Legge Regione Calabria 3 ottobre 1997, n. 10
(B.U.R. Calabria 9 ottobre 1997, n. 102.)
Norme in materia di valorizzazione e razionale utilizzazione
delle risorse idriche e di tutela delle acque dall'inquinamento.
Delimitazione
degli ambiti territoriali ottimali (A.T.O.) per la gestione del servizio idrico
integrato.
Il Consiglio regionale ha approvato
Il Commissario del Governo ha apposto il visto
Il Presidente della Giunta regionale promulga la seguente legge:
1. La Regione Calabria promuove una politica generale di governo delle risorse idriche mirata alla loro tutela, riqualificazione e corretta utilizzazione secondo principi di solidarietà e di reciprocità, anche con le Regioni viciniori, al fine di assicurare l'equilibrio del bilancio idrico. Promuove, inoltre, la difesa, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini idrografici, la salvaguardia delle aspettative e dei diritti delle generazioni future nonché il rinnovo ed il risparmio delle risorse e l'uso plurimo, delle stesse con priorità al soddisfacimento delle esigenze idropotabili.
2. La presente legge disciplina le funzioni amministrative in materia di tutela delle acque dall'inquinamento e di valorizzazione delle risorse idriche.
3. In attuazione dell'articolo 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali), la Regione svolge le funzioni di programmazione e di indirizzo nelle materie di cui al comma 1, assicurando, tramite le Province, la partecipazione degli enti locali alla formazione dei programmi.
4. Ai fini dell'attuazione della legge 5 gennaio 1994 n. 36, concernente "Disposizioni in materia di risorse idriche", la Regione Calabria promuove la tutela e la valorizzazione delle risorse idriche mediante:
a) la loro utilizzazione secondo criteri di razionalità e solidarietà, per favorirne il risparmio, il rinnovo e l'uso plurimo, con priorità per quello potabile e per fare in modo che le generazioni future possano disporre di tale patrimonio ambientale;
b) l'organizzazione nel territorio regionale del servizio idrico attraverso il conseguimento di adeguate dimensioni gestionali al fine di superare la frammentazione delle gestioni esistenti garantendo l'effettuazione del servizio secondo criteri di efficienza, efficacia e di economicità.
5. Per conseguire economicità gestionale e garantire che la gestione risponda a criteri di efficienza ed efficacia, il servizio idrico integrato è affidato ad un unico soggetto gestore per ciascun ambito territoriale ottimale, salvo quanto disposto dall'art. 9, comma 4, della legge 5 gennaio 1994 n. 36.
6. Per raggiungere gli obiettivi indicati nel comma 4, la Regione adegua la propria normativa con particolare riferimento a:
a) metodologie di programmazione della razionale tutela ed utilizzazione delle risorse idriche;
b) disciplina per la gestione, l'utilizzo e la tutela delle risorse idriche secondo criteri di solidarietà e conservazione dell'integrità del patrimonio ambientale;
c) ciclo integrale delle acque, protezione delle risorse idriche e sistemi di smaltimento delle acque reflue;
d) usi prioritari delle acque, risparmio idrico e obiettivi del processo di revisione del P.R.G.A. e organizzazione territoriale del servizio idrico integrato.
7. Per raggiungere gli stessi obiettivi indicati nel comma 4 del presente articolo, la Regione detta norme per:
a) delimitare ambiti ottimali per la organizzazione e la gestione del servizio idrico integrato;
b) disciplinare le forme ed i modi di cooperazione fra gli enti locali ricompresi in ciascun ambito territoriale ottimale;
c) definire le procedure per l'organizzazione del servizio idrico integrato;
d) l'adozione della convenzione tipo e del relativo disciplinare, ai sensi dell'art. 11 della legge 5 gennaio 1994 n. 36 al fine di regolamentare rapporti fra enti locali e soggetti gestori del servizio idrico integrato.
1. La Regione in armonia con le disposizioni delle leggi regionali n. 34 del 29 novembre 1996 (Istituzione delle Autorità di Bacino Interregionale dei fiumi Lao, Noce, Sinni) e n. 35 (Costituzione dell'Autorità di Bacino Regionale in attuazione della legge 18 maggio 1989 n. 183 e successive modificazioni ed integrazioni), svolge le seguenti funzioni:
a) programmazione, attraverso la redazione del Piano Regionale di Risanamento delle acque secondo le modalità di cui all'articolo 8 della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento) e successive modificazioni ed integrazioni;
b) coordinamento, per quanto attiene ad esigenze di carattere unitario, delle funzioni attribuite agli enti locali nelle materie oggetto della presente legge;
c) direzione del sistema di controllo dagli scarichi e degli insediamenti;
d) acquisizione ed elaborazione dei dati interessanti la tutela dell'ambiente, ai fini di conoscere lo stato dell'inquinamento in atto sul territorio regionale nonché le caratteristiche dei corpi idrici;
e) individuazione degli interventi e delle misure necessarie a tutelare e valorizzare le risorse idriche;
f) adozione dei programmi per attuare il risparmio idrico, per realizzare acquedotti ad uso rurale, promiscuo e industriale, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, e dell'articolo 6, comma 2, della legge n. 36 del 1994;
g) organizzazione territoriale del servizio idrico integrato, ai sensi dell'articolo 8, commi 2, 3, 4 e 5, della legge n. 36 del 1994;
h) adozione della convenzione tipo e relativo disciplinare, ai sensi dell'articolo 11, commi 1 e 2, della legge n. 36 del 1994;
i) disciplina delle forme e modalità per il trasferimento ai soggetti gestori del personale di cui all'articolo 12, comma 3, della legge n. 36 del 1994.
2. Per il raggiungimento di particolari obiettivi di qualità delle risorse idriche, per determinati corpi idrici e per porzioni di territorio, la Giunta regionale può imporre limiti più restrittivi agli scarichi provenienti dalle pubbliche fognature e dagli insediamenti civili di cui alle tabelle allegate alla presente legge con i numeri 1) e 2), sentita l'Autorità di bacino di cui alle leggi regionali n. 34 e n. 35 de1 1996 e la Provincia, che raccoglie e coordina eventuali proposte avanzate dai Comuni; la Giunta regionale può procedere, anche in assenza dei pareri della Provincia e dell'Autorità di bacino, qualora gli stessi non pervengano entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta.
3. L'Osservatorio permanente dei corpi idrici regionali, di cui al successivo articolo 36, fornisce il supporto conoscitivo in materia di tutela e gestione delle acque, anche in attuazione del Sistema Informativo Nazionale per l'Ambiente (S.I.N.A.), di cui alla legge 28 agosto 1989, n. 305 (Programmazione triennale per la tutela dell'ambiente).
1. Spettano alle Province:
a) il rilascio dell'autorizzazione ed il controllo degli scarichi delle pubbliche fognature nei corpi idrici, sul suolo e negli strati superficiali del suolo;
b) il rilascio dell'autorizzazione ed il controllo degli scarichi provenienti da insediamenti civili nei corpi idrici, sul suolo e negli strati superficiali del suolo;
c) il rilascio dell'autorizzazione ed il controllo degli scarichi provenienti dagli insediamenti produttivi recapitanti:
1) nei corpi idrici, sul suolo per quanto attiene ai limiti di accettabilità e al rispetto delle norme che regolamentano lo smaltimento dei liquami e dei fanghi, di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque dall'inquinamento) e successive modificazioni ed integrazioni, purché i liquami ed i fanghi non siano pericolosi ai sensi del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE e sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio) e successive modificazioni ed integrazioni;
2) direttamente nelle acque costiere marine;
d) il rilascio dell'autorizzazione ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 132 (Attuazione della direttiva 80/68/CEE
concernente la protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose);e) l'approvazione dei progetti degli impianti di depurazione a servizio delle pubbliche fognature e la relativa verifica della compatibilità ambientale per gli impianti di competenza regionale o statale e l'autorizzazione all'esercizio;
f) l'organizzazione del servizio idrico integrato ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 36 del 1994;
g) l'effettuazione delle ricognizioni e la realizzazione dei programmi previsti dall'articolo 11, comma 3, della legge n. 36 del 1994, per la definizione dei contenuti della convenzione tipo necessaria per la organizzazione del servizio idrico integrato.
2. Spettano alle Province, inoltre, le seguenti competenze:
a) l'installazione e la manutenzione della rete del dispositivo per il controllo qualitativo dei corpi idrici anche ai fini dell'attività regionale di censimento delle risorse idriche. Qualora i corpi idrici siano fonte di acqua destinata al consumo umano le suddette attività sono svolte in collaborazione con i soggetti gestori di cui alla legge n. 36 del 1994;
b) il catasto di tutti gli scarichi nei corpi idrici superficiali ed il suo aggiornamento.
3. Le Province provvedono all'esercizio delle funzioni di cui ai commi 1 e 2 anche ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (Riordino delle finanze degli enti territoriali a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.)
1. Spettano ai Comuni:
a) il rilascio dell'autorizzazione ed il controllo degli scarichi provenienti dagli insediamenti produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per quanto attiene all'accettabilità degli stessi alla funzionalità degli impianti di pretrattamento adottati, al rispetto dei criteri generali per un corretto e razionale uso dell'acqua, di cui all'articolo 2, lett. d), della legge n. 319 del 1976 e successive modificazioni ed integrazioni;
b) l'approvazione dei progetti delle opere che originano gli scarichi di cui sopra, ove questi non siano espressamente approvati nei progetti edilizi di edifici, impianti o complessi insediativi oggetto di specifiche autorizzazioni in applicazione di leggi vigenti;
c) l'organizzazione del servizio idrico integrato ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 36 del 1994;
d) l'effettuazione delle ricognizioni e la realizzazione dei programmi previsti dall'articolo 11, comma 3, della legge n. 36 del 1994, per la definizione dei contenuti della convenzione tipo necessaria per la organizzazione del servizio idrico integrato.
2. I Comuni, inoltre, provvedono alla gestione dei servizi pubblici di acquedotto, fognatura, depurazione delle acque di scarico; tale gestione è attuata attraverso le forme previste dalla legge n. 142 del 1990, come integrata dall'articolo 12 della legge 23 dicembre 1992, n. 498 (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica).
3. Le funzioni di cui al comma 1, lett. a), del presente articolo sono svolte da Consorzi di Comuni o dalle Comunità montane qualora gli stessi siano titolari del servizio di pubblica fognatura e depurazione delle acque reflue.
4. I Comuni, singoli o associati, e le Comunità montane quali titolari del servizio pubblico di fognatura e depurazione, adottano un regolamento per l'esercizio del relativo servizio che, in particolare, stabilisce:
a) i limiti di accettabilità in fognatura di ciascun elemento inquinante, in funzione dello stato delle opere e dell'impianto di depurazione, nonché del recapito finale dello scarico della fognatura;
b) le modalità di rilascio delle autorizzazioni allo scarico;
c) le modalità per il controllo degli scarichi in relazione ai limiti di accettabilità;
d) le norme tecniche per gli allacciamenti;
e) le spese di allacciamento e le tariffe;
f) i criteri per l'assimilabilità degli scarichi degli insediamenti produttivi a quelli degli insediamenti abitativi, ai sensi della legge 8 ottobre 1976, n. 690 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 10 agosto 1976, n. 544, concernente proroga dei termini di cui agli articoli 15, 17 e 18 della legge 10 maggio 1976, n. 319, recante norme per la tutela delle acque dall'inquinamento);
g) le immissioni vietate.
5. Il regolamento di cui al comma 4 è adottato anche ai fimi di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legge 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172 (Modifica alla disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature).
6. Copia dell'autorizzazione di cui al comma 1, lett. a), e il regolamento di cui al comma 4 del presente articolo, sono inviati alla Provincia territorialmente competente al controllo degli scarichi entro trenta giorni dall'esecutività degli stessi. L'avviso dell'adozione del regolamento è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione.
1. Gli enti locali di cui agli articoli 3 e 4 si avvalgono delle strutture provinciali dell'Agenzia regionale di cui all'articolo 3 del decreto legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, nella legge 21 gennaio 1994, n. 61 (Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione dell'Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente).
2. In attesa dell'istituzione dell'Agenzia regionale di cui al comma 1, gli enti locali possono avvalersi dei Presidi multizonali di prevenzione e dei competenti servizi delle Unità sanitarie locali.
1. Gli scarichi nelle pubbliche fognature provenienti dagli insediamenti civili sono sempre ammessi, nei modi previsti dalle norme regolamentari che disciplinano il relativo servizio.
2. Gli scarichi provenienti dagli insediamenti produttivi devono essere autorizzati ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lett. a).
3. Gli scarichi di cui ai commi 1 e 2 devono comunque rispettare i limiti di accettabilità, le norme e le prescrizioni stabilite con il regolamento di cui all'articolo 4. In attesa dell'approvazione del regolamento gli scarichi provenienti dagli insediamenti produttivi devono essere conformi ai limiti di accettabilità di cui alla tabella C allegata alla legge n. 319 del 1976, e successive modificazioni ed integrazioni.
1. Gli scarichi in acque superficiali, interne e marine, sul suolo provenienti dagli insediamenti produttivi, autorizzati dalle Province ai sensi dell'articolo 3, devono essere conformi ai limiti imposti con il provvedimento di autorizzazione. In ogni caso i limiti di accettabilità degli scarichi non devono essere superiori a quelli imposti dalla tabella A allegata alla legge n. 319 del 1976 e successive modificazioni ed integrazioni.
1. Fatte salve le norme in materia di scarichi contenenti sostanze pericolose, di cui al D.Lgs. n. 132 del 1992 ed al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 133 (Attuazione delle direttive 74/464/CEE, 82/176/CEE, 83/513/CEE, 84/156/CEE, 84/191/CEE, 88/347/CEE e 90/415/CEE in materia di scarichi industriali di sostanze pericolose nelle acque), al fine del rilascio dell'autorizzazione, il titolare dell'insediamento produttivo, o il legale rappresentante dello stesso, presenta domanda alla Provincia competente per territorio, corredata da una scheda tecnica contenente i dati di cui all'allegato n. 3 della presente legge.
2. La Provincia, sulla base degli elementi acquisiti nonché di ulteriori eventuali accertamenti effettuati, e sentito il parere, da comunicarsi entro trenta giorni dalla richiesta, dell'Autorità sanitaria competente per territorio, in relazione alle misure di tutela degli usi potabili dell'acqua, della miticoltura, della balneazione e della protezione della salute pubblica, rilascia l'autorizzazione provvisoria entro sessanta giorni a far data dalla presentazione della domanda.
3. L'autorizzazione deve almeno contenere:
a) gli elementi relativi all'individuazione dell'insediamento;
b) l'individuazione del titolare dello scarico;
c) le coordinate geografiche del punto di immissione dello scarico nel corpo ricettore;
d) le prescrizioni tecniche per la tutela delle acque;
e) la frequenza e modalità dei prelievi e delle analisi, da effettuarsi a cura del titolare dello scarico, sottoscritta da tecnici abilitati e da comunicarsi all'autorità competente al controllo nei termini fissati nell'autorizzazione;
f) la frequenza minima dei controlli da parte dell'Autorità competente al controllo.
4. Le prescrizioni di cui al comma 3, lett. d), in particolare concernono:
a) i limiti massimi di accettabilità sia in termini di portata sia in termini di qualità, per il tipo di scarico considerato, nonché le norme igieniche da rispettare secondo quanto stabilito dalle Autorità sanitarie locali;
b) il rispetto delle prescrizioni tecniche, da impartirsi caso per caso in relazione al corpo recettore ed alla sua capacità recettiva, previste dalla normativa statale e, ove emanata, dalla normativa regionale;
c) l'obbligo di adottare eventuali trattamenti per gli scarichi contenenti le sostanze di cui al punto 10 delle tabelle A e C, della legge n. 319 del 1976 e successive modificazioni ed integrazioni, e l'adozione di particolari misure di trattamento o di scarico attinenti singoli specifici scarichi;
d) l'eventuale installazione di specifici strumenti per il campionamento in continuo degli scarichi o per il loro controllo automatico;
e) l'eventuale adozione delle misure necessarie per evitare l'inquinamento delle acque dilavanti le superfici scoperte dell'insediamento.
5. L'autorizzazione provvisoria deve inoltre stabilire, salvo motivi particolari di rischio per l'ambiente, un termine di sessanta giorni necessario per la messa a regime dell'impianto, indicando limiti transitori che lo scarico deve rispettare durante tale periodo.
1. La Provincia, verificato il rispetto di quanto previsto nell'autorizzazione provvisoria, entro centoventi giorni dalla data di messa a regime dell'impianto, comunicata preventivamente a cura del titolare dello stesso, rilascia l'autorizzazione definitiva.
2. L'autorizzazione definitiva ha la durata di quattro anni, ed è rinnovabile. Il rinnovo dell'autorizzazione deve essere richiesto centottanta giorni prima della scadenza. La Provincia deve dare risposta entro il termine di scadenza dell'autorizzazione.
3. L'autorizzazione può essere sempre modificata in relazione a nuove normative tecniche, per prevenire od eliminare rischi o danni verificati in sede di controllo o in base a quanto previsto dall'articolo 11, comma 2.
4. Le interruzioni, anche parziali, per manutenzione programmata, devono essere comunicate preventivamente alla Provincia ed al Sindaco.
5. Le interruzioni, anche parziali, riconducibili a guasti o ad assenza di energia elettrica, per le quali si ipotizzino disfunzioni o malfunzionamenti degli impianti, devono essere immediatamente comunicati alla Provincia ed al Sindaco; nelle more della corretta ripresa delle attività, devono essere attuati gli interventi correttivi.
1. Ove venga rilevata l'inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione ovvero di qualsiasi norma in materia di scarichi, la Provincia può:
a) diffidare il titolare dello scarico, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità riscontrate;
b) sospendere l'autorizzazione, qualora il titolare dello scarico non abbia ottemperato a quanto contenuto nella diffida;
c) revocare l'autorizzazione in caso di mancato rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 8, comma 4.
1. I titolari degli scarichi sono tenuti all'esecuzione di quanto è richiesto dalla Provincia in relazione allo svolgimento delle sue funzioni.
2. Qualsiasi modifica da apportare agli scarichi e al loro processo di formazione è preventivamente comunicata alla Provincia per i provvedimenti di competenza.
3. Per gli insediamenti soggetti a diversa destinazione o ad ampliamenti o a ristrutturazioni, o la cui attività sia trasferita in altro luogo, deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico.
4. I titolari degli insediamenti sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie ad evitare che le acque meteoriche dilavanti le superfici scoperte degli stessi insediamenti producano danni ai corpi ricettori.
5. Il gestore dell'impianto di depurazione tiene il quaderno di registrazione dei dati ed il quaderno di manutenzione con le modalità di cui alla deliberazione 4 febbraio 1977 del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall'inquinamento; tali quaderni sono conservati per un periodo di cinque anni dalla data dell'ultima annotazione e sono esibiti a richiesta della Provincia e delle strutture tecniche di controllo di cui all'articolo 5, unitamente ad eventuali ulteriori documenti relativi al trasporto di acque, fanghi e liquami.
1. Per gli scarichi diretti del percolato proveniente da discariche autorizzate esistenti, dotate di impianti di depurazione che necessitano di interventi di miglioria per impreviste difficoltà di funzionamento, deve essere inoltrato, alla Provincia competente per territorio, per la relativa approvazione e per il rilascio dell'autorizzazione, un progetto di potenziamento e/o ristrutturazione funzionale degli stessi impianti.
2. Nel periodo temporale necessario per la ristrutturazione funzionale dell'impianto, è fatto divieto di scarico i cui valori parametrici sono superiori ai valori limiti della Tab. A della legge n. 319 del 1976.
3. In detto periodo il percolato dovrà essere smaltito in impianto di depurazione di adeguata e corretta potenzialità.
1. Nelle aree di salvaguardia delle risorse idriche di cui al DPR 24 maggio 1988, n. 236 (Attuazione della direttiva CEE n. 80/778 concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano ai sensi dell'articolo 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183), sono vietati gli scarichi di acque reflue, liquami e di fanghi residuati da cicli di lavorazione e da processi di depurazione.
2. Sono altresì vietati:
a) gli scarichi nei laghi naturali ed artificiali, nei corsi d'acqua naturali ed artificiali che si immettono direttamente in laghi, serbatoi o reticoli carsici, nonché nelle falde idriche sotterranee, sul suolo e negli strati superficiali del suolo, il cui substrato sia soggetto a fenomeni carsici. Sono sempre vietati gli scarichi nel sottosuolo;
b) gli scarichi sul suolo e negli strati superficiali del suolo adibito ad uso agricolo con coltivazione di prodotti usualmente consumati anche crudi nella alimentazione umana;
c) lo smaltimento dei fanghi sul suolo non adibito ad uso agricolo.
3. Lo smaltimento dei fanghi sul suolo adibito ad uso agricolo è ammesso qualora l'utilizzo dei fanghi sia stato autorizzato ai sensi del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99 (Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura); lo smaltimento deve comunque rispettare le disposizioni di cui alla deliberazione 4 febbraio 1977, allegato 5, Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall'inquinamento (Norme tecniche generali per la regolamentazione dello smaltimento dei fanghi residuati dai cicli di lavorazione dai processi di depurazione).
4. Gli scarichi sul suolo devono in ogni caso rispettare le norme igieniche stabilite dalle Autorità sanitarie locali.
1. Ai sensi e per gli effetti della presente legge si intendono:
a) per "numero di abitanti complessivi": il numero che si ottiene dividendo per 60 il BOD5 (richiesta biochimica di ossigeno) dello scarico espresso in grammi/giorno. Esso deve essere stimato come valore medio dei sessanta giorni in cui vengono registrate le massime presenze annuali;
b) per "acque bianche": le acque esclusivamente pluviali;
c) per "acque nere": ogni scarico non costituito esclusivamente da acque bianche;
d) per "pubbliche fognature a sistema misto": le pubbliche fognature che assieme alle acque nere convogliano anche le acque bianche;
e) per "insediamenti civili": gli insediamenti così definiti dall'articolo 1-quater della legge n. 690 del 1976, compresi gli insediamenti nei quali vengono svolte esclusivamente attività commerciali.
1. Gli scarichi delle pubbliche fognature, ai fini della presente legge, sono suddivisi in:
a) scarichi che derivano dall'uso esclusivamente abitativo degli edifici;
b) scarichi di insediamenti di qualsiasi natura, il cui sversamento non provoca il superamento dei limiti indicati nella Tabella allegata con il n. 2 alla presente legge, da parte dello scarico della pubblica fognatura, prima di qualsiasi trattamento depurativo.
2. Per gli scarichi di pubbliche fognature caratterizzati da parametri che, prima di qualsiasi trattamento depurativo, non rientrano nei limiti indicati nella Tabella allegata con il n. 2 alla presente legge, l'ente gestore della pubblica fognatura accerta le cause del superamento di tali limiti ed adotta i provvedimenti necessari alla eliminazione delle cause medesime entro il termine stabilito dalla Provincia.
1. Gli scarichi degli insediamenti civili che non recapitano in pubblica fognatura, ai fini della presente legge, sono suddivisi come segue:
a) Classe A = scarichi che derivano da edifici adibiti ad abitazione o allo svolgimento di attività alberghiera, turistica, sportiva, ricreativa; rientrano in tale classe:
1) gli scarichi provenienti esclusivamente dai servizi igienici, cucine e mense degli insediamenti adibiti ad attività scolastiche, produttive ed a prestazioni di servizio;
2) gli scarichi provenienti da imprese con attività diretta esclusivamente alla coltivazione del fondo o alla silvicoltura;
3) gli scarichi provenienti da insediamenti in cui si svolgano prevalentemente, con carattere di stabilità e permanenza, attività di produzione di beni che diano origine esclusivamente a scarichi terminali assimilabili a quelli provenienti da insediamenti abitativi.
b) Classe B:
1) scarichi provenienti da insediamenti adibiti a prestazioni di servizi, ad attività scolastiche, nonché a centri di ricerca pubblici e privati i quali diano origine a scarichi terminali non derivanti esclusivamente da servizi igienici, cucine e mense;
2) scarichi provenienti da insediamenti adibiti ad attività sanitaria.
c) Classe C = scarichi provenienti da imprese agricole ivi comprese le cooperative, che abbiano le seguenti caratteristiche:
1) imprese dedite ad allevamento di bovini, equini, ovini e suini, ecc., che dispongano, in connessione con l'attività di allevamento, almeno di un ettaro di terreno agricolo per ogni 40 quintali di peso vivo di bestiame;
2) imprese di cui alle lettere a), b) e c) della delibera del Comitato interministeriale dell'8 maggio 1980, che esercitano anche attività di trasformazione e di valorizzazione della produzione che siano inserite con carattere di normalità e di complementarità funzionale nel ciclo produttivo aziendale. In ogni caso la materia prima dovrà provenire per almeno 2/3 dall'attività di coltivazione del fondo.
1. Gli scarichi di cui ai precedenti articoli 15, e 16 sono ammessi nel rispetto delle prescrizioni della presente legge, esclusivamente nei seguenti recapiti:
a) corsi d'acqua naturali e artificiali, che non si immettano in laghi, serbatoi o in reticoli carsici;
b) acque di transizione;
c) mare territoriale;
d) suolo e strati superficiali del suolo, purché il substrato non sia soggetto a fenomeni carsici.
1. I progetti di nuovi impianti di depurazione degli scarichi nonché i progetti di modificazione o ampliamento di impianti esistenti sono preliminarmente approvati dalla Provincia competente ai fini dell'accertamento della conformità degli interventi alle norme tecniche di cui all'allegato 4 della deliberazione 4 febbraio 1977 del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall'inquinamento.
2. Per gli impianti non soggetti alla valutazione di impatto ambientale di competenza regionale o statale, l'approvazione di cui al comma 1 deve tenere conto della loro compatibilità ambientale.
1. Gli scarichi di cui ai precedenti articoli 15 e 16 sono autorizzati dalla Provincia ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettere a) e b) della presente legge.
2. La domanda di autorizzazione provvisoria, relativa agli scarichi di cui agli articoli 15 e 16, deve essere corredata dall'indicazione della classe dell'insediamento o della pubblica fognatura, del numero degli abitanti complessivi serviti, del punto di recapito dello scarico, delle previste caratteristiche qualitative e quantitative dello scarico nonché dagli estremi di approvazione, ai sensi del precedente art. 18, del progetto dell'impianto di depurazione o del sistema di smaltimento previsto.
3. La domanda di autorizzazione provvisoria agli scarichi provenienti dagli insediamenti civili che non recapitano in pubblica fognatura è presentata dai titolari degli scarichi stessi contestualmente alla richiesta di concessione edilizia relativa all'insediamento da cui proviene lo scarico.
4. Il rilascio del certificato di abitabilità o di agibilità di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 22 aprile 1994, n. 425 (Regolamento recante disciplina dei procedimenti di autorizzazione all'abitabilità, di collaudo statico e di iscrizione al catasto), è subordinato al possesso dell'autorizzazione provvisoria allo scarico.
5. Entro sessanta giorni dalla data di presentazione della domanda, la Provincia competente ai sensi del precedente articolo 3 rilascia l'autorizzazione provvisoria che stabilisce:
a) i limiti di accettabilità dello scarico;
b) un termine di quarantacinque giorni, necessario per la messa a regime dell'impianto di depurazione, con l'indicazione di limiti transitori che lo scarico deve rispettare durante tale periodo;
c) la frequenza dei controlli.
6. Per gli scarichi di cui al presente Capo III, la frequenza minima dei campionamenti è fissata nei termini seguenti in funzione del numero di abitanti complessivi serviti:
a) fino a 2.000 abitanti complessivi: 4 campioni all'anno;
b) da 2.001 fino a 10.000 abitanti complessivi: 6 campioni annui;
c) da 10.001 a 50.000 abitanti complessivi: 12 campioni annui;
d) oltre 50.000 abitanti complessivi: 24 campioni annui.
7. L'autorizzazione definitiva è rilasciata quando lo scarico rispetta i limiti di accettabilità indicati nell'autorizzazione provvisoria.
8. L'autorizzazione è trasmessa al richiedente, alla struttura provinciale dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, o qualora non ancora istituita, al Presidio multizonale di prevenzione, ed all'Unità sanitaria locale competente per territorio.
9. La Provincia competente al rilascio dell'autorizzazione può richiedere che il gestore dell'impianto di depurazione tenga il quaderno di registrazione dei dati ed il quaderno di manutenzione con le modalità di cui alla deliberazione 4 febbraio 1977 del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall'inquinamento.
I quaderni sono conservati per un periodo di cinque anni a far data dall'ultima annotazione, sono esibiti a qualunque richiesta della Provincia, o delle strutture tecniche di controllo di cui al precedente articolo 5.
10. Le interruzioni, anche parziali, per manutenzione programmata, devono essere comunicate preventivamente alla Provincia e, per le opere private, al Sindaco.
11. Le interruzioni, anche parziali, riconducibili a guasti od assenza di energia elettrica, per le quali si ipotizzino disfunzioni o malfunzionamenti degli impianti, devono essere immediatamente comunicati alla Provincia e, per le opere non comunali, al Sindaco. Nelle more della corretta ripresa delle attività, devono essere attuati gli interventi correttivi.
1. Qualora non vengono osservate le prescrizioni contenute nell'autorizzazione ovvero di qualsiasi norma in materia di scarichi, la Provincia può:
a) diffidare il titolare dello scarico, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le irregolarità riscontrate;
b) sospendere l'autorizzazione, qualora il titolare dello scarico non abbia ottemperato a quanto contenuto nella diffida;
c) revocare l'autorizzazione in caso di mancato rispetto dei limiti e delle prescrizioni in essa contenute.
1. Per gli scarichi costituiti esclusivamente da acque bianche delle pubbliche fognature e/o degli insediamenti civili, deve essere inoltrata richiesta di autorizzazione alla Provincia competente per territorio, con allegata scheda tecnica riportante le caratteristiche qualitative dello scarico.
2. La Provincia, in rapporto alle caratteristiche quali-quantitative dello scarico stesso, assume le determinazioni del caso, ricorrendo a procedure semplificate per il rilascio dell'autorizzazione.
3. Le fognature convoglianti acque bianche devono essere dotate di dispositivi idonei ad evitare fenomeni di inquinamento dei corpi idrici da parte delle acque di prima pioggia.
1. L'autorizzazione ad effettuare gli scarichi delle pubbliche fognature nei corsi d'acqua naturali ed artificiali è rilasciata dalla Provincia ai sensi del precedente articolo 19.
2. Il rilascio dell'autorizzazione è subordinato alle seguenti condizioni:
a) gli scarichi delle pubbliche fognature devono essere trattati con impianti che assicurino il rispetto dei limiti imposti dalla tabella A allegata alla legge n. 319 del 1976 e successive modificazioni ed integrazioni;
b) per tali scarichi deve essere prevista una vasca di contatto per eventuali trattamenti di disinfezione;
c) i trattamenti di cui alla precedente lett. b) sono obbligatori quando le acque in cui avviene lo scarico sono destinati ad uso potabile, alla balneazione, alla piscicoltura ed all'utilizzo agricolo per prodotti usualmente consumati anche crudi nell'alimentazione umana.
1. L'autorizzazione ad effettuare gli scarichi delle pubbliche fognature nelle acque di transizione e nel mare è rilasciata dalla Provincia, ai sensi del precedente articolo 19.
2. Al fine del rilascio dell'autorizzazione lo scarico, deve sempre avvenire, tramite condotta, a distanza dalla battigia tale da non compromettere gli usi a cui è destinato il tratto di mare, con particolare riguardo alla balneazione, alla mitilicoltura e alla pesca.
3. Gli scarichi delle pubbliche fognature, a servizio di oltre 50 abitanti complessivi, per essere autorizzati, devono essere trattati in impianti che assicurino il rispetto dei limiti imposti dalla tabella allegata con il n. 1 alla presente legge, assicurando, comunque, almeno le fasi di grigliatura, disoleatura e trattamento primario dei liquami (sedimentazione primaria), nonché, per emergenza, la presenza di una vasca di contatto per i trattamenti di disinfezione.
4. La lunghezza minima della condotta di scarico a mare non può essere inferiore a mt 300 dalla battigia e la profondità raggiunta non deve essere inferiore a 30 metri.
5. Il posizionamento, il dimensionamento e la verifica dell'efficienza funzionale della condotta, comunque dotata di adeguato sistema di diffusione finale, dovranno essere effettuate sulla base di appositi studi ed indagini oceanografici e meteomarini.
6. Per gli scarichi trattati in impianti di depurazione in grado di garantire il rispetto della tabella A allegata alla legge n. 319 del 1976 e successive modificazioni ed integrazioni, è obbligatoria la previsione di una condotta di allontanamento che raggiunga una profondità di 10 mt o abbia una lunghezza minima di 100 mt dalla linea di battigia e comunque tale da non compromettere gli usi a cui è destinato il tratto di mare, con particolare riguardo alla balneazione, alla mitilicoltura e alla pesca.
1. Lo scarico delle pubbliche fognature a sistema misto nei corsi d'acqua naturali ed artificiali, nelle acque di transizione e nel mare può essere autorizzato nel rispetto di quanto prescritto nei precedenti articoli 22 e 23 ed a condizione che gli scaricatori di piena siano dimensionati in modo tale da impedire, in caso di eventi meteorici, il versamento diretto, nei corpi ricettori, delle acque pluviali sino ad un volume pari a tre volte la portata media oraria di tempo secco. Tale volume d'acqua è sottoposto, prima dello scarico, al trattamento previsto per i liquami nei medesimi corpi ricettori, in assenza di eventi meteorici.
1. Al fine di portare a termine l'adeguamento tecnico degli impianti senza interruzione del pubblico servizio e al fine di limitare le conseguenze dell'inquinamento, le Province possono autorizzare, nei modi e nei termini previsti nella presente legge, scarichi delle pubbliche fognature esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge non conformi alla programmazione del Piano regionale di risanamento delle acque, purché tali scarichi siano conformi ai limiti previsti dalla presente legge.
2. Gli scarichi di cui al comma 1 sono consentiti nel rispetto degli usi cui è destinato il corpo idrico ricettore e sulla base del divieto dell'aumento dell'inquinamento.
1. Gli scarichi degli insediamenti civili di cui al precedente art. 16, Classe B, nei corsi d'acqua naturali ed artificiali sono autorizzati ai sensi dell'articolo 19 della presente legge, se rispettano i limiti fissati dalla tabella A allegata alla legge n. 319 del 1976 e successive modificazioni ed integrazioni.
1. Agli scarichi degli insediamenti civili di cui al precedente art. 16, Classe A, nelle acque di transizione e nel mare si applica, dal punto di vista tecnico, la disciplina prevista per gli scarichi delle pubbliche fognature di cui all'articolo 23 della presente legge.
2. Gli scarichi degli insediamenti civili di cui al precedente art. 16, Classe B, nelle acque di transizione e nel mare sono autorizzati se rispettano i limiti fissati dalla tabella A allegata alla legge n. 319 del 1976.
1. Sul suolo e negli strati superficiali del suolo sono vietati:
a) gli scarichi delle pubbliche fognature non recapitanti in impianti di trattamento;
b) gli scarichi delle pubbliche fognature di cui all'art. 15 lettere a) e b) al servizio di oltre 50 abitanti complessivi;
c) gli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili nelle aree di salvaguardia di cui al D.P.R. n. 236 del 1988.
2. Sul suolo e negli strati superficiali del suolo adibito ad uso agricolo è vietato ogni altro scarico che non sia direttamente utile alla produzione agricola.
3. Sono comunque vietati scarichi sul suolo e negli strati superficiali del suolo adibito ad uso agricolo sul quale vengono coltivati prodotti che sono usualmente consumati anche crudi nella alimentazione umana.
1. L'autorizzazione agli scarichi sul suolo e negli strati superficiali del suolo è rilasciata ai sensi del precedente articolo 19 da parte della Provincia, verificato il rispetto delle "Norme tecniche generali per la regolamentazione dello smaltimento dei liquami sul suolo e nel sottosuolo" riportate nell'allegato n. 5 della deliberazione del Comitato dei Ministri per la tutela delle acque dall'inquinamento 4 febbraio 1977.
2. Gli scarichi delle pubbliche fognature di cui al precedente art. 15 lettere a) e b), nonché degli insediamenti civili di cui al precedente articolo 16, Classe A, a servizio di non oltre 50 abitanti complessivi, sono autorizzati qualora sia provata la difficoltà tecnica di allacciamento alla condotta fognaria principale, l'eccessivo onere economico e siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 22, comma 2 della presente legge.
3. Gli scarichi degli insediamenti civili di cui all'art. 16, Classe A, con oltre 50 abitanti complessivi sono autorizzati qualora sia provata la difficoltà tecnica di allacciamento alla condotta fognaria principale, l'eccessivo onere economico e siano rispettati i limiti della tabella A allegata alla legge n. 319 del 1976 e successive modificazioni ed integrazioni; la Provincia può autorizzare, sulla base di motivate richieste e per un periodo non superiore a quattro anni non suscettibili di rinnovo, l'effettuazione di scarichi con limiti meno restrittivi per alcuni parametri della citata tabella A, tenuto conto delle caratteristiche dello scarico, dell'uso cui è destinato il suolo ricettore e della situazione ambientale locale; i limiti meno restrittivi non possono in nessun caso riguardare i valori dei parametri indicati ai punti 10, 12, 15, 16, 17, 20-30, 34, 39-47 della tabella A allegata alla legge n. 319 del 1976.
4. Gli scarichi sul suolo e negli strati superficiali del suolo adibito ad uso agricolo degli insediamenti civili di cui all'art. 16, Classe B, sono autorizzabili qualora la quantità di liquame da smaltire derivante da attività zootecnica corrisponda ad un carico non superiore a 40 quintali di peso vivo di bestiame di allevamento per ettaro. Tale limite si applica altresì agli scarichi dei liquami delle imprese agricole che esercitano attività di trasformazione della produzione di cui al comma 1, lettera d), della deliberazione del Comitato interministeriale per la tutela delle acque dall'inquinamento 8 maggio 1980.
5. Gli scarichi sul suolo e negli strati superficiali del suolo non adibito ad uso agricolo degli insediamenti civili di cui all'art. 16, Classe B, sono autorizzabili qualora la quantità dei liquami da smaltire non superi la metà del valore indicato nel comma 4.
6. La Provincia verifica l'impatto ambientale conseguente allo scarico dei liquami, stabilendo gli elementi ed i parametri più significativi tra quelli indicati al punto 2.8. della deliberazione di cui al comma 1 e la periodicità del loro rilevamento.
1. Il Piano regionale di risanamento delle acque di cui all'articolo 4, lett. a), della legge n. 319 del 1976 e successive modificazioni ed integrazioni costituisce lo strumento di programmazione regionale in materia di opere attinenti ai servizi pubblici di acquedotto, fognatura e depurazione.
2. La Giunta regionale, entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge, provvede ad aggiornare il Piano di risanamento delle acque, sentito il Comitato tecnico regionale dell'Autorità di bacino, di cui all'articolo 7 della legge regionale n. 35 del 29 novembre 1996, lo trasmette alle Autorità di bacino interregionali, di cui alla legge regionale n. 34 del 1996, alle Province ed ai Comuni, ai Consorzi di Comuni ed alle Comunità montane che gestiscono i servizi pubblici di cui all'articolo 6, comma 2, legge n. 319 del 1976 e successive modificazioni ed integrazioni e cura la pubblicazione dell'avviso di quanto sopra sul Bollettino Ufficiale della Regione; entro novanta giorni dalla pubblicazione dell'avviso, i Comuni, i Consorzi, le Comunità montane e le Autorità di bacino trasmettono il parere alla Regione ed alla Provincia territorialmente competente.
3. Nei successivi novanta giorni, le Province inviano le proprie proposte alla Giunta regionale in ordine allo schema di piano relativo al rispettivo territorio, sulla base delle consultazioni effettuate con gli enti locali di cui al comma 2.
4. Qualora le Province non trasmettano le proprie proposte nel termine di cui al comma 3, la Giunta regionale procede sulla base dei pareri pervenuti degli enti locali e delle Autorità di bacino di cui al comma 2 o provvede alla consultazione degli enti locali stessi.
5. Entro sei mesi dalla data di adozione dello schema di Piano di cui al comma 2, la Giunta regionale, sentiti, di concerto la Commissione del Piano e il Comitato tecnico regionale dell'Autorità di bacino, propone il Piano al Consiglio regionale per l'approvazione.
6. Il Consiglio regionale approva il Piano regionale di risanamento delle acque e ne cura la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.7. Fino all'adozione di eventuali modifiche ed aggiornamenti, rimane in vigore il Piano regionale di risanamento delle acque, approvato con deliberazione del Consiglio regionale 186 del 19 gennaio 1982.
1. Con le procedure di cui al precedente articolo 30, la Regione effettua, di regola ogni cinque anni, l'aggiornamento del Piano, rilevando lo stato di fatto delle opere attinenti i servizi pubblici di acquedotto, fognatura e depurazione, anche mediante i dati forniti dall'Osservatorio permanente dei corpi idrici.
2. Alla Regione compete l'attuazione del Piano regionale di depurazione delle acque di vegetazione (A.V.) dei frantoi oleari al fine di garantire la salvaguardia dell'ambiente ed il rilancio dell'olivicoltura.
3. La Regione può adeguare ed integrare il Piano in attuazione di specifiche disposizioni in materia di tutela degli usi delle acque e di protezione delle stesse dall'inquinamento provocato da sostanze pericolose.
4. La Regione può aggiornare il Piano, anche per parti territoriali o settoriali.
5. Nel caso di aggiornamenti parziali del Piano, i pareri di cui al precedente articolo 30, comma 2, sono espressi dagli enti locali interessati.
1. Non sono oggetto di pianificazione:
a) gli impianti sperimentali ed i progetti pilota che applicano tecnologie innovative nel campo della depurazione delle acque e riutilizzo delle stesse, il cui esercizio va comunque limitato al periodo necessario per la sperimentazione tecnica;
b) gli impianti a servizio di un'utenza inferiore a 100 abitanti equivalenti;
c) gli impianti di cui al precedente articolo 25, comma 1.
1. La programmazione della razionale utilizzazione delle risorse idriche rappresenta un processo operativo articolato in differenti fasi che devono vedere la partecipazione, in base alle rispettive competenze, di soggetti pubblici e privati.
2. Le Autorità di bacino pianificano l'uso razionale delle risorse idriche e assicurano il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
- soddisfacimento della domanda nel rispetto delle priorità indicate agli artt. 1 e 2 della legge n. 36 del 1994 e di criteri di equa distribuzione della risorsa sul territorio;
- corrispondenza tra qualità della risorsa e uso della stessa.
3. Nella fase di avvio delle attività di programmazione che porteranno alla razionale utilizzazione delle risorse idriche, dovrà essere garantito un graduale adeguamento del sistema alle nuove soluzioni di equilibrio affinché i soggetti istituzionali, i gestori del servizio idrico e gli utenti siano posti in grado di contribuire e di collaborare al raggiungimento degli obiettivi della legge n. 36 del 1994 con la delimitazione razionale e definitiva degli ambiti territoriali ottimali sul territorio regionale.
4. I risultati dell'attività di programmazione in ogni fase del suo svolgimento devono essere sottoposti a continua e costante verifica affinché gli strumenti amministrativi e organizzativi a disposizione, le disponibilità finanziarie, le risorse umane, gli obiettivi finali ed i risultati intermedi del processo operativo di cui al comma 1 risultino tra loro congrui.
1. Per un corretto funzionamento dei servizi del sistema idrico integrato, in attuazione di quanto disposto dalla legge n. 36 del 1994, il Consiglio regionale, su proposta della Giunta, per una razionale utilizzazione delle risorse idriche, al fine di individuare eventuali squilibri quantitativi e qualitativi esistenti fra la disponibilità e l'uso delle risorse, procede alla determinazione del bilancio idrico, individua gli usi prioritari delle acque e definisce gli interventi strutturali e finalizzati a mitigare gli squilibri e riassicurare l'equilibrio tra la disponibilità di risorse e fabbisogni per i diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi indicati agli artt. 1 e 2 della legge n. 36 del 1994.
2. La razionale utilizzazione delle risorse idriche di cui al comma 1 viene programmaticamente assicurata nelle seguenti fasi:
a) aggiornamento del Piano generale degli acquedotti ed armonizzazione con altri strumenti di pianificazione (Piani di bacino, Piano di risanamento delle acque, nonché piani territoriali e settoriali comportanti significative interrelazioni con la distribuzione della risorsa idrica);
b) programmazione degli interventi di completamento, integrazione e adeguamento delle infrastrutture e relativo piano di fattibilità economico-finanziaria;
c) effettuazione del bilancio idrico globale che dovrà individuare per i bacini idrografici interessati e per ogni settore di utilizzo, le "carenze" e le "eccedenze" nei rapporti risorse/fabbisogni, su base temporale mensile ed annua determinando, inoltre, l'evoluzione temporale del bilancio stesso dall'anno di redazione a quello finale di riferimento;
d) valutazione tempestiva di problemi ambientali connessi con le ipotesi progettuali che vanno definiti tenendo presenti le componenti naturalisliche coinvolte negli interventi che incidono sugli ecosistemi.
1. La Regione, ai sensi dell'art. 90 lett. a) del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, sentite le Province e le Autorità di bacino nell'ambito delle attività previste dagli artt. 3 e 17 della legge n. 183 del 1989, aggiorna il Piano regolatore generale degli acquedotti concernente le risorse idriche fino a soddisfare esigenze e bisogni del territorio regionale nonché l'utilizzazione delle risorse stesse nei modi di cui all'art. 8 comma 4 della legge n. 36 del 1994.
2. Detto Piano regolatore generale degli acquedotti va aggiornato sulla base delle direttive di cui all'art. 1, lettere b), c) e d) del D.P.C.M. 4 marzo 1996 previsto dall'art. 4, comma 1 lettere a), b), c), d), e), f) e g) della legge n. 36 del 1994.
1. È istituito l'Osservatorio permanente dei corpi idrici regionali, al fine di disporre di dati per l'esercizio delle funzioni di pianificazione e gestione ambientale delle risorse idriche, anche in coordinamento con quanto previsto, in merito al sistema informativo e di monitoraggio, dall'articolo 9 della legge 18 maggio 1989, n. 183.
2. La Giunta regionale realizza l'Osservatorio, mediante implementazione con il Sistema regionale ambientale, in collaborazione con le Province, i Comuni, le Autorità di bacino e i soggetti preposti alla gestione e controllo delle acque.
3. L'Osservatorio si compone di un centro regionale di raccolta ed elaborazione dati e di centri di monitoraggio negli ambiti territoriali delle Province gestiti dalle Province stesse. I centri di monitoraggio sono collegati telematicamente al centro regionale direttamente o tramite centri provinciali.
4. L'Osservatorio permanente dei corpi idrici regionali è costituito da un sistema di monitoraggio della qualità delle acque superficiali e sotterranee, delle portate dei corpi idrici, dei parametri meteorologici che agiscono direttamente sul regime di deflusso degli stessi corpi idrici, della raccolta dei dati relativi alla domanda di servizi idrici e all'offerta di infrastrutture, esistenti e in progetto, necessaria a soddisfare la domanda suddetta; ad esso confluiscono i dati trasmessi dai soggetti gestori dei servizi idrici, ai sensi dell'articolo 22, comma 2, della legge n. 36 del 1994.
5. La Giunta regionale assicura l'accesso ai dati dell'Osservatorio permanente dei corpi idrici e alle elaborazioni dei dati effettuate per la tutela degli interessi degli utenti.
6. La Regione provvede alle spese di gestione del centro regionale di raccolta ed elaborazione dati dell'Osservatorio e dei centri di monitoraggio periferici fino alla successiva attribuzione alle Province. A partire da tale data le spese di gestione dei centri di monitoraggio periferici sono sostenute dalle Province.
7. L'istituzione dell'Osservatorio di cui al presente articolo, avverrà entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
1. La Giunta regionale individua criteri per la realizzazione di ulteriori reti di rilevamento e di controllo della qualità delle acque, diverse da quelle di cui all'articolo 36, da parte di soggetti pubblici e privati, nel rispetto delle prescrizioni di cui all'articolo 10 della legge regionale n. 34 del 1996. I dati di tali reti di rilevamento confluiscono all'Osservatorio permanente dei corpi idrici, di cui all'articolo 36, secondo standard informatici approvati dalla Giunta regionale.
2. La Provincia può richiedere ai soggetti pubblici o privati, gestori di impianti che con i loro scarichi liquidi possono provocare inquinamenti, di installare e gestire, a proprie spese, apparecchiatura di controllo continuo della qualità ambientale; i dati così acquisiti sono trasmessi all'Osservatorio di cui all'articolo 36, secondo gli standard informatici indicati dalla Provincia.
3. I soggetti di cui al comma 2, che già posseggono apparecchi di controllo continuo, si collegano con l'Osservatorio di cui al precedente articolo 36.
1. La Regione, in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nell'ambito delle attività di programmazione e di pianificazione previste dagli artt. 3 e 17 della legge n. 183 del 1989 e successive modificazioni e, per conseguire le finalità di cui al comma 4 dell'articolo 1 della presente legge, nonché per raggiungere gli obiettivi di cui ai precedenti capi I e II del presente titolo III:
- provvede alla delimitazione provvisoria degli ambiti territoriali ottimali, come indicato nel successivo comma 4;
- detta procedure e modalità per l'organizzazione e la gestione dei servizi idrici:
a) di captazione, adduzione e distribuzione all'utenza delle acque per uso civile, di fognatura e di depurazione delle stesse, attualmente gestite direttamente o date in concessione dai Comuni, dalle Comunità montane o da altri Enti;
b) relativi alle opere idriche di captazione, accumulo, potabilizzazione ed adduzione, trasferite alla Regione ai sensi dell'art. 6 della legge 2 maggio 1976, n. 183, nonché le ulteriori opere idriche di integrazione e completamento coerenti con la programmazione avviata dall'ex Casmez.
- disciplina le forme e i modi di cooperazione tra Comuni e Province, come indicato nel successivo art. 41.
2. La Regione, al fine di perseguire l'obiettivo della gestione autonoma del servizio idrico integrato da parte di ciascun ambito territoriale ottimale, completerà, modificherà e organizzerà in coerenza alla presente legge il sistema e gli schemi idrici regionali.
3. La Regione, previa ricognizione, trasferirà con apposita legge gli impianti di cui alla lett. b) del 1° comma del presente articolo, e la relativa gestione, agli ambiti territoriali ottimali delimitati in modo definitivo con le modalità di cui al successivo articolo 39.
4. Per la organizzazione dei servizi di cui al precedente primo comma, ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, fatte salve le competenze di cui al successivo art. 40, la Regione delimita i seguenti cinque Ambiti territoriali ottimali subregionali, comprendenti, ciascuno, i Comuni di cui agli elenchi allegati alla presente legge con il n. 4, lett. A, B, C, D ed E:
- Ambito territoriale ottimale denominato "Calabria 1 - Cosenza"
- Ambito territoriale ottimale denominato convenzionalmente "Calabria 2 - Catanzaro"
- Ambito territoriale ottimale denominato convenzionalmente "Calabria 3 - Crotone"
- Ambito territoriale ottimale denominato convenzionalmente "Calabria 4 - Vibo Valentia"
- Ambito territoriale ottimale denominato convenzionalmente "Calabria 5 - Reggio Calabria".
1. Alle modifiche della delimitazione di cui al precedente articolo 38, che risultassero necessarie per ottimizzare la gestione o per armonizzare gli ambiti stessi alle scelte programmatiche regionali, provvede il Consiglio regionale con propria delibera su proposta della Giunta, sentite le Amministrazioni provinciali e le Autorità di bacino interessate.
2. Le Amministrazioni provinciali e le Autorità di bacino debbono esprimere i propri pareri ed osservazioni entro il termine di sessanta giorni dalla richiesta, trascorso il quale, il parere si considera favorevolmente espresso.
1. La Giunta regionale è autorizzata, ai sensi dell'art. 22, comma 3, lett. e), della legge n. 142 del 1990, a costituire una società mista a prevalente capitale pubblico, per garantire su tutto il territorio regionale un equilibrio del bilancio idrico e la priorità negli usi; in attuazione di quanto previsto dagli articoli 2, 3, comma 1 e 2, e 10, comma 7, della legge n. 36 del 1994, nonché dagli articoli 3 e 10 della legge n. 183 del 1989.
2. Alla società mista di cui al comma precedente sarà affidata la gestione di tutte le opere idriche di cui al comma 1, lett. b) del precedente articolo 38, nonché la realizzazione e gestione delle ulteriori opere idriche di integrazione e le necessarie riconversioni ivi compresi l'esecuzione ed il completamento di invasi, di adduttori e di ogni altra opera diversa da quelle espressamente indicate nell'articolo 27 della legge n. 36 del 1994.
3. Alla società mista di cui al comma 1 partecipano gli enti locali.
4. La Giunta regionale, previo parere vincolante della Commissione consiliare competente, definisce le modalità di costituzione della società di cui al comma 1.
5. Alla Giunta regionale, previo parere vincolante della Commissione consiliare competente, è altresì demandata l'approvazione dello Statuto della costituenda società nonché l'approvazione di apposito disciplinare contenente la individuazione delle opere affidate in gestione e la regolamentazione dei rapporti tra Regione e Società e tra Società ed Enti d'ambito.
6. La Società esercita le proprie funzioni secondo i seguenti principi:
a) organizza la gestione del servizio idrico secondo le forme e i modi dell'impresa industriale;
b) favorisce la partecipazione al capitale sociale da parte degli Enti locali e dei soggetti investitori interessati;
c) privilegia l'autofinanziamento ed il ricorso al mercato dei capitali per le necessità di finanziamento dei programmi di investimento e di gestione del servizio idrico;
d) assicura la tutela delle aree di salvaguardia delle risorse idriche destinate al consumo umano;
e) si dota di apposito servizio di controllo sulla qualità delle acque;
f) assicura l'informazione agli utenti garantendone l'accesso e promuove iniziative per la educazione alla corretta utilizzazione dell'acqua.
1. I Comuni e le Province ricompresi nel territorio di ciascun ambito territoriale ottimale organizzano, entro sei mesi dalla entrata in vigore della presente legge, la gestione dei servizi di cui alla lett. a) del comma 1 del precedente articolo 38.
2. Per i fini di cui al comma 1, per garantire la gestione unitaria secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, i Comuni e le Province possono utilizzare una delle seguenti forme di cooperazione:
a) stipulare una convenzione nella forma prevista dall'art. 24 della legge n. 142 dell'8 giugno 1990;
b) costituire un Consorzio ai sensi dell'art. 25 della legge n. 142 del 1990 e successive modificazioni.
3. Il raggruppamento di Comuni e Province ricadenti nel medesimo ambito e organizzati nelle forme di cooperazione prescelta, è definito "Ente d'ambito".
4. Nel caso in cui venga prescelta la forma di cui alla lett. a) del comma 2, la convenzione, denominata "Convenzione per la costituzione dell'Ente d'ambito", è definita sulla base dello schema di convenzione tipo allegato alla presente legge con il n. 5.
5. Nella Convenzione per la costituzione dell'Ente d'ambito, l'attività di coordinamento tra Enti interessati è attribuita alla Provincia e sono indicati:
a) la finalità;
b) la durata;
c) gli Organi dell'Ente d'ambito nonché le forme di consultazione e decisione tra gli enti convenzionati;
d) le modalità operative dell'attività di coordinamento espletata dall'Ente responsabile;
e) la delega, all'Ente responsabile del coordinamento, dei poteri per la stipula con i soggetti gestori della "Convenzione per la gestione del servizio idrico integrato" di cui al successivo art. 46;
f) i rapporti finanziari;
g) gli obblighi e le garanzie;
h) le forme per la gestione del servizio idrico integrato, le modalità per la sua organizzazione, per la vigilanza e per il controllo;
i) le procedure per l'assegnazione della gestione del servizio idrico;
l) i parametri obiettivi di carattere economico, organizzativo e gestionale, sulla base dei quali si provvede alla individuazione dei soggetti da salvaguardare, in applicazione dell'art. 9, 4° comma, della legge n. 36 del 1994.
6. Nel caso in cui venga prescelta la forma di cui alla lett. b) del secondo comma, la convenzione di cui all'art. 25, comma 2 della legge n. 142 del 1990 è definita sulla base dello schema di convenzione con annesso statuto tipo allegati alla presente legge con i numeri 6 e 7.
1. I Comuni e le Province appartenenti a ciascun ambito territoriale, attraverso le forme di consultazione definite nel successivo art. 43, provvedono, entro 60 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, a definire ed approvare nei rispettivi Consigli la "Convenzione per la costituzione dell'Ente d'ambito", di cui alla lett. a) del secondo comma del precedente articolo 41, redatta secondo lo schema allegato alla presente legge con il numero 5, dando mandato al rappresentante legale per la stipula della convenzione stessa.
2. Entro lo stesso termine di 60 giorni, i Comuni provvedono a costituire il Consorzio previsto dalla lett. b) del comma 2° dell'art. 41 della presente legge.
3. Trascorso inutilmente il termine dei sessanta giorni, la Regione applica la procedura sostitutiva prevista all'art. 9, comma 3, della legge n. 36 del 1994, nel caso sia stata prescelta la forma della convenzione.
4. Nel caso sia stata prescelta la forma del Consorzio, trascorso il termine di cui al 2° comma del presente articolo, il coordinatore attiva, entro i dieci giorni successivi, l'intervento sostitutivo ai sensi dell'art. 48 della legge n. 142 del 1990.
5. Per l'espletamento del potere sostitutivo di cui al precedente comma, il CORECO competente provvede entro dieci giorni alla nomina di un Commissario ad acta, al quale assegna un termine di 20 giorni per l'adempimento dell'incarico.
1. Il Presidente della Provincia di ciascun A.T.O. provvede alla convocazione della Conferenza dei Sindaci entro 30 giorni dalla entrata in vigore della presente legge ai fini della scelta delle modalità di cooperazione secondo quanto previsto dai precedenti articoli 41 e 42.
2. Ove venga attuata la forma di cooperazione prevista dalla lett. a) del comma 2 del precedente articolo 41, la Conferenza dei Sindaci costituisce la forma permanente di consultazione dei Comuni appartenenti allo stesso Ambito territoriale ottimale; al Presidente della Provincia compete il coordinamento.
3. La "Convenzione per la costituzione dell'Ente d'ambito" definisce le modalità di funzionamento della Conferenza dei Sindaci.
4. Per lo svolgimento delle funzioni operative connesse ai compiti di coordinamento di cui al precedente comma, nonché per le attività di controllo e di vigilanza sulla gestione del servizio idrico integrato, ogni Ente d'ambito si avvale di una propria segreteria tecnico-operativa.
5. I criteri da seguire per la costituzione della segreteria tecnico-operativa, nonché l'articolazione delle funzioni specifiche e le modalità per l'acquisizione dei mezzi finanziari necessari alla sua organizzazione e al suo funzionamento sono stabiliti nella Convenzione per la costituzione dell'Ente d'ambito.
6. Ove venga attuata la forma di cooperazione prevista dalla lett. b) del secondo comma del precedente art. 41, l'ordinamento dell'Ente d'ambito è stabilito dallo Statuto del Consorzio.
7. L'Ente d'ambito è dotato di proprio patrimonio costituito:
a) da un fondo di dotazione, sottoscritto da ciascun Comune in proporzione alla propria quota di partecipazione determinata in rapporto all'entità della popolazione residente nel suo territorio;
b) dalle acquisizioni dirette effettuate dall'Ente d'ambito con mezzi propri;
c) dagli eventuali conferimenti in natura effettuati dai Comuni consorziati.
8. I conferimenti in natura sono imputati sulla quota di partecipazione e la loro valutazione è effettuata in termini del loro valore attuale con le modalità previste dall'art. 2343 del Codice civile.
9. Le Province non partecipano al fondo consortile, ma possono assegnare all'Ente d'ambito beni in uso, locazione o comodato.
10. La composizione, le attribuzioni ed il funzionamento degli organi del Consorzio sono disciplinati dallo Statuto. Lo Statuto determina inoltre la responsabilità degli enti consorziati, stabilita in proporzione alle quote di partecipazione, in ordine alla deliberazione del programma di interventi e del piano economico e finanziario per la gestione del servizio idrico, all'affidamento della gestione ed alla tariffa da applicare.
11. La contabilità dell'Ente d'ambito è disciplinata dalle norme vigenti per gli enti locali.
1. L'Ente d'ambito svolge funzioni di programmazione, sviluppo e controllo delle attività e degli interventi necessari per la realizzazione, l'organizzazione e la gestione dei servizi di cui al comma 1 dell'art. 41, secondo il principio di assicurare la medesima cura e salvaguardia per gli interessi di tutti gli enti partecipanti e, quindi, gradualmente, di assicurare in tutto il territorio il medesimo livello dei servizi.
2. Le funzioni di cui al comma 1 riguardano in particolare:
a) la scelta delle forme di gestione del servizio idrico integrato, per quanto di competenza, nei modi previsti dall'art. 22, comma 3, lett. b), c) ed e) della legge n. 142 del 1990, come integrato dall'art. 12 della legge n. 498 del 1992;
b) la salvaguardia degli organismi esistenti, di cui all'art. 9, comma 4, della legge n. 36 del 1994;
c) la definizione e l'approvazione della convenzione per la gestione del servizio idrico e del relativo disciplinare;
d) l'affidamento della gestione del servizio idrico integrato in relazione alla scelta di cui alla lett. a);
e) l'approvazione del programma, su base triennale, degli interventi per il perseguimento degli obiettivi della presente legge e, in particolare, del programma degli interventi di cui all'art. 11, comma 3 della legge n. 36 del 1994;
f) l'aggiornamento annuale del programma degli interventi e del piano economico e finanziario di cui alla lett. e) sulla base di una specifica attività di controllo di gestione e di qualità, anche predisposti dal soggetto gestore;
g) la determinazione, la modulazione e l'aggiornamento delle tariffe in relazione a quanto stabilito all'art. 13 della legge n. 36 del 1994;
i) le modifiche eventuali alla convenzione per la gestione del servizio idrico scaturenti (2).
3. L'attività di controllo sui servizi di gestione ha per oggetto la verifica del raggiungimento degli standards economici, qualitativi, tariffari fissati nell'atto di concessione e nella convenzione col soggetto gestore. La verifica comprende la puntuale realizzazione degli investimenti previsti dal piano tecnico finanziario ed il rispetto dei diritti dell'utenza.
4. Al fine di consentire l'esercizio dell'attività di controllo prevista dal comma 3, la convenzione di gestione di cui al successivo articolo 46 contiene l'obbligo, per il gestore, di adeguare la propria struttura per garantire all'Ente di ambito la disponibilità di tutti i dati utili per il riscontro dell'attività di gestione o, comunque, tutte le informazioni ritenute da essa necessarie. (2) Anche nel B.U. di pubblicazione l'elenco dei punti passa dalla lettera g) alla lettera i).
1. Gli amministrativi adottati dall'Ente d'ambito ai sensi della presente legge sono soggetti al controllo di legittimità da parte del Comitato regionale di controllo sull'Amministrazione delle Province.
1. In conformità a quanto previsto dall'art. 11 della legge n. 36 del 1994, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, con il parere vincolante della Commissione consiliare competente, approva la convenzione tipo per la gestione del servizio idrico integrato ed il relativo disciplinare.
2. Nel caso in cui sia stata prescelta come forma di cooperazione quella di cui al precedente articolo 41, comma 2, lett. a), sulla base della convenzione di costituzione dell'Ente d'ambito e con il coordinamento della Provincia, gli enti locali definiscono ed approvano, nei rispettivi consigli, la convenzione per la gestione del servizio idrico integrato ed il relativo disciplinare prevedendo il programma degli interventi, il piano finanziario ed il modello gestionale ed organizzativo.
3. Nel caso in cui sia stata prescelta come forma di cooperazione quella di cui alla lett. b) del secondo comma del precedente articolo 41, agli adempimenti previsti dal comma 4 provvede il Consorzio all'uopo costituito.
4. La convenzione per la gestione del sevizio idrico è definita sulla base della convenzione tipo di cui al comma 1.
5. Al fine della definizione dei contenuti della convenzione, i Comuni e le Province:
a) effettuano la ricognizione delle opere di adduzione, distribuzione, di fognatura e di depurazione esistenti;
b) predispongono ed approvano il programma di interventi, articolati su base annuale e triennale, accompagnato dal piano economico e finanziario e da connesso modello organizzativo e gestionale. Il piano economico e finanziario indica, per ognuno dei periodi considerati, le risorse disponibili, quelle da reperire ed i ricavi da tariffa.
1. In attuazione di quanto stabilito con le Convenzioni definite in base al precedente articolo 41, relativamente alle forme di gestione del servizio idrico integrato ed alle modalità per la sua organizzazione, il Presidente della Provincia, che svolge funzioni di Presidente dell'Ente d'ambito, o il Consorzio costituito in base allo stesso articolo 41 comma 2 lett. b), procedono alla formale stipula con i soggetti gestori delle convenzioni per la gestione del servizio idrico integrato di cui all'art. 46 della presente legge.
2. Con la sottoscrizione, da parte del soggetto gestore, della convenzione per la gestione del servizio idrico integrato, cessano, in attuazione dell'art. 10 della legge 5 gennaio 1994 n. 36, le gestioni esistenti alla data di entrata in vigore della legge n. 36 del 1994, salvo quelle eventualmente salvaguardate o esistenti ai sensi rispettivamente dell'art. 9, comma 4, e 10, comma 3, della medesima legge n. 36.
1. Atteso che il termine stabilito dal comma 1 del precedente articolo 41 corrisponde al disposto dell'art. 9 comma 1 della legge n. 36 del 1994 nel quale ne è espressamente stabilita la perentorietà, qualora il medesimo termine risulti trascorso inutilmente, si provvede, in sostituzione dell'Ente d'ambito, a mezzo di Commissario ad acta nominato dalla Giunta regionale senza bisogno di preventiva diffida.
1. L'Ente di ambito provvede alla gestione del servizio idrico integrato mediante un unico soggetto gestore.
2. Tuttavia, in applicazione di quanto previsto al comma 4 dell'articolo 9 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, esso può provvedere alla gestione del servizio idrico integrato mediante una pluralità di soggetti al solo fine di salvaguardare le forme e le capacità gestionali di organismi esistenti che rispondono a criteri di efficienza, efficacia ed economicità.
3. Nel caso di cui al comma precedente, alla individuazione dei soggetti da salvaguardare si provvede nella predisposizione della convenzione per la gestione del servizio idrico integrato di cui all'articolo 46 della presente legge.
4. Compete al soggetto gestore del servizio idrico integrato il coordinamento dei servizi.
5. La individuazione dei soggetti da salvaguardare è condizionata ad una verifica, condotta in base ai parametri obiettivi di carattere economico, organizzativo e gestionale, definiti nella convenzione tipo per la costituzione dell'Ente di ambito, in modo da garantire l'interesse generale dell'intero ambito ed in ogni caso assicurare la qualità del servizio e consentire risparmi dei costi di gestione.
6. Ai sensi dell'art. 10, comma 3, della legge n. 36 del 1994, le Società e le Imprese consortili concessionarie di servizi alla data di entrata in vigore della medesima legge n. 36 del 1994, mantengono la gestione fino alla scadenza della relativa concessione.
1. È costituita, presso l'Assessorato lavori pubblici della Regione, la Consulta regionale per la gestione ottimale delle risorse idriche.
2. La Consulta regionale per la gestione ottimale delle risorse idriche costituisce organo consultivo della Regione per gli adempimenti connessi all'attuazione della presente legge e della politica regionale delle acque.
3. La Consulta di cui ai precedenti commi, esprime pareri in merito alle questioni di carattere tecnico-economico, organizzativo e gestionale relative agli ambiti territoriali ottimali, alla gestione dei servizi idrici integrati, alla regolamentazione delle interferenze tra ambiti territoriali ottimali di gestione, nonché sui programmi di intervento, sui programmi finanziari e sui modelli organizzativi.
4. In particolare, sulla base degli indirizzi espressi dal Comitato per la vigilanza sull'uso dell'acqua, di cui all'art. 21 della legge n. 36 del 1994, la Consulta esprime parere circa l'adozione delle tariffe per i servizi resi dalla società mista di cui al precedente art. 40, con riferimento anche alle eventuali misure di compensazione tra aree disomogenee per dotazione infrastrutturale, qualità delle risorse idriche e costi di produzione secondo quanto previsto dall'articolo 13, commi 2, 7, 8 e 9 della legge n. 36 del 1994.
5. La Consulta regionale è composta da:
- il Presidente della Giunta regionale, che la presiede;
- l'Assessore regionale delegato per i lavori pubblici, che, in caso di assenza o impedimento del Presidente della Giunta regionale, ne assume la presidenza;
- l'Assessore regionale all'agricoltura;
- il Presidente o suo delegato, di ciascuna delle Province calabresi;
- il dirigente regionale del settore Affari generali giuridico-amministrativi dell'area lavori pubblici;
- il dirigente del settore legale della Giunta regionale;
- il dirigente del settore tecnico centrale regionale dell'area lavori pubblici;
- il dirigente dell'Assessorato all'ambiente;
- il dirigente del settore bonifica ed irrigazione della Giunta regionale;
- i segretari generali dell'Autorità di bacino regionale ed interregionale;
- i responsabili di ciascun Ente d'ambito;
- un rappresentante dell'ARPAC;
- un rappresentante dell'UNCEM;
- il Presidente e/o l'Amministratore delegato della società mista di cui all'art. 40, comma 1;
- n. 4 professionisti esterni, esperti del settore, nominati dal Presidente della Giunta regionale su proposta dell'assessore ai lavori pubblici;
- l'Assessore alla sanità o suo delegato;
- l'Assessore all'ambiente o suo delegato.
6. La Consulta è nominata con decreto del Presidente della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale ai lavori pubblici.
7. Il Decreto del Presidente della Giunta regionale, di cui al precedente comma 4, individua anche il Segretario della Consulta ed il personale che svolge le funzioni di Segreteria.
8. Qualora sia il Presidente della Giunta regionale che l'Assessore con delega per i lavori pubblici siano impossibilitati a partecipare alla seduta ne assume la presidenza il più anziano fra i Dirigenti tecnici regionali presenti.
1. La Giunta regionale, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, con propria deliberazione, provvede ad emanare le specifiche direttive di competenza per regolare i rapporti patrimoniali ed economici tra gli enti ed i soggetti che attualmente provvedono alla gestione dei servizi idrici ed il nuovo soggetto gestore.
1. Con apposita legge regionale, da emanarsi entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, la Regione provvede a regolamentare le forme e le modalità per il trasferimento ai soggetti gestori del servizio idrico integrato del proprio personale, nonché di quello appartenente alle Amministrazioni comunali, ai Consorzi, alle Aziende speciali e ad altri Enti pubblici già adibito ai servizi idrici, secondo quanto stabilito dall'articolo 12 della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
2. Ai fini di cui al precedente comma, la Giunta regionale provvede alla ricognizione generalizzata sul territorio regionale delle attuali forme di organizzazione dei servizi idrici, in modo particolare per individuare il personale adibito agli stessi; i Comuni e gli altri enti di cui al primo comma del presente articolo sono tenuti a trasmettere i relativi dati entro 60 giorni dalla richiesta regionale.
1. L'Ente di ambito, ai fini della ricognizione delle opere e della predisposizione del programma degli interventi previsti all'art. 11, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, può chiedere al Ministero dei lavori pubblici, per il tramite della Regione Calabria, contributi sui fondi UE per l'assistenza tecnica nell'ambito degli specifici programmi comunitari.
2. La Regione, nella formazione dei programmi di intervento per l'utilizzazione dei finanziamenti comunitari, nazionali e regionali destinati allo sviluppo ed alla qualificazione dei servizi idrici, assicura priorità agli interventi localizzati negli ambiti territoriali ottimali strutturalmente più deboli, anche sotto il profilo delle emergenze ambientali, in modo da garantire uno sviluppo armonico ed equilibrato dei servizi idrici nel territorio regionale, con tariffe compatibili.
1. Per il perseguimento delle finalità di cui al comma 1 dell'articolo 21 della legge n. 36 del
1994, il Comitato per la vigilanza delle risorse idriche, ai sensi del comma 5 del citato articolo 21, definisce i programmi di attività e le iniziative da porre in essere a garanzia degli utenti.
2. Ai fini di cui al precedente comma, con la legge regionale prevista al precedente articolo 52, verranno istituiti cinque organi di garanzia dei quali dovranno far parte rappresentanti dei consumatori.
1. Fino alla operatività della nuova organizzazione dei servizi idrici di cui alla presente legge, le spese connesse all'attuazione delle convenzioni di cui all'art. 41 gravano sui Comuni ricadenti nel medesimo ambito territoriale ottimale in proporzione all'entità della popolazione residente.
2. Gli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge sono a carico del Quadro comunitario di sostegno 1994/99 per come espressamente previsto nel Sottoprogramma II - Misura 1 - Attuazione della legge Galli.
3. A tal fine con la legge di bilancio relativa al 1997 si istituisce un apposito capitolo di spesa sia alla voce Entrata che alla voce Spesa avente la denominazione "Spese per la prima attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36".
1. Le opere pubbliche o di pubblico interesse promosse da Enti od organismi pubblici o privati delegati allo scopo e relative a reti per il trasporto di liquidi, aeriformi, energia elettrica e telecomunicazioni, nonché i loro accessori (manufatti, impianti, ecc.), anche parzialmente interrati, si configurano quali opere di urbanizzazione e, pertanto, non necessitano di conformità urbanistica e non sono soggette a concessione edilizia ma a semplice autorizzazione da parte delle Amministrazioni comunali competenti per territorio.
2. Quando la realizzazione delle opere di cui al precedente comma è eseguita a cura dell'Amministrazione comunale competente per territorio, l'approvazione del progetto sostituisce l'autorizzazione di cui al comma precedente.
3. Nel caso che le opere di cui al comma 1 interessino i terreni sui quali gravano usi civici di cui alla legge 16 giugno 1927 n. 1766, il provvedimento autorizzatorio del Sindaco di cui al comma 1 e l'approvazione di cui al comma 2, determina l'immediata utilizzabilità dei suoli interessati, concretando, quella autorizzata, una diversa esplicazione del diritto collettivo di godimento a favore della collettività utente e proprietaria dei beni, non ricorrendo la fattispecie di cui agli articoli 12 della legge n. 1766 del 1927 e 41 del R.D. n. 332 del 1928.
4. Ovemai se ne riscontri l'esigenza, i provvedimenti autorizzatori di cui ai commi 1 e 2 costituiscono rilascio dell'autorizzazione paesistica ai sensi delle leggi n. 1497 del 1939 e n. 431 del 1985 e della legge regionale n. 3 del 1995, qualunque sia la destinazione delle aree interessate nello strumento urbanistico comunale.
5. Nel caso previsto dal precedente quarto comma, il Comune provvederà, entro 10 giorni dal rilascio dell'autorizzazione, a trasmettere alla sovrintendenza ai B.A.A.A.C., per gli adempimenti di competenza, il progetto in duplice copia, corredato della relativa autorizzazione, di idonea relazione redatta ai sensi della legge regionale n. 3 del 1995 nonché di documentazione fotografica per le sole zone in cui sono previste opere fuori terra o parzialmente interrate.
6. Sono abrogate tutte le norme in contrasto con le disposizioni del presente articolo e in tal senso devono intendersi modificate le normative degli strumenti urbanistici comunali vigenti.
1. Allo smaltimento dei fanghi risultanti dal trattamento degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature si applicano le disposizioni di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22.
2. In deroga a quanto stabilito nel comma 1 e fatte salve le norme tecniche generali per la regolamentazione dello smaltimento dei fanghi residuati da cicli di lavorazione e da processi di depurazione riportate nell'allegato n. 5 della deliberazione del Comitato dei ministri per la tutela delle acque dall'inquinamento 4 febbraio 1977, lo smaltimento su suolo adibito ad uso agricolo è ammesso solo nel caso in cui l'utilizzo di tali fanghi sia stato autorizzato ai sensi del D.Lgs. n. 99 del 1992.
1. La Giunta regionale, in relazione alle verifiche effettuate sull'impatto ambientale degli scarichi, può modificare i parametri ed i limiti indicati nelle tabelle allegate con i nn. 1 e 2 alla presente legge.
2. La Giunta regionale può, altresì, modificare la scheda tecnica di cui all'allegato n. 3 della presente legge sulla base di motivate valutazioni tecniche.
1. I Comuni e le Province provvedono, ai sensi del comma 1 dell'articolo 60 della legge n. 142 del 1990, alla revisione dei Consorzi e delle altre forme associative in atto costituiti ai fini della costruzione, manutenzione e gestione delle opere relative a servizi pubblici di acquedotto, fognatura e depurazione sopprimendoli o trasformandoli nelle forme previste dalla legge n. 142 del 1990 e successive modificazioni ed integrazioni.
2. Decorsi sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, i Consorzi esistenti che non si sono adeguati a quanto disposto dall'articolo 60 della legge 142 del 1990 cessano da ogni finanziamento e contributo regionale.
3. Per l'attuazione delle opere previste dal Piano regionale di risanamento delle acque, la Regione concede prioritariamente contributi e finanziamenti ai Consorzi ed agli Enti che unificano, ai sensi del comma 1, le iniziative pubbliche da porre in atto nel territorio d'ambito relativamente alle opere in considerazione.
1. Oltre alle sanzioni penali previste dalla legge n. 319 del 1976 e successive modificazioni ed integrazioni, l'inosservanza delle disposizioni previste dalla presente legge comporta l'applicazione di sanzioni amministrative e pecuniarie da L. 500.000 a L. 5.000.000.
2. Le sanzioni amministrative previste dal precedente comma 1 sono comminate dall'Autorità competente al ricevimento della denuncia o al rilascio della relativa autorizzazione.
3. I proventi delle sanzioni amministrative sono introitati e utilizzati dall'Autorità di cui al comma 2, per lo svolgimento di attività connesse alla tutela delle acque dall'inquinamento.
1. Le Province esercitano le nuove funzioni attribuite dalla presente legge decorsi sei mesi dalla sua entrata in vigore.
2. I Comuni, i Consorzi e le Comunità montane trasmettono alle Province entro la data di cui al comma 1 le pratiche e gli atti relativi alle nuove funzioni attribuite.
3. I Comuni, i Consorzi e le Comunità montane provvedono, altresì, alla definizione delle pratiche in corso nonché, ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 172 del 1995 citata, al riesame di tutte le autorizzazioni allo scarico rilasciate ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 319 del 1976, con priorità per quelle provvisorie rilasciate in forma tacita, e le trasmettono alle Province.
1. Entro novanta giorni dalla data in cui le Province esercitano le funzioni di cui alla presente legge, i titolari degli scarichi provenienti dagli insediamenti civili adibiti ad uso non esclusivamente abitativo e degli insediamenti civili di cui al comma 2 dell'art. 15 della presente legge, presentano alla Provincia, a pena di decadenza dell'autorizzazione stessa, copia dell'autorizzazione, ai fini del riesame ai sensi della presente legge.
2. Le autorizzazioni di cui al comma 1, conservano la loro validità, salvo diversa valutazione da parte della Provincia, per un periodo di quattro anni a partire dalla data di entrata in vigore della presente legge.
1. I Comuni, singoli o associati, e le Comunità montane adottano il regolamento di cui all'articolo 4 comma 4 entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge. Entro la stessa data tali enti adeguano i regolamenti eventualmente già in vigore.
1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Consiglio regionale, con propria deliberazione, definisce l'organismo di gestione dell'Osservatorio permanente dei corpi idrici regionali di cui al precedente art. 36, cui partecipano i soggetti gestori dei servizi idrici, gli enti locali e l'istituenda Agenzia regionale (ARPAC) per la protezione ambientale, e ne determina le modalità di funzionamento.
1. Per tutto quanto non espressamente disciplinato dalla presente legge, si osservano le disposizioni statali e regionali vigenti in materia.
1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione e dell'articolo 31 dello Statuto regionale, ed entra in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione. È fatto obbligo, a chiunque spetti, di osservarla e farla osservare come legge della Regione Calabria.