


Simile
a
un
dio
mi
sembra
quell'uomo
che
siede
davanti
a
te,
e
da
vicino
ti
ascolta
mentre
tu
parli
con
dolcezza
e
con
incanto
sorridi.
E
questo
fa
sobbalzare
il
mio
cuore
nel
petto.
Se
appena
ti
vedo,
sùbito
non
posso
più
parlare:
la
lingua
si
spezza:
un
fuoco
leggero
sotto
la
pelle
mi
corre:
nulla
vedo
con
gli
occhi
e
le
orecchie
mi
rombano:
un
sudore
freddo
mi
pervade:
un
tremore
tutta
mi
scuote:
sono
più
verde
dell'erba;
e
poco
lontana
mi
sento
dall'essere
morta.
Ma
tutto
si
può
sopportare...
Un'ode,
questa,
famosissima,
forse
la
più
famosa
della
lirica
di
tutti
i
tempi,
ode
che
ha
trovato
i
critici
discordi
sulla
sua
interpretazione
e
sul
riconoscimento
dell'occasione
da
cui
nacque.
Ode
della
gelosia,
secondo
alcuni,
canto
dello
sconvolgimento
delirante
provocato
dalla
sola
vista
della
fanciulla
amata,
senza
altra
motivazione
diversa
della
passione
stessa,
secondo
altri.
Quest'ultima
interpretazione,
ad
un'attenta
analisi
dell'ode,
appare
più
convincente.
La
scoperta
dell'eros,
come
di
passione
che
prostra,
ed
ottunde
i
sensi
e
che
quasi
spegne
l'energia
vitale
e
sconvolgimento
perché
tocca
la
consapevolezza
di
un'interiorità
appena
esplorata
nella
sua
sconfinata
profondità,
consapevolezza
che
lascia
inerti,
incapaci
di
reazione,
come
vicini
a
morte.
Tale
estrema
tensione
di
tutti
i
sensi
acquista
una
maggiore
oggettiva
evidenza
perché
appare
in
forte
antitesi
con
l'inconcussa
beatitudine
dell'uomo
che
siede
davanti
alla
fanciulla:
la
polarità
del
contrasto
esalta
la
consapevolezza
che
Saffo
ha
acquisito
del
suo
stato,
da
una
parte
analizzato
con
rigore
ed
obiettivato
con
cristallina
lucidità,
dall'altro
riconosciuto
e
come
segnalato
nella
sua
subiettività,
come
appare
dall'uso
del
pronome
personale
nel
primo
e
nel
sedicesimo
verso

Le
stelle
intorno
alla
luna
bella
nascondono
di
nuovo
l'aspetto
luminoso,
quando
essa,
piena,
di
più
risplende
sulla
terra...
Questa
splendida
descrizione
di
un
plenilunio
è
ispirata
da
un
noto
passo
omerico
e
probabilmente
introduceva
il
confronto
tra
una
fanciulla
superiore
in
bellezza
alle
sue
compagne
e
la
luce
della
luna
che
offusca
quella
delle
stelle.

Squassa
Eros
l'animo
mio,
come
il
vento
sui
monti
che
investe
le
querce.

Sei
giunta:
hai
fatto
bene:
io
ti
bramavo.
All'animo
mio,
che
brucia
di
passione,
hai
dato
refrigerio.

Esser
morta
vorrei
veramente.
Mi
lasciava
piangendo,
e
tra
molte
cose
mi
disse:
"Ahimè,
è
terribile
ciò
che
proviamo,
o
Saffo:
ti
lascio,
non
per
mio
volere".
E
a
lei
io
rispondevo:
"Va'
pure
contenta,
e
di
me
serba
il
ricordo:
tu
sai
quanto
t'amavo.
Se
non
lo
sai,
ti
voglio
ricordare...
cose
belle
noi
godevamo.
Molte
corone
di
viole,
di
rose
e
di
crochi
insieme
cingevi
al
capo,
accanto
a
me,
e
intorno
al
collo
morbido
molte
collane
intrecciate,
fatte
di
fiori.
E
tutto
il
corpo
ti
ungevi
di
unguento
profumato...
e
di
quello
regale.
E
su
soffici
letti
saziavi
il
desiderio
...
E
non
vi
era
danza
né
sacra
festa...
da
cui
noi
fossimo
assenti
né
bosco
sacro...

Tramontata
è
la
luna
e
le
Pleiadi:
a
mezzo
è
la
notte:
il
tempo
trascorre;
e
io
dormo
sola.

Madre
dolce,
più
non
riesco
a
tesser
la
tela;
sono
domata
dal
desiderio
di
un
ragazzo,
a
causa
di
Afrodite
molle.

AD
AFRODITE
O
mia
Afrodite
dal
simulacro
colmo
di
fiori,
tu
che
non
hai
morte,
figlia
di
Zeus,
tu
che
intrecci
inganni,
o
dominatrice,
ti
supplico,
non
forzare
l'anima
mia
con
affanni
né
con
dolore;
ma
qui
vieni.
Altra
volta
la
mia
voce
udendo
di
lontano
la
preghiera
ascoltasti,
e
lasciata
la
casa
del
padre
sul
carro
d'oro
venisti.
Leggiadri
veloci
uccelli
sulla
nera
terra
ti
portarono,
dense
agitando
le
ali
per
l'aria
celeste.
E
subito
giunsero.
E
tu,
o
beata,
sorridendo
nell'immortale
volto
chiedesti
del
mio
nuovo
patire,
e
che
cosa
un'altra
volta
invocavo,
e
che
più
desideravo
nell'inquieta
anima
mia.
"
Chi
vuoi
che
Péito
spinga
al
tuo
amore,
o
Saffo?
Chi
ti
offende?
Chi
ora
ti
fugge,
presto
t'inseguirà,
chi
non
accetta
doni,
ne
offrirà,
chi
non
ti
ama,
pure
contro
voglia,
presto
ti
amerà."
Vieni
a
me
anche
ora:
liberami
dai
tormenti,
avvenga
ciò
che
l'anima
mia
vuole:
aiutami,
Afrodite.
"Nell'ode
di
Saffo
noi
troviamo
come
una
nuova,
singolare
religiosità:
noi
vediamo,
più
che
scendere
la
dea
dal
cielo,
innalzarsi
Saffo
fino
a
lei:
siamo
anche
noi
tra
cielo
e
terra,
come
i
passeri
del
carro
d'oro,
e
tutto
è
come
un
sogno
meraviglioso,
dove
il
divino
è
umano
e
l'umano
è
divino.
Nulla
la
dea
ha
perduto
della
sua
potenza
divina
sull'umana
debolezza:
lo
mostra
il
suo
sorriso,
lo
mostrano
le
sue
affermazioni
recise
della
penultima
strofe.
Pure
noi
sentiamo
ch'
essa
è
infinitamente
vicina
a
Saffo,
come
la
poetessa
stessa
lo
sente,
perché
l'ode
finisce
con
un
tono
inatteso
di
confidenza
e
di
baldanza,
più
inatteso
ancora
tra
il
ritornare
delle
forme
rituali:
sii
la
mia
alleata"
(G.Perrotta,
Saffo
e
Pindaro,
D'Anna,
Messina
-
Firenze
1967,
pp.66-67)

PLENILUNIO
Gli
astri
d'intorno
alla
leggiadra
luna
nascondono
l'immagine
lucente,
quando
piena
più
risplende,
bianca
sopra
la
terra.

SULLA
TENERA
ERBA
APPENA
NATA
Piena
splendeva
la
luna
quando
presso
l'altare
si
fermarono:
e
le
Cretesi
con
armonia
sui
piedi
leggeri
cominciarono
spensierate
a
girare
intorno
all'ara
sulla
tenera
erba
appena
nata.

O
CORONATA
DI
VIOLE,
DIVINA
DOLCE
RIDENTE
SAFFO
(frammento
63
di
Alceo)


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