Un
mattin d’agosto
Si
scende da Consuma
si
giunge a Campaldino
passando
dal Borgo
che
il Landino
destinò
a
sua dimora.
La
mamma è titubante
e
non vorrebbe andare,
perché
ha paura
del
freddo, e di
qualunque
affare.
Si
scende nella piana
già
un po’ rosa
per
l’arida stagione
ove
riposan
le
ceneri dei grandi,
i
guelfi e i ghibellini
che
schieramenti avversi
ebber
Dante fra questi.
Casette
irregolari
di
gusto assai pacchiano
popolan
la piana
dove
il capitano
Vescovo
d’Arezzo
Trovò
morte e onor.
Poi
Ponte a Poppi,
le
case e i giardini,
il
mercatin rionale,
la
gente e i bambini.
Si
comprano le maglie
di
tinte delicate
e
ci sentiamo proprio
nel
mezzo dell’estate,
nella
vacanza piena
di
grande libertà.
Allegre
ed incoscienti
giovani
come farfalle,
la
mamma pare un fiore
di
quelli azzurri e gialli,
io
paio una bimba
dai
ricci birichini,
si
guarda nelle mostre,
si
va cariche a morte
di
pacchi e pacchettini.
Tre
teglie a poco prezzo,
cinque
tagli di stoffe,
e
maglie rosa e azzurre
come
a una festa a corte.
Si
vola con la macchina
verso
Poppi la bella,
città
dei Conti Guidi
e
dove la sorella
di
tutti noi ci guarda
lassù
dal pio tempietto,
chiesina
tonda e arcana
della
Madon fanciulla,
diletta
e pia sovrana
del
popol di quassù,
che
il morbo allontanò
con
fede e con virtù.
Poi
camminando lente
verso
stradette e borghi
si
osservano le mostre
di
arte e di beltà,
e
un biondo gatto roseo
facendo
a me le fusa
si
avvicina sornione
e
si mette a annusar,
poi
mi segue d’incanto
come
fossi già sua,
la
sua padrona vera
che
vuole ritrovar.
E’
il gatto dei bambini,
dei
bambini del borgo
che
sta cullato e calmo
quassù
l’intero
santo
giorno.
Compro
l’immagin bella
della
Vergine del luogo
e
ritorno di fretta
verso
la mia magion.
Traverso
boschi e prati
e
monti assai selvosi
in
strada solitaria
mentre
la valle va.
I
poggi si adombrano
di
una nebbia grigia
e
le nuvole a un tratto
paiono
s’oscurar.
Il
cielo che splendeva
al
tempo dell’andata
e
i nuvoloni grandi
come
fosser di pennellata
fatta
da gran pittor
adesso
non son più,
il
cielo basso e cupo
pare
ridotto e angusto
come
attesa e preludio
a
un fosco temporal.