Comunità

Lettera circolare ai membri e simpatizzanti della Chiesa evangelica valdese di Catania

n. 3 (autunno 2000)

Pastore Italo Pons

Via Grotte Bianche 7

95129 Catania

Tempio valdese

via Naumachia 20

95129 Catania

Presidente del CdC

Sig. ra Eva Albert

Via Altarelli 4,

Mascalucia (CT)

"Allora Erode, vedendosi beffato dai magi, si adirò moltissimo, e mandò ad uccidere tutti i maschi che erano a Betlemme e in tutto il suo territorio dall’età di due anni in giù, secondo il tempo del quale era esattamente informato dai magi" (Matteo, 2,16).

Nel corso della storia la strage non è mai cessata: il pianto e un grande lamento continuano ad essere sentiti, visti, magari anche voluti. Gli Erode di oggi e di ieri sembrano non solo essere tanti ma anche meno identificabili, non più solo chiusi in un palazzo e preoccupati del loro potere; gli Erode sono dentro di noi. Società la nostra che vezzeggia i bambini, che li adora, che ha cura di loro, che li segue fin dal primo momento nel quale sono concepiti: poi improvvisamente, questa società sembra rendersi conto di un'altra dimensione: i bambini fatti oggetto di un amore malato, che raggiunge la brutalità, la violenza, la morte. Così subiamo tutti lo choc per quelle immagini trasmesse al telegiornale. Abbiamo capito che la violenza oggi è mercato, si vende e si compra (Quando i bambini sono solo merce, Umberto Galimberti, La Repubblica 28 settembre 2000 p.17)

La strage dei bambini, così come la racconta il vangelo di Matteo- rimodellata sulla protostoria d’Israele (Assassinio dei primogeniti in Egitto Esodo 1,22; Mosè tratto in salvo Esodo 2,1-10; la fuga dall’Egitto la notte di Pasqua Esodo 12,31; la fuga di Mosè dal pericolo della morte per l’uccisione dell’egiziano Esodo 2,11) - rende immediatamente l’idea che la nascita di Gesù non sia avvenuta in un quadro idilliaco, fiabesco, o nel paese delle meraviglie.

Nell’episodio biblico la valenza dell’eliminazione dei bambini è di carattere politico: "qualcuno" minaccia la funzione di Erode, al quale non rimane, non sapendo dove e come trovare questo "qualcuno", che eliminare tutti quelli che appartengono allo stesso mondo: i bambini. Erode difende il suo potere, lo conserva, s’informa, e quando viene gabbato, si vendica. Egli odia e quindi manifesta questa violenza colpendo coloro che domani gli potrebbero potenzialmente sottrarre quello che ha. Questo è il primo Erode, cieco spietato, giudicato dal tribunale della storia come colpevole: Erode non ha amato ma odiato, e si è vendicato.

C’è un secondo Erode, diverso, più complesso e meno catalogabile, più subdolo; l’Erode che invece di odiare ama, che non fa delle stragi, ma cerca con cura coloro che vuole amare, che desidera per lui, la creatura, "magari bellissima", così bella che dev’essere sottratta, nascosta, violata, e poi uccisa perché potrebbe parlare. Potrebbe raccontare, identificando chi gli ha fatto del male, colui che gli voleva dare dell’amore, colui che l’ha amata al punto da toglierli la parola.

Si potrebbe pensare a Hurbick, il bambino di Auschwitz, di cui Primo Levi ci ha lasciato un ritratto ne La tregua. Questo bambino che non conosce la parola, questo essere che vaga nel campo, che combatte per entrare nel mondo degli uomini, è paradossalmente il simbolo di coloro che da questo mondo sono stati cacciati fuori. Levi scriveva:" Hurbineck era un nulla, un figlio della morte, un figlio di Auschwitz. Dimostrava tre anni circa, e nessuno sapeva niente di lui, non sapeva parlare e non aveva nome: quel curioso nome, Hu gli era stato assegnato da noi, forse da una delle donne, che aveva interpretato con quelle sillabe una delle voci inarticolate che il piccolo ogni tanto emetteva. Era paralizzato dalle reni in giù, ed aveva le gambe atrofiche, sottili come stecchi; ma i suoi occhi, persi nel viso triangolare e smunto, saettavano terribilmente vivi, pieni di richiesta, di asserzione, di volontà di scatenarsi, di rompere la tomba del mutismo. La parola che gli mancava, che nessuno si era curato d’insegnargli, il bisogno della parola, premeva nel suo sguardo con urgenza esplosiva: era uno sguardo selvaggio e umano a un tempo, anzi maturo e giudice, che nessuno tra noi sapeva sostenere, tanto carico di forza e di pena (…) aveva combattuto come un uomo, fino all’ultimo respiro , per conquistare l’entrata nel mondo degli uomini, da cui una potenza bestiale lo aveva bandito" (Tratto da Massimo Giuliani, Auschwitz nel pensiero ebraico, Morcelliana Brescia 1998)

Perché questo accostamento con il campo di concentramento? Il campo di concentramento, quanto di più contrario all’amore! Eppure in questo accostamento sembra sia contenuta la cifra di tutte le vittime del silenzio della parola. Un silenzio che permane nel tempo, nei luoghi dove i bambini sono cercati per essere eliminati, anche se si volevano amare.

Il silenzio della parola! Gli offesi non parlano: tacciano. Offesa fatta di silenzio: offesa non ricambiata. Quella lunga catena costituita da coloro che non sono diventati grandi e che da questo mondo sono usciti sconfitti per sempre.

Certo non si tratta di una novità anche se, oggi, questa realtà assume maggiore rilevanza per i mezzi di comunicazione, per le possibilità del mercato ecc. Quali ragioni?

Forse, proiezione del desiderio di ritornare bambini? Desiderio questo destinato a svanire da parte dell’adulto? Forse, traumi vissuti, subiti, e quindi riversati a sua volta su un altro/a, a sopprimere quello che è stato violento con te? Insomma tante e complesse domande aperte.

L’Evangelo di Matteo indica due temi diversi: a) la violenza precede Gesù, presente in alcuni personaggi della sua genealogia; b) la secolare strage dei bambini (il tema veterotestamentario della rivolta contro l’inviato di Dio).

La violenza precede e accompagna Gesù come per dire che Gesù è inserito in una linea di violenza non solo del suo popolo, ma anche in quella dei suoi antenati secondo la genealogia ( "figlio di Davide" Cfr. 2 Sam. 11).

La violenza è caratteristica dell’incarnazione storica di Gesù. La chiesa antica ha riaffermato questa dimensione storica nella sua confessione di fede, affermando cioè che tutta l’opera terrena di Gesù è stata riassunta nella frase "patì sotto Ponzio Pilato". Sofferenza sotto le potenze storiche e spirituali "(…) per procurarci la grazia di Dio, la giustizia e la vita eterna ( Catechismo di Heidelberg 1563, domanda 37).

La sofferenza e la violenza sono costitutive dell’opera redentrice di Cristo. Non una sofferenza fine a se stessa, uno stadio della vita, di un processo di liberazione ma un passaggio redentivo. Il profeta Isaia afferma: "(…) uomo di dolore familiare con la sofferenza (…) tuttavia erano le nostre malattie che egli portava erano i nostri dolori che si era fatto carico (…) egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, mediante le sue lividure noi siamo stati guariti (Is. 53, s).

La violenza è parte di questa realtà, sia essa degli adulti che dei bambini, la violenza della natura, dei potenti sui deboli, della tecnica sulla persona, della psiche umana e delle sue manifestazioni, ma anche nella ricerca dell’altro/a dell’amore non ricevuto dell’amore respinto.

Tre conclusioni:

  1. La violenza fa parte della storia: essa è congenita all’umanità. La Bibbia la chiama con il suo nome, la smaschera, la restituisce alla parola. Quando non c’è parola rimane solo il disordine, il caos. "Io, l’Eterno, parlo con giustizia" (Isaia 45,19)
  2. Dalla parola, dall’ordine, prende vita una prospettiva che supera la contingenza di questa realtà, pur nella sua crudeltà, nelle sue manifestazioni. Nella consapevolezza che non sempre un nome rappresenta anche un significato. La violenza rientra nell’ordine dell’assurdo. Non nominarla significa, molte volte, non smascherarla.
  3. La violenza, anche nella sua drammatica crudeltà, infine non potrà avere l’ultima parola ("Io faccio ogni cosa nuova" Apocalisse 21, 5). Interrogarsi su di essa diventa, pur nella sua paradossalità, l’ostinata volontà a combatterla: anche quando ciò sembrerebbe impossibile. Questa ostinata caparbietà per noi cristiani ha un nome: Gesù Cristo, la croce.

    Care sorelle e cari fratelli,

    nella fede cristiana, partire dalla contingenza non significa mai fermarsi nei suoi confini. La fede è prospettiva di nuovi cieli e nuova terra (Apocalisse 21,1). Confessarlo significa che noi affermiamo il nostro no contro le potenze del male e della morte, anche se questo no è ancora ambiguo e oscuro ("Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro" Corinzi. 13, 12). Il Signore ci dia di poter pronunciare nella sua vera valenza quel no che si apre al si della vita e della grazia ( "(…) ma allora vedremmo faccia a faccia". 1 Corinzi 13, 12)

 

Un’immagine del Tempio Valdese di Catania (disegno: Loredana Acanfora)

 

Un’altra estate si è conclusa. I culti non sono stati sospesi, malgrado il caldo, le vacanze, il mare. Ringraziamo lo studente in teologia Rosario Confessore per aver sostituito il pastore, impegnato ad Adelfia nel mese di luglio. Un saluto anche a Francesco Sciotto, ormai residente a Parigi per completare i suoi studi teologici.

TESTIMONI DELLA FEDE

A giugno ci ha lasciato il fratello Bruno Ciccarelli della Chiesa battista di Catania, insegnante e predicatore locale. Nel corso della sua permanenza a Pachino aveva collaborato entusiasta con il pastore Giambarresi nella formazione delle nuove generazioni. Nelle stesse ore in cui i pastori Gajewski e Pons presiedevano il suo funerale nella Chiesa di Floridia, a Brescia decedeva il pastore Enrico Corsani. Una circostanza particolare: infatti, Enrico Corsani era nato e cresciuto proprio a Floridia, in quella Chiesa dove il padre era pastore battista. Per molti anni pastore della nostra Chiesa, vice Moderatore, Corsani era un uomo di vasta cultura. Troverete allegato alla circolare il ricordo che il pastore Giorgio Bouchard ha scritto di lui in occasione della sua morte.

Un affettuoso benvenuto ad Alice Leone di Anna Marcantonio e Andrea Leone, nata a Catania il 4 agosto 2000.

MATRIMONI

L’ 11 settembre sono stati uniti in matrimonio Antonio Fiorenza e Mariliana Baglio provenienti da Riesi. Nel corso del culto, Don Angelo Grasso, parroco della Chiesa di San Giovanni Bosco di Riesi, di cui Mariliana fa parte, ha espresso un commento con numerosi riferimenti al protocollo di attuazione dei matrimoni interconfessionali approvato dalla CEI e dalle chiese metodiste e valdesi. Ringraziamo anche la corale, diretta da Giusi Valvo, per aver accompagnato il Culto con il canto e l’organo.

Sabato 23 settembre, nella Chiesa valdese, hanno confermato davanti al Signore la loro unione Laura Licata e Maurizio Arena. A queste nuove famiglie l'augurio di una vita comune benedetta dal Signore.

VITA DELLA CHIESA

Con il Sinodo 2000 ha concluso il suo mandato il Moderatore Gianni Rostan: il primo laico, nella storia della nostra Chiesa, ad aver guidato la Tavola. Lo vogliamo ringraziare, in particolare, per la grande attenzione dimostrata verso l’impegno nella ristrutturazione degli immobili di Catania ma anche per le sue doti pastorali nei confronti di situazioni e realtà delicate e complesse.

Lo sostituisce il pastore Giovanni Pietro Genre proveniente dalla Chiesa di Villar Pellice. Da alcuni anni membro della Tavola valdese è stato pastore a Torino, Cosenza, Dipignano, Ivrea. Egli ha visitato recentemente le chiese della Sicilia e speriamo presto di averlo a Catania per concludere quanto ancora la Tavola ha in sospeso. L’avvocato Piero Trotta di Palermo è stato eletto a far parte della Tavola.

RIPRESA delle attività

Scuola domenicale: il Consiglio ha chiesto a Loredana Acanfora di seguire quest’attività che verrà svolta nel corso del Culto domenicale.
Catechismo: si spera di poter svolgere quest’anno un programma a livello circuitale.
Studio biblico: ogni Mercoledì alle ore 17.30. In via Cantarella: L’Evangelo di Giovanni.

Formazione adulti: Una serie di appuntamenti rivolti a coloro che o non ricordano più o hanno necessità di approfondire. Un occasione per discutere un libro e confrontarsi su un tema:

Primo incontro: giovedì 26 ottobre ore 20.00, via Cantarella. Presentazione del libro Sergio Rocchi, Resurrezione o reincarnazione, Claudiana.

Corale: inizio mercoledì 25 ottobre ore 20,30. Prove del nuovo Innario.

Venerdì 27 ottobre, via Cantarella, ore 17.00 riunione per organizzare e impostare l’attività del Centro B. La Rosa.

Domenica 19 novembre assemblea informativa sui temi della Conferenza e del Sinodo.

Domeniche speciali

29 ottobre: Domenica della Riforma

12 novembre: Domenica della diaconia

10 dicembre: Domenica dei predicatori locali.

FINANZE

Contribuzioni: siamo ancora lontani dalla quota che l’assemblea ha deciso di accogliere per il versamento alla Cassa Centrale. Non dimenticate di versare la vostra offerta.

STABILI

All’inizio del mese prossimo, ottenuti i vari permessi dagli organi competenti, inizieranno nuovamente i lavori in via Naumachia. Si tratterà del consolidamento dell’appartamento pastorale, della facciata centrale e della sistemazione di altre parti dell’edificio. Si tratta quindi di un passo avanti nell’operazione di risistemazione del nostro patrimonio immobiliare.

 

DAL CIRCUITO E DAL DISTRETTO

Corso per la formazione dei predicatori locali

Il Consiglio di Circuito, in collaborazione con il XVI Circuito e il Comitato dell’ABCS, hanno predisposto un piano per la formazione di coloro che già svolgono questa attività o sono intenzionati ad iniziare questo percorso. Si tratta di quattro incontri e due sessioni conclusive con la presenza dei professori della Facoltà di teologia. Coloro che sono interessati possono contattare il pastore.

Sabato 21 e Domenica 22 ottobre Assemblea di Circuito a Palermo.

Inizio alle ore 17.00, Tempio Valdese di Via Spezio.

2-3 dicembre, Pachino, 1° Incontro dei catecumeni del Circuito

8-9-10 dicembre Riesi: incontro per la formazione dei responsabili dei Comitati e Consigli di Chiesa. Incontro promosso dalla CED del IV Distretto.

RIFLESSIONI SULLA LAICITÁ

di Antonio di Grado

L’opinione laica e i suoi intellettuali battono un colpo. Finalmente. Si accorgono, finalmente, che i governi italiani e gli schieramenti politici non sono mai stati così subalterni come oggi al potere temporale del pontefice romano. E ne parlano, e se ne lamentano, sui giornali di questi giorni.

Ci volevano le sparate estive di Ratzinger e Ruini, l’onnipresenza invadente di tonache e porpore sugli schermi televisivi e nelle pagine dei giornali, e la beatificazione di Pio IX, perché da Scalfari a Montanelli ci si accorgesse che questo papa e chi lo circonda non sono mica tanto "progressisti", e che i Bassolino che baciano la reliquia di san Gennaro e i Rutelli che indossano i calzoni corti da papa-boy dimostrano una preoccupante mancanza di coscienza laica – e civile.

Mai un democristiano come De Gasperi avrebbe ammainato tanto in basso la bandiera dell’indipendenza e della laicità dello Stato. Ma mai come oggi, dopo il tramonto delle ideologie, la politica s’era a tal punto sganciata dalle idealità e fatta cinico esercizio del potere e trasformistica ricerca di alleanze, a sinistra come a destra. Per non dire che il partito cattolico non esiste più, ma proprio per questo destra e sinistra tentano di calamitarne le schegge, a costo di travestirsi esse stesse – più realiste del re – da dame di san Vincenzo. Insomma: la DC è morta? viva la DC. E tutti in ginocchio, i sindaci davanti al loro vescovo, i governanti al trono del papa-re.

E noi protestanti? Un po’ abbiamo taciuto, un po’ non ci hanno fatto parlare. Peccato. Perché così, ancora una volta, abbiamo mancato l’incontro coi nostri fratelli laici, con chi vive in un’inappagata ricerca: fratelli, sì, più dei notabili che vanno a messa, ai quali nemmeno la più ecumenica disponibilità potrebbe accostarci. E ancora una volta, abbiamo peccato d’omissione: chi vive nella ricerca e nel dubbio continuerà a ignorare la nostra che è la più laica delle fedi, quella che – solo Dio essendo giusto e vero – spietatamente relativizza e demistifica tutte le ideologie, le chiese, le dottrine umane, le fedi.

 

Solo Tuo, o Dio di tutte le creature, puoi liberare i nostri cuori e i nostri percorsi sociali e religiosi dalla seduzione degli idoli, dai culti idolatrici che rappresentano la permanente tentazione dell'umanità.
Ma quanto è difficile per ognuno ed ognuna di noi adorare solo Te, Dio della vita!
Comunità cristiana di base di Pinerolo - Associazione Viottoli (http://web.tiscalinet.it/viottoli - viottoli.cdb@tiscalinet.it)

Riceviamo spesso da altre comunità delle circolari ricche di notizie e informazioni. Riprendiamo questa volta due articoli curati dal pastore Marco Gisola della Chiesa metodista di Carrara.

DAL FORUM DELLA CULTURA

Il 23-24 settembre presso il centro metodista di Ecumene si è tenuto il secondo Forum della cultura promosso dal Centro Culturale Valdese di Torre Pellice. Il tema dell’incontro era I futuri possibili del protestantesimo. L’incontro ha ricevuto un contributo decisivo dalla partecipazione del prof. Jean Paul Willaime, docente di sociologia del protestantesimo presso l’università di Parigi. Il suo compito era quello di presentare la situazione religiosa - in particolare del protestantesimo - in Europa. Senza la pretesa di fare un sunto esauriente degli interventi del prof. Willaime, propongo alcuni spunti delle sue riflessioni che mi paiono interessanti e stimolanti.

Willaime è partito dalla constatazione che la situazione religiosa europea è in generale mutamento. Ancora il 75% degli europei si dice oggi religioso, ma se si considerano le fasce più giovani della popolazione, in alcuni paesi la percentuale scende al di sotto del 50%. Si profila dunque per il futuro una società a maggioranza non religiosa. Si va verso la fine della religione come eredità, trasmessa di generazione in generazione (e quindi di massa), a favore di una religione come scelta (e quindi di pochi): ciascuno sceglie se e a quale gruppo religioso vuole appartenere. Questo fenomeno non è solo religioso: tutte le certezze, anche quelle politiche e ideali (per esempio il mito del progresso), sono state messe in discussione. È anzi messa in discussione la certezza in sé: tutto è incerto e relativo. Gli individui hanno però bisogno di certezze e di un’identità: così come in campo politico si assiste alla costruzione dell’Europa e contemporaneamente al rinascere di forte identità nazionali, nell’ambito religioso cresce e si sviluppa il dialogo a tutti i livelli, ma al tempo stesso si ricerca con forza una identità confessionale.

Gli individui sono, dal punto di vista religioso, "senza fissa dimora"; vengono privilegiate le brevi esperienze religiose (si partecipa, per esempio, a un incontro della durata di un fine settimana organizzato da un gruppo religioso per fare esperienza di un determinato tipo di religiosità o di spiritualità, e il fine settimana successivo si va a fare un’altra esperienza da un altro gruppo religioso), senza più appartenere a un gruppo o a una comunità ben precisa. Proprio l’appartenenza, non soltanto religiosa ma anche politica, è in crisi: all’appartenere si preferisce il partecipare (o, detto con altre parole, il fruire di una determinata offerta religiosa).

Willaime definisce la società in cui viviamo ultramoderna, respingendo il termine postmoderno, che fa pensare che la modernità sia stata superata, mentre invece non lo è. Come è noto, il protestantesimo è stato tra le matrici della società moderna, essendo un cristianesimo più secolarizzato rispetto al cattolicesimo (a questo proposito si può ricordare la cosiddetta ascesi intramondana tipica del calvinismo: il cristiano calvinista risponde alla vocazione che Dio gli rivolge non allontanandosi dal mondo, ma nel mondo e per il mondo). In particolar modo, il protestantesimo dei paesi latini d’Europa (Italia, Francia, Spagna, Portogallo) si è battuto a lungo per la separazione tra chiesa e stato. Mentre dunque nella modernità il protestantesimo si trovava a suo agio, nell’ultramodernità non lo è più; viceversa, il cattolicesimo che è stato a lungo un fiero avversario della modernità, si trova meglio nella società attuale ultramoderna, avendo una identità più forte da offrire. Willaime ha sostenuto che il cattolicesimo unisce un fondamentalismo dell’istituzione a una certo liberalismo pastorale. L’istituzione, insieme alla preponderanza del rito, fanno sì che esso sia in grado di offrire una identità forte. Al contrario, il protestantesimo si afferma soprattutto attraverso il discorso, e di conseguenza il suo impatto in una società che non ha più dimestichezza con la parola e l’ascolto, è più debole.

Volendo riassumere per punti la situazione attuale del protestantesimo nella società ultramoderna, si può dire quanto segue:

Punto di forza e al tempo stesso di debolezza del protestantesimo è il suo puntare sull’individuo: punto di forza in quanto si va sempre più verso una religione di scelta (infatti sono in aumento le chiese protestanti che praticano il battesimo degli adulti); di debolezza, perché non offre una forte identità istituzionale, che è invece ricercata.

L’adattamento positivo alla modernità, che non è stato adattamento passivo (anzi: il protestantesimo ha in larga parte influito positivamente sulla modernità), ma accompagnamento critico, può tornare a essere tale anche nell’ultramodernità: il protestantesimo può attuare un accompagnamento critico anche dell’ultramodernità.

Il protestantesimo ha sempre puntato molto su un progetto educativo: si è sempre cercato di formare l’individuo protestante, quindi di responsabilizzarlo. Questo rimane attuale e urgente anche nella società ultramoderna.

Il protestantesimo dei paesi latini è abituato a vivere in situazioni di minoranza (Willaime lo chiama "plusvalore sociale" dell’essere minoritari). È più preparato dunque a affrontare una situazione in cui ogni gruppo religioso (anche quelli ufficialmente di massa o di stato, come il cattolicesimo in Italia o il luteranesimo in Svezia) è destinato a essere minoritario accanto a molti altri gruppi religiosi anch’essi minoritari.

Rimane comunque la crisi di un protestantesimo che era a suo agio in una società in via di secolarizzazione, mentre non lo è più in una società completamente secolarizzata.

Tra il variegato dibattito che ha seguito, nei due giorni di convegno, questa e altre relazioni, vorrei sottolineare un punto di riflessione. Diversi interventi hanno sottolineato che in Italia la modernità non ha ancora raggiunto tutti i suoi obiettivi e che la secolarizzazione è lontana dall’essere completata: la laicità, il senso del pubblico e dello stato sono, nel nostro paese, tutt’altro che patrimonio comune. Elementi di ultramodernità si intrecciano, nella società italiana, con elementi di premodernità, visibili per esempio in alcuni aspetti della religiosità popolare. Se le cose stanno così, il protestantesimo ha ancora un compito e un ruolo ben preciso nella società: quello di favorire, per usare ancora le parole di Willaime, la "regolamentazione dello spazio pubblico" con un’attenzione particolare alla laicità dello stato e alla giustizia sociale.

 

Marco Gisola

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Impaginazione e grafica: Clara Panascia