Un dì se qualcuno

ovvero

I canti dell’esilio

(26 settembre 1999)

 

Un dì se qualcuno

vorrà ascoltare

questi miei canti

dirà forse:

“Son questi i canti

dell’esilio” poiché

se da Firenze

è tratta la matrice,

furon scritti lontano

in terra montagnosa

e aspra e di rude

roccia coperta, (Il Casentino)

lontani dalla piana

della petrosa

città dell’arte,

dall’umida piana

pien di sole

e dai gentil costumi.

Furon scritti

fra gente strana,

fra vento e nubilo

e sereno, e tempo

diverso dalla natia

Firenze.

Son canti di ricordo

che poco fu il soggiorno

nel tuorlo della città

antica e delle seconde mura.

Eppur, se esser fiorentina

è una categoria dello spirito,

dirò che il mio esser

così come sono, e non

in altro,

in qualsiasi luogo io fossi

pur fra i bantù

o gli esquimesi,

io così sarei

di fiorentinissima stirpe

e se pure una vita

potesse, far dimenticare

lingua nativa, pur tuttavia

il mio canto

verrebbe su

dal fondo del cuore

a esaltar quella

via dove scorre

il fiume Arno;

Su quelle sponde gialle,

in quella nebbiolina

pien di sole, io ho

mia casa e cuore,

pur quando vivo e penso

in lontana contrada.