Titolo: Black 2
Selfish, egocentric bastard
Autrice: Annax
Tutta la menata nella parte 1.
Mulder POV.
... lascia che la verità travolga la tua anima… e non chiederti perché abbia deciso di rivelarsi ai tuoi occhi proprio quando non hai più la possibilità di accettarla.
Sono un egoista,
egocentrico e bastardo.
Lo so, l’ho sempre
saputo.
Chi si imbatte negli studi
di psicologia solitamente lo fa per analizzare se stesso, per guarirsi.
Ed io non sono stato da
meno.
Capire la natura umana era,
prima di un analisi del comportamento degli altri individui, un modo per dare
una spiegazione ai miei stessi comportamenti.
Beh,
ho fallito.
Anche
e soprattutto in questo.
Non
solo non riesco a capirmi ma neppure mi sforzo di farlo.
La
sola conclusione effimera che ho raggiunto in tutti questi anni da auto-analisi
è che sono un egoista, egocentrico e bastardo.
Nient’altro.
E
non provo nemmeno a modificare questi scomodi aspetti del mio carattere, perché
non li ritengo difetti.
Dio,
neppure pregi, ma sicuramente non aspetti che vale la pena cambiare.
Mi
fido del mio istinto, di quella parte di me che mi rende differente non solo da
ogni agente dell’FBI, ma anche di qualsiasi altro essere umano.
La
mia mente aperta e flessibile si adatta ad ogni evento, ad ogni verità.
L’irrazionale
e l’impossibile non sono causa di rinuncia a comprendere ma solo una mera
difficoltà.
Sono
fiero di questo.
Fiero
ed orgoglioso come un goliardico ragazzino.
I
miei sentimenti e le mie forti passioni non sono causa di debolezza.
E’
solo qualcosa che mi differenzia dalla massa e che mi rende particolare.
Attraente,
anche.
So
di essere attraente.
La
diversità mi ha sempre reso curiosamente affascinante.
Ed
io ho sfruttato questo aspetto di me.
Funziona
con le donne, soprattutto.
Mi
espongo non curante delle conseguenze, e questa libertà d’azione è un
conquista che pochi possono vantare.
Sono
seducente, lo so…
E
pericoloso.
Sono
un vortice che travolge ogni cosa al suo passaggio.
L’uragano
Mulder.
Sono
un incosciente tentatore.
Un
peccatore ed un istigatore.
Lo
spettro del dolore che mi ha sempre accompagnato si è somatizzato nei miei
occhi, e chiunque li guarda non può resistere allo spirito umanitario che
suscito.
Diana
né è un esempio palese.
Attratta
dalla mia mente e dal mio corpo non avrebbe fatto nulla per contraddirmi.
Ed
aveva incominciato a pensare come
me.
A
volere quello che volevo io.
Il
suo trasferimento in Europa fu un grosso colpo di fortuna, ero stanco di averla
con me, davvero stanco.
E
lei era sicura che fosse l’idea migliore perché, subconsciamente, ne ero
certo io.
Ha
sempre conservato la fittizia convinzione di essere l’artefice di quella
meditata decisione.
Mi
sento in colpa?
Dio,
si.
Mi
sono sentito in colpa per tutta la mia esistenza.
Il
senso di colpa è qualcosa che è ormai così parte del mio carattere che a
fatica lo distinguo dalla miriade di sentimenti che penso di provare.
Spesso
mi rendo conto che la metà di quello che faccio è risultato di questa innata
responsabilità nei confronti del mondo.
Ho cerato Samantha per
questo.
Ho voluto la verità per lo
stesso motivo.
Ed ora mi trovo a fare i
conti con me stesso… a tirare le somme di una vita spesa sotto questa pesante
cappa di colpe e responsabilità…
Mi sento messo alle
corde… un pugile sconfitto.
Perché sto morendo.
Dio… sto morendo.
Non c’è verità più
concreta di questa.
La mia vita si spegne come
ignorati tizzoni di un vecchio fuoco da campo.
Al risveglio qualcuno
getterà della terra su quei tizzoni, e non ci sarà più… e non ci sarò più.
E’ difficile da accettare
e non ho smesso di lottare.
Prima me ne farò una
ragione, però… e prima potrò reagire.
L’immediato sentimento
che ho provato quando ne sono venuto a conoscenza è stata rabbia.
Ceca collera.
Dio, non potevo morire in
un modo così… stupido.
Ma poi ho riflettuto e mi
sono reso conto che è definitivamente la morte più… adatta a cui potessi
aspirare - sempre che si aspiri alla morte - .
Il vortice ha finalmente
travolto anche me.
E sto morendo.
Trascinato dal turbine
dell’uragano Mulder...
A volte ho pianto.
Da solo, su questo
squallido divano in questo squallido appartamento, ho pianto sulle mie miserie.
Che idiota….
Che idiota.
Ma erano settimane che non
piangevo più.
Accettare la morte in realtà
non è una sconfitta.
Non è come sventolare la
bandiera bianca e sperare nella clemenza del nemico.
E’ solo crescere…
maturare.
E sono maturato in questi
pochi mesi di consapevolezza più di quanto non l’abbia fatto in tutto il
resto della mia vita.
Non ho scordato le mie
colpe, non potrò mai scordarle.
Ma andare avanti nella
realizzazione dei miei improbabili obiettivi non è più un modo per cercare di
raggiungere quella fragile pace con me stesso che ho sempre agognato, non
soltanto almeno.
E’ soprattutto la via più
semplice per dimostrare che ci sono ancora… che posso sentire sentimenti e
affetto… anche se sto morendo… anche se sto morendo…
Il futuro non esiste.
E’ la chimera più grande
e luminosa.
Una illusione onirica a cui
ognuno di noi si aggrappa con le unghie e con i denti per poter affrontare il
quotidiano riservandosi oscuri ed incerti abbagli sull’avvenire.
Adesso sopravvivo ma un
giorno vivrò, è la filosofia portante.
Io non ho più questa
chimera.
Non posso più credere nel
futuro ed il presente è la sola cosa che mi resta.
Lo spettro della morte mi
ha reso paradossalmente più concreto.
Un ex sognatore stanco ma
non battuto, non ancora vinto.
Sono in piedi e non crollerò
fino all’ultimo.
L’imminente fine mi ha
fatto anche un inaspettato regalo.
Mi ha dato il coraggio di
guardare Scully, e vederla.
Ho iniziato a osservarla
dimenticando quell’innata paura che mi ha inibito in tutti questi anni di
vicinanza.
Scully è una donna di cui
ci si può innamorare.
L’ho sempre saputo.
Solo poche donne hanno
questo pregio, o questo terribile difetto.
Riesce a scuotere le
fondamenta di una persona fino a farle crollare.
Il suo innegabile carisma
entra sotto la pelle.
Non che non abbia difetti.
Ha una quantità
innumerevole di piccole e grosse lacune.
Incongruenze e incoerenze.
Ma il deferente rispetto
che suscita la sua apparente stabilità si scontra con il bisogno di proteggere
la fragilità di una donna-bambina che gioca a fare l’uomo.
Ed è attraente,
dannatamente attraente.
E non mi sono mai concesso
di guardarla per questo motivo.
Non potevo permetterlo.
C’era troppo da
proteggere.
C’era troppo da costruire
e cercare e trovare per potermi abbandonare.
Penso che per lei sia
sempre stato lo stesso.
Ammettere a se stessa di
essere innamorata di me era una sconfitta verso quella insensibilità e quel
distacco da tutto, fondamentale per mantenere il suo ruolo di partner… agende
dell’FBI… donna forte e incrollabile.
L’amore è debolezza…
per Scully.
Per quanto professi questa
mia straordinaria capacità di bloccare e bloccare ancora sul nascere il
sentimento potenziale più profondo e devastante che abbia mai provato, devo
ammettere che se solo Scully avesse fatto un passo… uno piccolo… io sarei
crollato tra le sua braccia… tanto tempo fa.
Ne concludo che se adesso
siamo quello che siamo è merito suo, o colpa sua.
La scoperta più
sconvolgente non è stata quando mi sono reso conto che l’amavo… e l’amavo
come non avevo mai amato… ma quando ho capito che desideravo fare l’amore
con lei.
Lo volevo così tanto.
L’amore è un sentimento
poco compromettente.
Si può nascondere senza
grosse difficoltà, soprattutto agli occhi di noi stessi, … si può mascherare
d’affetto… dedizione… cura….
Ma il desiderio è uno
stato completamente apocalittico.
Qualcosa che è così
palese e chiaro e lampante da essere più forte di qualsiasi altro sentimento.
Quando ho capito che la
volevo… la volevo davvero… il solo modo che rimasto per difendermi era fare
un paio di passi indietro… per paura.
Ho desiderato che sparisse
dalla mia vita.
Mi sono convinto che era la
cosa migliore che potessi sperare.
Ho fatto di tutto per
convincerla della stessa cosa.
Ma Scully non è Diana.
Decisamente.
Ed ha guardato dietro
l’arsenale di difese e indifferenza che le ho scagliato contro.
Non so se abbia visto
paura… affetto o… bisogno… sta di fatto che è restata.
Anzi, non ha mai minacciato
di andarsene.
Si allontanava e si
avvicinava… si scopriva e si nascondeva… ma non se ne è mai andata.
E questo la rende diversa
da chiunque altro… perché è così inaspettatamente prevedibile.
Ed ora che ho preso la mia
decisione, non senza paura, non mi sento affatto così… leggero come avevo
previsto.
Ora… che ho già fatto il
primo e fondamentale passo.
Quando sono andato a casa
sua ieri notte, quando ho varcato quella porta, ero quasi deciso a tornare
indietro… a stroncare questo ultimo e sgraziato volo.
Ma mi è bastato vederla.
Guardare quel suo viso
secco e sfinito.
Osservare lo spettro di una
donna che pensavo di conoscere ma che in realtà non avevo idea di chi fosse.
I miei pantaloni le
cadevano stanchi dalla vita, accarezzandole i fianchi.
I suoi capelli neri per
umidità rendevano i suoi occhi quasi trasparenti.
Per quanto i dubbi e le
incertezze mi avessero assalito d’improvviso ero intimamente cosciente che la mia
era la decisione più giusta.
E quel bacio è stato,
beh… incredibile.
Così drammatico… e
intenso… e nostro.
Non potevo morire senza
darle quel bacio.
Sento ancora il suo sapore sulle mie
labbra... nella mia bocca.
Non potevo andare avanti a
trincerarmi dietro questa assurda paura.
Non potevo.
Ma perché piango adesso?
Perché nel falso buio,
arido del mio spoglio appartamento sto consumando le ore a svuotare i miei occhi
e sento che la mia anima è già vuota, sterile?
Perché sono un egoista,
egocentrico e bastardo, mi rispondo.
Perché ho deciso di
impossessarmi di ciò che penso di avere il diritto di vivere solo adesso…
adesso che sto morendo.
E sento che la sto usando..
come cento, mille volte da quando è entrata nella mia vita.
Uso questo sentimento che
provo per lei solo per scordare che sto morendo.
Dio, non è così… fai
che non sia così.
Stringo la mia testa fra le
mani e lacrime tiepide e salate mi riempiono la bocca come sangue denso.
La mai anima brucerà
all’inferno.
Non potrei mai
perdonarmelo.
Voglio stare con lei… lo
voglio davvero.
Voglio guardarla e vederla.
Voglio ESSERE con lei
adesso.
Adesso che la verità mi è
stata rivelata nel più banale e scontato dei finali.
Adesso che le mie mani sono
vuote come la mia vita e che sento il peso di tutto quello che poteva essere ma
che non è stato incombere sulle mie spalle.
Voglio viverla.
Ma sto morendo.
E questo rilevante e
drammatico contrasto tra un possibile presente di luce ed un futuro di
inevitabile oscurità mi lascia inerme.
Scully soffrirà.
Soffrirà incredibilmente.
La fiducia che è sempre
stata colonna portante della storia della nostra relazione si sgretolerà
d’improvviso quando le verrà rivelata questa ingombrante verità.
Soffrirà e maledirà il
mio nome.
Lo so.
Ma è destinata a soffrire,
comunque.
Il sentimento che prova e
ha sempre provato per me, quell’affetto di madre e di platonica amante, renderà
inevitabile il dolore.
E farle conoscere le
conseguenze di questo fatale e sconosciuto male che mi ha colpito non farebbe
altro che anticipare la miseria a cui è destinata … impedendoci di vivere
quello che ci rimane da vivere… insieme.
Forse potremo essere
felici, per un po’.
Egocentrico, vero?
L’idea che possa essere
solo io la persona che può donarle questa effimera felicità.
Ma non so cosa fare.
Dio, non so cosa fare.
Non voglio trascorrere
questa lenta agonia vedendo nei suoi occhi ombra di dolore e rassegnazione e
disperazione.
Voglio vederla ridere… e
piangere dalla gioia.
Come ieri notte… ieri
notte.
Voglio vedere 100, 1000
film sul suo scomodo divano… voglio bere le linee del suo corpo stretto in un
abito corto e nero mentre l’accompagno a ballare… voglio andare in chiesa
con lei e pregare per un futuro lontano da trappole e pericoli.
Pregare per un futuro di
tranquillità.
Voglio illudermi
trascorrendo momenti di innaturale realtà.
Desidero poter terminare
questo strazio di esistenza senza rimpianti.
Impossibile, lo so… ma ci
voglio provare.
E voglio fare l’amore con
lei.
Sentirmi vicino al suo
cuore come non sono mai stato… assorbire la sua vita.
Ed entrare nella sua
testa… nel suo mondo… ESSERE con lei.
E’ la sola cosa che
desidero.
E’ la sola cosa che posso
fare.
Ma sarà Scully a pagarne
le conseguenze.
Perché io non sarò qui a
reggerle il cielo quando le cadrà addosso.
Non ci sarò più.
Piango più forte e mi
mordo le labbra.
Non ci sono le sue braccia
intorno a me, a cullarmi e calmarmi.
I suoi baci sulla mia
tempia e le sue sterili parole di conforto.
Perché Scully dice tutto con quei suoi occhi… alcune espressioni del suo viso sono così eloquenti… così chiare… così vere…
... ma è una frana con le parole.
Rido mentre piango e
appoggio la mia testa pesante sul bracciolo del divano.
Mi sdraio incredibilmente
stanco.
Sono ancora completamente
vestito.
E rido perché mi fa pena
l’idea che stia cercando di auto-giustificarmi.
E piango di nuovo perché
mi sento come se dopo aver corso, scappando da un nemico imbattibile e
incredibilmente veloce, mi trovassi alla fine di un vicolo ceco… in trappola.
E so che qualsiasi sia la
mia prossima mossa… perderò comunque.
La sola cosa che mi rimane
da fare è scegliere consapevolmente il male minore.
Ma qual’è il male
minore?
Ho pensato di scappare…
di andare lontano da qui… di nascondermi.
Ma non mi sono ancora
arreso alla morte e non voglio rimanere da solo.
*Voglio essere con Scully.*
Questa è la solo cosa
certa… è la sola cosa in cui credo.
Egoistico, vero?
Il pensiero di sopravvivere
senza la costante presenza di Scully ha il potere di stringermi il petto.
Mi fa male il solo
immaginarlo.
Appoggio un braccio sopra i
miei occhi gonfi… col disperato intento di fermare le lacrime e proteggermi
dalla luce.
La parete sopra la mia
testa spesso diventa uno squallido schermo….
Una tela agghiacciante dove
vengono proiettate immagini della mia vita… scene in cui avrei potuto prendere
la decisione giusta.
Momenti in cui avevo la
possibilità di cambiare il corso degli eventi.
In cui avrei potuto
cominciare a vivere.
Ma non l’ho fatto.
Ed ho continuato a
*sopravvivere* nell’illusione che forse un giorno tutto sarebbe accaduto
naturalmente… senza il mio attivo intervento.
Un modo come un altro per
non aggiungere pesi su pesi sulla mie gravi spalle.
Perché se avessi
sbagliato… l’avrei pagata cara.
Avrei perso ogni cosa.
Ma non importa cosa accadrà
adesso… ho deciso che rimarrò con lei.
E da qui non si torna
indietro.
Ed anche se la mia lotta
contro la morte sarà inevitabilmente solitaria… anche se non posso
permettermi di renderla partecipe in questo ultimo e disperato tentativo di
vita… potrò sperare di donarle attimi e ricordi… di darle me stesso…
prima che la morte si prenda la mia anima.
Ed è questo che mi ha
spinto a scuoterla ieri notte.
A farle capire che
c’ero… che ci sono ancora.
Vorrei essere assolutamente
certo che questa sia la soluzione più giusta.
Non ho mai preso una
decisione tanto ragionata… non ho mai riflettuto così profondamente sulle
conseguenze delle mie azioni….
E’ strano… pensavo di
non esserne capace.
Ma palio c’è la sola
cosa che abbia importanza: il sentimento che provo per Scully.
Questo affetto e questa
passione, questo legame così radicato e semplice e dannatamente complicato che
rende quella donna indispensabile come l’aria.
Ed è per questo che ho
paura….
Ed è per questo che
piango… perché vorrei vivere.
Vorrei vivere.
Vorrei aver scoperto questo
mio incredibile coraggio molto tempo fa.
E che la mia mente, fonte
della devastante malattia che mi sta uccidendo, custodisse ricordi di vita.
Custodisse memorie di
giorni di vuota felicità e notti di disperata passione.
Vorrei potermi aggrappare a
ricordi di straordinaria normalità.
E vorrei aver detto ti
amo… e aver scorto negli occhi del destinatario di questo sentimento
l’emozione e la trepidazione di sentirsi amato.
Vorrei averlo fatto con
Scully… tanto tempo fa.
Non posso pensare a nessun
altra così degna d’amore.
Del mio amore.
Ed ora che sono stato
costretto ad aprire gli occhi, dopo aver compilato il desolato bilancio della
mia esistenza… solo ora ho la consapevolezza che mi è stata concessa
l’ultima possibilità di trasformare questi incorporei desideri in realtà.
Anche se solo per un
attimo… voglio stringere fra le mani questo sogno inconsistente.
Voglio che sia Scully a
darmi tutto questo.
E voglio dare tutto ciò
che mi rimane a Scully.
Sarò ogni cosa che Scully
mi permetterà di essere.
Glielo devo… e lo devo a
me stesso.
E questa ragionata
conclusione gira nella giostra della mia mente da così tanti giorni.
E so che ogni istante che
mi resta da vivere questi dubbi continueranno a corrodermi l’anima.
Ma sono un egoista,
egocentrico e bastardo.
Ed è giusto che faccio
quello che ho deciso di fare.
Mi prenderò Scully e la
sua anima.
Morirò stringendola tra le
braccia… berrò le sue lacrime e so che sarà mia per sempre.
E’ questa la verità… e so che non
potrò morire
prima di essere certo di aver fatto crollare il muro di spessi mattoni che le
barrica il cuore.
Mi dispiace Scully… mi
spiace così tanto.
Dio, fammi vivere
abbastanza.
Fammi vivere finché non
sarò suo.
Perché deve fare così
male… sapere che sto morendo?
Perché non posso
immergermi nell’oblio dell’incoscienza e dimenticare, anche solo per un
attimo, che il buio mi circonda?
Che la morte mi vuole e mi
reclama?
Perché non
riesco a rassegnarmi?
Perché?
Il
sole del sabato pomeriggio intacca la fasulla oscurità di questa stanza.
Entra
tra le tende proiettando ombre deformi lungo il pavimento… le pareti.
Ed
in un attimo mi sento stupido e completamente fuori luogo.
Questa
oscurità… le mie lacrime… le immagini e i suoni sommessi del *film* che non
sto guardando.
E’
tutto così inutile… sbagliato.
Ricordo di essere uscito
dall’appartamento di Scully ieri notte e di aver smesso di pensare.
Troppo preso ad abituarmi
al suo sapore nella mia bocca e al calore del suo corpo stretto intorno al mio.
Ed era così bello.
Sentivo che le mie guance
erano ancora umide delle sue lacrime.
Nonostante le strade
fossero completamente sgombre, guidavo incredibilmente piano… i miei gesti
erano del tutto involontari ed automatici.
Il trillo del cellulare mi
aveva fatto sobbalzare.
Il suono della sua
insolitamente timida e flebile voce mi aveva intenerito ed emozionato.
Ma fu quella parola a
catapultarmi nella realtà dei fatti.
Quel “grazie”.
Sussurrato ma forte e
chiaro.
Continuava ad sibilare
nelle mie orecchie minuti dopo la fine di quella rapida conversazione.
“Grazie”.
Grazie Mulder per quello
che hai fatto.
Dio, che diavolo ho fatto?
Che diavolo ti sto facendo,
Scully?
E accelerando, impaziente
di tornare in questo vuoto appartamento, ricordo di aver acceso la radio.
Volevo solo che quella
parola venisse coperta da altri suoni, che scomparisse.
Volevo smettere di
sentirla.
Dio, cosa ho fatto?
Grazie per cosa?
Grazie per averti dato un
illusione di vita?
Grazie per avermi
mentito… ingannato… tradito?
-Grazie-
Schiacciavo assente il
tasto di ricerca elettronica.
Non volevo sentire altro
che suoni.
Suoni che avrebbero potuto
catturare parte della mia attenzione a distoglierla da quella dannata parola.
Tra rumori distorti di
radio-giornali notturni che mai nessuno avrebbe ascoltato le note di una canzone
che non avevo mai sentito riempirono l’abitacolo e il mio cervello.
E più le chitarre
suonavano e la batteria teneva il lento ritmo di quella melodia e più il suono
di quel “grazie” si attutiva… diminuiva… fino a scomparire.
Ricordo di aver tirato un
involontario sospiro di sollievo ed aver cominciato a sentire le parole
trascinate da quella voce calda e sporca e disperata….
Fu un errore… perché
cominciai ad ascoltarle.
E se è vero che proprio
nel momento in cui decidi di smettere di pensare a qualcosa… ogni minimo
evento sembra voluto appositamente per ripresentarlo alla memoria… quella
canzone ne fu la dimostrazione.
Non mi sarei mai aspettato
quelle parole….
Non mi sarei mai aspettato
qualcosa di così doloroso… e vero.
So che un giorno che
avrai una vita meravigliosa…
So che sarai una
stella…
Nel firmamento di
qualcun altro…
Perché… perché…
perché non può essere il mio.
E
quelle parole rimbalzano ancora tra le pareti del mio cervello e di questa
stanza… girano e si scontrano… e ricomincio a piangere… più forte.
Dio…
fammi smettere di piangere….
Non
serve a niente piangere….
Perdonami Scully.
Perdonami per quello che ho
intenzione di farti.
Perché non ho scelta… o
forse si… ci sono miriadi di scelte che potrei affrontare… ma sono troppo
codardo.
Ma non posso rinunciare a
te se non ti ho mai posseduta.
Non posso lasciarti andare
e farti spendere in un altro cielo che non sia il mio.
Perché sono un egoista,
egocentrico e bastardo…
E perché ti amo.
Ti amo.
Spenderai….
La tua luce sarà così
forte e potente….
Brillerai nel mio cielo…
e morirò con un esplosione di luce negli occhi.
E continuerai a spendere…
risplenderai per sempre.
Ed un raggio di sole mi
colpisce gli occhi filtrando attraverso il braccio che ho messo come barriera da
tutto.
Presto il calore asciugherà
le mie lacrime e sarò pronto per affrontare un altro giorno di guerra e dubbi
ed incertezze ed azioni da fare.
Ho mille cosa da fare.
Ho mille cose da dirle… e
mille sensazioni da provare e da farle provare.
Vorrei avere tempo.
Tempo da darle… tempo che
merita di avere.
Ma non né ho….
Un giorno saprai, Scully…
un giorno saprai cosa mi ha spinto a fare quello che sto facendo… cosa mi
costringe a mentirti… e fingere… e piangere da solo in questo angolo di
universo… senza di te… senza di te.
Spero solo che tu riesca a
capire.
Dio, DEVI capirmi.
E perdonarmi, come hai
sempre fatto.
Ieri notte mi hai concesso
di incominciare a dimostrare quello che sento….
Spero che un giorno tu non
viva nei rimorsi… spero che la delusione e il dolore non ti spinga a rinnegare
e sminuire quello che sono certo succederà tra noi.
Dio, non so se riuscirei a
sopportarlo.
Desidero solo che un
giorno… riesumando il mio ricordo… tu possa scoprirti ancora innamorata.
Ma non di un amore che fa
male… che ferisce.
Di un amore che ti faccia
sentire prediletta e fortunata.
Perché hai potuto
conoscerlo.. e sapere cosa si prova a custodire nel proprio cuore un sentimento
così chiaro e puro.
E’ questo quello che
voglio darti.
Ed è questo che ti darò.
*DRINN*
Sobbalzo e bisbiglio
incomprensibili imprecazioni al suono del telefono.
Non so se rispondere.
Non so se sono in grado di
parlare.
Perché potrebbe essere
lei… anzi, sono certo che sia lei.
Deglutisco e mi schiarisco
la voce prima ancora di alzare la cornetta.
Allungo il braccio e
l’afferro.
Non parlo.
Sento il suo inconfondibile
respiro all’altro capo.
Tremo…
“Mulder?” sussurra.
“Si…” sono in grado
di dire.
Rimane in silenzio… come
se avesse percepito il mio stato… come se assumersi la responsabilità di
questo primo passo la portasse inevitabilmente a dire qualcosa di sbagliato.
“Scully…” la
chiamo… e mi maledico… perché anche la mia voce trema.
“Mulder?” dice in
apprensione “cosa c’è? Cos’è successo…?”
Cerco di riprendere il
controllo “Niente… niente… e che stavo dormendo….”
“Oh.. scusa” sussurra
in fretta.
Sorrido assente.
Tolgo il braccio dalla
faccia e mi riabituo alla luce.
Cerco di scorgere l’ora
sull’orologio del video registratore.
“Sono le due del
pomeriggio?!?” affermo falsamente sorpreso.
“Già…” risponde…
evidentemente in imbarazzo “Forse è meglio che ti dia il tempo per
riprenderti… ci… ci sentiamo dopo” bisbiglia.
“Vieni qui” le ordino
espirando.
Ho bisogno di vederla…
soprattutto adesso.
Ho bisogno di sapere che
sto facendo la cosa giusta.
E non lo saprò mai fino a quando rimarrò qui solo… ad uccidermi lentamente.
Sospira.
“Mulder… io”
“Vieni qui” ripeto
sussurrando.
“Quando?” si arrende.
“Adesso…” deglutisco
“appena puoi….”
“Ok” sussurra “ok…
a dopo.”
Credo che abbia rinunciato
a capire cosa mi passa per la testa.
“Corri…” dico
sorridendo alla cornetta.
Riattacca.
Io aspetto qualche secondo
prima di decidere di alzarmi.
Cammino come uno spettro
attraversando il soggiorno.
Spengo l’ignorata tv.
E’ incredibile come solo
il suono della sua voce mi dia l’energia sufficiente per reagire.
Asciugo le lacrime rimaste
dalle mie guance calde e spalanco le finestre.
Ho giusto il tempo per
lavare via la tracce residue di questa lunga notte.
Di questa notte di vita e
di morte.
L’acqua fredda della
doccia lava anche la mia anima…
Ritorno lucido.
E quell’ombra scura che
incombe su di me sembra che si stia allontanando.
Che mi lasci respirare.
E’ Scully che è capace
di avere questo effetto su di me.
Come ho potuto solo pensare
di scappare da lei?
Come ho potuto immaginare
che sarei riuscito ad affrontare questo inferno senza l’inconcepibile calma
della sua voce?
E questo risponde a tutte
le mie domande.
Perché è così
importante.
Perché è diventata parte
di me.
Perché l’idea che presto
dovrà lasciarla andare mi spaventa e mi riempie di rabbia ed angoscia.
Io la amo.
E sono pronto ad ogni cosa
per dimostrarglielo.
Glielo dimostrerò.
Esco dal bagno quasi correndo e mi vesto in fretta.
Jeans chiari, maglietta bianca e
maglione blu.
Quando sento il suono delle
sue nocche sulla porta sono già pronto.
Mi do una rapida occhiata
allo specchio del bagno prima di aprire.
Sono stanco e il mio volto
riflette ogni minuto della notte che ho appena trascorso.
Ma sarò in grado di
nasconderlo.
Lo farò.
Deglutisco prima di aprire
la porta.
Faccio quasi un passo
indietro quando me la trovo di fronte.
“Ciao” dice
imbarazzata.
Io osservo la sua gonna
nera lunga fin sotto il ginocchio.
La sua giacca sbottonata e
la maglietta rossa che indossa.
“Ciao” rispondo e le
guardo il viso.
Non ha dormito.
Tossisco imbarazzato e le
faccio spazio per entrare.
“Brutta nottata?”
chiede oltrepassandomi.
Io sono troppo preso a
classificare il suo profumo per risponderle.
Si volta verso di me e mi
guarda aspettando un segno.
Abbasso la testa perché è
impossibile continuare a reggere lo sguardo.
“Non ho mai avuto il
sonno facile…” le dico.
Annuisce impacciata “Io
si…” afferma ma poi mentre si siede sul bordo del divano la sento
bisbigliare “fino a ieri”.
Teoricamente non avrei
dovuto sentire ma non riesco a fermare la risata che mi esplode dalla bocca.
Mi calmo e le sorrido.
Dio… mi sento leggero.
Sollevato.
Mi osserva sorpresa ma poi
sorride imbarazzata e volta lo sguardo verso la finestra.
Mi avvicino al bracciolo
del divano e guardo i riflessi chiari che il sole da ai suoi capelli “Sei
pronta?”
“A cosa?” sussurra
ancora senza guardarmi.
“Abbiamo una cassetta da
riportare…” sussurro avvicinandomi di più “… penso di essere già in
ritardo… sento che quelli della videoteca mi spilleranno un sacco di soldi per
questa mia mancanza….”
Mi rilassa parlare.
Mi fa sentire riallacciato
al mondo.
E’ Scully che mi fa
sentire riallacciato al mondo.
“Ok” acconsente sotto
voce….
E’ spaventata.
Ed è incredibilmente
confusa.
Vorrei appoggiare una mano
sulla sua spalla ma non lo faccio.
“Caffè.” Dico… non
c’è bisogno di chiederlo.
Annuisce decisa e mi
guarda.
“Caffè” ripete.
Le osservo le labbra rosa e
poi gli occhi trasparenti.
Dio, è così semplice
perdermi nei suoi occhi.
Rimaniamo immobili per
lunghi e scomodi secondi prima che mi scuota e che decida di chiudermi in
cucina.
Mentre preparo la macchina
del caffè mi proibisco di pensare.
Scully è nell’altra
stanza.
Scully non sa niente e non
dovrà mai saperlo.
Finisco il mio compito e
quando torno dalla cucina mi fermo sullo stipite della porta.
Si è alzata ed ora mi da
spalle.
Rimango fermo ad osservare
la sua schiena… quella giacca stretta e nera, i capelli troppo corti per
superare il colletto della camicia…
Mi muovo.
Le porgo impacciato la sua
tazza.
Lei l’afferra cauta senza
guardarmi e la sposta sulla mano sinistra.
Cammino fino a sedermi sul
bordo del divano.
Continuo a guardarla
sotto i tenui riflessi verdi e azzurri dell’acquario che sta esaminando
con estremo interesse.
Quasi spalanco gli occhi
quando muove la sua piccola mano e il suo indice si posiziona sul vetro
oscurato.
Sfiora la superficie
cercando di tenere testa alla traiettoria di uno dei pesci all’interno.
Traccia cerchi e linee e
curve con il suo indice bianco e l’unghia avorio.
Le sue labbra si curvano in
un sorriso nascosto quando si accorge che è più difficile di quanto pensasse.
Quel pesce è veloce…
continua a volteggiare nell’acqua… e scappa dal percorso del suo indice
teso.
E’ adorabile.
E’ straordinario vedere
come si perda in piccoli e assurdi gesti per poter riprendere il controllo di sé.
Lo fa spesso…
leggere la stessa riga di un rapporto per cinque, dieci volte…
Seguire la linea
dell’orizzonte o la luce della luna attraverso il finestrino dell’auto
quando siamo in viaggio.
Sembra che funzioni…
sembra che riesca a svuotarle la mente.
Vorrei che fosse così
semplice anche per me.
Ritrovo la voce “Ti senti
in colpa, Scully?” sussurro neutrale.
Lei volta la testa ma non
lo sguardo.
Continua a seguire con gli
occhi il movimento di quel pesce e dice soltanto “Mh?”
Deglutisco “Beh,
insomma… ultimamente ci siamo rimpinzati di una quantità industriale di
pesce… pensavo ti sentissi in colpa nei confronti della razza….”
Sorride.
“…mangiamo sempre pesce
ultimamente” realizza.
“Già… ” rispondo…
e mi sento incredibilmente sollevato da questo neutro ricordo condiviso, lo
so… è squallido… ma è sempre meglio che restare qui muto a guardarla.
Quando i miei occhi si
riempiono di lei e il mio cervello non è impegnato a formulare stupide frasi senza senso e senza conseguenze,
finisco con il cominciare a riflettere, e non posso permettermelo, soprattutto
adesso.
“I pesci rossi non si
mangiano” pensa ad alta voce.
Rido “Dio, Scully…
stavi considerando una probabile colazione?”
Ride e avvicina l'indice sulle labbra come se ci stesse riflettendo.
“Dio, Scully!” dico
falsamente indignato ridendo più forte.
Abbassa la testa
imbarazzata e appoggia le mani sulla vita.
Si volta verso si me e mi
regala uno sguardo con la coda azzurra dei suoi occhi.
Rimango ad osservare i
giochi d’ombra e di luce sul suo viso.
A conversazione spenta le
immagini della notte scorsa si presentano animate da nuova vita di fronte ai
miei occhi.
Ed in questo istante stiamo
pensando la stessa… identica cosa.
Rompe questa strana
connessione mentale per sospirare e voltarsi nervosa verso di me.
Seguo i suoi movimenti
cercando con tutto me stesso di scacciare il ricordo delle sensazioni della
notte precedente.
Non c’è fretta… posso
aspettare, per ora.
Sorseggio il mio caffè ma ho
l'impressione di sentire ancora
il suo sapore in fondo alla mia gola.
La sue mani sulla mie
spalle, tra i miei capelli.
Scuoto la testa e abbasso
lo sguardo.
Quando lo rialzo Scully è
seduta di fronte a me sul bordo del tavolino da caffè.
Si guarda intorno scomoda e
imbarazzata.
“Scully…” incomincio.
Lei mi interrompe
“Mulder…” dice rapida e nervosa “… ho pensato tanto…
ieri notte…” sussurra.
Sono sorpreso che abbia
toccato l’argomento così presto.
Sono sorpreso che l’abbia
fatto lei… e non io.
Annuisco… so che non ha
finito di parlare… continuo ad osservarla… ed ad aspettare.
Lei evita di incrociare i
miei occhi.
Guarda la porta alla sua
destra.
Osserva la tazza che
stringe tra le mani.
Deglutisce.
“penso che… ” e si
ferma.
Per un lungo.. intenso
momento le due parole riempiono la stanza.
Cerca di riordinare i
pensieri ma non ce la fa.
Cerca di trattenere le
emozioni ma è impossibile.
Ma deve parlare.
Tocca a lei parlare adesso.
“Pensi che?” incalzo
sussurrando e proiettando la schiena in avanti.
Tengo la tazza con una mano sola, appoggio i gomiti sulle
ginocchia e aspetto ancora.
“Penso che… tu sia nel
pieno di una brutta depressione” espira.
Osa alzare lo sguardo su di
me ed io annuisco immediatamente.
“ed anch’io”
conclude.
Quasi sospira dal sollievo
quando vede che non ho intenzione di controbattere su questa pesante
rivelazione.
“Penso che” riprende
“… dopo tutto quello che è successo…” scuote la testa… sa che non è
necessario ricordarlo, “ beh, sai cosa si dice…” sorride nervosa, parla
velocemente e la sua voce trema “… che i dottori sono i peggior medici di sé
stessi… beh, penso che…”
“Pensi che dovrei
parlarne con qualcuno, Scully?” cerco di aiutarla… so quando sia complicato
per entrambi toccare argomenti così personali…
E’ vero… sono
depresso… non lo sono mai stato così tanto in tutta la mia vita… è solo
che lei ne ignora il motivo.
Abbasso la testa.
Lei sussurra “Si… penso
che dovresti farlo…ed anch’io”.
“Lo farò…” la
rassicuro.
Un giorno lo farò.
Anche se è completamente
inutile, forse un giorno lo farò davvero.
Ma mai con te.
L’ho deciso… ed è
stata la conclusione più ragionata e difficile a cui sia mai arrivato.
E poi in un attimo realizzo
a quali implicazioni conduce questa sua affermazione.
Scuoto la testa.
“Senti Scully…”
incomincio.
Smette di sorseggiare
nervosamente il suo caffè, tiene stretta la tazza sulle ginocchia e mi osserva.
“E’ vero… sono
depresso.. ma se pensi che ieri notte”
“Mulder…” cerca di
fermarmi.
Io continuo “No,
Scully… se pensi che ieri notte io sia venuta da te perché…”
“NO, Mulder” mi
interrompe più decisa “non lo penso.”
Sospiro e abbasso la testa.
Raccolgo la forza per dire
quello che ho intenzione di dire.
“Se… se ieri ti ho…
baciato Scully… è perché lo volevo…”
Alzo la testa piano.
“… e lo voglio
ancora.”
Lei trattiene il respiro e
piega la testa.
Fissa la tazza di caffè
che stringe tra le mani.
Le sue dita incominciano a
tremare.
“Scully…” la
chiamo… ma lei si è come bloccata.
Penso che se dire quelle
parole sia stato difficile per me… ascoltarle sia stato per lei ancora più
sconvolgente.
“Scully” ripeto… e
poi le tolgo la tazza dalle mani.
Lei segue il movimento con
gli occhi ma non alza la testa.
L’appoggio in un angolo
del tavolino insieme alla mia.
Sospiro.
Alzo la mano sul suo viso e
la sua guancia è calda sotto le mie dita.
La volto piano verso di me.
Il mio sedere è quasi
fuori dal divano.
Sento l’osso delle sue
ginocchia sulla pancia quando mi avvicino ancora.
I suoi occhi sono
spalancati.
La sua bocca socchiusa.
“… e lo voglio
ancora” sussurrò ancora prima di coprirle le labbra.
Appoggio un bacio rapido
sulla sua bocca… poi un altro meno rapido… e poi un altro.
Quasi sorrido quando
incomincia a rispondere a questa mia invasione.
Metto una mano sulla sua
vita e una tra i suoi capelli per mantenere l’equilibro.
E la mia lingua entra nella
sua bocca calda.
Piano… lentamente.
Il suo sapore non è come
me lo ricordavo.
Questo è un bacio diverso.
Più lento… più pieno.
Ed è così bello.
Quando sento le sue mani
appoggiarsi caute ai miei fianchi non posso far altro che approfondire questo
bacio.
Caldo ed inteso.
Dio, adoro baciarla.
La tengo più stretta e lei
mi circonda la vita avvicinandomi.
Non so dove prendo la forza
di staccarmi piano e sorridere.
Anche lei mi sorride e mi
respira sulle labbra.
La sola cosa che penso in
questo istante è che non posso resistere un minuto di più in questa posizione.
Mi butto sul divano
trascinandola con me.
Lei è sorpresa… ed anche
divertita.
La faccio sedere sulla mie
gambe e con le mani aperte sulla sua schiena l’avvicino.
Le sue braccia sono ancora
sulle mie spalle… come ieri notte… ieri notte.
Incredibile.
Non aspetto nemmeno un
secondo prima di ricominciare a baciarla.
E’ così rilassante… ed
eccitante.
E’ nuovo… e così
familiare.
Il suo respiro mi sfiora…
la sua bocca mi accarezza e la sua lingua mi invade e mi assapora.
Continuo a percorrere la
sua schiena con le mie mani aperte mentre le sue unghie sono tra i miei capelli
umidi.
Resterei ore così.
Ore tra il calore delle
nostre bocche chiuse e di questi respiri brevi.
Ore a cullarla tra le mie
braccia.
A sentire il suo peso sopra
di me…
Infilo le mani sotto la
giacca e le accarezzo la schiena attraverso il sottile strato di cotone della
maglietta rossa.
Ed è così eccitante…
sentirla trattenere il respiro… e rilasciarlo lentamente sopra la mia guancia.
Vorrei toccarla di più.
Vorrei toccare la sua
pelle.
Ma potrei spaventarla.
Allora la stringo ancora più
forte fino a che il suo petto non è attaccato al mio.
Il bacio acquista
passione… quasi frenesia.
Mi morde le labbra… io
mordo le sue.
Ancora ed ancora.
Sto diventando
evidentemente eccitando e quasi mi vergogno.
E mi sento così vivo.
I miei occhi sono chiusi ma
non vedo nero di fronte a me.
Vedo rosso.
Rosso per il sole che entra
dalle finestre spalancate.
Rosso come la sua maglietta
o le sue labbra.
O come il sangue, la
passione… la vita.
Piega le ginocchia fino a
che le sue gambe sono completamente sul divano.
Si mette comoda e continua
ad assaltare i miei sensi.
Mi stacco ed incomincio a
baciarle le guance… il collo… la pelle sensibile del mio orecchio.
E lei continua a coprirmi
di quel suo denso respiro.
E solo ora sento di essere ancora
vivo.
E questa consapevolezza
improvvisa mi riempie gli occhi… e la mente.
Sono vivo… in questo
momento, e sento… e provo emozioni così forti.
Ed ogni dubbio scompare.
Una cosa così bella non più
essere sbagliata.
Non può.
La bacio ancora sulle
labbra.
Mi allontano.
E la bacio di nuovo.
Ed in questo istante è
come se le lancette avessero smesso di girare.
Sento di avere tempo.
Tempo per rendere tutto
quello che ho tra le mani come ho sempre voluto che fosse.
Speciale… unico…
nostro.
Le sorrido, appoggio le mie
labbra sulle sue “Andiamo”
sussurro.
Andiamo fuori di qui prima
che non riesca a resistere all’impulso di prenderti di peso e portati in
camera da letto.
Non che il pensiero sia così
improbabile.
Ma Scully merita di più…
merita ogni cosa.
Ha bisogno di riflettere…
di riprendere il controllo.
Niente sarà sbagliato.
Annuisce ad occhi chiusi
perché ha capito e si muove per alzarsi.
Le circondo la vita e
seppellisco la faccia nel suo collo, tra i suoi capelli.
Strofino la fronte sulla
sua pelle e lei mi accarezza piano la testa.
“Grazie” sussurro.
No hai idea di quello che
stai facendo per me, Scully…
Per noi….
Trattiene il respiro, mi
stringe più forte e mi bacia la tempia.
“Non c’è di che…”
bisbiglia.
Io sorrido.
Appoggio le labbra sulla
sua spalla.
“Se non andiamo
immediatamente in videoteca… niente più cassette” sussurro… ho bisogno di
tagliare quest'aria.
Sorride sulla mia tempia
“… io seno sempre in regola con le riconsegne…” mi comunica e
rido.
Tipico… dannatamente
tipico.
“Beh… Scully… la
prossima tocca a te allora…” bisbiglio.
La sento annuire “…
magari guarderemo Flash dance…”
Alzo la testa e le do un
simbolica pacca indignata sulla coscia.
“Non prendermi in giro”
le dico falsamente offeso.
Lei sorride.
Mi guarda negli occhi e mi
bacia ancora.
Dio, non me lo aspettavo.
Bellissimo… bellissimo.
Le sue labbra sono così…
perfette sulle mie.
Mi morde il labbro prima di
staccarsi ed alzarsi dalle mie gambe.
Io la osservo ad occhi
spalancati.
“Che c’è?” chiede
imbarazzata ed emozionata.
Scuoto la testa.
Mi alzo e mi posiziono di
fronte a lei.
Le guardo ancora le labbra
quando ripeto “Andiamo…”
Non resisto.
Afferro piano tra i denti
quel suo labbro inferiore rosso e sciupato.
Ci faccio passare sopra la
lingua e sento il mio sapore insieme al suo.
Sorrido.
“Diamoci una mossa” sussurro
staccandomi di colpo.
Annuisce confusa.
Mentre prendo la giacca e me la metto lei si ricompone i capelli con le dita e si abbassa la gonna.
Dannatamente sexy.
“Sai Mulder…?” e il tono normale
della sua voce sembra incredibilmente alto se confrontato ai
sussurri che ci siano scambiati fino ad ora.
“Si?” rispondo.
Avvicinandomi alla porta,
lei mi segue e continua a parlare “Ho pensato a quello che mi hai fatto notare
ieri…”
Mi volto verso di lei di
scatto “Cosa?”
Sorride e scuote la testa
“A Johnny e alle sue incongruenze economiche…”
Sorrido anch’io… avevo
dimenticato di aver tirato fuori quella storia assurda.
“Mh?” incalzo.
“Beh…” incomincia
“ho pensato che forse Johnny potrebbe avere dei parenti a cui deve spedire i
suoi guadagni… questo spiegherebbe come mai gli rimangono solo pochi dollari e
come mai non può aiutare Penny…”
Metto la mani sui fianchi
“E’ su questo che hai riflettuto ieri notte?”
Alza il sopraciglio e poi
abbassa la testa….
“Non metterla sul
personale solo perché non puoi controbattere alla mia teoria…”
Rido “Beh, Scully… le
tue sono solo supposizioni… che non sono basate su prove o fatti
concreti…non è una “teoria”…”
Mi guarda e arriccia il
naso “Non riusciamo a non farlo vero?”
Adoro il fatto che ricordi
ogni minima frase della conversazione di ieri notte.
Non so perché… ma questo
apre un sorriso sincero sulle mia labbra.
A volte… è più semplice
dimenticare.
“Siamo sempre noi”
sussurro.
Qualsiasi cosa sia successa
o succederà.
Non c’è minaccia… non
c’è morte che possa distruggere tutto questo.
Non siamo… noi.
E lo saremo per sempre.
“Già” dice “siamo
noi”.
Apro la porta mentre
sorrido e le faccio spazio per uscire prima di me.
“… e poi Johnny ha
nominato solo un cugino imbianchino… nessun parente sanguisuga o cose del
genere…”
Si volta e mi fulmina.
La osservo concentrato mentre chiudo la
porta.
Scuote la testa e decide di
non controbattere.
Incomincia a camminare un
paio di passi di fronte a me.
Si può vivere così…. si
può vivere.
La morte è sempre stata
una indelebile certezza… per ognuno di noi.
Forse per me ora lo è più
di chiunque altro.
Ma questo non mi impedirà
di vivere.
Non gli permetterò di
togliermi anche questo.
Non lo farò.
L’ascensore si apre e
Scully entra e si volta verso di me.
La guardo e mi mordo le
labbra.
E’ tutto ancora così…
incredibile.
“Sentiamo” dice mentre
mi posiziono accanto a lei e schiaccio il tasto “hai qualche teoria
migliore?”
Rido.
Siamo ‘noi’… siamo
sempre noi.
Fine.
Note finali: fatemi sapere qualsiasi cosa... siate pure spietati... ad anna_x@libero.it o sul mio mb
Grazie ancora per avermi letto,
Annax