Rivincita (II° parte)

Autore: Annettina

Sommario: leggete tanto è corta!

Spoiler: nessuno… cmq settima serie, verso la fine.

 

Importante: per chi non avesse letto la I° parte (Richiesta) faccio un piccolo riassuntino. Scully si infiltra nella camera da letto di Mulder (potrebbe essere la scena mancante di All Things) per comunicargli che sta seguendo delle cure per riacquistare la fertilità. Dopo varie peripezie Mulder riesce a strapparle dalla bocca che da li a pochi giorni la piccola Dana tenterà con una inseminazione artificiale ad opera di un facente dottorino. Infine Scully prende il coraggio a due mani e avanza a Mulder la sua richiesta (da qui il titolo della vignetta): perché non diventare il suo spontaneo donatore? Come tipico dei due personaggi le cose non sono mai così semplici!

 

Premessa:  Scully ha eseguito l’inseminazione e ha già fatto il test di gravidanza… indovinate un po’ … non è incinta! Cosa deve fare il piccolo Mulder? consolarla! 

 

I due personaggi, croce e delizia della mia follia conclamata, non mi appartengono. Essi sono di quello STR… di CC che se mi fa morire Mulder avrà vita relativamente breve! Io li utilizzo qui senza scopo di lucro. In pratica perdo tempo e fatica intellettuale. Spero che almeno vi piaccia!!!!

 

Commenti: tutto quello che volete… qui anna81@inwind.it

……………………………………………………………………………………………………….

 

Non so perché non bussai. Istintivamente estrassi le chiavi dalla tasca della mia spessa giacca di pelle e le infilai nella serratura con estrema cautela. Come se avessi paura di svegliare qualcuno, come se mi sentissi obbligato a rispettare il silenzio. Quando aprii la porta la luce diffusa del corridoio inondò il soggiorno vuoto fino al retro del divano, rendendo praticamente impossibile scorgere al di la di quella barriera. Rimasi fermo per qualche minuto, ad ascoltare. Aspettavo forse una conferma, un tacito assenso al mio ingresso in quello che era per me come un tempio. Mi decisi a chiudere la porta e avanzai ancora di qualche passo. Il suono delle mie scarpe riempiva la stanza insieme  a quello dei nostri respiri. Ora ero in grado di vedere la sua testa china. Non un segno. Non una prova che lei fosse consapevole della mia presenza. Mi portai fino al divano ed ora la dominavo dall’alto. Era seduta sulle sue gambe. Potevo vedere la cartella medica chiusa di fronte a lei sul tavolino. Sospirai profondamente. Era il momento di parlare.

“Scully…” dissi piano ma lei quasi sobbalzò al rumore delle mie parole. Non alzò il capo.

La stanza ripiombò nel silenzio. Un silenzio pesante, carico di frustrazione. Non avevo idea di cosa dirle, forse era necessaria solo la mia presenza… probabilmente neppure quella.

“… come stai?” chiesi infine. Lei abbassò ulteriormente la testa, quasi a sfiorare il petto con il mento.

La frustrazione divenne pian piano incontenibile. Quella tormentata quiete sembrava pressarmi nelle orecchie. Dalla mia bocca uscì un profondo suono espressione di avvilimento mentre le mie mani si posavano sui miei fianchi ed i miei occhi vagavano per la stata scura.

“Scully…” dissi sfinito “parlami!” quasi supplicai.

Lei sospirò a fondo, probabilmente conscia dello stato a cui mi conduceva quel suo persistente mutismo “… sto bene… sto bene…” sussurrò.

Sbuffai rumorosamente, ero così maledettamente stanco di quella vuota risposta “tu non stai bene… tu non stai affatto bene…” .

Lei non rispose e passarono minuti prima che il mio avvilimento si trasformasse in una sommessa rabbia.

“Dannazione…” il tono della mia voce, forse eccessivamente alto, la fece trasalire. Solo vedendo quel sobbalzo mi resi pienamente conto di come la mia rabbia non avesse senso, non potevo biasimarla se non era in grado di parlarne… ma avrebbe dovuto… almeno con me… in fondo ero coinvolto quanto lei. Maledizione! Io mi sentivo come si sentiva lei!

“… perché non ne parli con me, Scully? perché?”continuai.

“cosa vuoi che ti dica, Mulder?” reagì, sollevando la testa e fissando un punto indefinito di fronte a lei    “…cosa vuoi che ti dica…?” ripeté in un sospiro, mentre tornava a guardare le sue mani appoggiate sulle ginocchia.

“potresti incominciare col dirmi come di senti” insistei.

La mia costanza non doveva esserle affatto gradita perché risollevò testa e spalle di scatto e quasi urlò quando disse “Diavolo, Mulder… come vuoi che mi senta… sto male… sto male… sei soddisfatto adesso?”

Fui io a rimanere in silenzio ora mentre la mia mente era alla ricerca disperata di qualcosa da dirle… non ero preparato a questo… avrei dovuto esserlo… me lo sarei dovuto aspettare… ero stato un’idiota.

“…sono arrabbiata…” disse infine con voce rotta.

Quelle parole rimbalzavano ancora nella stanza quando chiesi piano “con chi?”

Lei respirò profondamente, come se cercasse di riordinare i pensieri, di trattenere il più possibile le emozioni “con me…” rispose “… solo con me!”.

“Scully… ma che diavolo dici…” le parole uscivano dalla mia bocca senza passare preventivamente dal mio cervello “… non c’è niente per cui biasimarti… non ci sono colpe…tantomeno da parte tua…insomma… perché diavolo dovresti essere arrabbiata con…”

“sono arrabbiata, Mulder” mi interruppe bruscamente, la sua voce tradiva troppo bene il suo stato. Era ad un passo dalle lacrime “… sono furiosa…” sospirò “… sono una stupida!”

Io ero congelato.

“Scully…”

“Si, Mulder…” il suono delle sue parole era quasi un ringhio ora “… solo una stupida avrebbe potuto sperarci, solo un’idiota poteva solo pensarci. Io invece… ” si fermò… stava piangendo “io invece ci ho creduto, Mulder… io ci ho creduto”

Sentivo le lacrime pulsare dolorosamente in fondo ai miei occhi… anch’io ci avevo creduto…

Il suo pianto impercettibile era tradito solo da casuali singhiozzi, alcuni lievi, altri più profondi. Ad ognuno di essi il mio corpo reagiva tremando, come quando si sente il forte rumore di uno sparo. Portò le mani sul viso e si abbandonò con la testa sulle ginocchia.

Io non dovevo piangere… sentivo che non era giusto che io lo facessi. Mi avvicinai piano tra il tavolino e il divano,  di fronte a lei. La guardavo dall’alto e quelle lacrime stavano incominciando a bruciarmi negli occhi. Mi accasciai lentamente sulle ginocchia mentre lei si alzava appoggiandolo il capo sulla spalliera. La bocca aperta a prendere fiato.

 Posai la mia guancia sulle sue gambe e sentivo il fresco della  pelle attraverso le sottilissime calze di nailon. Strofinai piano cercando disperatamente, attraverso quell’impercettibile movimento, di trattenere il pianto. Solo ora mi rendevo conto di quanto quella speranza ci avesse coinvolto entrambi. Di come quel desiderio comune si fosse rapidamente radicato in noi… deboli… e stanchi… 

Se prima lo sospettavo, ora ne ero certo: volevo un figlio e lo volevo da Scully… niente poteva essere più dolorosamente chiaro nella mia testa. Non ero sicuro che quello che provano per lei fosse realmente amore… sinceramente non conoscevo il significato di quella parola. Le ero grato… mi fidavo di lei… con la vita e con il cuore… soffrivo per lei e odiavo che lei soffrisse per me… mi sentivo responsabile nei suoi confronti… e in debito. In debito perché mi aveva dato credito, stima, fiducia quando nessuno lo avrebbe fatto… a volte mi aveva dato persino corda. 

Mi sorprendevo a guardarla in ufficio, mentre era intenta a battere i suoi appunti… il riflesso dello schermo che le illuminava gli occhi…  negli ultimi tempi usava più spesso il potere del suo sorriso. E’ strano come un atto che ognuno fa inconsapevolmente milioni di volte nel corso di una giornata assumesse in lei un significato così particolare e rilevante. Il suo sorriso diventava per me una conquista… ed una conferma. Volevo quel sorriso perché pensavo di averglielo rubato… di averle negato la possibilità di poter sorridere… soppressa del dolore che aveva provato e provava… a causa mia.

A causa mia…. A causa mia….

Niente poteva più trattenere le lacrime che ora scorrevano intese e trasversali cadendo sulle sue ginocchia.

A causa mia…. A causa mia….

“Mulder…” disse appoggiando le sue fredde dita sulla mia testa e accarezzandomi lievemente continuò “mi spiace… mi spiace tanto… ”.

Non fui in grado di raccogliere la forza per parlare, guardavo nel buio di fronte a me, con gli occhi forzatamente spalancati per poter fermare lo scorrere del pianto. I minuti passavano lenti e pieni e il silenzio pesante si appoggiava sulle nostre teste, ci avvolgeva.

Non pensavo. Ero immobile, le lacrime ora si erano fermate ma ero cosciente che sarebbe bastata una sua parola, forse un singolo suono per fare in modo che ricominciassero a cadere. Stavano al bordo dei miei occhi ad aspettare. Lei continuava a pressare le sue dita tra i miei capelli… non si poteva definire una vera e propria carezza ma quella presenza era subconsciamente confortante.

“Scully…” cominciai, la mia voce era poco più di un sospiro che strisciava nella stanza “…tu non meriti tutto questo, non lo meriti… io si ”

“no… no… ”  il suo tono lasciava trasparire quasi esasperazione. Sapevo cosa stava pensando: la mia consueta ammissione di colpa e di completa responsabilità. Ma non era quello che volevo dirle.

“… si, lo merito…”

“Mulder, nessuno merita di soffrire… non così…”

Ora le sue dita si muovevano caute sulla mia testa. Mi sentivo rapito da quello che rappresentava l’unico sensibile movimento all’interno della casa.

“Sai Scully…” ripresi “ho sempre avuto un’opinione alta di me… di quello che facevo, di quello in cui credevo…”.

Si fermò, sorpresa da queste mie parole che erano quasi un lamento.

Continuai “… ho sempre pensato di essere particolarmente perspicace e mi sono sempre posto su un piano di superiorità rispetto a quello che per me era solo… ‘massa’. Consideravo gli altri, persino chi mi era accanto, burattini… burattini guidati da scelte lontane dall’essere cognitive… vuoti… banali. Non nascondo che a volte li disprezzavo. Disprezzavo la loro semplicità, il loro accontentarsi di una vita scialba… senza ideali… senza scopi. Forse era solo un modo per difendermi… per accettare il peso dell’isolamento, ma sta di fatto che mi sentivo un prescelto. Un dei rarissimi esseri consapevoli.  Li guardavo dall’alto delle mie certezze indiscusse… lontano dal loro futile mondo… e più pensavo di esserne immune e più mi rendevo conto che il bisogno di essere capito, sostenuto o addirittura giustificato da loro era… opprimente…”

Ricominciai a muovere la mia guancia… riordinando i pensieri, mi mancavano i suoi occhi, non li avevo ancora guardati… mi mancavano incredibilmente. Ma ora non avevo bisogno di conferme, ora dovevo solo parlare “…ma io ho rifiutato quel mondo, Scully. L’ho respinto tanto tempo fa e non avrei mai neppure potuto immaginare che un giorno l’avrei desiderato o rimpianto…” Sospirai… sospirò… piangeva ancora.

“…è per questo che lo merito… perché ora non posso più tornare indietro… ”

“No… Mulder” la voce spezzata “tu puoi… tu puoi…”

Mi limitai a fare un cenno con la testa e lei proseguì “Mulder, tu puoi tornare indietro… adesso puoi dire basta a tutto questo… puoi fermarti e … ricominciare!”

“non posso”

“Mulder…” era esausta “tu… tu non devi sentirti responsabile per me… niente di tutto ciò che è accaduto è colpa tua…non devi sentirti obbligato a…”

“… no  Scully, qui non si tratta di sentirsi… obbligati, perché se è vero che desidero quel mondo è anche vero che sei tu… sei tu per me quel mondo… sei l’unica cosa che conta.”

La avvertii trasalire sotto di me, passarono lunghi momenti prima di sentire  “No Mulder… io sono la sola cosa che ti è rimasta… l’ultima cosa…”.

L’angolo della mia bocca si curvò in un sorriso amaro “… come vorrei che fosse così…”.

Le diedi il tempo di assimilare quelle parole prima di proseguire “… se fosse vero sarebbe tutto così semplice. Potrei trovare il coraggio di andare… senza voltarmi indietro. Potrei lasciarti… potrei lasciarti vivere… ma sono così maledettamente egoista…”

“Mulder… vai… vai…ti prego…”

“… non posso…tu mi sei entrata nelle ossa, Scully… sei una parte inscindibile…sei la mia coscienza e… non posso vivere senza… non posso più… sei la sola cosa che abbia un senso… sei la mia rivincita” le parole morivano piano uscendo dalla mia bocca.

Sentì le sue fredde mani prendermi per il mento costringendomi a voltare la mia testa verso di lei. Incrociai i suoi occhi e mi persi: la paura… l’emozione… il dolore…la consapevolezza… l’amore tutto concentrato in due piccoli occhi… neri nell’oscurità ma luminosi come brillanti.

Mi alzai lentamente fino a portarmi seduto sul divano, accanto a lei. Mi lasciai circondare dalle sue braccia che ora erano posizionate in alto dietro al mio collo, mentre la sua guancia umida era unita alla mia. La strinsi a mia volta… forte, con lo scopo di fermare il tremore del suo corpo ma tremavo anch’io. Sprofondando il viso nei suoi capelli rimasi a respirare quell’aria profumata e a godere del calore provocato dalla nostra vicinanza. Avevo così freddo.

Trovai la forza di sussurrarle “non smettere di combattere… non farlo mai!” e lei si spostò piano fino ad appoggiare la sua fronte sulla mia. Le sue labbra socchiuse erano sotto le mie… millimetri di aria calda, frutto dei nostri profondi respiri, le separavano. “Mai…”rispose e in quel movimento la sua bocca strofinò la mia. Provocò elettricità quel lieve contatto. I nostri visi rimasero immobili mentre le mie mani tracciavano piccoli cerchi sulla sua schiena.

Lei portò le sue sul mio volto cancellando con i pollici le tracce residue del mio pianto. Spostò lo sguardo per qualche istante dai miei occhi per posarlo sulla mia bocca. Io istintivamente feci lo stesso. Quando tornammo a guardarci mi sembrò di scorgere l’ombra di un sorriso, forse stavo sorridendo anch’io. Mi avvicinai piano… lei si mosse indietro solo di pochi millimetri e a quel lievissimo movimento reagii sussurrandole “non cercare di fermarmi”. Lei sorrise ancora e appoggiai le mie labbra sulle sue. Mi staccai. Mi riappoggiai per trovare la sua bocca socchiusa. Cominciai a baciarla, lei rispose al mio bacio. Quel contatto sembrava acquistare fervore e profondità ogni secondo. Passò le sue mani tra i miei capelli per posarle alla base del collo e accarezzare piano mentre tutto il mio impegno era concentrato nell’esplorare la sua bocca… nello scoprire il suo sapore. Il mio tocco diventava sempre più pressante ed esteso sulla sua schiena e mi sentivo liquefatto… annullato in quell’unione… incapace di pensare. Esisteva ed esistevo. Il resto era scomparso, perso nell’oblio… forse vagava ancora nella scura stanza ma non lo vedevo e non lo cercavo. Ci volle poco affinché quel bacio si trasformasse in puro tormento, una passione disperata… il bisogno di gridare al mondo e a noi stessi quello di cui eravamo consapevoli. Ma era troppo, e una voce lontana… persa rimbalzava tra le pareti della mia testa  consigliando insistente di fermarmi… di dare ad entrambi la possibilità di riflettere.

Mi allontanai soffrendo immediatamente della perdita di quel colore. Riluttante le accarezzai il viso. Superato l’attimo di sommessa sorpresa per il mio repentino distacco, forse cosciente del perché, lasciò che io continuassi a osservare e a toccare il suo viso. Era maestosa… la bocca bagnata dal mio bacio e leggermente aperta per recuperare fiato… la pelle pallida e liscia… era una bambola di porcellana… dall’aspetto così fragile ma in realtà  così maledettamente forte.

“tu non immagini quanto questo significhi per me…” le dissi.

Lei sorrise, abbassò la testa forse per l’emozione o l’imbarazzo. Quando la rialzò quel sorriso era scomparso. Un’onda di inquietudine mi attraversò come un lampo. Poi si avvicinò cauta al mio orecchio. Ero pietrificato.

“… stai con me stanotte…” sussurrò. Il tono caldo insieme all’effetto del suo respiro sulla mia pelle sensibile, il ricordo ancora fresco del nostro bacio… poteva essere tutto straordinariamente erotico. Detto da Scully, però diventava… sacro… divino…

Il potere di quelle parole mi stordì per qualche istante.

Riuscì a riportare il mio sguardo sul suo viso. Lei ricambiò guardandomi con occhi imbarazzati e quasi spaventati. 

L’ unica risposta che fui in grado di darle fu tracciare il contorno delle sue labbra con il pollice prima di coprirle con la mia bocca.

 

fine 

note dell’autore1: se la prima botta del dottore non ha funzionato, avrà funzionato la seconda… di Mulder…

Questo nasconde il mio profondo desiderio di far risalire la nascita del bimbo più importante della storia del piccolo schermo ad un atto naturale di unione consensuale tra due eterosessuali. Molto meglio Mulder di una sterile provetta!!!!!!