L’Arcobaleno (nuova versione di Regalo)
Di Annax
Category: MSR, Agst.
Warning: Contenuto altamente shipper.
Rating: PG13/NC17 (non so! Dipende dalla vostra sensibilità in merito!)
Spoiler: futuro (lo sapete che guardo sempre avanti… troppo avanti).
Summary: può nascondersi la speranza nella decisione più importante e dolorosa della tua vita.
Disclaimer: purtroppo Mulder e Scully non mi appartengono, li uso senza alcun scopo di lucro.
A tutti voi che state leggendo….
Lo so, lo so, che in questo periodo di “attesa” avete bisogno di qualcosa che vi distragga, che vi faccia sorridere per poter sdrammatizzare….
Beh, se è così, non leggete questo…
E’ sempre difficile per la mia mente super-attiva riuscire a mettere nero su bianco quello che la fantasia suggerisce ardentemente… è difficile riuscire a trasmettere emozioni così intime attraverso le parole… Io ci provo, come sempre, cercando di dare materia e forma a sensazioni che mi colpiscono d’improvviso, scatenate da fatti della vita quotidiana così normali.. così banali, come un film in TV… o una canzone.
In questo specifico caso è stata proprio una canzone, l’Arcobaleno di Adriano Celentano (mio concittadino), che mi ha spinto a riprendere in mano questa vecchia ff, con la speranza di poter concretizzare un brivido…
Non sono certa di esserci riuscita….
… A tutti… Buona lettura.
Annax
Commenti: idioma60@hotmail.com
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Io son partito poi così d’improvviso,
che non ho avuto il tempo di salutare.
L’istante breve, ancora più breve
se c’è una luce che trafigge il tuo cuore.
L’arcobaleno è il mio messaggio d’amore.
Può darsi un giorno ti riesca a toccare.
Con i colori si può cancellare
il più avvilente e desolante squallore.
Son diventato sai tramonto di sera,
e parlo come le foglie d’aprile,
e vibro dentro ad ogni voce sincera,
e con gli uccelli vivo il canto sottile,
e il mio discorso più bello e più denso,
esprime con il silenzio il suo senso.
Io quante cose non avevo capito,
che sono chiare come stelle cadenti.
E devo dirti che è piacere infinito,
portare queste mie valige pesanti.
Mi manchi tanto amico caro, davvero,
e tante cose sono rimaste da dire.
Ascolta sempre solo musica vera,
e cerca sempre, se puoi, di capire.
Son diventato sai tramonto di sera,
e parlo come le foglie d’aprile,
e vibro dentro ad ogni voce sincera,
e con gli uccelli vivo il canto sottile,
e il mio discorso più bello e più denso,
esprime con il silenzio il suo senso.
Mi manchi tanto amico caro, davvero,
e tante cose sono rimaste da dire.
Ascolta sempre solo musica vera,
e cerca sempre, se puoi, di capire…
(L’arcobaleno - Celentano, Bella, Mogol, Battisti)
Gli occhi sembravano tremare sotto il sottile strato di lacrime che li ricoprivano.
Lacrime trattenute… ma per quanto? Quanto avrebbe potuto resistere?
Io le stavo di fronte, adagiato sul bordo del letto di quella scura e squallida camera di Motel, lei era in piedi, completamente immobile se non per il tremolio degli occhi e quello ancora più lieve delle ginocchia. La osservano dal basso, la mia schiena curva e le mani strette l’una nell’altra, gomiti sprofondati nelle ginocchia.
Nessuna parola poteva servire… niente poteva anche solo allentare il nodo di emozioni che entrambi sentivamo.
Il tempo si era fermato? Anche se l’impressione era forte entrambi sapevano che stava scorrendo troppo velocemente invece… forse lo stavamo solo sprecando.
Incontrò il mio sguardo e in quell’attimo un'unica lacrime le cadde rapida sulla guancia…
“No, Scully”, la mia era una preghiera – ti supplico Scully, non farmi questo! –
Ci vollero secondi prima che lei decidesse di voltarsi ed avanzare a passi rapidi verso la finestra che dava sulla strada poco illuminata.
“Scully…. io…” – Come dirle che ero stanco di vederla piangere? Come dirle che non avrei mai trovato il coraggio? Come chiederle perdono?
Si, perdono. Perdono perché sapevo quanto stava soffrendo e quanto fosse devastante dover seppellire tutto in fondo al suo cuore solo perché io avrei mai trovato il coraggio di andare vedendo quei suoi occhi e quelle sue lacrime.
La voce moriva in fondo alla mia gola… troppo da dire e niente che potesse essere effettivamente utile.
Rimansi immobile sforzando lo sguardo verso il pavimento… - sto sprecando tempo, e me ne rendo conto -.
“Eravamo preparati a questo!” Fu l’unica cosa che riuscii a dire.
La sua reazione mi lasciò sorpreso, inerme.
Non voltò lo sguardo ma si limitò a domandare con voce forzatamente pacata, poco più di un sospiro amaro “preparati a cosa?”
Presi fiato… preparati a cosa?
“…Il nostro lavoro, il fatto di esserci esposti così tanto…. lo sapevamo che non poteva durare… per sempre” la voce mi aveva abbandonato a metà frase… non potevo più controllare le emozioni ma dovevo farlo! Dovevo farlo per me, per lei….
Passarono minuti pesanti prima di sentirla parlare di nuovo, l’amarezza aveva lasciato posto ad una delusione strisciante, “io ci ho creduto… ci ho sperato…ma…” si voltò nervosa verso la vecchia scrivania, vi si avvicinò e si sedette su uno sgabello dandomi definitivamente le spalle. Respirò profondamente prima di dire “… ma hai ragione… perdonami!”.
O Dio, che cosa ci stiamo facendo? Che TI sto facendo, Scully?
“No. No, non chiedermi perdono Scully… io… io sento quello che senti tu.” Sussurrai.
La portata di quelle poche parole era ben chiara ad entrambi, Scully si oppose abbassandosi lentamente verso la superficie di vecchio legno della scrivania e appoggiando la fronte lentamente. Rimase per lunghi istanti così, a respirare profondamente, a raccogliere i pensieri.
Io non ne avevo la forza e mi limitavo a guardare, a seguire la linea delle sue spalle curve, i capelli scomposti che le accarezzavano il collo…
“E’ la cosa più ragionevole.” Disse. Il sono mi fece quasi sussultare. Proseguì “ …il rischio è troppo alto se rimani qui… forse loro potranno trovarti ugualmente ma almeno potrai evitare gli altri”.
Non era necessario ripeterlo, lo sapevamo bene perché, ma Scully stava dolorosamente cercando di convincere se stessa, ed io non intervenni.
Si, gli alieni sapevano in ogni momento dove mi trovassi ma K. no e neppure quei serpenti della Cospirazione, ero una prova troppo scomoda, da eliminare. Era tutto così stupido, così privo di senso. Ma la morte non era una prospettiva tanto assurda, gli attentati alla mia vita erano una amara realtà, e il loro progetto era fin troppo palese.
Ma se rimanere significava morire andare via non era meno angosciante.
Lei lo voleva! Lei me lo aveva imposto!
Non avrebbe mai permesso che mi facessero del male ma era inevitabile. Per quanto anacronistico era preferibile la pena dell’addio piuttosto che quella che le avrebbe procurato dovermi mettere sotto 2 m di terra. L’aveva già provata. Per otto lunghissimi mesi ero svanito dalla sua vita. E per 5 di questi ero solo… morto. Senza possibilità di appello, senza lasciarle speranze.
Egoisticamente l’avevo quasi costretta a confidarmi quello che aveva provato nei momenti di dolorosa consapevolezza. Le avevo rubato delle strazianti confessioni, bramoso solo di sentire dalla sua viva voce che, in realtà, nella sua mente ma soprattutto nel suo cuore, io NON ero MAI andato via. E il suono spezzato di quelle rivelazioni entrava lento nel mio cervello.
Chiudevo gli occhi, nel buio del mio appartamento, sprofondato nella pelle scura del mio divano, con il peso rassicurante della sua testa sulle mie gambe. E la mia mano si muoveva lenta sulla sua fronte, tra i suoi capelli, mentre nella mia mente le sue parole diventavano immagini e quelle immagini diventavano sensazioni: vedevo i suoi occhi gonfi, il suo viso contratto, la vedevo stesa sul letto mentre si abbracciava le ginocchia. Riuscivo a sentire il suo dolore sordo e martellante, come un serpente che le si attorcigliava intorno allo stomaco, stringendo.
Sbattei gli occhi carichi e bagnati al ricordo, scossi la testa forte per ritornare alla devastante realtà solo con questa consapevolezza: non doveva più soffrire per me, non doveva più soffrire e basta.
“Non sarei dovuta venire….” Sussurrò.
Parole inaspettate e taglienti. Una pugnalata in pieno petto.
Mi ci vollero più di secondi per assimilarle. Ma forse aveva ragione, forse dovevamo immaginare che non eravamo pronti per un addio, non adesso. Non dopo aver scoperto che non siamo legati solo da un profondo amore, un amore che mai nessuno ha provato, un sentimento così immortale, quasi irreale, ma anche da un figlio. Un figlio nostro. Un figlio che rappresenta un miracolo ma soprattutto una rivincita. La rivincita a tutto il dolore che ci ha marchiato nel corso della vita, lasciando, anno dopo anno, profondi solchi nella nostra anima.
Ed adesso un altro… un altro dolore…
Tremavo, ora stavo tremando. Il pensiero di William, immagine della pace, comodo accoccolato nel suo lettino, così piccolo, così inconsapevole…. E la sensazione del suo inconsistente peso tra le mie braccia, sul mio petto, l’ultima volta che lo avevo stretto…. L’ultima volta….
Piangevo, forse non troppo silenziosamente perché Scully si voltò e mi fissò per un attimo prima di precipitarsi verso di me sedendosi al mio fianco e circondandomi vigorosamente con entrambe le braccia.
Io non mi ero mosso. Sentivo le sue labbra pressare sulla mia tempia e l’umido delle sue lacrime che cadevano sul mio viso, confondendosi con le mie.
“No Scully…” parole strozzate in mezzo al pianto “non posso!”
Staccò piano la bocca dalla mia fronte per avvicinarla al mio orecchio “si che puoi… devi… per me … per William e perché è la sola cosa da fare…”.
Non ero in grado di risponderle, non dopo che aveva pronunciato il nome di quella creatura, le lacrime sembravano intensificarsi e i singhiozzi erano più profondi… non avevo più controllo, il dolore aveva vinto… ancora.
Riprese stringendomi se possibile più forte “tu devi vivere, Mulder” sussurrò “…tu devi vivere per sempre…”.
“Io sto morendo ora!” Quasi urlai.
Mi voltai, lei aveva gli occhi sgranati, la bocca socchiusa.
Era troppo, troppo per me e troppo per lei. La presi tra le braccia, quasi sollevandola.
Ora eravamo petto contro petto e viso sprofondato nelle rispettive spalle. La mia mano pressava vigorosa sulla sua piccola schiena. Sentivo il suo respiro irregolare, caldo sul mio collo.
Stringevo quel corpo. Quel corpo che mi apparteneva insieme alla sua anima.
Serrati l’uno all’altra così forte mi sembrò che stessimo dondolando impercettibilmente…come per rassicuraci.
Ed io morivo in quell’abbraccio…. ed in quella lenta morte non potevo che considerare la mia vita. Una vita che per quanto segnata irrevocabilmente dal dolore, dalla colpa, dal rimpianto e dal rimorso aveva conosciuto amore. Amore che Scully mi aveva insegnato. Un sentimento non egoistico e possessivo ma universale.
Ho amato tutto, ho amato il mondo attraverso i suoi occhi.
Lei doveva sapere e questa era la mia unica, ultima occasione.
Scivolai piano in quella morsa, appoggiai la mia fronte contro la sua e il nostro fiato corto si confondeva.
“Tu sei il sole e non si può vivere senza sole”.
La sua volontà di replicare fu fermata dall’emozione.
“…sei il mio faro… senza di te sono perso… ”.
Chiuse gli occhi, e la verità nelle mie stesse parole colpì entrambi.
“Mulder, forse questo è solo un’arriv”
“No” la interruppi “è un addio.”
Lei abbassò la testa “è stato tutto inutile…”sospirò aprendo gli occhi “… loro hanno vinto ancora.”
L’amarezza e il senso di sconfitta nella sua voce mi fecero quasi sussultare.
“Forse loro pensano di essere riusciti a separarci Scully, ma sbagliano e tu lo sai…” la mia replica era rapida ed accorata, ed ora eravamo occhi negli occhi, anima nell’anima “siamo legati indissolubilmente e nessuno riuscirà mai a spezzare questo legame. Anche quando ero lontano, perso chissà dove nell’universo io ti sentivo vicina… come adesso ” mi interruppi, come farle capire? “… dovunque sarò porterò con me la certezza di sapere cosa significa amare… è questo è un regalo, un regalo che mi hai fatto e che è diventato parte di me.”
Il suo lieve e malinconico sorriso mi colse di sorpresa “… e tu lo hai regalato a me…”.
Sentii l’ombra di un sorriso curvare anche le mie labbra, lei proseguì “… la tua passione, la tua impulsività… tu mi hai insegnato il vero significato della parola fiducia… tu mi hai insegnato a credere….”.
Il mio sorriso si allargò prima di appoggiare le mie labbra sulle sue come per bloccare quelle parole, le parole che in un attimo erano riuscite a cancellare una enorme parte di quella colpa che mi portavo dentro, la triste convinzione di essere stato la rovina della sua esistenza.
Era sincera ed era la verità che aveva avuto quell’effetto su di me. Quel bacio che le stavo dando ora era una conferma, il modo più diretto di dirle grazie…. Grazie per non aver mai perso la speranza, grazie per aver creduto in me sempre e grazie soprattutto perché non mi aveva mai abbandonato e non lo avrebbe mai fatto!
Quell’unione acquistò vigore, il bacio diventò profondo e nervoso, le mani cominciavano una sempre più rapida esplorazione.
Come se il dolore si fosse sciolto trasformandosi in pura passione. Disperati, alla ricerca di calore… Iniziai a sbottonare la sua camicetta, quando sentì le sue dita sottili infilarsi sotto la cintura dei miei pantaloni e sfilarne fuori la maglietta. La sollevò sopra la mia testa e le nostre labbra si riunirono immediatamente.
Nessuno dei due intenzionato ad interrompere il contatto.
Passai lentamente le dita sulle clavicole per poi scendere sul suo seno, la mia mano aperta si muoveva seguendo il suo elaborato respiro.
Il colore avorio della sue palle calda sotto le mie dita.
Accarezzai il liscio raso nero del suo reggiseno. Quell’eccitazione così familiare era di gran conforto. E, per quanto conoscessi quella sensazione di attesa e anticipazione, per quanto avessi imparato a conoscere quel corpo che avevo tra le braccia, la mia schiena era percorsa da una scossa di elettricità ogni volta che toccavo quella pelle.
Ed ogni volta non potevo che sentirmi reverente ed impaurito solo per l’onore di poterle essere così vicino.
Lei non riuscì a trattenere il sospiro che, caldo e denso, mi accarezzò il viso.
“Sto toccando il tuo cuore” sussurrai.
“Fallo, Mulder… è tuo!” Sospirò, e a quel suono incredibilmente seducente risposi prendendole la testa col palmo aperto sotto il suo orecchio e adagiandola sulla schiena. Mi posizionai cauto divaricandole leggermente le gambe, mai interrompendo il contatto dei nostri occhi. Le mie grandi mani continuarono a vagare sulla morbida pelle, tracciando i bordi della sua esile figura. Mi staccai da lei per poterle togliere la gonna, quando sentì la pressione delle sue dita esperte sui bottoni dei miei jaens. La sua mano scivolò all’interno, toccando pelle sensibile con decisione. Un suono roco strisciò fuori dalla mia gola. E mentre lei si muoveva piano in quella presa, e mentre la sua bocca lasciava piccoli cerchi bagnati sul mio collo, la forza abbandonò le mie gambe e caddi pesantemente su di lei coprendola completamente. Mi presi qualche secondo prima di reclamare le sue labbra e ci scambiammo un bacio meno profondo ma estremamente sensuale. La mia lingua disegnava lentamente il contorno della sua bocca socchiusa, ed il suo respiro caldo era ipnotico.
Concentrato e rapito dal rosso intenso e lucido delle sue labbra, non mi resi conto che, nonostante l’impossibile vicinanza, Scully era riuscita a spogliarci entrambi. Il morbido calore della sua pancia contro la dolorosa consistenza del mio pene mi fece ansimare forte e mi fece spingere istintivamente verso di lei. Una, due volte… era troppo. Mi allontanai di qualche centimetro chiudendo gli occhi per riprendere il controllo. Troppo, e troppo presto.
Scully accostò la sua bocca al mio orecchio “Non voglio aspettare, Mulder…. Adesso.” Sussurrò.
Un’altra scossa mi percorse la schiena. Oh Dio, ti amo, amo la tua voce, amo i tuoi occhi neri dalla passione, amo le tue guance rosse a calde, amo l’odore della tua pelle, del tuo desiderio.
Mi lasciai cadere ancora su di lei, le mie mani seguirono la linea dei sui fianchi nudi posizionandosi sul retro delle sue cosce compatte. La sollevai ed entrai il lei, poco per volta, lentamente, inconsapevolmente determinato ad immagazzinare nella mia mente e nel mio corpo ogni secondo di quella devastante sensazione di completezza. Il suono denso del suo ansimo riportò parte della mia attenzione al suo volto, e quando rincontrai l’inconcepibile calma dei suoi occhi camiciai a muovermi in lei.
Mentre il calore sprigionato dai nostri corpi uniti diventava quasi insopportabile, raccoglievo i suoi sospiri sempre più frequenti, la sensazione delle sue unghie che sprofondano ansiose lungo la mia spina dorsale. La pressante frizione dei nostri copri fusi diventava lava calda e fluente….
E mentre la dolcissima agonia del vicino orgasmo sopraggiungeva lenta e depredante, l’improvvisa consapevolezza dell’importanza di quell’atto e mi colse inerme. Era una sensazione così potente che sicuramente sarebbe riuscita a fermarmi se Scully non avesse i suoi piccoli piedi saldamente piantati nell’incavo della mia schiena, e se non avesse incominciato a muoversi ritmicamente incontro alle mie languide spinte.
E mentre la mia mente registrava un’immagine sempre più sfocata del volto della donna che avevo sotto di me, intorno a me, il pensiero che questo non era altro che un nuovo ricordo che ci stavamo donando, un’altra ancora a cui appigliarci nei vuoti momenti di lontananza a cui il futuro ci avrebbe condannato, sopraggiunse come un onda desolata, rendendo i miei occhi pesanti per le lacrime.
Dana staccò le mani dalla mia schiena troppo rapidamente, e il movimento mi indusse a sbattere le palpebre lasciando cadere quella grossa lacrima come una goccia di pioggia calda sul suo viso opaco.
Le sue dita entrarono calme tra i miei capelli e con una pressione leggera, avvicinò la mia guancia alla sua. “Mi senti Mulder? Sono qui!” Sussurrò mentre intensificò la sua controspinta verso di me, sollevando le ginocchia, e facendomi scivolare in lei, incredibilmente profondo. “Resta con me adesso….” Finì in un sospiro.
Sono con te, sono con te, lo sarò per sempre.
E ripresi a muovermi con più vigore in lei, così sopraffatto dalla sensazione che era impossibile lasciarmi andare completamente, la scossa violenta del suo orgasmo mi coinvolse totalmente. “Mulder….” Urlò affannata.
Lasciandole solo pochi secondi per riprendersi, continuai a muovermi rapidamente, annaspando in cerca d’aria. Ed il sovraccarico di sensazioni diventava quasi distacco.
Mio Dio, NON può essere l’ultima volta! Non può essere l’ultima volta che sento questo! Non può finire così! Non posso lasciarti andare così….
L’espressione contratta del mio volto doveva essere così eloquente da permettere a Scully ascoltare i miei pensieri.
“Lasciati andare… ci sarà tempo per noi, né sono certa. Ci sarà tempo per noi… resterai con me… ed io sarò qui con te, per sempre… come adesso!”.
“No Scully, non tornerò, non tornerò più!” Gemei affranto.
“Lo so” disse e stava piangendo forte “Lo so…. Ma non andrai mai via, non sei mai andato via…. Dio, Mulder, ti amo così tanto…”.
Mi baciò, la sua lingua si muoveva profonda e languida nella mia bocca; un bacio triste ma carico di così tante promesse e speranze che mi fu impossibile non risponderle con la stessa passione.
Non sono mai andato via…. Non sono mai andato via…. Non sono mai andato via….
“Per sempre, Scully?” sussurrai in quel bacio, sentendomi disperatamente sciocco per una frazione di secondo.
“Per sempre…. Passato, presente e futuro. Tu sarai dentro di me, come adesso… per sempre.”
E mentre il suono delle sue parole accarezzavano la pelle umida dalle lacrime e dal sudore, mi svuotai dentro di lei con inaspettata violenza.
Esausto, collassai sul suo petto. Le sue braccia mi circondarono tenendomi stretto.
Senza lasciare che nessun altra parola alterasse l’innaturale silenzio di quella scura stanza, rimanemmo abbracciati per lungo tempo. Il sonno portato dalla stanchezza lottava contro il profondo desiderio di non addormentarmi, di non sprecare altro tempo, di non perdere neppure un attimo di quella incoerente euforia che provano mentre, scivolatole di fianco, la cingevo possessivamente con una gamba, e le accarezzavo il viso, il collo, le spalle….
Il telefono squillò.
Sobbalzai. Scully si irrigidì sotto di me.
Era il segnale.
Fissammo i nostri occhi per un istante entrambi consci del significato di quel suono.
Erano venuti a prendermi. Era ora di andare.
Rimanemmo immobili. L’aria era diventata pietra intorno a noi.
Dio, fa che non sia vero….
Dio, non permettere che accada….
Fu lei la prima a scattare in piedi e non potei evitare di rimanerne sorpreso. Rompendo quell’aria stantia e carica di ansia che ci circondava. Mi alzai dal letto, e mi accostai a lei per raccogliere gli abiti.
Cominciammo a vestirci nervosamente, quasi freneticamente.
Era come se un secchio di acqua gelata fosse stato gettato violentemente sul torpore che aveva provocato quel nostro intimo, ultimo abbraccio.
I nostri occhi evitavano accuratamente di incontrarsi.
Le prime luci dell’alba filtravano dalle tende semiaperte, non mi ero reso conto che fosse trascorso così tanto tempo…. Ed era arrivato il momento.
Io fui più rapido di lei e mi fermai aspettandola. Osservavo i suoi gesti automatici e vuoti mentre cercava di abbottonare la sua camicia.
Terminò. Ed ora eravamo uno di fronte all’altra, stavamo tremando così forte che mi sembrava che Scully stesse oscillando di fronte a me.
“Mulder, io…” “Scully” il suono delle nostre voci echeggiò nella stanza vuota.
Restammo immobili.
Un secondo squillo.
Sobbalzammo ancora.
“Mulder io … o mio Dio”. E ci buttammo l’uno contro l’altra e ci stringemmo così forte, come se pretendessimo di fermare il tempo in quella stretta, di assorbire l’uno nell’altra.
“Devo andare…”
Piangevamo ancora.
“Vai…”
Si allontanò quasi bruscamente e io mi voltai verso la porta ordinando al mio corpo di muoversi in quella direzione. Quando appoggiai la mano sul freddo metallo della maniglia l’impulso divenne incontrollabile. Mi girai e mi precipitai su di lei ancora ferma nella posizione di qualche istante prima. Le presi fermamente la testa “Ti amo, Scully” dissi prima di baciarla profondamente... disperatamente.
Quando mi staccai riluttante le sue guance erano ormai completamente bagnate dalle lacrime.
Mi concentrai sulla curva delle sue labbra, consapevole che se avessi alzato lo sguardo sarei affogato nel lago cobalto dei suoi occhi, e non sarei più stato in grado di andare….
“Ti amo Mulder” disse “…tiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamo…”.
La guardai… un’ultima volta.
L’Ultima volta….
Non sto andando via, non andrò mai via… rimarrò sempre qui con te, per sempre.. come adesso!
Ci sarà tempo per noi…. Ci sarà tempo per noi….
Sentivo ancora il suono di quella dolcissima litania quando uscii dalla porta. Incominciai a camminare lungo lo stretto corridoio e quel suono era ancora vivo e presente nelle mie orecchie… forse Scully lo stava solo urlando ‘…tiamotiamotiamotiamotiamotiamotiamo…’.
Trovai la forza per sorridere.
Un suono, un altro ricordo, un altro regalo.
…Mi manchi tanto amico caro, davvero,
e tante cose sono rimaste da dire.
Ascolta sempre solo musica vera,
e cerca sempre, se puoi, di capire…
Note: beh…. la ff non è nuova…. Ma la versione così modificata ispira di più persino me stessa (che solitamente rimane piuttosto insoddisfatta delle sue stesse ff).
Scully e Mulder, in questo straziante addio, si supportano, si rassicurano, si amano in modo così disperato da rasentare l’incoerenza, me ne rendo conto, ma… mettetevi nei loro panni, non si può essere perfettamente coerenti “se c’è una luce che trafigge il tuo cuore”…
Spero comunque che questo mio delirio vi sia piaciuto, non vi sia piaciuto, lo abbiate amato, oppure odiato, vi abbia fatto storcere il naso… vi abbia fatto piangere, o ridere, ma che comunque non vi abbia lasciati indifferenti….
Se qualcosa ha provocato nei vostri teneri cuoricini…. potrò dire soddisfatta di aver raggiunto il mio scopo….
Grazie per avermi letto…
Annax
Nota inutile ed aggiuntiva: perché William? Perché doveva essere il seguito di una mia ff chiamata Astral/Bloodtears ed il bimbo si chiamava così… lo so che è banale, ma non riesco a chiamarlo in altro modo. Tutti gli altri nomi che mi balenano sembrano così… inadatti che preferisco la banalità…:-p
Aggiunta postuma: AVEVO RAGIONEEEEEEEEEEEEE!!! :P