Compratrice di carta
io sono,
di carta stampata
di tutti i tipi,
raccoglitrice di carta
io sono,
dai depliants di viaggi
ai testi di odontoiatria,
dalle esegesi di filosofie
orientali di capi indù sconosciuti,
a quelle di monaci
irlandesi di isole sperdute,
di carta io sono
avida compratrice
e lettrice distratta,
ma è il possesso
della carta
purché stampata
che mi elettrizza
quando sulle bancarelle
rovisto, e quasi
all’odore scelgo
come quelle mele
dall’aspetto grinzoso
e poco invitante
di cui si indovina
il sapore e il profumo
quasi col pensiero
e non con il tatto,
né col gusto,
né con altro
che il così detto
sesto senso,
si sono avida
di possesso di
carta purché stampata,
e meglio se
meno richiesta,
meno invitante,
come un tesoro
che si nasconde
dentro un luogo
che nessuno pensa,
poiché il possesso
della carta stampata
è come il possesso
del tempo che
giorno giorno
sfugge dalle mani,
che sfugge dai polsi
nel battito sempre
più lento,
è il possesso del
pensiero
che incatenato
nell’inchiostro
e tra la cellulosa
tu puoi trasmettere
a chi vuoi
purché anche l’erede
sia appassionato
di carta stampata:
è un dono
che dice guarda
questo è per te,
l’ho scoperto,
l’ho conservato,
talvolta l’ho commentato,
ai margini con la mia scrittura,
è un atto di amore
che supera la morte,
vince il tempo,
tende all’eternità
come il pensiero
verso l’eterno,
e così quando appassionata
passo tra quei barroccini
pieni di carta stampata
pronta ad andare al macero,
se qualche caritatevole
cliente o
fanatico come me
non compra, non salva
quegli scritti, non
li mette in una sacrale
biblioteca in bell’ordine,
tutti allineati
come soldati in attesa,
vigile, ma forse anche lunghissima,
che qualcuno, domani,
tra un anno,
tra molti
anni non li apra, non
li scopra di nuovo,
penso, allora sarà
tutto perduto.
Penso, sarà forse
l’ultima copia rimasta
nel mondo, penso,
fosse anche scritto
malamente ne vale la
pena, ne vale la pena
di salvarlo
come un raro
animale in estinzione,
come se quello fosse
l’ultimo esemplare
di una razza rara.