Foto: Vista d'interno del tunnel di Hera
Il mondo in cui viviamo è governato da quattro forze: la gravitazione, la forza
elettromagnetica, la forza debole e la forza forte. E fin qui è tutto facile.
È la forza di gravità a far cadere la mela dall'albero e a mantenere la Terra
in orbita intorno al Sole. La forza elettromagnetica lega gli elettroni, di
carica negativa, al nucleo atomico, di carica positiva, ed è responsabile del
passaggio della corrente dalla rete agli elettrodomestici. La forza debole assicura
la produzione di luce e calore per opera della fusione nucleare nel Sole, come
pure il decadimento radioattivo di certi nuclei atomici. Infine, la forza forte
lega i mattoni più elementari della materia: essa mantiene unite particelle
puntiformi - i quark e i gluoni - all'interno dei protoni e dei neutroni, e
impedisce ai nuclei di disintegrarsi per la reciproca repulsione fra i protoni.
Nella vita quotidiana la gravitazione è la forza che percepiamo nel modo più
immediato. Essa non svolge invece alcuna funzione nella fisica delle particelle,
poichè a scala subatomica è di gran lunga più debole delle altre tre forze.
La fisica moderna ha ormai svelato i segreti della forza elettromagnetica e
della forza debole. I dati sperimentali possono essere descritti secondo uno
schema di ordinamento, il modella standard della fisica delle particelle, che
comprende tutte le particelle elementari conosciute. Finora il modello standard
ha superato tutti i test condotti con misurazioni molto precise, fra cui alcuni
di quelli descritti in questo articolo. I fisici sono convinti che questa teoria
debba essere ampliata ulteriormente, dal momento che lascia ancora senza risposta
troppe domande fondamentali.
La forza forte, invece, ci propone ancora diversi enigmi: in che modo quark
e gluoni si uniscono a formare il protone? Come varia la forza forte al variare
della distanza fra coppie di particelle? Perchè quark e gluoni sono sempre racchiusi
all'interno di particelle come protoni e neutroni e non possono mai essere osservati
come particelle libere? Le quattro forze fondamentali possono avere un'origine
comune, come sospetta la maggior parte dei fisici, ed essere descritte da una
teoria unitaria? Gli esperimenti condotti con gli acceleratori di particelle,
come quelli eseguiti negli ultimi otto anni nel collisore Hera, ad Amburgo,
dando un contributo essenziale a trovare risposte a queste domande.
Hera (acronimo di Hadron-Elektron-Ring-Anlage, ossia «impianto ad anello per
adroni ed elettroni») è il più importante acceleratore di particelle del Laboratorio
DESY (Deutsches Elektronen-Synchroton). L'impianto è formato da due anelli di
accelerazione di 6336 metri di circonferenza ciascuno, costruiti a una profondità
di circa 30 metri in un tunnel sotto i quartieri urbani di Bahrenfeld e di Lurup.
Un anello accelera elettroni (ma volendo anche le loro antiparticelle, i positroni),
portandoli fino a un'energia di 27.5GeV, mentre l'altro accelera protoni fino
a un'energia di 920GeV.
Nel vuoto spinto dei due anelli di accumulazione, elettroni e protoni sfrecciano
per ore in direzione opposta. Essi viaggiano quasi alla velocità della luce,
percorrendo il loro itinerario circa 47'000 volte in un secondo, e si scontrano
frontalmente in due spazi sperimentali. Qui hanno luogo gli esperimenti chiamati
H1 e Zeus: rivelatori grandi come case, del peso di varie migliaia di tonnellate,
registrano gli urti fra le particelle e le tracce delle particelle secondarie
che si generano nelle collisioni. Delle molte migliaia di tali eventi che si
verificano ogni secondo, quelli più interessanti vengono registrati per la successiva
interpretazione.
A ognuno degli esperimenti, che sono in corso dal 1992, partecipano circa 400
fisici di 50 istituti di 12 paesi. I gruppi di ricercatori analizzano l'enorme
quantità di dati, di vari miliardi di byte, per svelare i segreti del protone
e delle forze fondamentali. Attualmente Hera viene sottoposto a modifiche, nell'intento
di aumentare di cinque volte la frequenza degli eventi, di poter utilizzare
nella sperimentazione lo spin degli elettroni e di migliorare i rivelatori.
Gli esperimento dovrebbero essere ripresi nell'autunno del 2001.
Hera è il primo e unico acceleratore in cui si possono far collidere particelle
così diverse come elettroni e protoni. Gli elettroni, secondo la comprensione
attuale, sono puntiformi e veramente «elementari», ossia non scomponibili in
particelle ancora più piccole; le loro interazioni sono comprese molto bene.
Essi vengono usati come sonde per saggiare la struttura interna del protone
- particella molto più pesante, del diametro di circa 10^-15 metri - e per investigare
le forze fondamentali. Hera integra così il programma di altri due grandi acceleratori:
il Large Electron-Positron Collider (LEP), al CERN di Ginevra, e il collisore
di protoni e antiprotoni Tevatron, l'acceleratore più potente del mondo, al
Fermilab, nei pressi di Chicago.
L'energia delle particelle disponibile negli esperimenti con Hera è una decina
di volte maggiore di quella delle ricerche simili sui protoni compiute finora
per mezzo di collisioni con elettroni o muoni (i «parenti» pesanti degli elettroni).
Hera è anche, in un certo senso, un «supermicroscopio elettronico» che permette
di osservare il protone col massimo ingrandimento oggi possibile al mondo, fino
a strutture 2000 volte più piccole del protone stesso, ossia 5x10^-19 metri.
A questa scala di grandezza, i fisici possono investigare oggi anche le forze
agenti fra elettroni e quark, nonchè fra quark e gluoni. Questo fatto comporta
un vantaggio inestimabile; quanto più piccole sono infatti le distanze alle
quali si investigano le forze naturali, tanto più i fisici delle particelle
possono spingersi in direzione della forza originaria e addentrarsi nella storia
dell'origine dell'universo.
Il modello standard raccoglie tutte le conoscenze sicure sulla fisica delle
particelle. Esso descrive i mattoni elementari della materia e le regole a cui
essi obbediscono. Tutta la materia è composta da quark e leptoni (a questi appartiene
anche l'elettrone). Le quattro forze elementari che operano fra le particelle
vengono trasmesse da particelle mediatrici (che sono il gravitone per la gravitazione;
il fotone per la forza elettromagnetica; i bosoni W e Z per la forza debole;
il gluone per la forza forte). Tutte queste particelle sono «puntiformi»; qui
il termine significa solo che, anche in esperimenti con la massima risoluzione,
non è possibile misurare effetti riconducibili a una loro estensione.
L'intensità di ognuna delle quattro forze fondamentali viene determinata attraverso
proprietà delle particelle che possono essere descritte come cariche generalizzate.
Nel caso dell'elettromagnetismo questa proprietà è la ben nota carica elettrica,
mentre nel caso della gravitazione è la massa. Le forze, debole e forte, non
appartengono alla nostra esperienza quotidiana: anche i concetti di «carica
debole» e «carica di colore» introdotti per queste proprietà dai fisici rimangono
dunque un po' astratti.
Queste diverse cariche vengono misurate con unità differenti: per esempio la
massa in grammi e la carica elettrica in coulomb. Per poter confrontare direttamente
le forze, i fisici delle particelle usano però, in luogo delle cariche, costanti
di accoppiamento adimensionali. Quanto più grande è questa costante, tanto più
intensa è la radiazione della particella mediatrice, e quindi tanto maggiore
è la forza. Come vedremo fra poco, non si tratta qui di costanti in senso letterale,
poichè la grandezza delle cariche dipende dalla distanza alla quale vengono
misurate.
La costante di accoppiamento della forza elettromagnetica è nota ai fisici come
costante di struttura fine di Sommerfeld. Il suo valore è stato determinato
sperimentalmente a circa 1/137. Poichè questo numero è molto più piccolo di
uno, è possibile risolvere le equazioni della teoria quantistica dell'elettromagnetismo
- l'elettrodinamica quantistica (QED) - e fare predizioni precise per le proprietà
elettromagnetiche delle particelle fondamentali e per le loro reazioni. I dati
sperimentali concordano con queste predizioni fino al dodicesimo decimale. La
QED risulta quindi essere la teoria fisica verificata con la massima precisione
e può essere considerata il modello per la descrizione di tutte le forze agenti
fra le particelle elementari.
È la massa delle particelle mediatrici a determinare essenzialmente in che modo
la forza dipenda dalla distanza: se la massa è nulla, come nel caso del fotone
e del gravitone (ricordiamo essere le particelle mediatrici rispettivamente
della forza elettromagnetica e della gravitazione), il raggio di azione della
forza è infinito; perciò noi conosciamo queste forze anche dal nostro mondo
macroscopico nella vita quotidiana. I cosiddetti bosoni W e Z, mediatori della
forza debole, hanno invece una massa un centinaio di volte maggiore di quella
del protone; perciò il raggio d'azione della forza debole è limitato alla centesima
parte del diametro del protone, ossia 2x10^-18 metri.
La situazione è completamente diversa nel caso della forza forte. Benchè le
sue particelle mediatrici - i gluoni - siano prive di massa, il suo raggio d'azione
è pari solo al raggio del protone (circa 10^-15 metri). Il valore delle costanti
di accoppiamento forti è quindi così piccolo che solo per distanze molto minori
del raggio del protone noi possiamo usare l'immagine di singole particelle e
risolvere le equazioni della cromodinamica quantistica (QCD) nello stesso modo
già usato nella QED. Per distanze maggiori la costante di accoppiamento, in
conseguenza delle intestazioni con i gluoni, portatori della carica di colore,
diventa così grande che è impossibile, per esempio, separare dagli altri, uno
dei tre quark che formano il protone. Qui falliscono anche i metodi di calcolo
della QCD, e finora non si sono potute trovare risposte teoriche soddisfacenti
alle domande sulla struttura del protone o sul confinamento dei quark e dei
gluoni nel protone. Per poter andare oltre bisogna affidarsi innanzitutto a
ricerche sperimentali, come quelle che vengono condotte nel collisore Hera.
Quando nell'anello di Hera un elettrone ad alta energia entra in collisione
frontale con un protone, emette una particella mediatrice che interagisce con
i componenti del protone. Dal momento (il prodotto di massa e velocità) trasmesso
dalla particella mediatrice, dipende fino a quale distanza possano essere investigate
le forze: quanto maggiore è il momento trasmesso, tanto migliore è la risoluzione
spaziale del microscopio di Hera. Le energie dei fasci di elettroni e di protoni
vengono scelte in modo tale che si raggiungano un valore massimo di momento
trasmissibile di 320 GeV/C e una risoluzione di 5x10^-19 metri. Così la risoluzione
di Hera consegue una precisione circa cinque volte maggiore del raggio d'azione
della forza debole.
Per ogni singolo evento, energia e angolo dell'elettrone diffuso permettono
di determinare l'impulso della particella mediatrice. Così, in Hera, l'intensità
delle forze viene misurata direttamente in funzione della distanza.
A partire dell'energia e dal momento della particella mediatrice si può inoltre
determinare la frazione del momento del protone posseduta dal quark diffuso.
Grazie all'alta energia dei fasci di particelle usati nell'acceleratore Hera,
possono essere investigati, con una risoluzione di 5x10^-16 metri, persino quark
con una frazione di impulso di 10^-5. In precedenza il limite minimo era di
10^-3. Anche qui Hera ha aperto una finestra su un ambito della fisica completamente
nuovo.
Dall'intensità della forza elettromagnetica e della forza debole, misurate
in Hera in funzione della distanza, scaturisce una conoscenza essenziale. Si
è potuto infatti confermare direttamente che, per distanze minori del raggio
d'azione della forza debole, entrambe le forze presentano la medesima intensità,
e che il motivo della diversa intensità a distanze maggiori risiede nella diversità
di massa delle particelle mediatrici. Forza debole e forza elettromagnetica
sono perciò solo forme di manifestazione diverse di una medesima forza fondamentale:
la forza elettrodebole.
Questa conferma sperimentale è un passo importante verso la «grande unificazione»
delle quattro forze fondamentali della natura.
Ci sono già i primi indizi di quello che sarà il prossimo passaggio sulla via
verso questa unificazione: se si estrapolano a distanze minime le intensità
misurate della forza elettrodebole e della forza forte, alla distanza inconcepibilmente
piccola di circa 10^-29 metri esse dovrebbero avere la medesima intensità. D'altronde
i fisici non potranno mai spingersi sperimentalmente a distanze così infinitesime:
a tal fine si richiederebbe un acceleratore di particelle grande quanto la nostra
intera galassia. Qui ci si deve perciò affidare al lavoro dei teorici.
L'impostazione più promettente è quella della supersimmetria. Questa
teoria prevede nuove famiglie di particelle, la cui esistenza dovrebbe essere
confermata dalla prossima generazione di acceleratori. I fisici ripongono le
loro speranze in proposito nel Large Hadron Collider, un collisore per protoni
attualmente in costruzione al CERN a Ginevra, e nel Tesla, l'acceleratore lineare
per elettroni e positroni progettato ad Amburgo.
Dalla straordinaria coincidenza delle misure ottenute dal collisore Hera con
le predizioni del modello standard, possiamo già trarre le seguenti conclusioni:
Neppure allora, però, l'energia di Hera sarà sufficiente a dimostrare l'unificazione
della forza elettrodebloe con la forza forte. L'osservazione dell'interno del
protone rivela però qualcosa sulla natura della forza forte. Così gli esperimenti
di H1 e Zeus condotti con Hera hanno potuto misurare con maggior precisione
l'intensità di questa forza che opera fra i quark, e determinare in tal modo
la costante di accoppiamento più forte in funzione della distanza. È stata confermata
in modo sorprendente la notevole crescita a grandi distanze predetta dalla QCD.
Qui descriverò solo uno dei modi di misurazione usati: oltre agli eventi in
cui si vedono allontanarsi dal luogo della collisione, l'elettrone diffuso e
un fascio di particelle generato dal quark diffuso, ci sono anche eventi in
cui si osserva un fascio di particelle aggiuntivo. Questo deriva da un gluone,
la particella mediatrice della forza forte, che viene emesso nell'interazione.
La probabilità di una tale emissione è direttamente proporzionale alla costante
di accoppiamento forte, ossia alla forza che agisce alla costante di accoppiamento
forte, ossia alla forza che agisce fra i quark. Dal numero degli eventi con
un gluone osservati in funzione del valore del momento trasmesso si può misurare
la dipendenza della costante di accoppiamento forte dalla distanza. I risultati
forniscono una conferma quantitativa della predizione della cromodinamica quantistica
per distanze comprese fra 10^-16 e 10^-18 metri.
I valori forniti da altri metodi di misura, nonchè da misurazioni compiute in
diverse reazioni di particelle, sia in Hera sia in altri acceleratori, concordano
con le previsioni. Questo fatto rafforza la fiducia che la QCD fornisca effettivamente
una descrizione corretta della forza forte. La possibilità di misurare esattamente
la struttura del protone fu una motivazione essenziale per la costruzione del
collisore Hera. Quest'obiettivo è stato raggiunto dai gruppi internazionali
di ricercatori degli esperimenti H1 e Zeus. L'errore delle misurazioni eseguite
è compreso fra il 2 e il 5 per cento, cosa che vale per impulsi delle particelle
mediatrici che si disperdono su vari ordini di grandezza. Queste misurazioni
sono uniche al mondo. Una prima grande sorpresa si è avuta nell'ambito di piccole
frazioni di momento dei quark, in cui Hera è penetrato per la prima volta: qui
il numero misurato dei quark e dei gluoni nel protone aumenta vistosamente.
Ciò significa evidentemente che, se si osserva il protone con una lente attraverso
la quale si possono riconoscere solo quei componenti che portano più dell'uno
per cento del momento del protone, si vedono solo i tre quark di valenza, che
sono responsabili della carica del protone. Se invece si usa una lente che mostra
solo componenti che trasportano molto meno dell'uno per cento del momento del
protone, allora si osservano d'improvviso quantità immesse di quark e di gluoni.
Ne risulta un'immagine completamente nuova della vita intera del protone.
Dalle misurazioni compiute con Hera era noto che i quark presenti nel protone
emettono gluoni, e che questi generano a loro volta altri gluoni o coppie quark-antiquark.
La maggior parte dei fisici era però convinta che, oltre ai tre quark di valenza,
nel protone si trovassero solo poche coppie quark-antiquark e solo pochi gluoni,
e che il protone fosse dunque quasi vuoto. Secondo le nuove misurazioni, invece,
l'interno di un protone assomiglia a un brodo spesso, ribollente, in cui gluoni
e coppie quark-antiquark vengono incessantemente emesse e di nuovo annichilate.
Questa grande densità dell'emissione dei gluoni rappresenta uno stato completamente
nuovo, finora non investigato, della forza forte. A nostro avviso si deve proprio
a questo stato se quark e gluoni sono «confinati» all'interno del
protone, e non sono quindi mai osservabili come particelle libere.
Hera ha fornito anche un'altra grande sorpresa: gli sperimentatori prospettavano
che, nelle violente collisioni che si producono in acceleratori di grande potenza,
i protoni si frantumassero in un gran numero di nuove particelle. Nel 15 per
cento degli urti il protone è rimasto invece integro, anche se aveva subito
una vigorosa interazione. Ma come può un protone sopravvivere alla collisione,
quando ne viene fatto schizzare violentemente via un quark? La cosa sembra dapprima
del tutto incomprensibile. Essa dipende chiaramente da una proprietà straordinaria
della forza forte, che dovrebbe aiutarci a capire perchè quark e gluoni rimangono
confinati nel protone.
La scoperta di questi eventi ha condotto un'intensa collaborazione fra fisici
teorici e sperimentali. Entrambi gli esperimenti condotti al collisore Hera
- H1 e Zeus - furono variati per estendere le misurazioni a valori di impulso
ancora minori e per poter meglio investigare i protoni diffusi. I teorici tentano
innanzitutto, con l'aiuto di modelli, di spiegare l'elevata densità dell'emissione
di gluoni nel processo di diffusione. Questa ricerca ha fatto nel frattempo
grandi passi avanti. E forse si riuscirà presto a capire come la forte emissione
di gluoni possa impedire che dal processo di diffusione emergano quark e gluoni
come particelle libere e come i protoni possano restare intatti.
Riepiloghiamo ancora una volta: gli esperimenti compiuti col collisore Hera,
usando elettroni come sonde, hanno portato sotto la lente di questo supermicroscopio
la struttura del protone e le forze fondamentali della natura, permettendo di
osservarle con una risoluzione mai raggiunta prima. In quest'ambito, divenuto
per la prima volta accessibile alla misurazione, la forza debole e la forza
elettromagnetica si comportano esattamente come è stato predetto dal modello
standard della fisica delle particelle; benchè a grandi distanze le loro intensità
siano del tutto diverse, esse hanno tuttavia un'origine comune. La differenza
dipende dalla diversità di massa delle particelle mediatrici.
La teoria della forza forte (la cromodinamica quantistica) è stata confermata
nel modo più esatto alle piccole distanze. La struttura del protone si è rilevata
molto complessa, poichè nel caso di piccoli impulsi la densità dei quark e gluoni
è assai elevata. Inoltre, contro ogni attesa, dal processo di diffusione i protoni
emergono spesso intatti. Le due nuove osservazioni ripropongono in forma del
tutto nuova la domanda fondamentale: «Perchè quark e gluoni sono imprigionati
nell'interno del protone?».
Già una volta lo studio dell'emissione di particelle mediatrici ha condotto
a conoscenze del tutto nuove in fisica. Nell'anno 1900 il fisico Max Planck
tentò di descrivere con un'unica formula la curva di radiazione osservata di
un cosiddetto corpo nero. Ebbe successo solo quando fece l'ipotesi che l'energia
della radiazione potesse aumentare non in modo continuo ma solo di quantità
discrete. Questo modo di pensare segnò l'inizio della meccanica quantistica.
Sarebbe poi trascorso più di mezzo secolo prima che si riuscisse a calcolare
quantomeccanicamente, con l'elettrodinamica quantistica, la radiazione elettromagnetica
di particelle cariche.
Le stesse formule e gli stessi metodi di calcolo ci permettono oggi, nel quadro
della cromodinamica quantistica, di calcolare la radiazione di quark e gluoni
a piccole distanze. I risultati di Hera potrebbero aiutarci a capire la radiazione
QCD anche a distanze maggiori, e quindi a risolvere l'enigma della struttura
del protone e dell'esistenza di quark liberi.
Il problema della comprensione della forza forte a grandi distanze e della coesione
dei quark e gluoni nel protone è un nuovo aspetto dell'antichissima ricerca
dei mattoni più piccoli della materia.
La via dal cristallo all'interno dell'atomo fino ai quark e ai gluoni, ci conduce,
in quello che è finora l'ultimo passo, a particelle elementari sulla cui esistenza
non sussiste alcun dubbio, ma che prevedibilmente non potranno mai essere osservate
isolatamente.
ROBERT KLANNER è professore di fisica sperimentale all'Università di Amburgo e dal dicembre 1999 è direttore di ricerca del Deutsches Elektronen-Synchrotron (DESY), nella stessa città. Al centro dei suoi interessi ci sono lo sviluppo di rivelatori di particelle e l'investigazione dell'interazione forte e della struttura degli adroni. Prima di trasferirsi ad Amburgo, nel 1984, aveva già lavorato con vari grandi acceleratori: a Serpuchov (in Russia), al Fermilab, presso Chicago, e al Laboratorio europeo per la fisica delle particelle (CERN) a Ginevra.
Bibliografia:
Maianni Luciano, La fisica delle particelle, «Le Scienze quaderni» nr. 103, settembre 1998
Rith Klaus e Schäfer Andreas, Il mistero dello spin dei nucleoni, in «Le Scienze» nr. 173, settembre 1999
http://www.desy.de/pr-info/desyhome/html/presse/hginfos/hera/forschung.en.html