
complesso per effetto della cosiddetta “compressione secondaria”, che dilata
ancor più i tempi necessari per l’assestamento definitivo del terreno. Lo
studio ritiene che i fenomeni di consolidazione del caso in esame, non fossero
ancora completamente esauriti e che pertanto il parziale incremento di
resistenza al taglio dei terreni di fondazione non sia risultato sufficiente a
sopportare il peso finale del rilevato arginale e del cumulo di RSU.
Il progettista ha
ritenuto, in sede di variante per riparare la frana, di inserire una berna
laterale sul lato esterno della discarica, che produce un effetto fortemente
stabilizzante sulla sezione. La presenza della berna consente inoltre di
innescare un processo di consolidazione e di resistenza al taglio anche su una
zona esterna al corpo di discarica.
Per quanto riguarda le
conseguenze dovute all’evento franoso, sono state avanzate alcune ipotesi che
rimangono tali. Anche in questo caso, come si era verificato per le indagini
sulla qualità delle acque, l’équipe non ha ritenuto indispensabile un
ulteriore sviluppo delle indagini neppure in un caso delicato come la rottura
degli argini. Sembra quasi che la competenza dei ricercatori sia in funzione
delle aspettative dell’ASP[6].
Le tre ipotesi avanzate
sono:
1. Danneggiamento del diaframma plastico verticale sottostante la colmata con una possibile perdita di continuità e il conseguente danneggiamento del geocomposito bentonico posto sul lato interno dell’argine.
2. Scorrimento verso l’esterno del terreno di fondazione.
3. Traslazione orizzontale del terreno di fondazione sottostante il corpo arginale.
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Fenomeni di sommersione
del territorio occupato dalla discarica si sono verificati in passato sia in
occasione della piena del 1882, sia in anni più recenti, in occasione
dell’alluvione del 1966.
Anche per lo studio del
comportamento della rete idrografica del sistema Brenta-Bacchiglione-Gorzone è
stato utilizzato un modello matematico unidimensionale basato sulle equazioni di
De Saint-Venant.
Per quanto riguarda la
schematizzazione delle sezioni si è fatto riferimento allo studio elaborato
dall’Autorità di Bacino.
Per la valutazione delle
dissipazioni continue di energia è stata utilizzata
la formula di Strickler.
Sono state condotte alcune
simulazioni per esaminare gli elementi di piena da ritenersi critici per il
sistema Brenta-Bacchiglione-Gorzone. Tale esame ha riguardato la propagazione di
onde di piena caratterizzate da tempi di ritorno pari a 50 e 100 anni,
considerando la contemporaneità degli eventi.
Con riferimento al corso
del Bacchiglione, si osserva che l’argine sinistro è interessato da un
modesto sormonto in occasione di piene con tempo di ritorno di 100 anni, mentre
risulta in grado di contenere piene con tempi di ritorno di 50 anni. Peraltro,
gli effetti di riduzione della portata del Brenta a seguito delle esondazioni,
riduce completamente il rischio di esondazioni in sinistra per il basso corso
del Bacchiglione.
Al contrario, le indagini
effettuate a Codevigo, i livelli massimi del Brenta superano ampiamente le quote
dell’argine destro anche per piene con tempo di ritorno di 50 anni.
I risultati del calcolo
hanno consentito di effettuare una stima di larga massima dei volumi esondati in
destra del tratto compreso tra Codevigo e l’area oggetto di indagine. In
occasione di piene caratterizzate da un tempo di ritorno di 50 anni, i volumi
esondati sono dell’ordine dei 3-4 milioni di m3, mentre per piene
con tempo di ritorno di 100 anni, questo volume aumenta fino a valori di 8-11
milioni di m3.
Si tratta di volumi
d’acqua che per la naturale pendenza del territorio, tenderanno a fluire entro
l’area compresa tra l’argine destro del Brenta e l’argine sinistro del
Bacchiglione interessando la zona occupata dalla discarica. Non è escluso
inoltre che, come conseguenza dell’ostacolo offerto dal rilevato della
discarica, le acque del Brenta possano addirittura entrare in Bacchiglione.
Per questi aspetti sono
stati sostanzialmente confermati i risultati delle indagini condotte
dall’Autorità di Bacino che nella sua carta del fattore di pericolosità
evidenzia un elevato grado di rischio con sormonti dell’argine destro del
Brenta.
Si ritiene, quindi,
necessario attuare provvedimenti di difesa del rilevato della discarica che
siano in grado di evitare sia sormonti locali, sia fenomeni di erosione.
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Al fine di conoscere
l’opinione della popolazione abitante nelle zone adiacenti alla discarica,
sugli impatti prodotti sull’uomo e sull’ambiente, si è concepito un
semplice questionario consegnato a 122 abitanti.
L’intero
questionario è riportato tra gli allegati. Riportiamo semplicemente le
conclusioni dei risultati più significativi del questionario.
Gli
abitanti di Ca’ Bianca sono favorevoli alla chiusura totale della discarica.
Gli abitanti delle altre località sembrano convinti che una raccolta
differenziata ben attuata possa limitare gli effetti negativi della discarica[7].
Tutti gli intervistati aborriscono la possibilità di un ampliamento
dell’impianto.
La
preoccupazione più sentita si riferisce al possibile inquinamento delle acque
dei fiumi.
Tuttavia
è da registrare il fatto che più gli abitanti sottoposti ad esame distano
dalla discarica, meno risentono dei problemi e si preoccupano della propria
salute e dell’inquinamento dell’ambiente. L’impianto di Ca’ Rossa è un
insediamento ad alto rischio ambientale, ma non viene visto come tale se non
dalla popolazione di Ca’ Bianca.
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VALUTAZIONE FINALE DI IMPATTO E DI RISCHIO
La
discarica risulta caratterizzata dalla presenza di percolato giacente sul fondo
con un battente massimo di 7 m. Le misure piezometriche all’interno dei lotti
s.l.m.m. sono superiori alle quote medie del piano di campagna esterno alla
discarica compreso tra i fiumi Bacchiglione e Brenta. Pertanto, nel caso di una
disfunzione del sistema barriera sul fondo o sulla scarpata laterale, potrebbe
verificarsi l’eventualità di una fuoriuscita del corpo della discarica.
È
stata registrata la presenza di grandi quantità di sostanza organica non ancora
stabilizzata in modo tale da consentire la formazione di percolati, di emanare
odori e di produrre biogas. Le caratteristiche qualitative dei rifiuti
manifestano una grande variabilità, è evidente una maggiore stabilizzazione
negli strati più profondi dell’accumulo di rifiuti, che presentano ancora un
discreto grado di putrescibilità e di potenziale cessione di composti
inquinanti nel percolato.
Sul
fondo del settore A dell’impianto non è stato realizzato alcun sistema di
impermeabilizzazione artificiale. Pertanto la tenuta idraulica del corpo
discarica è affidata alla barriera naturale argillosa, che, al momento, non
presenta particolari disfunzioni.
I
modelli matematici impiegati hanno messo in luce l’insufficienza degli attuali
argini del fiume Brenta a contenere piene anche non eccezionali.
Per
quanto riguarda ripercussioni sulla salute umana: non esiste evidenza
epidemiologica dell’insorgenza di patologie particolari nelle aree circostanti
la discarica. Molti dei timori avanzati dalla popolazione appaiono infondati.
Tuttavia il benessere psichico della popolazione è molto turbato con odori,
rumori, traffico, per cui, secondo la definizione di salute dell’OMS, la
discarica è impattante sulla salute dell’uomo.
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La
chiusura totale della discarica risulterebbe dannoso, infatti, permarrebbero
inalterati tutti i problemi denunciati e tutti i volumi vuoti, non occupati dai
rifiuti, potrebbero portare ad accumuli di percolato ed ad instabilità.
I
ricercatori hanno individuato alcuni interventi possibili, che elenchiamo di
seguito senza commentare:
- Incremento dei pozzi di estrazione per limitare la produzione di biogas.
- Abbassamento del percolato attraverso la messa in efficienza dei pozzi presenti e dotarli di pompe automatiche di spurgo.
- Installazione di sistemi di controllo automatico per lo smaltimento del biogas.
- Isolamento acustico dei sistemi di estrazione e dei motori del biogas.
- Garantire la stabilità della struttura-discarica investita dalle acque di piena esondanti, progettare e realizzare opere di difesa idraulica.
- Ridurre gli impatti di lungo termine attesi grazie all’aerazione in situ.
Gli studiosi hanno preso in esame tre alternative attive possibili per ridurre il carico di contaminanti che si può potenzialmente riversare nell’ambiente:
1. Flushing.
2. Aerazione in situ.
3. Landfill mining.
Il caso di Ca’ Rossa permette l’attuazione di un intervento quale l’aerazione in situ, che consiste nell’emissione attraverso tubazioni forate di aria nell’ammasso di rifiuti. L’ossigeno contenuto nella discarica crea condizioni adatte a variare il processo di conservazione della sostanza organica degradabile da anaerobico ad aerobico. Il carbonio organico viene così trasformato in anidride carbonica, acqua e sostanze ossidate. Il risultato dell’intervento è un’immediata riduzione degli odori, forte riduzione del carico di contaminanti del percolato.
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CONFRONTO CON GLI APPUNTI DEL CORSO DI V.I.A.
Come
scrivono i ricercatori di Padova e così il Prof. Bettini nella sua introduzione
all’ ”Ecologia dell’Impatto
Ambientale”, non esiste una metodologia migliore nella valutazione di
impatto ambientale in termini assoluti. Di caso in caso, si deve individuare la
metodologia che meglio risponde alle specificità delle condizioni di
applicazione, pur ispirandosi a criteri e schemi di impostazione di carattere
generale.
Abbiamo
appena esposto gli studi che l’équipe di Padova ha ritenuto indispensabile
nel valutare l’impatto di Ca’ Rossa; cerchiamo ora di analizzarli e
confrontarli con quanto si ritrova nel manuale dei Proff. Bettini, Canter,
Ortolano.
La
relazione di V.I.A. ha esaminato, anche se in maniera non dettagliata, la fase
di screening e la successiva fase di scoping; tuttavia si è seguito lo schema
canonico di presentazione del lavoro:
1. Identificazione dell’impatto.
2. Descrizione dell’ambiente.
3. Precisione e valutazione.
4. Scelta dell’intervento.
5. Riassunto dello studio.
Questo tipo di
organizzazione e esposizione del lavoro è facilmente individuabile
semplicemente scorrendo l’indice del rapporto.
Dei
22 metodi utili alla classificazione degli impatti individuati nel 1977 da
Sadler[8],
gli esperti di Padova, hanno ritenuto di utilizzare il metodo degli analoghi,
checklists, esperti di settore, prove di laboratorio, rassegna della
letteratura, matrici di interazione, monitoraggi, modelli qualitativi e modelli
quantitativi, risk assessment e scenari.
Non
è stato per nulla adottato il metodo dell’environmental cost/beneficts
analysis; è stato del tutto trascurato il metodo dei sistemi esperti
(nell’intero documento non si fa nome di alcun sistema informatico di gestione
del territorio), overlay mapping, networks, mass-balance calculation, fotografie
e fotomontaggi. Della Landscape Ecology[9]
non viene fatto alcun cenno benchè la discarica si trovi in un ecosistema molto
delicato come quello lagunare, inoltre in un’area ecotonale di scambio tra
l’ambiente marino, lagunare e imbrifero.
Dei
metodi utilizzati, poca attenzione è stata prestata alle analisi, per nulla
sono stati individuati e monitorati dei bioindicatori[10].
La
scarsa attenzione all’environmental risk assessment fa passare sottotono i
gravi rischi ambientali possibili causati dalle esondazioni. Gli studi sui tempi
di ritorno hanno individuato prevedibili allagamenti disastrosi a distanza di 50
e 100 anni. Mai in tutto il rapporto viene scritto chiaramente che la discarica
di Ca’ Rossa, per la sua ubicazione, presenta un grave rischio ecologico.
È
stato semplicemente individuato il rischio, ma la valutazione
dell’esposizione, la valutazione della dose risposta e la caratterizzazione
sono elementi di analisi tralasciati per far trasparire l’immagine positiva di
Ca’ Rossa.
L’unica
misura di mitigazione del rischio individuata è stato il rinforzo degli argini
dei due fiumi che confinano la discarica.
Abbiamo
allegato a questa tesina la tavola del rischio ambientale elaborata
dall’Autorità di Bacino; la discarica, come si può vedere, si trova sul
punto in cui tutti i rischi di esondazione passati e prevedibili sono maggiori.
In un area quindi che coscienziosamente doveva rimanere scevra da qualsivoglia
tipo di insediamento urbano.
Per
quanto riguarda la valutazione degli effetti nel tempo, nel rapporto si legge
che i possibili livelli di inquinamento dei suoli e delle acque dovuti alla
presenza dell’impianto e del percolato prodotto, sono registrabili a distanza
di 500 anni, periodo che va oltre qualsiasi naturale previsione e della stessa
durata di vita dell’impianto.
Anche
parlando in una scala temporale di 500 anni, in un’area di confine come la
laguna, dove cambia la dinamica della rete idrografica e delle coste, si devono
valutare anche le ripercussioni a distanza di 500 anni.
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Non è stato presentato
alcun scenario alternativo alla discarica, il rapporto si limita ad enunciare le
analisi effettuate e a spiegarne dettagliatamente i passaggi e le formule
utilizzate, quasi che il documento redatto si prestasse a diventare un manuale
didattico sulla valutazione delle discariche.
Lo
stile utilizzato dai ricercatori sembra quasi una rincorsa all’elevazione a
caso emblematico di valutazione di impatto di una discarica tale da essere
inserito degnamente tra la letteratura di settore.
Io,
pur riconoscendo la mia molto limitata esperienza nella pratica di V.I.A., non
mi sento di scagionare la discarica di Ca’ Rossa da qualsivoglia inquinamento
come ha fatto l’Università di Padova.
Gli
studiosi dell’impatto in questione hanno presentato possibili interventi
migliorativi dell’impianto, ma, di fatto, dichiarano la totale sicurezza
dell’impianto a livello ambientale. Tutti i dati assunti dai campionamenti
dell’ASP non sono stati verificati da mirati prelievi e monitoraggi, sono
stati accettati tout court perché rispettosi dei parametri di legge, ma del
principio di ALARA[11]
e della precauzione che ne facciamo?
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- Università di Padova, Dipartimento di Ingegneria Idraulica, Marittima e Geotecnica, “L’impatto ambientale della discarica di Ca’ Rossa e sua prevedibile evoluzione nel tempo al fine della eventuale messa in sicurezza della discarica stessa”, Padova 1999
- Bettini, Canter, Ortolano, “Ecologia dell’Impatto Ambientale”, Venezia 1999
- Appunti delle lezioni di V.I.A., a.a. 1999/2000, Ca’ Tron, Venezia
[1] La composizione di percolato dipende strettamente dai processi biologici, chimici e fisici che si realizzano in discarica e che causano il trasferimento di composti inquinanti dai rifiuti solidi alla fase liquida. Torna
[2] Dati rilevati con prove di dissipazione con piezocono a varie profondità. Torna
[3] Riportate in Beretta, 1992. Torna
[4] I valori sono stati ricavati sulla base di curve di interpolazione ottenute su campioni di materiali analoghi presenti nella letteratura in Cossu, Raga, Vascellari, 1999. Torna
[5] Con assoluzione si intende il rispetto di tutti i parametri imposti per legge. Torna
[6] L’ASP intende dimostrare con questo studio l’assoluto rispetto dei parametri e la completa messa in sicurezza della discarica di Ca’ Rossa. Torna
[7] Questo è dovuto al fatto che l’insediamento di Ca’ Bianca è localizzato nei pressi della discarica e sottovento, per cui gli abitanti subiscono maggiormente rumori ed esalazioni che escono dall’impianto. Torna
[8] Metodi non standardizzati. Torna
[9] La Landscape ecology è uno strumento ideale per lo studio dell’ordinata complessità ed eterogeneità dei mosaici ambientali in quanto propone metodi quantitativi avanzati e modelli teorici di simulazione. Per Landscape si intende un’area eterogenea composta da un cluster di ecosistemi interagenti, che mostra pattern (strutture) spazialmente ripetibili. (Almo Farina, 1993). Torna
[10] La discarica si trova all’interno del parco lagunare dove vivono e si riproducono ecotipi e specie chiave. Torna
[11] As Low As Reasonably Achievable, principio secondo il quale, una volta compiuta la scelta tecnologica, l’esposizione ai rischi deve essere la più debole possibile. Torna