Dopo ben 40 anni dal suo primo cortometraggio, Werner Herzog (pseudonimo di Werner Stipetic), nato a Monaco nel 1942, è ormai considerato uno dei personaggi chiave del cinema d'autore europeo degli anni '60-'70 e, come spesso capita ai "maestri" consacrati, la sua opera è oggi conosciuta più nelle università e nelle scuole di cinema che presso il pubblico più giovane.
Come molti altri protagonisti del c.d. nuovo cinema tedesco, ad eccezione forse di Wenders, la sua fama presso il pubblico e la critica ha avuto un andamento parabolico: dapprima una serie di film assolutamente originali ne hanno rivelato il talento visionario e ne hanno fatto, per un certo periodo, il capofila dei registi tedeschi della sua generazione. Poi verso la fine degli anni settanta il discreto riscontro al box office di film di un certo impegno produttivo, come Nosferatu e Fitzcarraldo, hanno segnato l'apice della sua fama presso il pubblico.
Gli ultimi vent'anni, infine, sono segnati da un successo decrescente (intendiamoci, non sto dando una valutazione critica) dovuto, a mio giudizio, al suo dedicarsi prevalentemente al documentario (3 film di "finzione" negli ultimi 15 anni) ed alla morte del suo attore-feticcio, Klaus Kinsi nel 1991. In Italia, ormai, di Herzog se ne parla poco e spesso solo in occasione dei suoi allestimenti operistici; il suo ultimo film (Invincible), presentato a Venezia nel 2001, ha avuto, da parte della critica italiana, un'accoglienza piuttosto "tiepida" (per usare un eufemismo).
Negli Stati Uniti, invece, è in atto una vera e propria riscoperta di Herzog alimentata sopratutto dalla meritevole pubblicazione, da parte dell'Anchor Bay Entertrainment, del suo catalogo (Werner Herzog Collection) in VHS e DVD (questi ultimi, purtroppo regione 1, oltre ad avere una resa fotografia e sonora eccellente hanno anche il commento sonoro del regista!).
Ottobre
2003: la Ripley's Home Video ha inaugurato la pubblicazione in DVD del catalogo
(quasi completo) dell'opera di Herzog; i primi titoli sono: L'Enigma di Kaspar
Hauser, Nosferatu e Fitzcarraldo. La qualità è ottima: i film hanno tutti il
commento sonoro di Herzog (tratti dall'edizione americana) e diversi
interessanti extra. Ottimo lavoro!
1967
- 1973
AVVERTENZA: La filmografia comprende i film che ho visto. Di ogni film ho voluto dare una indicativa valutazione espressa
da un certo numero di stelle (da 1 a 5). E' solo un modo di ordinarli in
base alle mie preferenze personali, per cui non significa che i film che ne
hanno di meno siano insufficienti!
1967 - SEGNI DI VITA 1970 -
1970 - FATA
MORGANA 1971 - PAESE DEL
SILENZIO E DELL'OSCURITA' 1972 - AGUIRRE,
FURORE DI DIO
SEGNI DI VITA
£
Premi: Orso d'argento per la migliore opera prima al Festival
di Berlino 1968
Giudizio:
iii
L'idea nasce dalla lettura di un fatto di cronaca avvenuto durante le
guerre napoleoniche, evento che è alla base di un celebre racconto dello
scrittore romantico A. von Arnim "Der Tolle Invalide auf dem Fort
Ratonneau" (1918) - "L'invalido pazzo del forte di Ratonneau"
nel volume "Il manichino tragico", Roma, Editori Riuniti, 1983 - ma
sopratutto dai viaggi compiuti da Herzog nelle isole dell'Egeo, dove il nonno
archeologo aveva fatto importanti scoperte . Il contesto viene quindi trasposto nella tranquilla isola di Kos durante la
seconda guerra mondiale. Tre soldati della Wermacht vengono ivi trasferiti per
un periodo convalescenza e vengono assegnati alla guardia di una antica
fortezza veneziana adibita a deposito di munizioni. In una situazione di forzata inattività e di totale
"demotivazione" i tre cercano di occupare il tempo con dilettevoli
passatempi: il grossolano Meinhard ingaggia la sua guerra privata contro gli
scarafaggi, il taciturno Becker cerca di decifrare le iscrizioni su antiche
vestigia greche mentre Stroszek, il protagonista, occupa il tempo con la sua
giovane moglie greca. È Stroszek che subisce più degli altri l’angoscia della sua vita
“sospesa”, al punto da percepire gradualmente nell’ambiente circostante
i segni oscuri di un messaggio misterioso a lui destinato. In tutta la prima
parte dettagli ed inserti del luogo, ossessivamente replicati, si fanno sempre
più coscientemente presagio della catastrofe che colpirà il soldato
“ribelle”: oggetti, animali, strade e case, personaggi che appaiono solo
un istante (il re zingaro “in cerca del suo popolo” ed il soldato
pianista), gli stessi rumori naturali (cicale) ed il suono dolce del “Buzuki”.
Questi particolari inseriti in una successione diversa assumono il senso di
folgorazioni improvvise che irrompono in uno scenario apparentemente calmo. La tensione di Stroszek, accumulata interiormente, esplode all’improvviso
quando, nel corso di una ispezione sulle colline compiuta con Meinhard, gli si
presenta, folgorante, la visione di una valle popolata da migliaia di mulini a
vento. Questa panoramica in campo lungo sulla valle dei mulini di Creta, già
di per sé sconvolgente nel suo “eccesso figurativo”, è accompagnata da
un dolcissimo brano di musica “Buzuki” che poi si dissolve per far posto
al rumore amplificato, insostenibile, irreale, del vento che soffia sulle pale
Lebenszeichen (1967) - 90 min - VHS (RARO VIDEO)
(vedi
clip).
È la follia che si manifesta come rivolta assoluta contro tutto e tutti.
Stroszek si isola nella fortezza,
comincia a sparare sulla folla (colpendo solo un somaro), respingendo chiunque
tenti di avvicinarlo con la minaccia di far saltare in aria il deposito e da lì
intraprendere la sua lotta “per far uscire ciò che è nelle case e sotto le
cose”, fino a rivolgere la sua ira contro il corso del sole nell’ansia di
“opporre luce alla luce”, facendo esplodere fuochi artificiali che
arrivano a bruciare solo una sedia
(vedi
clip). Questi bagliori sogno gli ultimi “segni
di vita” lanciati per manifestare finalmente una solitaria, disperata
presenza contro l’”onnipotenza” della natura,
La conclusione della vicenda è fuori campo, affidata al commento off,
mentre le immagini di chiusura ci mostrano il paesaggio desolato dell’isola
visto da un camion in corsa: “Stroszek fu catturato dai suoi compagni. Fu
preso prima di arrivare al deposito. Aveva intrapreso una rivolta titanica
contro tutti, contro un nemico incomparabilmente più forte, e aveva fallito
miseramente come tutti i suoi simili”.
Pur con tutte le possibili ingenuità di un'opera prima, Segni di vita
rivela già il tema dell'insolubile contrasto tra ambiente e azione, il primo
avvolto da una tranquilla ed assoluta indifferenza di fronte agli assurdi
rituali degli esseri umani. Herzog svilupperà poi questa tematica in molti
suoi film ed in particolare, in maniera più incisiva, in Anche i nani
hanno cominciato da piccoli (dove il contrasto con l'ambiente
"evidentemente" oppressivo dell'istituto genera la gioiosa rivolta
dei "degenti") ed in Woyzeck (dove, in effetti, la
misera vita nella guarnigione militare è alla radice del delitto del
protagonista).
Il film vince l'Orso d'argento a Berlino, rivela alla critica il nome di Herzog e viene anche citato da Lotte Eisner nello "Schermo Demoniaco", insieme a I Turbamenti del giovane Torless (1966) di Schlondorff, come segno del rinnovamento del cinema tedesco negli anni '60.
Brano dal film "Segni di vita"
Brano dal film "Segni di vita"
ANCHE
I NANI HANNO COMINCIATO DA PICCOLI £
Auch Zwerge Haben Kleine
Angefangen (1969-70) - 96 min - VHS (VIDEOGRAM - SAN
PAOLO - PUNTO VIDEO) - DVD Regione 2 (Ripley's Home Video)
Prologo: in una stanza di un commissariato, un nano con una targa in mano viene interrogato da una voce fuori campo sulle violenze commesse durante una rivolta in un non meglio definito istituto (o una colonia penale), in cui gli “internati” (tutti nani), approfittando dell’assenza del direttore, hanno intentato una generale ribellione, assediando un educatore (anch’esso un nano), che si era rinchiuso nell’edificio con un ostaggio.
Viene presentato poi il luogo dell’azione con una panoramica dall’alto: è una edificio isolato in un paesaggio vulcanico, vagamente preistorico, (il set è l’isola di Lanzarote nell’arcipelago delle Canarie – in un primo tempo Herzog aveva pensato al Messico) con un terreno brullo, rocce ed alberi contorti dal vento.
Mentre quindi l’educatore si è barricato dentro una stanza con il suo ostaggio (un nano “gigante” che ride continuamente ed insensatamente), il resto dei nani si abbandona gioiosamente e malignamente a vandalismi e atti di crudeltà gratuiti contro cose, animali, e perfino i più piccini tra loro.
Il primo obiettivo è abbattere la palma preferita del direttore, poi si uccide la scrofa e si tormentano i porcellini. Poi, in una serie continua di scherzi feroci, due dei nani più piccoli sono costretti a “sposarsi” (ma lui non riesce a salire la sponda del letto) e due fratelli ciechi sono molestati sinchè non finiscono per bastonarsi tra loro.
Infine, in un crescendo sempre più frenetico, accanto ad un camioncino senza guida che gira su se stesso (un immagine ricorrente in Herzog), si bruciano altri “arnesi del potere” (vasi da fiori, macchine da scrivere) e si dà vita a una “blasfema” processione con una scimmia crocefissa.
L’educatore, che è riuscito ad evadere, del tutto fuori di sè, finisce per farneticare i suoi ordini dinanzi ad un albero rinsecchito (vedi clip).
La sequenza finale, nel culmine della follia, vede “il nano dei nani”, Hombre, in preda ad un riso convulso, agghiacciante, senza fine, mentre nei pressi un dromedario inginocchiato sulle zampe non sembra potersi rialzare da quella posizione assurda e penosa.
Il secondo lungometraggio di Herzog, è già un opera matura, compiuta (“il migliore, o il più intenso, quello in cui risiede maggiore forza” secondo l’autore), in cui raffiora anche la profonda influenza bunueliana sul suo cinema, evidente anche dalla scelta di presentare come malvagio un diverso (il nano) che dovrebbe invece essere destinato, secondo le regole del buon gusto, a suscitare pietà.
Presentato nel 1970 al Festival di Cannes, che ancora risentiva del clima sessantottino, il film ha suscitato un grande clamore, ma è stato anche violentemente criticato dalla sinistra tedesca come un apologo reazionario, simile a “La fattoria degli animali”, sul fallimento di ogni rivoluzione spontanea (con ovvi riferimenti politici...).
Al di là di ciò che si possa pensare sugli obiettivi politico-ideologici del film, la prima cosa che risalta, fin dalle prime inquadrature, è il senso di assoluta necessità di questa rivolta, che pure contiene in sè, immediatamente, i germi dell’impotenza. Non sono i nani ad essere dei mostri, ma è l’ambiente (la natura arida ed ostile - l’immagine inquietante dei polli che beccano se stessi - , l’isolamento della “casa di correzione”, la sproporzione tra gli ambienti, gli oggetti ed i nani) che risulta palesemente mostruoso, soverchiante nei loro confronti. Piuttosto che contrapporre il mondo dei nani e dei deformi ai presunti “normali”, tutti insieme nell’ambiente concentrazionario del circo, come ha fatto Browning in Freaks (1932), ad Herzog è bastato mostrare la potenziale violenza di cose, oggetti, feticci da noi già accettati e funzionalizzati.
Sebbene poi la rivolta scandalosamente “surrealista” dei nani si propaghi in un crescendo di trovate, non c’è in effetti una progressione, uno sbocco, un progetto sotteso. Nonostante i loro proponimenti, in nani non riescono nemmeno ad oltrepassare i rigidi confini loro assegnati, finendo per parodiare il potere contro cui era diretta la ribellione.
Tutti i gesti “decisivi”, che farebbero progredire il racconto (la fuga in città), rimangono inattuati. Si ripetono invece la replica irriverente delle regole borghesi, del soddisfacimento delle pulsioni consumistiche e libidinose (la moto, le foto erotiche, la “parodia” del matrimonio).
Brano dal film "Anche i nani hanno cominciato da piccoli"
FATA MORGANA
£
Fata Morgana
(1968-70) - 79 min - VHS (VIDEOGRAM - SAN PAOLO - NUMBER
ONE VIDEO)
Il film raccoglie riprese dal viaggio di Herzog e del suo operatore Reitwein in Africa: novembre 1968 in Kenia ed in Tanzania; maggio-settembre 1969 nel Sahara algerino, Nigeria, Alto Volta, Mali e Costa d'avorio; dicembre 1969 a Lanzarote (Isole Canarie).
Concepito come un film di fantascienza su un pianeta alieno, la Terra, vista nella sua inevitabile decadenza da un epoca in cui umanità e natura erano in armonia.
Nella prima parte "LA CREAZIONE", udiamo, sopra le musiche solenni di Handel e Mozart ed un brano "etnico" dei Blind Faith ("Sea of Joy"), una voce off (nell'edizione originale è quella di Lotte Eisner) che legge brani dal Popol Vuh, libro sacro degli indios Guatemaltechi, scritto nel XVI secolo (ed. it. Einaudi, 1960), nel quale si racconta il mito della creazione come fallimento divino.
All'inizio l'universo naviga in una calma perfetta, solo il cielo ed il mare esistono:
"Quì si narra come un tempo il mondo era immerso nel silenzio, sospeso nell'infinito e vagabondava negli spazi siderali solitario e deserto. [...] C'era soltanto il cielo, la faccia della terra era invisibile. E sotto l'arco del firmamento di stendeva immobile il mare. Non esisteva nulla che assumesse forma, o che si manifestasse con un suono, nulla che si muovesse [..] c'erano soltanto quiete e silenzio oscurità e notte ".
Negli abissi insondabili delle acque dimoravano la creatrice ed il creatore. nei loro piani presero forma l'idea della luce e quella dell'uomo. [...] Essi meditarono di far crescere prima i germogli, gli alberi ed i rampicanti e poi affidare al Dio "Cuore del cielo" la nascita della vita e la creazione dell'umanità.
Che l'acqua si ritiri ad abbia origine la terra; che sia seminata la vita; che sia fatta la luce in cielo ed in terra. Ma non vi saranno splendore e gloria per questa fatica finche non sarà stato modellato l'uomo. e subito per opera delle tre saette si formò la terra. Da prima come una nuvola vaga ma presto si videro sorgere le montagne dalle acque in tutta la loro immensità. Si formarono quindi anche le pianure e le vie dell'acqua furono tracciate con ordine, ai piedi delle montagne ed in mezzo ad esse".
Compare poi la terra: inquadrature aeree o panoramiche su dune, alture, montagne, coste; immagini di miraggi in lontananza. Poi gli dei si riuniscono e decidono di creare la vita: prima la vegetazione e gli animali, ma questi non sanno comunicare, pronunciare il nome dei loro creatori.
"Poi si dovette pensare agli animali delle montagne, custodi delle foreste: il cervo i volatili, il puma, il giaguaro, il serpente, il serpente a sonagli e la vipera.
Perchè deve esserci soltanto deserto, soltanto silenzio sotto gli alberi e le piante rampicanti? Sarebbe più saggio che qualcuno se ne prendesse cura. Tu cervo dormirai lungo i corsi d'acqua nelle gole delle montagne tra l'erba e i cespugli e ti moltiplicherai nelle foreste. Voi uccelli vivrete e nidificherete sulle cime degli alberi e sulle piante rampicanti; quì procreerete e vi moltiplicherete.
Ordinarono al cervo ed agli uccelli: parlate normalmente, impostate bene le vostre voci, non schiamazzate e non urlate senza senso, esprimetevi ordinatamente, ciascuno secondo le caratteristiche della sua specie.
Gli animali però non riuscirono mai a parlare come essere umani. l'onnipotente e Cucumaz dovettero riconoscere che la loro opera era incompleta. " non sanno neanche pronunciare il nome dei loro creatori. ciò non rientra nell'ordine naturale delle cose".
Questa volta sono lunghi carrelli in camera-car, sempre laterali, su villaggi di paglia e fango, su carcasse rinsecchite di animali e su tracce desolanti del lavoro umano (un carretto in mezzo al deserto, la carcassa di un aereo, lo scheletro di una macchina capovolta, visioni in lontananza di ciminiere e pozzi di petrolio) - vedi clip.
Infine vengono modellati l'uomo e la donna. Ma sono fantocci senza ragione ed anch'essi restano muti di fronte ai loro creatori. Allora il diluvio li stermina, gli stessi oggetti si ribellano ai loro effimeri padroni
"la creatrice ed il creatore cercarono allora di costruire nuovi esseri viventi".
"Occorre riprovare. E' giunto il tempo per la semina dell'uomo. Diamo vita ad un essere responsabile, custode della creazione".
"Le carni dell'uomo furono scolpite nel legno di zite . per le carni della donna la creatrice ed il creatore usarono il midollo delle canne palustri".
Compaiono i primi esseri umani: sopratutto immagini di bambini, uno tiene stretta in mano una volpe albina. Un carretto trainato da un cavallo. Una meravigliosa cascata. Grotte abitate:
"Ma anche i nuovi esseri nacquero privi dell'intelletto e della parola e cosi furono distrutti, annegati.
Per causa loro la faccia della terra si oscurò, scesero le tenebre e cadde la pioggia. [...] Gli animali ,piccoli e grandi, si raccolsero in gruppo ma furono respinti dagli alberi e dalle rocce. Tentarono di raggiungere i rifugi tra le montagne ma precipitarono. Tentarono di salire sugli alberi ma gli alberi se li scrollarono di dosso. Tentarono di introdursi nelle caverne ma queste si chiusero davanti a loro.
In tal modo avvenne al seconda distruzione degli esseri creati a sembianza dell'uomo. Questi esseri destinati alla rovina furono cancellati dalla faccia della terra"
Nella seconda parte, "IL PARADISO", rimangono queste tracce di umanità grottesca, più fantastica delle stesse conformazioni del paesaggio, che in qualche modo si esibisce davanti alla macchina da presa. Tra questi un improbabile scienziato ripreso in piani ravvicinati da un obiettivo deformante mentre tiene in braccio l'oggetto delle sue ricerche (un varano) che vive nel deserto e ne racconta le abitudini; un uomo che legge una banale lettera dei genitori; un tizio con occhiali neri tiene una pallina in equilibrio sulla bocca; una giovane insegnante tedesca fa ripetere di continuo ad alcuni bambini neri la frase "la guerra lampo è una follia"; quattro turisti che sbucano da una cavità vulcanica; un uomo con muta, pinne e maschera si immerge in mare con una tartaruga...
Sono tutti personaggi incontrati "per caso" da Herzog nel suo cammino, ma qui in particolare diventano gli ideali sopravvissuti della catastrofe, gli esponenti tragici e grotteschi di un mondo in cui affiora la consapevolezza della perdita originaria dell'armonia e dove si vive ormai in un totale individualismo sena più nemmeno porsi il problema della comunicazione.
Nel terzo "movimento", "L'ETA' DELL'ORO" ogni residua istanza narrativa sembra dissolversi in un caos profondo, segno della completa degradazione finale. La natura è diventata solo un concetto di cui si è perduto il senso. Il leitmotiv è quì l'inquadratura fissa di un infimo complessino formato da un catatonico cantante-batterista in occhiali neri e da una sfatta matrona al pianoforte che eseguono con monotonia una canzone popolare spagnola.
Tematicamente, Fata Morgana è un'elegia malinconica sulla reale presenza dell'uomo nell'esistenza, sul progresso e sulla stupidità umana.
Stilisticamente, questo film è una vera miniera d'oro di idee e tecniche (panoramiche, riprese orizzontali da un auto, riprese aeree radenti su deserti, montagne, terreni vulcanici ecc, l'importanza del commento musicale extra diegetico, il montaggio) che Herzog costantemente riprenderà nei suoi film successivi. Fata Morgana è unanimemente considerato un momento cruciale del cinema di Herzog, oltre ad essere un raro esempio di documentario "metafisico".
PAESE
DEL SILENZIO E DELL'OSCURITA' £
Land des Schweigens und der
Dunkelheit (1970-71) - 85 min
|
Powered by counter.bloke.com
|