La richiesta (I parte)

Autrice: Annettina

Spoiler: prima di requiem

Categoria: Angst molto

 

I personaggi non mi appartengono… purtroppo!!!! Ma sono di CC e compagnia bella. Io li uso senza scopo di lucro.

 

Commenti: si, se volete e grazie in anticipo… anna81@inwind.it

 

Sentì il rumore delle chiavi e la porta del mio appartamento che si apriva lenta… circospetta! Passi misurati si facevano più forti mentre si avvicinava alla camera da letto. Non mi mossi… sapevo che era lei. Avrei riconosciuto il suono ritmico della sua camminata dovunque. Rimasi immobile per qualche minuto percependo la lieve pressione del suo sguardo sul mio corpo. Sarei potuto restare così per ore… sentendo la sua presenza, i suoi occhi su  di me. Perché era venuta a quell’ora? Fu la domanda che mi indusse a muovere. Aprii gli occhi in una fessura, era ferma con una spalla appoggiata sullo stipite… espressione indecifrabile.

“Scully” sussurrai con voce assonnata. Lei quasi sobbalzò quando mi sentì poi disse in fretta “Scusa Mulder, non volevo svegliarti… so che è tardi…”.

Colse il mio sguardo interrogativo mentre cercavo di issarmi in posizione seduta appoggiando la schiena alla sponda del letto “Non preoccuparti… che c’è?”

Lei sospirò. Era palese che si sentiva nervosa e imbarazzata. Si avvicinò con lentezza al letto e le feci cenno di sedersi spostandomi per farle spazio. Lei accettò tacitamente, si adagiò sul bordo. Era stanca, le si leggeva in faccia.

“Scully…?”la incitai.

“Mulder io…” cominciò a parlare guardando fissa le sue mani raccolte sul grembo “.. c’è qualcosa che non ti ho detto!”

Mi irrigidì immediatamente… poteva essere una sciocchezza o la cosa più maledettamente importante del mondo…ma il solo sentire quelle parole mi mise all’erta.

“Cosa? Che cosa non mi hai detto?”

Alzò la testa ma i suoi occhi non osavano posarsi sui miei.

“Sono mesi che volevo dirtelo ma… non ne ho avuto l’occasione…”

Dai Scully – pensai – non giraci attorno… non tenermi un minuto di più in questo stato.

“Sto provando… sto cercando di… curarmi!”

“Curarti da cosa?” chiesi immediatamente con voce esageratamente alta.

“lo sai… insomma… lo sai … cos’ho?”

Mi ci volle tempo per mettere a posto i pensieri poi dissi piano “la… sterilità”

“Già” rispose, ora la sua voce era un flebile sospiro “mi sto sottoponendo a cure sperimentali… la mia sterilità non è molto comune… e… ci sto provando”

“Come? Con chi?… P… perché non me lo hai detto?” ero spaventato a morte… ma perché?

“Ho sottoposto il mio caso ad uno specialista qui, a Washinton… non farmi scendere in particolari tecnici…”

Passarono minuti di silenzio prima che si decidesse ad aprire bocca… “se non te ne ho parlato fino ad ora è solo perché pensavo che… pensavo che non avrebbe funzionato!”

Al suono di quelle parole mi portai in avanti quasi di scatto “ed invece? Ha funzionato?” la mia voce era un misto di emozione, speranza.

“No, non lo sappiamo… ancora ma…”

“… ma?”

“… ma il dottore dice che la situazione sta migliorando… che ha le idee più chiare su come risolvere il mio problema”

Alzò il viso dandomi l’opportunità di poterla guardare negli occhi. Erano lucidi… perché stava trattenendo le lacrime? Era più di semplice emozione… o gioia. Era… paura?

“che c’è, Scully? C’è altro.”

Ruotò il corpo verso la parete e la presi per il braccio. “Scully… avanti!”

“Insomma… è che il dottore ha detto che tra meno di una settimana proveremo con un impianto… un’inseminazione”

Ero congelato.

“Quante probabilità ci sono che vada a buon fine?”

“Non so” rispose quasi spazientita “non ci sono precedenti per comparare…”

Sospirò profondamente “Insomma… sono venuta qui per dirti… per chiederti… lo so che è pazzesco…non è una buna idea…” fece per alzarsi e la mia stretta al suo braccio si intensificò “cosa Scully? cosa devi chiedermi?”

“Come faccio?” disse più a se stessa che a me “come fai a non capire?”

Il mondo si fermò. Mentre il mio cervello elaborava quello che Scully stava cercando di dirmi il mio cuore lo aveva già assimilato ed un’onda di emozione mi travolse.

“Scully…” dissi con voce rotta mentre cercavo disperatamente di voltarla verso di me “Scully…” ripetei.

Lei mi guardò. I suoi occhi brillavano nella stanza scura. Ora avevo bisogno di sicurezze e le presi il viso tra le mie grandi mani. La tenni stretta mentre mi avvicinavo. Appoggiai la mia fronte sulla sua e contemporaneamente chiudemmo gli occhi.

“Scully…” le sussurrai a centimetri dalle sue labbra “vuoi che… vuoi che sia il padre di tuo figlio…?”

Lei si mise subito sulla difensiva. Cercò di staccarsi ma la mia  morsa le impediva qualsiasi movimento. “Mulder…” le tremava la voce “… non c’è nulla di sicuro…non vorrei che…”

Mi avvicinai di più. “.. non vorrei che ti sentissi obbligato… in qualche modo”.

Una doccia gelata sul fuoco di quell’emozione che mi stava attraversando. Mi allontanai piano e mi sembrò di udire un piccolo gemito. Probabilmente non era quello che voleva.

Rimanemmo in silenzio per minuti, entrambi cercando accuratamente di evitare il nostro sguardo e finalmente trovai il coraggio di parlare ma non di dirle ciò che mi stava tormentando  “conta sul mio aiuto…”  dissi piano.

“Mulder io…”

Sentivo il suo sguardo sul mio viso ma non potevo voltarmi.

“Mulder, non avrei voluto chiedertelo… insomma… non è facile… per me… per te”

“Allora perché me lo hai chiesto?” risposi di scatto appoggiando i miei occhi su di lei, avrei voluto mantenere la calma, avrei voluto capirla ma mi sentivo… ferito, mi stava coinvolgendo eppure tentava ancora di allontanarmi. Come poteva solo pensare che non mi sarei sentito obbligato?

Lei abbassò la faccia e aspettò prima di rispondere. Il suo respiro era profondo… stava cercando le parole.

“… è che…” oddio stava piangendo “… è che se questa cosa dovesse riuscire… non posso pensare che mio figlio sia di qualcun altro…” la sua voce era rotta in mezzo ad impercettibili singhiozzi.

 Sentivo le lacrime che bruciavano in fondo ai miei occhi. Lei continuò “… è un sogno Mulder. Solo speranze… Dio solo sa quanto vorrei che si realizzasse!”

Mi mossi piano e la presi tra le braccia. Lei non oppose resistenza e sprofondò la testa sulla mia spalla. Le mie mani sulla sua piccola schiena la spingevano verso di me, mentre tutto il mio corpo la circondava. Dovevo proteggerla… era debole in questo momento… la forza che dimostrava nei casi ordinari della contingenza svaniva quando si affacciavano i suoi spettri.

“Mulder…” sussurrò ancora “vuoi essere il padre di mio figlio?”

Appoggiai le mie labbra al suo orecchio mentre le lacrime per troppo trattenute scendevano silenziose sul mio viso “certo, Scully, certo che lo voglio…”.

La sentii tremare nelle mie braccia e la strinsi più forte “grazie…”sussurrò.

Rimanemmo così per gran parte della notte. Il nostro abbraccio era un conforto ed una conferma. Il calore dei nostri corpi mai stati così vicini e per così tanto sostituiva il suono di parole che non venivano dette ma percepite nel lieve battito dei nostri cuori che ne scandiva il tempo. Le nostre guance si strofinavano piano come se per osmosi potessimo trasmetterci paure comuni ma soprattutto speranza. Speranza che quello che ora era solo un audace sogno,  forse solo un’utopia potesse diventare reale.

Un figlio.

Un figlio nostro come ultima possibilità per seppellire i vecchi demoni del passato e per poter finalmente rinascere. Entrambi eravamo coscienti che ciò che stavamo cercando disperatamente non era più una verità ingombrante o una dolorosa giustizia, ma solo una rivincita. Il cupo desiderio di potere, con questo, buttare nell’oblio le pene più degradanti, i ricordi più sofferti, i rimorsi e i rimpianti.