La nebbia lo avvolgeva, biancastra, densa,
soffocante come fumo. Sotto di lui un pavimento grigio, liscio, uniforme.
Alzarsi in piedi gli costò una notevole fatica. Si sentiva indolenzito,
esausto. Era nudo, come un animale. Avrebbe voluto coprirsi, ma non c'era
nulla per farlo.
Sentiva delle presenze intorno a lui che lo scrutavano. Una di esse lentamente
uscì dalla nebbia. Era avvolta da un mantello, il cui cappuccio gli
copriva anche il viso. Angel provò sollievo alla sua vista.
"Chi sei? Dove mi trovo? Buffy?"
Qualcosa lo colpì violentemente alla schiena, facendolo cadere in
ginocchio.
Uno specchio era apparso di fronte a Angel, ma in esso si rifletteva solo
la nebbia.
"Tu non esisti. Lei ti ha ucciso, ti ha cancellato dalla sua vita,
dal suo mondo. Ti ha mandato nel luogo a cui appartieni: l'Inferno e qui
nulla esiste, se non il dolore!"
Lei stava leggendo. Non comprendeva il significato delle sue parole,
ma il tono della sua voce aveva il dono di scacciare ogni pensiero dalla
sua mente. Ascoltandola poteva chiudere gli occhi e non pensare a nulla.
Allora veniva il sonno, il riposo, l'oblio a cui anelava con tutto se
stesso.
Silenzio. Si era interrotta. Lui riaprì gli occhi. Lo stava guardando.
Dolore e lacrime nei suoi occhi. Senza saperne il motivo, lui sentì
la sofferenza ritornare, e si strinse le ginocchia a petto, assumendo
la posizione del bambino nel ventre della madre. Stava nascendo di nuovo,
e lei....era sua madre. La sua venuta al mondo però non avrebbe
portato gioia, ma solo dolore......
Finalmente si era addormentato. Era stanca di leggere, ma non osava smettere.
Temeva il silenzio che avrebbe invaso la casa senza il suono della sua
voce. Mentre lei leggeva, inoltre, lui sembrava dormire più tranquillo.
I gemiti e i lamenti, quasi incessanti, che lui emetteva nel sonno la
tormentavano, ma quando era sveglio era anche peggio. Non riusciva a sostenere
il suo sguardo vuoto, animalesco, colmo solo di puro terrore e dolore.
A volte era tentata di rinunciare. Di abbandonarlo al suo destino. Non
poteva essere lui l'uomo dolce, intelligente e sensibile che aveva amato.
Il suo Angel era morto. Lei l'aveva ucciso. Quell'essere non era altro
che un guscio vuoto, privo di ogni traccia di umanità e coscienza.
Qualcosa però dentro di lei glielo impediva. Qualunque cosa le
dicesse la ragione non poteva lasciarlo ora. Sarebbe stato come ucciderlo
una seconda volta. In quel corpo doveva ancora vivere una parte di lui,
del suo essere, e lei l'avrebbe trovata, a qualsiasi costo.
Era stata lei la causa di tutto! Questo non poteva dimenticarlo! Certo....non
aveva avuto scelta, doveva salvare il mondo, ma....al suo cuore non importava
nulla del mondo! Solo lui aveva importanza e lui aveva bisogno di lei,
ora più che mai.
La nebbia intorno a lui iniziò a addensarsi, fino a prendere forma
umana. Spike! Ovviamente non poteva essere lui, ma...
"Hai ragione. Non sono proprio Spike. Sono uno spirito o un demone,
se preferisci, ma questa forma mi piace e mi sembra consona alla situazione.
Certo che sembri ridotto proprio male. Sembri veramente...un animale.
Senza vestiti, debole, incapace perfino di parlare. Perchè non
sai parlare, non è vero?"
Angel, disteso a terra, aprì la bocca e scoprì con sorpresa
di essere in grado di articolare solo suoni insensati. Il panico lo sommerse.
Provò l'impulso di alzarsi e colpire l'essere che aveva di fronte,
ma neppure il suo corpo rispondeva al suo volere. L'unica cosa che riuscì
a fare fu emettere un ululato straziante che si perse nel silenzio.
"Sì, effettivamente non sei altro che un animale. Anzi, non
sei neppure un animale. Anche lei te lo ha detto una volta, ricordi? Quando
era ancora una dolce ragazzina casta e pura. Era talmente innocente che
ti ha permesso di....amarla! Probabilmente ora però è rinsavita
e si sveglia di notte con i conati di vomito all'idea di essere stata
accarezzata dalle tue mani sporche di sangue, di aver baciato la stessa
bocca che ha morso e succhiato il sangue di tanti innocenti. Sì,
certamente ora fai parte dei suoi incubi! Compari nei suoi sogni e lei
si sveglia urlando. Povera piccola! Chissà cosa penseranno i suoi
amici di lei. In pratica si è accoppiata con un animale, anzi con
una bestia immonda partorita dall'Inferno! E' incredibile che non sia
impazzita alla sola idea, o forse è un peccato. Probabilmente lei
avrebbe preferito impazzire piuttosto che vivere ricordando!"
Angel rimase a terra, incapace di qualsiasi movimento. Non poteva fare
nulla. Neppure piangere. Poteva solo ricordare..... e soffrire.
La presenza fece un passo verso Spike. Lo spirito, con un cenno di saluto,
sparì nella nebbia.
Lui era disteso a terra e lei lo stava toccando. Gli accarezzava i capelli.
Non gli faceva male. La sua mano era leggera. Ora gli sfiorava il collo
e le spalle. C'era calore nei suoi gesti, un calore che aveva dimenticato.
Senza staccare il capo da terra, lentamente, iniziò a strisciare
verso di lei. Voleva esserle più vicino, sentire il tepore del
suo corpo contro il proprio, ma non osava. Aveva paura che lei smettesse,
lo lasciasse, si allontanasse ancora da lui, lasciando solo.
Con la fronte gli sfiorò un ginocchio e si fermò, timoroso
che lei si ritraesse. Lei infatti smise di accarezzarlo e lui provò
il desiderio di piangere per la perdita del suo dolce tocco. Sarebbe dovuto
stare immobile, non pretendere troppo dal destino che già era stato
così generoso con lui. Il sollievo lo pervase quando sentì
di nuovo le sue mani stringergli il capo, sollevarlo per porlo delicatamente
sul suo grembo. Sospirò piano e cercò di combattere il sonno.
Non voleva perdere neppure uno di quei preziosi istanti.
I primi giorni erano stati i più difficili, ora era incredibile
quanto fosse facile illudersi che non fosse successo nulla. Lui era fra
le sue braccia, come lo era stato tante volte in passato. Era rilassato,
tranquillo. Si fidava di lei. Anche quella notte le aveva creduto e aveva
chiuso gli occhi....e lei lo aveva mandato all'Inferno.
Buffy strinse le labbra per non piangere. A lui non piaceva vederla piangere.
Diventava ancora più cupo e si richiudeva in se stesso, come se
la sofferenza di lei accrescesse la sua. Questo neppure l'inferno era
riuscito a cambiarlo. Un sorriso triste le si disegnò sulle labbra.
Non sapeva esattamente quello che avrebbe dovuto fare per lui perciò
agiva per istinto.
Non era sempre facile. A volte lui sembrava avere timore di lei, altre
volte era lei ad aver paura. Un suono improvviso, un gesto troppo brusco
scatenavano reazioni violente. Solo lei riusciva allora a calmarlo, anche
se a volte doveva usare la forza.
Dopo la sua morte avrebbe dato qualsiasi cosa per averlo ancora con sè,
ma ora si chiedeva se era ancora così. Che cosa avrebbe fatto se
lui non fosse mai tornato in sè? Avrebbe continuato ad accudirlo,
notte dopo notte, prolungando le sue sofferenze e le proprie? Fino a quando
sarebbe riuscita a nasconderlo al mondo? Giles e gli altri che cosa gli
avrebbero fatto se l'avessero trovato ora, mentre era in questo stato?
Sicuramente l'avrebbero definito un'animale, una belva pericolosa e avrebbero
cercato di ucciderlo, ma lei....non glielo avrebbe permesso. Di questo
era certa. E allora....non voleva pensarci! Era inutile. Doveva solo sperare
e....continuare ad amarlo, come aveva sempre fatto. Non poteva dare nulla
di diverso. Lui era....Angel.
Lo spirito con le sembianze di Drusilla si voltò e guardò
con odio la presenza, che non si mosse.
"Vattene!" gli intimò con forza.
"No!"
"Non dovresti essere qui."
"Non è tuo compito stabilirlo." Rispose l'entità
con voce pacata.
Drusilla scosse le spalle e si rivolse all'uomo accasciato ai suoi piedi.
Con forza gli afferrò i capelli e gli sollevò il capo, per
osservarlo in volto.
"Un tempo mi hai tolto tutto quello che avevo: la mia casa, la mia
famiglia, la mia vita. Ora sei tu a non avere più nulla! Sei solo,
non hai vestiti e neppure un nome. C'è ancora qualcosa però
che posso toglierti. Ricordi la tua vita? I tuoi libri, il vento fra i
capelli mentre cammini nella notte, le sue mani strette fra le tue, la
sua risata allegra nel silenzio del cimitero, il suo sorriso, la sua voce
dolce che ti parla d'amore? Presto non ricorderai più nulla! Mi
hai condotto alla pazzia, ora io ti condurrò all'oblio!"
La presenza restò a guardare in silenzio mentre gli occhi della
creatura perdevano ogni consapevolezza e dalla sua bocca scaturiva un
gemito di atroce dolore.
Il suo profumo e....odore di sangue. Angel spalancò gli occhi
terrorizzato.
Lei era china su di lui. Gli stava offrendo del cibo.
I lineamenti di lui si rilassarono. Allungò avidamente una mano
e afferrò la tazza. Rapidamente la svuotò del suo contenuto.
Aveva fame.
Lei gli asciugò le labbra con un tovagliolo. Con delicatezza gli
accarezzò il viso. Lui fissava la tazza vuota. Aveva ancora fame.
Angel sembrava essere migliorati. Certo i cambiamenti non erano evidenti,
ma lei ogni notte che passava percepiva un cambiamento in lui. Non parlava
ancora. A parte il suo nome non aveva pronunciato altre parole da quando
era tornato, ma i suoi gesti sembravano più controllati, coscienti
e il suo sguardo non era più vuoto come lo era stato nei primi
giorni.
Lei gli parlava. Non sapeva neppure esattamente lei quello che gli diceva.
Era solo un modo come un altro per stabilire un contatto con lui, per
rassicurare, innanzi tutto se stessa, che tutto quello che stava facendo
non era inutile. Lui era veramente tornato. Non solo il suo corpo, ma
anche il suo spirito, la sua mente. Aveva solo bisogno di tempo.
La sua vita continuava. C'era la scuola, la caccia, gli amici e Scott.
Aveva lottato per ricostruirsi un'esistenza, quando la sua esistenza era
precipitata nel caos, e ora ... si sentiva divisa fra due pianeti distanti
anni luce. Viveva le sue giornate in un mondo di luce, programmi per il
futuro, speranze, normalità. Quando però calava il sole
nn c'era il conforto della sua casa e del sonno ad accoglierla, ma un
mondo di dolore e tenebra dal quale non vedeva via di uscita.
Presto avrebbe dovuto scegliere. Lo sapeva, ma ignorava ancora quale sarebbe
stata la sua scelta.
La logica le diceva che appena Angel fosse stato di nuovo in grado di
badare a se stesso sarebbe di nuovo stata libera. Il suo debito sarebbe
stato pagato. Lui avrebbe avuto di nuovo la vita che lei gli aveva tolto
e quindi lei avrebbe potuto....andare per la propria strada, magari con
Scott? Non vedere mai più il suo sorriso? Non sentire mai più
il suo passo rassicurante dietro di lei nei vicoli bui? Non stringere
mai più fra le proprie le sue grandi mani? Non udire mai più
il suono della sua voce?
Voleva che lui guarisse, che tornasse quello di sempre, ma temeva anche
quel momento. Non era più una ragazzina. Era una donna e questa
volta avrebbe seguito il suo cervello, non il suo cuore, ma .....sarebbe
stato difficile, molto difficile. Lo doveva a se stessa, al Signor Giles,
ai suoi amici, a sua madre e soprattutto alla Signorina Calender e ad
Angel. A tutti coloro che avevano pagato il prezzo della sua incoscienza.
Questa volta si sarebbe comportata in modo diverso. Aveva imparato, ma...guardò
Angel e provò l'impulso di stringersi a lui per restare per sempre
fra le sue braccia. Lui però guardava la tazza. Aveva ancora fame.
Con un sospiro si alzò per andare a prendere in cucina altro sangue.
Non si era mai resa conto in passato di quanto ne consumasse. Lui non
si era mai nutrito di fronte a lei. Ora probabilmente ne aveva particolarmente
bisogno per recuperare le forze.
Il sangue aveva cessato di uscire dalle ferite. Presto sarebbe guarito
e loro avrebbero ricominciato. Non poteva vederli, udire il loro movimenti,
le loro voci. Eppure erano intorno a lui....sempre. Tormentavano il suo
corpo, laceravano la carne, spezzavano le ossa, strappavano le unghie
fino a quando lui non sentiva più nulla. Non gli era concesso rifugiarsi
nell'incoscienza, ma oltre un certo limite il dolore diventata uniforme,
costante al punto che i suoi sensi non riuscivano più a recepirlo.
Allora si fermavano e aspettavano che le ferite si chiudessero, le ossa
di rinsaldassero, le unghie crescessero di nuovo. Sapevano che il suo
corpo si sarebbe presto rigenerato dando loro una nuova opportunità
per distruggerlo.
Era nella stanza da bagno. Lei aveva riempito la vasca e poi lo aveva
lasciato solo. Lui era rimasto immobile, in piedi, in mezzo alla stanza.
Il tempo passava, ma per lui non aveva importanza: il tempo aveva cessato
ormai di esistere.
Colpi contro la porta. Lei stava entrando di nuovo. Era passata un'ora
e lui era dove lo aveva lasciato.
Con un sospiro di impazienza le sue piccole mani gli avevano tolto i vestiti.
Lui non si era opposto. Il suo tocco era gentile, anche mentre lo conduceva
alla vasca. Lui si distese nell'acqua ormai fredda. Neppure questo aveva
importanza. Non poteva sentire il freddo. Lei aprì comunque il
rubinetto dell'acqua calda. Insaponò una spugna e gliela porse.
Lui la prese fra le dita, incerto, indeciso su che cosa farne. Lei allora
si inginocchiò a fianco della vasca e pose una mano sulla sua per
guidarla.
Dopo avergli insaponato il collo e il petto, si rialzò per lasciare
la stanza, dopo avergli messo la spugna fra le mani e dato un'ultima occhiata
di incoraggiamento. Lui lentamente terminò di lavarsi.
Le piaceva occuparsi di lui. Angel era stato molto riservato in passato
sugli aspetti più privati della sua vita. Ora dipendeva completamente
da lei.
In quelle notti aveva imparato tante piccole cose di lui che per anni
aveva ignorato. Beveva il sangue riscaldato, come Spike, ma a differenza
del biondo vampiro, lo assumeva in piccoli sorsi, se non aveva troppa
fame, come se il nutrirsi fosse un rito più che una necessità.
Quando era morto la prima volta doveva avere la barba e i capelli lunghi
perchè, anche se lentamente, entrambi tendevano a crescere. Sperava
che lui fosse abbastanza guarito da provvedere da solo, quando fosse stato
necessario tagliarli, perchè lei non avrebbe proprio saputo farlo.
Chissà come faceva senza specchi?
Nel suo guardaroba aveva solo trovato i vestiti che aveva indossato Angelus.
Per fortuna, gettati in un cassettone, aveva scoperto i suoi vecchi vestiti.
Non erano molti. Magliette bianche, pantaloni scuri e tute sportive soprattutto.
Angel era una persona ordinata. Alcune delle magliette erano ancora accuratamente
piegate. Sul fondo c'era il cappotto nero, che lei adorava. Lo aveva portato
al viso e aveva pianto come da molto non le accadeva più di fare.
Il bagno era ordinato. Evidentemente Spike e Drusilla avevano le loro
stanze e il loro bagno, in cui lei non era mai entrata e non aveva intenzione
di entrare. Nel mobiletto c'erano diverse bottiglie di profumi maschili
e dopobarba. Senza esitare li aveva gettati. Non appartenevano ad Angel.
Su di lui non aveva mai sentito nessun profumo che non fosse quello di
sapone.
Sopra il lavandino, sul muro, c'erano ancora le tracce dello specchio,
che doveva essere stato rimosso. Non doveva essere piacevole ogni giorno
osservare il vuoto al posto della propria immagine riflessa.
Quello spazio assurdamente vuoto dava un aspetto strano alla stanza, incompleto.
Angelus aveva tolto lo specchio, ma questo non era bastato a sconfiggere
la realtà. Lei avrebbe potuto escludere Angel dalla sua vita, ma
probabilmente sarebbe stato altrettanto inutile. Sarebbe comunque rimasto
uno spazio vuoto che nulla e nessuno avrebbe potuto colmare.
Era steso a terra. C'erano mani su tutto il suo corpo, anonime, estranee,
che non poteva vedere, ma che toccavano, accarezzavano, torcevano la carne,
graffiavano. Esploravano ogni parte di lui, indagatrici, a tratti violente,
a tratti gentili, come se lui non fosse altro che un oggetto curioso.
Avrebbe voluto ribellarsi, sottrarsi al loro tocco, ma poteva solo giacere
inerte, privo di qualsiasi volontà.
Il dolore lo faceva contorcere sul pavimento, ma il vero tormento era
il piacere. I suoi sensi reagivano a quelle carezze lascive, e lui non
riusciva a opporsi. Iniziava a gemere, come un animale in calore, cercando
disperatamente di trovare quell'appagamento, che sempre gli era negato,
mentre l'umiliazione sommergeva la sua coscienza.
La presenza osservava immobile.
Indumenti. Lei glieli stava porgendo. Con un gesto impacciato lui li
prese, evitando di sfiorarle le dita. La stoffa era morbida, aveva un
buon profumo di sapone. Restò immobile. Non era sicuro di quello
che avrebbe dovuto farne. Aveva paura di sbagliare.
Lei lo stava guardando, ma lui non provava vergogna per la sua nudità.
Solo timore di non fare la cosa giusta, di indurla ad andarsene, fuggire
da lui e da quello che era. Nello sguardo di lei però non c'era
disprezzo e neppure condanna. Solo un'infinita tristezza.
Non sapeva se era triste per lui oppure per se stessa. Forse per entrambi.
Quando lo aveva ucciso, in realtà aveva ucciso il loro amore. Nulla
sarebbe più stato come prima.
Lei sapeva che avrebbe dovuto lasciarlo e lui...probabilmente quando fosse
rinsavito e avesse ricordato le sue prime parole sarebbero state di odio
per lei, per quello che gli aveva fatto.
Buffy avrebbe voluto fermare il tempo, se non poteva farlo tornare in
dietro. Restare per sempre in quella casa, a occuparsi di lui, senza ricordi,
responsabilità, doveri. Il mondo esterno però premeva. Gli
altri prima o poi avrebbero saputo. Lui avrebbe ricordato e allora.....
La voce della presenza era ovattata, ma chiara.
"Chi sei?"
"Nessuno"
"Come ti chiami?"
"Non ho un nome"
"Sai dove sei?"
"In nessun luogo. Io non esisto."
"Soffri?"
"Il dolore non esiste."
"Che cosa esiste?" chiese la presenza, scoprendosi lentamente
il volto.
"Buffy...."
E' quasi notte. Lui aspetta. Sa che presto lei arriverà. Questa
notte parlerà con lei I ricordi sono ancora vaghi e confusi, ma
ha la certezza che il dolore che ha letto per tutti quei giorni nei suoi
occhi è una sua colpa. Vuole chiedere perdono, anche se non ha
ancora trovato le parole giuste per farlo. Ha bisogno di lei. Ha paura.
Non vuole perderla. Se lei non dovesse più tornare...lei è
tutto il suo universo, la sola ragione della sua esistenza. Lei non può
lasciarlo solo. L'ha seguito perfino all'Inferno, soffrendo con lui, perchè
è una parte di lui, la parte più importante. Loro due sono
legati....per l'eternità.
Questa NON è la FINE, non può esserlo, perché l'amore
di Buffy e Angel è "forever, this is the whole point".
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