Di qua dove i miran

 i monti

(Scritta dall’ albergo Miramonti

alla Consuma)

 

Di qua dove si miran

i monti e la valle

digrada verso i prati,

tra i poggi ammantati

di abeti e pini e faggi,

e più in giù

castagneti e viti e ulivi,

che s’approssiman al fiume

che lentamente

scorre verso il mare,

io appoggiata a un masso

guardo e ammiro,

e il mio pensiero scorre

a quel dolce declivio

che là,

verso la città mia,

sale e raggiunge il colle

profumato di fiori

e di poeti,

dove le lingue

s’intrecciano fra loro,

come in un ritorno

a primitivo idioma.

Là tornerò un dì

fra più dolce favella

e più sagaci sguardi,

ma sempre rammenterò

i giorni belli che

qui vissi nel rude

monte dei sassi,

dalle rocce affioranti

come tracce

di primitiva vita

e vulcanici eventi

quando il mondo

fu tratto

dal caos primordiale

e fu deciso a un tratto

il suo futuro e il nostro

con nostra vita

d’esseri immortali.

Tutta piena di quadri

e linda e calda

 dei pensieri soavi

dei miei cari antenati,

che felici

proteggono le mura,

mi aspetta la casetta

a Vincigliata con pergola,

e le rose, e il glicine cordiale,

che accoglie

nel suo classico abbraccio

il più severo fosso

detto dei frati.

L’aria saporosa del colle

pare gettare

effluvi profumati

come di gente

abituata al mondo

e al conversare,

a ricevere amici

e a trattar gente

e affari.

Qui più pungente

è il vento, e l’aria fina

par penetrare

senza discrezione

nei nostri cuori,

come montanaro

privo di mediazione

e tatto,

ma tanto più io amo

questa rudezza e incanto

che sincera mi porge

la montagna

coi suoi boschi d’abeti

lungo i sentieri

segnati dallo scandir

dei tronchi

che come Via Crucis

d’anime purganti

vanno cantando

l’Onor del Golgota

e ripetono in coro

“Gesù mio perdono”,

mentre la bruma sale

all’inizio del monte,

“e misericordia”

soggiungono.

Poi ancor si ode

lontano,

 come da profondi antri,

come se dal Sasso Spicco

un’eco rimbombasse:

“per i meriti delle

Vostre Sante Piaghe”.

Nulla rimpiango più

della gentile grazia

dei luoghi miei,

poiché qui è

l’intatto mondo

che il Creatore volle,

e qui permane

la santità dei luoghi

che vider dalla valle

tanta gente

salir verso

l’asprigno monte,

di solitudine e pace

e silenzio e Croce,

come via dolorosa

tesa verso il cielo,

nell’altera possanza

dei legni verdi

della fitta foresta

di cui il Sasso

è avvolto.

Presa da subitaneo impulso

dico: ”Eterno Padre”

e lontano si ode

il solito eco come

da fondi imperscrutabili

che non sono i boschi,

ma qualcosa più strano

e più lontano e amico:

“vi offro le Piaghe

di Nostro Signor Gesù Cristo”.

Sospesa e un po’ turbata,

ascolto ancora e

metto le mie mani

giunte in preghiera,

mentre il vento passa

e una capinera sorvola

come di un soffio la testa,

e poi leggera

si posa sopra un ramo

cinguettando. Allora

questo piccolo segnale

di pace e di bellezza naturale

mi mette in cordiale

armonia di rapporto

con il cielo,

dove nuvole chiare

vanno muovendosi tutte,

come verso l’ovile

si dirigon le pecore

allo scender la sera,

e guardando il cielo

e il suo splendore,

soggiungo in un soffio:

”tutto questo ti offro,

per guarire quelle

delle anime nostre”.

Il vento passa

e come un rombo leggero

 si ode,

e il muover delle cime

degli abeti potenti

fa tutt’uno col monte,

come se su un ponte

fosser passate migliaia

di anime in preghiera,

e come se

la mia misera voce,

fosse accetta a qualcun

che nella sera

cerca aiuto e sollievo.

Allor metto la mano

là dove tengo

la corona dei grani

del Rosario e penso:

“Perché così passiamo

i nostri giorni,

senza curarci più

dei nostri cari,

come se questi

non avesser bisogno,

di noi or più ora

di quando fummo insieme?”

E il pensiero che loro

ancor ci sian vicini

mi da gioia e certezza,

che come saran rotte

le catene del corpo

allora insieme,

saremo un giorno

là dove l’ombre

chine degli abeti

non più saranno a sera,

ma una luce leggera

di giardino e soave

come profumata di gioia,

sarà da noi gustata

se sempre vorremo

la nostra mano tener

lontana dal peccato,

e se peccato, chieder

misericordia a Dio

con il Sacramento

che ci fu dato

dallo stesso Signore,

il quale lo promise,

e aggiunse che

tutto sarebbe legato

e tutto andrebbe sciolto

da a chi lui stesso

l’aveva demandato.

E Francesco di più,

chiedendolo al Signore

volle donarci

di cancellar la pena

così che amnistiati

da un tal protettore

noi potessimo andar

senza soffrir l’attesa,

là dove l’anima aspira

e il cuore vuole.

 

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