Ei fu. Moratti immobile,
dato il final fischio,
stette la spoglia immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la terra al nunzio sta,
muta pensando all'ultima
giornà di campionà;
né sa quando una simile
occasione tornerà,
e la sua cruenta Inter
mai niente vincerà.
Lui folgorante in solio
Andò all'Olimpico e tacque;
quando vide il risultato,
cadde, risorse e giacque,
di mille voci a Roma
non si percepiva più nessuna:
in quel di Udine
un suo ex condottiero,
portava alla vittoria
l'armata sua nemica
e scioglieva l'ultima sua speranza
che forse con lui morrà.
Dall'Alpi alle Piramidi,
dal Manzanarre al Reno,
di quel secur risultato
rimase solo mistero;
si gioì da Scilla al Tanai,
dall'uno all'altro mar.
Fu vera gloria' Ai posteri
l'ardua sentenza: nui
chiniam la fronte al Grande
Pinturicchio, che volle in lui
del creator suo spirito
più vasta orma stampar.
La procellosa e trepida
gioia d'un facile scudetto,
l'ansia d'un cor che indocile
serve, pensando al trofeo predetto;
e il non giunge, e tiene un premio
ch'era follia pensar;
tutto ei provò: mai gloria
dopo il periglio,
sempre fuga e sconfitta,
poi l'umiliazione e il tristo esiglio;
sempre nella polvere,
mai sull'altar.
Ei si interrogò: i suoi campioni,
l'un di fianco all'altro,
in lacrime a lui si volsero,
come aspettando aiuto;
ei fe' silenzio, perché arbitro
non c'era da incolpar.
E sparve, e i suoi prodi nell'ozio
Lasciò a pascolar,
con immensa invidia
per quei magici bianconeri,
d'inestinguibil bellezza
e d'indomato amor.
Al brasiliano lasciò ballar la samba,
al pratese contare il vil denaro,
al "chino" diede una terra natia,
a gresko un lavor da giullar,
a Toldo promise la Nazional,
che accettò sperando invan;
tal su quei capi il cumulo
dei loro disastri scese.
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese,
ma sempre tristi e cupi
erano i loro final!
Oh quante volte, al tacito
finir d'un suo campionato inerte,
inchinarsi dovette alla vicin Torino,
le braccia al sen conserte,
stette, e delle stagion che furono
l'assalse il sovvenir!
E ripensò a Lippi,
a Moggi e all'Avvocato ,
ai loro temerari soldati,
che non riuscia a fermar;
e il suo cuor provava invidia
la sua bocca spargea veleno.
Ahi! forse a tanto strazio
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;
e dimenticò Del Piero,
non s'avvide del francesino,
del Pitbull e del Ceko cancellò memoria
il massese faceva altro lavoro,
e in quel di Napoli
mai nato era Ferrara.
Di colpo si svegliò! Sogno malefico
ed ingannatore!
La Signora esiste,destino crudele;
ché più stupenda bellezza
occhi umani mai poterono guardar
giammai senza capo chinar.
Tu, Moratti, dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
la Gloria che rallegra e rende forti,
che affanna e che consola,
sulla deserta coltrice
accanto a te mai poserà.


5 maggio 2002