" Mi ha morso un cucciolo arrabbiato."
mormorò Buffy, in tono evasivo, continuando a camminare al fianco
di Parker.
Un sorriso triste le sfiorò le labbra, al pensiero del suo cucciolo:
Angel
..chissà dov'era in quel momento? A che cosa stava
pensando? A lei, al loro passato
.o forse al suo futuro, un futuro
di cui lei non faceva più parte!
Il suono della voce di Parker riportò Buffy alla realtà, alla
nuova vita che aveva davanti. L'università, la vita fuori casa, i
nuovi incontri,
. forse, se si fosse concentrata abbastanza su quello
che la circondava, il dolore, con il tempo, sarebbe diventato meno intenso,
meno lacerante. Quel senso di vuoto che provava in fondo all'anima, si sarebbe
colmato e, anche se in quel momento non le sembrava possibile, presto o
tardi, avrebbe di nuovo saputo che cosa significava essere felice
in
un mondo senza Angel.
Parker continuava a parlarle e lei cercò di escludere dalla mente
ogni altro pensiero.
Era importante, per Buffy, riuscire a conquistare quel ragazzo che appena
conosceva.
Era da molto tempo che non cercava più di essere apprezzata da qualcuno.
Angel era il solo uomo che avesse voluto, da sempre, e non aveva mai dovuto
lottare per avere il suo interesse: lui era stato suo fin dal loro primo
incontro. Le erano occorsi anni per comprenderlo, e quando finalmente si
era sentita sicura del suo amore, lui l'aveva lasciata.
Buffy si sentiva strana, non a suo agio. Il fatto di avere vicino qualcuno
a cui dover dimostrare quello che era e di cui era capace era inconsueto
per lei.
Voleva impressionare favorevolmente Parker e quindi doveva convincerlo che
lei era una ragazza simpatica, ma anche intelligente, che fa sempre la cosa
giusta, dà immancabilmente la risposta corretta, sorride, ma non
troppo, e soprattutto ha sempre il trucco e i capelli in ordine e veste
secondo i dettami della moda. Insomma voleva e doveva essere perfetta per
Parker. Buffy sapeva quando le sarebbe costato un altro fallimento dopo
che Angel
. l'aveva lasciata.
Forse se fosse stata perfetta anche con lui, Angel sarebbe rimasto, a dispetto
delle sue convinzioni, di quello che pensavano gli altri, e a dispetto,
soprattutto, della maledizione.
Buffy fu assalita dal dubbio che questo avesse allontanato il suo amore
da lei. Lui aveva rinunciato al loro amore perché lei non era stata
all'altezza, non l'aveva amato abbastanza, non era stata
.tutto quello
che non sapeva essere.
No, non poteva essere così. Angel non era Parker, o un qualsiasi
altro ragazzo. Angel
infinite volte l'aveva vista sconvolta, con i
vestiti sporchi, i capelli scarmigliati e il trucco ridotto a una maschera
informe per essere appena uscita da uno scontro, magari nelle fogne. L'espressione
di assoluta adorazione dei suoi occhi non era però mai cambiata.
Quando Angel e il Signor Giles discutevano, il sopracciglio destro di Angel
s'inarcava spesso, in un'espressione ironicamente affettuosa, quando lei
interveniva a sproposito, dimostrando di non aver assolutamente capito il
complesso argomento in discussione. Quando però lei chiedeva spiegazioni
lui riusciva sempre a trovare le parole giuste per spiegarle ogni cosa,
facendola sentire, allo stesso tempo, orgogliosa di essere quella che era.
Lui ascoltava avidamente, come se lo ritenesse un privilegio, con un sorriso
dolcissimo sulle labbra, che parlava di infinito affetto e assoluta comprensione,
le sue confidenze sui grandi drammi che angustiavano la sua adolescenza,
drammi che, passati gli anni, apparivano ridicoli persino a lei stessa.
Infine, quando Buffy correva da lui, in preda all'ansia e la paura, quando
si sentiva sola e indifesa, di fronte ad un mondo ostile e terribile, fatto
di mostri e di buio, trovava sempre il suo tenero abbraccio ad accoglierla,
e le sue labbra morbide, pronte a cancellare con baci, prima teneri, poi
sempre più ardenti, ogni ombra che oscurasse la sua anima.
Per Angel non aveva mai dovuto essere perfetta. A lui non aveva mai dovuto
dimostrare nulla, e soprattutto, con lui non aveva mai veramente commesso
errori. Non poteva commetterne: lei era Buffy e lui l'amava.
Ma Angel non c'era più nella sua vita e lei voleva quel ragazzo,
Parker, che sembrava così
normale.
Forse non voleva proprio Parker, ma sicuramente voleva un ragazzo, per dimostrare
a se stessa e al mondo che anche lei si meritava di essere amata da qualcuno,
qualcuno che le restasse vicino, che non fuggisse dal suo amore.
Parker non l'amava. Non la conosceva neppure, ma era lì con lei,
e con il tempo, se lei fosse stata abbastanza
tutto
. l'avrebbe
amata. Il tempo
il tempo che Angel non le aveva concesso. Lui le aveva
negato il tempo necessario per capirlo, crescere vicino a lui, e soprattutto,
imparare a convivere con i problemi che facevano parte della natura di entrambi.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per avere avuto il tempo per amarlo! Angel invece
era scomparso nella nebbia, lasciandola sola in un mondo di estranei.
Lungo la strada camminavano altre coppie sorridenti, a volte abbracciate.
Un ragazzo e una ragazza che camminano lungo una strada, come tanti, per
andare a divertirsi, passare qualche ora insieme, sereni, senza angosce
e problemi.
La conversazione procedeva i modo tranquillo, rilassato e in alcuni momenti
perfino divertente.
Con Parker, Buffy sapeva che non doveva pensare troppo per rispondere a
una domanda, né doveva scrutare il suo viso alla ricerca di risposte
che le labbra non avrebbero mai pronunciato.
Quando Buffy taceva, non era un problema, lui continuava a parlare, senza
neppure accorgersi del suo silenzio. Parker parlava molto, ma non diceva
nulla che toccasse la sua anima. Ogni parola che Angel le aveva detto era
rimasta impressa nella sua mente perché portava con se una grande
gioia o un grande dolore.
Spesso le labbra di Buffy restavano chiuse, ma non paralizzate dall'intensità
di emozioni e pensieri che invadevano la sua mente, come tanto spesso le
era accaduto in passato. A tenerle serrate era la consapevolezza che, se
avesse parlato, parlato veramente, erano troppe le cose che avrebbe dovuto
urlare al mondo, ma che il mondo non avrebbe capito.
Forse avrebbe dovuto spiegare, all'allegro ragazzo, che ora le aveva posato
un braccio intorno alle spalle, del morso, dell'amore che l'aveva spinta
ad affidare la sua vita ad un vampiro, del dolore che l'aveva sommersa,
quando aveva sentito i denti affondare nella sua carne, e dell'estasi che
aveva provato sentendo il proprio sangue colmare la sua bocca, placando
così la sua bramosia. Lui voleva la sua vita, la bramava, voleva
sentirne il sapore, il calore e lei gliela aveva donata.
Non era stata una decisione facile. Buffy amava la vita, più di ogni
altra cosa, ma non più di Angel. Dopo aver colpito Faith, percorrendo
la strada, che portava alla casa del vampiro, si era resa conto, con assoluta
certezza, di non poter affrontare un mondo privo di lui, della sua voce,
del suo sorriso, e non aveva avuto più dubbi. Doveva rischiare, fidarsi,
avere fiducia nella forza del suo amore per lei, nel suo desiderio di proteggerla
da ogni male. Doveva credere nella sua capacità di recuperare il
controllo, di imbrigliare l'avidità di sangue del demone, prima che
fosse troppo tardi.
Lui, senza ascoltarla, aveva deciso di privarla della sua presenza, del
suo amore, lasciando Sunnydale. Questa volta sarebbe stata lei a decidere,
da sola, senza tenere conto della sua volontà. Non poteva impedirgli
di andarsene, ma poteva impedirgli di morire!
Ancora una volta, per lui, avrebbe sovvertito ogni regola.
Lui non l'avrebbe cacciata, sedotta, annullato la sua volontà. Anzi,
si sarebbe opposto, con tutte le poche energie che ormai gli restavano.
Per la prima volta però, in tutta la storia dell'umanità,
non sarebbe stata la volontà del vampiro a vincere, ma quella della
vittima.
Quando era venuto il momento non aveva avuto paura. Lo aveva visto trasformarsi
sotto il suo sguardo, in un attimo: i denti diventare fauci, gli occhi perdere
ogni umanità, gli adorabili lineamenti sfigurarsi e nella forza con
cui l'avevano stretta le sue mani aveva riconosciuto la presa della belva
sulla sua vittima e non il tocco di un amante. Eppure non l'aveva temuto.
Lui era ancora lì, di fronte a lei. La sua anima questa volta non
l'aveva abbandonato. Era momentaneamente assopita, sconfitta dalla rabbia,
che lei stessa aveva suscitato, e dalla debolezza del corpo, ma esisteva
ancora in qualche angolo nascosto di quell'essere terribile. Esisteva e
l'avrebbe protetta, come aveva sempre fatto. Qualunque cosa fosse accaduta
di questo lei era certa: lui avrebbe continuato ad amarla.
Come avrebbe potuto descrivere a Parker che cosa aveva provato sentendo
il proprio sangue fluire, lentamente, aspirato con avidità dall'essere
che la stringeva fra le braccia, sostenendola, come se lei non fosse altro
che un fantoccio di stracci. Un fantoccio ormai senza volontà, conscio
soltanto dell'intenso piacere che sta donando all'altro.
Due corpi stretti, contratti nell'estasi. In quel momento si erano appartenuti,
in modo totale e assoluto.
Durante la loro prima, e unica, notte insieme, i loro corpi si erano uniti
e per pochi, stupendi istanti, erano stati un essere solo. Il sangue che
scorreva ora dalle vene di lei, alla bocca di lui, stava creando un nuovo
vincolo, altrettanto forte. Lui stava saziando una sua sete profonda, istintiva,
strettamente connessa all'essenza del suo essere, ed era lei, e nessun altro,
che con il suo sangue placava ogni suo bisogno, fino a quando l'appagamento
non li avesse raggiunti.
Parker non avrebbe mai compreso il senso di pace e completezza che infine
l'aveva colta: tutto si era compiuto, era finita. In quell'attimo erano
scomparsi timori e incertezze. Esisteva solo un'intensa sensazione di pace.
La sua mente era ormai oltre il dolore e oltre il piacere. Aveva valicato
il confine: c'era solo il buio, il buio della morte.
Nel buio di Buffy era però comparsa una luce, debole e tremolante,
all'inizio, ma poi sempre più forte.
Una voce la chiamava, con insistenza, alla vita, alla sofferenza, alla lotta.
Una voce a cui non era mai riuscita a negare nulla. Una voce che aveva amato
più della sua stessa vita, la sola capace di sottrarla alla serena
tranquillità che le assicurava la morte.
Per quella voce aveva abbandonato l'abbraccio dolce del nulla che ormai
l'avvolgeva. Per quella voce aveva riaperto gli occhi nell'anonima camera
dell'ospedale. Per quella voce ora camminava con Parker lungo la strada,
quella voce che non avrebbe mai più riascoltato!
Parker le stava sorridendo. Buffy non sapeva esattamente che cosa avesse
divertito il compagno, ma non aveva molta importanza, e sorrise anche lei.
Buffy si sentiva sommersa dalle ombre sconosciute che la circondavano
e un brivido le attraversò il corpo. Non c'era un motivo preciso,
ma la stanza, illuminata dalle luci del campus che filtravano dalla finestra,
le appariva ostile e estranea. Il suo senso dell'ironia si risvegliò
per irriderla: una Cacciatrice che ha paura del buio è come un'onda
del mare che ha paura di infrangersi sulla spiaggia.
L'unico rumore che percepiva era il respiro tranquillo dell'uomo che dormiva
al suo fianco.
Aveva fatto l'amore, e l'aveva fatto con qualcuno che non era Angel. Era
stata una sua scelta, chiara, inequivocabile eppure si sentiva vuota,
stanca, incapace di pensare. Avrebbe voluto chiudere gli occhi e dormire,
dormire fino al mattino, quando il dolore si sarebbe fatto più
sopportabile, ma era perfettamente sveglia e soffriva.
Era stato proprio per cancellare quella sofferenza, che alla fine aveva
deciso.
Voleva dimenticare eppure il ricordo non era mai stato così forte
e intenso, quasi reale. Le grandi, forti mani che la accarezzavano dolcemente,
esplorando il suo corpo con riverenza, ma anche impazienza a stento contenuta.
La bocca umida e fresca sul suo seno proteso alla ricerca di nuove carezze.
Il corpo solido e vigoroso premuto contro il suo, teso nel desiderio di
darle piacere.
Più di ogni altra cosa desiderava cancellare dalla mente quell'attimo
in cui lui era stato finalmente parte di lei, non più solo, in
un mondo oscuro, ma nella luce del suo amore per lui. Quell'attimo in
cui ogni limite e confine fra loro erano caduti, e lui era penetrato nel
suo ventre, come nella sua anima. Era stato facile, semplice, naturale:
lui era finalmente dove avrebbe dovuto essere, da sempre, con lei, dentro
di lei, parte del suo corpo come di ogni altra parte del suo essere. Lei
era il luogo dove avrebbe trovato finalmente la pace. Lei era la sua luce,
la sua casa, la sua vita.
Una breve resistenza, un lieve disagio, cancellato dal tenero tocco delle
labbra di lui sulle sue. Il sapore inconfondibile della sua bocca, il
suo sguardo, che sembrava chiederle perdono, per quell'unico istante di
sofferenza, che lei aveva dovuto patire, in cambio dell'abisso di piacere
in cui lui l'aveva condotta.
Ora sentiva di odiare il proprio corpo, lo stesso corpo che quella notte
lui aveva tanto amato, perché l'aveva tradita. Aveva accettato
le carezze di Parker e i suoi baci. Gli ormoni avevano fatto il loro lavoro,
e lei aveva provato piacere e ne aveva dato. Era però stato un
piacere che il suo corpo non aveva condiviso con la sua anima. Un piacere
effimero, che ti lascia dentro un vuoto ancora più grande di quello
che avevi cercato di colmare.
Sentiva ancora su di sé le tracce di quel piacere, il suo piacere,
mischiato a quello di lui, un estraneo, e ne provava ribrezzo.
Chi era quell'uomo che dormiva serenamente al suo fianco come nulla fosse
accaduto? Qualcuno che non conosceva e che non la conosceva.
Angel non aveva mai parlato volentieri di sé, ma lei con il tempo,
aveva imparato a distinguere ogni sfumatura della sua voce, ogni suo sguardo,
ogni piega che assumevano le sue labbra per esprimere i sentimenti più
diversi.
Durante i loro primi incontri le loro labbra si erano appena sfiorate,
come timorose di chiedere troppo. Solo con il tempo avevano concesso ai
loro corpi più libertà di esprimere tutto l'amore e la passione
che provavano, o almeno così lei credeva allora.
Solo molto più tardi, dopo il suo diciassettesimo compleanno, lei
si era resa conto del dono che lui le aveva fatto, del prezzo che aveva
pagato per proteggerla, per darle quella notte di felicità.
Per due lunghi anni lui aveva controllato i suoi istinti, moderato il
proprio desiderio per non cedere alla tentazione di rubarle, quello che
lei sicuramente gli avrebbe concesso, se solo lui lo avesse chiesto.
Prima non ne era stata consapevole. Non sapeva, ma dopo quella notte aveva
compreso.
Sola nel suo letto la sera, il corpo percorso da un desiderio che sarebbe
rimasto inappagato, o vicino a lui, ma senza avere la possibilità
di toccarlo, stringerlo, amarlo come avrebbe voluto, infinite volte aveva
ripensato al passato. Rivedeva chiaramente la sua alta figura, che si
piegava su di lei, per carpirle un ultimo bacio, nella strada deserta,
prima di lasciarla, per tornare nel buio della notte, nel suo appartamento
vuoto, con solo qualche bacio e qualche carezza da ricordare, fino al
loro prossimo incontro. Quanto doveva essere stato difficile per lui,
eppure
l'aveva amata, con tenerezza e infinita pazienza per tutti
quegli anni senza mai una domanda, una richiesta, una pretesa.
L'aveva amata in silenzio, senza osare neppure dare voce ai suoi sentimenti,
nel timore di farla soffrire, di pretendere l'impossibile, di chiedere
al destino quello che non meritava di avere.
Aveva fatto tutto questo per lei, per amore suo! Aveva sacrificato ogni
suo istinto, ogni suo desiderio d'amore, pur di non privarla di quello
che avrebbe dovuto essere un momento perfetto, come alla fine era stato.
Un istante di completa felicità che lui non pensava di meritare,
e che aveva pagato con la sua anima.
Buffy si alzò dal letto e indossò la maglietta, che Parker
le aveva tolto la sera prima. Non resisteva più. Aveva bisogno
di lavare via dal suo corpo ogni traccia di quello che era accaduto quella
notte, nella speranza che, anche la sua mente, riuscisse così a
trovare sollievo.
Entrò nel piccolo bagno e aprì il rubinetto della doccia.
Quando il getto le colpì la pelle sussultò: l'acqua era
troppo fredda, ma non aveva importanza. Resto immobile sotto l'acqua che
le scorreva lungo il corpo, per parecchi minuti, gli occhi chiusi, il
capo appoggiato alle piastrelle. Poi lentamente iniziò ad insaponarsi.
La carezza della schiuma contro la pelle le diede una sensazione di benessere.
Insaponandosi il collo, con le dita incontrò la cicatrice, che
lui le aveva lasciato e la sua mano si fermò.
Nell'altra stanza c'era un uomo che dormiva, forse sognava, ma lei non
conosceva i suoi sogni. Era uno sconosciuto con il quale aveva condiviso
il letto e il corpo, ma null'altro.
Lacrime le sgorgarono dagli occhi e iniziarono a scenderle lungo il viso
mescolate all'acqua.
Una sensazione freddo la invase, e iniziò a tremare. Quello era
il suo nuovo mondo, un mondo di esseri sconosciuti a cui non importava
nulla di lei, un mondo di persone che possono fare l'amore con te sapendo
appena il tuo nome, un mondo senza passioni, un mondo senza Angel.
Proprio quando le lacrime stavano per trasformarsi in singhiozzi dietro
le sue palpebre serrate si formò ultima immagine: il volto di Angel,
i suoi occhi, che la guardavano, implorando il suo perdono per quello
che lei lo aveva costretto a fare. Parole che non aveva mai avuto il coraggio
di dirgli le affiorarono alle labbra, ma ormai era troppo tardi
per
tutto.
Non poteva più accarezzargli il viso e mormoragli che non c'era
nulla da perdonare, sollevando così la sua anima, su cui pesavano
già ben altri crimini, da almeno quel rimorso. Lui sapeva quello
che lei aveva provato, avendolo sperimentato lui stesso con Darla, e proprio
questo era il suo tormento: sapeva di averle fatto provare l'abisso oscuro
del piacere del legame che si crea con il sangue, privandola così
di un altro frammento della sua innocenza. Lo sapeva e non se lo sarebbe
mai perdonato. Lei però, anche se non era mai riuscita a confidarglielo,
gli era stata grata per quell'esperienza che le aveva aperto i confini
di un mondo terribile, ma anche reale, soprattutto per la Cacciatrice.
Senza quell'esperienza avrebbe continuato a negare l'esistenza della parte
tenebrosa della sua anima fino al giorno in cui, un altro vampiro, le
sarebbe giunto abbastanza vicino da mostrargliela, senza pietà,
senza dolore, senza rimorso. Quel giorno lei sarebbe morta.
Il palmo della mano ancora premuto contro la cicatrice ripensò,
ad un tratto, agli occhi gialli dell'essere che l'aveva morsa. Occhi freddi,
bestiali, totalmente diversi dagli occhi scuri e caldi del suo amore.
Aveva messo la sua vita fra le fauci di quel demone e Angel lo aveva sconfitto
per lei, per salvarle la vita. Alla fine aveva ripreso il controllo. Quella
creatura crudele era ritornata ad essere imprigionata nelle profondità
della sua mente e lei ora era viva.
Grazie a quel morso anche lui ora era vivo. Era a Los Angeles certo, ma
parlava con la gente, sorrideva forse, qualche volta, lottava e probabilmente
soffriva, ma era vivo e faceva ancora parte del suo mondo.
Tornò nella camera di Parker e si coricò al suo fianco.
Chiuse gli occhi finalmente serena. Non era più pentita di aver
deciso di passare la notte con Parker. Avere un compagno le avrebbe fatto
bene, se fosse servito a farla sentire meno sola, ma i ricordi
loro
sarebbero rimasti. Non voleva più dimenticare, voleva ricordare
ogni cosa di lui, ogni sua parola, gesto, odore, sapore. Avrebbe fatto
riaffiorare ogni istante passato insieme, ogni esperienza condivisa, triste
e allegra, dolorosa e stupenda. I ricordi, per il momento, era tutto ciò
che aveva di lui, e doveva usarli per sopravvivere fino a quando
.
Angel a Los Angeles, probabilmente in quel momento stava combattendo qualche
battaglia contro il male, o leggendo uno dei suoi enormi e noiosissimi
libri, ma sicuramente in un angolo della sua mente e del suo cuore c'era
lei. Non poteva essere diversamente. Il loro legame era troppo forte.
Un vincolo fatto di amore, dolore e sangue non basta cambiare città
per interromperlo. Il suo cucciolo sarebbe tornato presto o tardi, magari
un po' arrabbiato, ma sarebbe tornato.
Ora poteva finalmente continuare a vivere perché aveva i suoi ricordi,
e forse presto
Il suo non era, e non sarebbe mai stato, un mondo senza Angel.
Questa NON è la FINE, non può esserlo, perché l'amore
di Buffy e Angel è "forever, this is the whole point",
chiunque possano incontrare nella loro vita.
Il morso di un vampiro
Nell'episodio in cui Buffy è morsa da Dracula, Joss Whendon ci
ricorda che il morso di un vampiro, per la vittima, ha un significato
più profondo di quello che può apparire.
A mio parere il morso è solo uno stadio della stretta relazione
che si instaura fra il vampiro e la sua vittima, simile a quella che si
riscontra fra cacciatore e preda.
E' un rapporto di dipendenza reciproca, in cui il vampiro prende la vita,
della vittima, sotto forma del suo sangue, ma dà anche qualcosa.
La vittima, infatti, oltre all'ovvia sensazione di dolore fisico, ne trae
anche un senso di benessere che sconfina nel piacere. Il piacere è
dovuto alla sensazione di aver donato al vampiro qualcosa di essenziale
per lui, di aver soddisfatto un suo bisogno basilare e profondamente radicato
nella sua natura. Un piacere molto simile a quello che si prova durante
un rapporto sessuale in cui esiste la stessa forma di interdipendenza:
il tuo piacere dipende dal mio. La differenza è che, mentre nel
rapporto sessuale vi è uno scambio paritario, nel morso di un vampiro,
in cambio del proprio sangue, la vittima ottiene solo illusione.
La persona è condotta, lungo un percorso di seduzione, a convincersi
che il morso è il solo mezzo per uscire dalla prigione di solitudine
in cui ogni essere umano è costretto, e che attraverso questa forma
di scambio diventerà una parte integrante di una più vasta
realtà, rispetto a quella che lui conosce. In realtà, ovviamente,
si tratta di una menzogna, creata dal vampiro stesso, ma che per la vittima
è reale, come lo sono i suoi sogni, per l'eroinomane.
Per il vampiro è "naturale" bere il sangue di altri esseri
viventi e alla vittima appare altrettanto "naturale" lasciarsi
mordere. Infatti, tutte le persone vampirizzate nell'opera appaiono consenzienti
nel momento del morso. (Come vedremo in seguito Buffy è un caso
particolare)
L'illusione normalmente termina, per la vittima, con la morte. Una morte
relativamente lenta, attraverso la quale la "menzogna" del vampiro
acquista sempre maggior concretezza.
Se, infine, il vampiro aveva provato una particolare affinità con
la vittima, trova il modo di prolungare l'illusione, la menzogna, per
l'eternità, donando a sua volta il proprio sangue e trasformando
quindi, quella che era una persona reale, in un altro vampiro, destinato
a polverizzarsi alla luce del sole.
Buffy, non lasciandosi, ma facendosi mordere da Angel sovverte le regole.
Nel suo caso non c'è stata la seduzione, ma solo la sua volontà
di salvare la vita alla persona che lei ama. Lei è perfettamente
cosciente di quello che sta facendo e rischiando, e proprio per questo
quello che lei prova non è illusione, ma realtà.
Angel è in ogni caso un vampiro e il morderla, bevendo il suo sangue,
appaga un suo istinto basilare. Quindi ovviamente trae piacere dall'atto.
Buffy sente il suo piacere e sa che lui la ama (infatti, sarebbe morto
pur di non morderla) e quindi prova a sua volta l'appagamento che deriva
dall'avere soddisfatto un bisogno di una persona amata e che ci ama.
Buffy dona la sua anima ad Angel dalla prima volta che lo incontra, la
notte del suo compleanno gli appartiene fisicamente, ma restava una parte
di lui, la sua natura di vampiro, che le rimaneva preclusa. Facendosi
mordere Buffy si lega ad Angel nella sua totalità di essere demoniaco
dotato di anima. Il fatto che sia stato lei a decidere rende però
questo legame privo di corruzione. Nessuno sottomette e nessuno è
sottomesso, non ci sono illusioni e menzogne fra di loro, ma solo un infinito
amore che culmina nell'estremo sacrificio della vita.
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