Nuove sostanze
"della rivoluzione informatica".
Lo scritto "Nuove sostanze" mi ha suggerito alcune riflessioni riguardo i nuovi temi e i nuovi indirizzi che coinvolgono tutto il mondo moderno, con particolare attenzione a quei determinati sconvolgimenti che hanno investito e che investono ancora il campo dell'architettura nei giorni nostri. Il termine "nuove sostanze", tanto per intenderci, sta proprio ad indicare quei "motori" di cambiamento che hanno provocato una sostanziale metamorfosi nel modo di pensare e di vivere l'architettura, in relazione sia con l'uomo, che con l'ambiente. Questi cambiamenti hanno tutti una radice comune che va cercata, ancora una volta, nella recente Rivoluzione Informatica, che investe e ridefinisce ogni campo del sapere e provoca, in architettura, profondi mutamenti che sono alla base di tutte le sue scelte. In sintesi, è possibile estrapolare tre grandi temi, tre grandi "motori", tre "sostanze" appunto, che rappresentano le nuove linee di sviluppo del fare architettura, in un ripensamento più idoneo e appropriato ai giorni nostri, proprio in relazione a quegli stravolgimenti sociali, politici, filosofici, sociologici ed economici che la società "occidentale" ha subito e continua a subire. Innanzitutto occorre puntare il dito sulle nuove relazioni che intercorrono all'interno del paesaggio metropolitano e sui nuovi modi di "guardare" la città. Oggi l'attenzione è focalizzata sulle cosiddette "brown areas" o aree dismesse, ovvero quelle porzioni di territorio che una volta erano i luoghi più idonei ove collocare un impianto industriale, ma che oggi sono state abbandonate e, quindi, necessitano di un totale ripensamento. Il "luogo", infatti, non rappresenta più un fattore determinante e l'architettura , libera dai vincoli ossessivi del passato, può ora esprimersi senza limiti e concentrarsi all'interno del tessuto urbano, partendo dal preesistente, trasformandolo e creando relazioni tra "vecchio" e "nuovo". Tutto ciò rappresenta una novità assoluta: significa un nuovo modo di vivere, sentire e guardare la città, in cui i parametri fondamentali sono ora la complessità, l'interscambio, le articolazioni dinamiche. Le operazioni che seguono queste linee di sviluppo sono dette di "urbanscape". La seconda sostanza è riferita al concetto di "paesaggio" e alle nuove relazioni che intercorrono tra questo e l'architettura. Il passato è debitore verso la natura e le sue risorse e lo sarà ancora per molto, ma ora, finalmente, è possibile tracciare un solco che sia una inversione di tendenza e restituire al mondo ciò che noi gli abbiamo sottratto. Tutte quelle zone cariche di edilizia indisciplinata, costruite ad altissima densità, possono e debbono essere "risarcite" in termini di verde ed attrezzature. Lo scopo dell'architetto di oggi è quello di saper trovare una felice soluzione a questo problema e il modo migliore è rifiutare le regole del passato; le regole che prescrivevano lo zooning come metodo migliore per pianificare le città, creando aree verdi circoscritte, recintate e, spesso, contrapposte alle altre zone tipiche della città "industriale". Ciò che è necessario fare oggi è creare parti di città integrate in cui verde, attrezzature sociali e attività del terziario siano compresenti ed interagiscano insieme. La parola chiave è appunto "integrazione", o "multifunzionalità", in una logica diversa di "disegnare" la città in cui vogliamo vivere e dove l'informatica è, allo stesso tempo, regola e mezzo di attuazione. Infine, terza sostanza, lo "spazio". Uno spazio inteso non più come un sistema riguardante solo gli ambienti interni, così come era il modo di pensare negli anni Venti. Uno spazio che rifiuta l'idea dell'interno come unico motore dell'architettura e si apre ad accogliere anche tutto ciò che c'è "fuori" e "intorno" e fa dello spazio pubblico un elemento altrettanto fondamentale dell'opera. Adesso si può parlare di "spazio sistema", cioè di un meccanismo che si interessa di tutte le relazioni dei corpi e tra i corpi e dà allo spazio urbano l'opportunità di partecipare attivamente e collaborare a questo "discorso" continuo tra ambiente e architettura. L'informatica è un po' il concetto che tiene unite tutte queste "sostanze": rappresenta la causa che ha determinato quegli stravolgimenti che sono alla base di tutto il discorso e, insieme, ci suggerisce i modi e i tempi per attuare i cambiamenti. Le riflessioni a cui accennavo in apertura del mio commento mi hanno portato a ripensare ad un articolo che ho letto in settimana riguardante la mostra su Jean Nouvel, che si è appena aperta alla Triennale di Milano. L'esposizione è stata creata dallo stesso architetto francese e rappresenta una rottura col passato: egli ha deciso di illustrare le sue opere non con modelli in scala o con il racconto della genesi dei suoi progetti ( schizzi o disegni al dettaglio), ma proiettate quasi a grandezza reale tramite l'impiego di tecniche computerizzate. Ebbene Jean Nouvel, scrivo citando l'articolo, "è forse il più visionario fra gli architetti contemporanei". Si è saputo rinnovare, anche ricorrendo a tecnologie d'avanguardia e al mondo virtuale delle immagini, del video, del cinema, della fotografia. Egli è "lontano dalle posizioni intellettualistiche di chi pensa che l'impiego abbagliante dei media contamini il valore e la purezza concettuale del costruito...". L'esempio che lui ci ha dato con l'Istitute du monde arabe è esplicativo di questo tipo di ricerche: il rivestimento della facciata sud è composto da cellule fotoelettriche che si aprono e si chiudono a seconda dei livelli della luce esterna, proprio come un obiettivo fotografico. L'uso della trasparenza negli edifici, attraverso l'impiego di esili ossature di vetro e acciaio, serve proprio a creare quella connessione tra interno ed esterno di cui parlavo prima. Come nella Fondazione Cartier a Parigi, in cui ha pensato a un edificio dove lo spazio espositivo è trasparente e si apre verso l'esterno invitando a visitarlo. Allo stesso modo rifletto su alcune considerazioni: la diffidenza riservata a Jean Nouvel da una parte dell'intellighenzia che, pur riconoscendogli un grande talento, lo ha ignorato come uomo di idee e reso ostile al mondo intellettuale, mi ha fatto ripensare a ciò che Lei ha scritto nel testo "Nuove sostanze" e definito un "paradosso". Cioè, ancora una volta, siamo di fronte allo "stesso equivoco e lo stesso paradosso della generazione Art Nouveau a confronto dei rappresentanti della Neue Sachlichkeit. Apparentemente si attacca un'estetica, in realtà ci si oppone a una tensione al rinnovamento, al cambiamento, alla presa di coscienza di una diversa visione del mondo". Jean Nouvel è, a suo modo, un singolarissimo artista. Ci insegna che viviamo in un'epoca straordinaria in cui, pur nel caos, si possono captare segnali poetici e sfruttarne al massimo il potenziale, comunicandoci, in ultima analisi, un'inesauribile gioia di vivere. Alessandro.
http://www.greatbuildings.com/gbc/arab_institute/arab_institute.html http://www.ambienteufficio.it/realizzazioni/cartier.html
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