Titolo: Sento I
Autrice: Annax
Spoilers: DeadAlive, 3 words
Categoria: vignetta, Angst (e te pareva!), Scully POV (I), Mulder POV
(II).
Summary: in un attimo i
nostri occhi si sono incrociati, le nostre anime si sono sfiorate.
Disclaimers: non miei. Di CC e
compagnia bella.
Preambolo:
Mulder è tornato a casa,
per la prima volta, dall’ospedale. Per chi ha letto gli spoiler non è una
novità se dico che Scully è con lui. Si scambiano un “nervoso” dialogo a
proposito di pulizia dell’appartamento e pesci sfortunatamente deceduti.
Sono entrambi così tesi.
Mulder si scusa perché sa
di sembrare irriconoscente ed ingrato per tutto quello che Scully ha fatto e
che ha dovuto passare in questi mesi. Scully risponde, a ragione, che SA che
lui non sarà mai in grado di comprendere cosa prova o cosa ha provato…
A tutti, buona
lettura.
Annax
Note: Per quanto riguarda
la canzone, beh, adoro Carmen Consoli ed ho scelto lei con L’ultimo Bacio
(niente a che vedere con il film), ma in tutta sincerità l’“ispirazione” mi è partita anche da un’altra canzone che è
“Luce- tramonti a nord-ovest” di Elisa.
Se la leggete con queste
due canzoni in sottofondo vi assicuro che avrà un altro affetto. Ma anche con
qualsiasi canzone del genere rock Angst stile Brian Adams. Fidatevi di una
“divoratrice” di ff, con la musica e tutta un’altra cosa.. perciò: rilassatevi…
lasciate che le note entrino nelle vostre orecchie.. ed incominciate a
leggere…
Cerchi riparo fraterno
conforto
tendi le braccia allo specchio
ti muovi a stento e con sguardo severo
biascichi un malinconico Modugno
Di quei violini suonati dal vento
l'ultimo bacio mia dolce bambina
brucia sul viso come gocce di limone
l'eroico coraggio di un feroce addio
ma sono lacrime mentre piove piove
mentre piove piove
mentre piove piove
Magica quiete velata indulgenza
dopo l'ingrata tempesta
riprendi fiato e con intenso trasporto
celebri un mite e insolito risveglio
Mille violini suonati dal vento
l'ultimo abbraccio mia amata bambina
nel tenue ricordo di una pioggia d'argento
il senso spietato di un non ritorno
Di quei violini suonati dal vento
l'ultimo bacio mia dolce bambina
brucia sul viso come gocce di limone
l'eroico coraggio di un feroce addio
ma sono lacrime mentre piove piove
mentre piove piove
mentre piove piove
(Carmen consoli- L’ultimo
bacio.)
Quando torno nel soggiorno,
completamente immerso nell’oscurità se non per
la tenue luce verde dell’acquario, lo ritrovo sprofondato nel divano, con la
testa tra le mani. Respiro profondamente, incerta sul cosa fare. Non so se
andare, o avvicinarmi. Non so se parlare, stare zitta. Se toccarlo, o solo
rimanere ferma ad ascoltare il suo respiro… il suo respiro.
Lui si accorge della mia
presenza nella stanza e alza lentamente lo sguardo verso di me.
Il mio cuore si ferma per
una frazione di secondo. Dovrei esserci abituata o forse dovrei solo aspettarmi
questa reazione. Sono ormai sette giorni… solo sette giorni… che Fox Mulder è
tornato.
E me lo sto ripetendo
all’infinito. Ripeto a me stessa…. ‘è qui.. guardalo… è di fronte a te ed è
VIVO…’…
Dio, è VIVO… è qui!
Ed ogni volta che incrocia
i miei occhi la mia schiena è percorsa da un brivido così violento che quasi mi
paralizza.
Voglio sperare che non se
ne sia accorto… lo farebbe sorridere.
I suoi occhi mi guardano
incuriositi, ora. Ed io sono ancora impalata accanto allo stipite della porta.
Cosa faccio?
“Scully, vieni qui…” Dice,
risolvendo in un attimo tutti i miei dubbi.
Sospiro e con passo incerto
mi avvicino al divano. Mi siedo lentamente accanto a lui. Le mie mani si
incrociano istintivamente e si posizionano sul ventre. Guardo di fronte a me, e
so che dall’esterno posso sembrare imbarazzata fino al limite del ridicolo...
in realtà sono terrorizzata…
Il silenzio che ci circonda
è pesante, abbiamo condiviso così tanti silenzi in questi giorni che trovo
quest’assenza di parole confortante….
Ho paura. Devo ammetterlo,
almeno con me stessa. Ho paura di quello che sento, ho paura di quello che
potrebbe uscire dalla mia bocca, ho paura di metterlo a disagio…
Io so, LO SO, che lui non
potrà mai capire come mi sento. Anche se volesse, non riuscirebbe mai a
comprendere.
Neppure io ne sono capace.
C’è una parte di me che
vorrebbe voltarsi, abbracciarlo, e stringerlo così forte da fargli male. E
questo istinto lotta apertamente con la vera SCULLY… quella Scully che lui
conosce e che deve vedere, perché abbia il tempo di “riabituarsi alla vita”.
Riabituarsi alla vita.
Trattengo un sorriso amaro. Strano. Dannatamente strano. Pazzesco.
Dio, E’ RISORTO.
Era morto, morto davvero.
Ed adesso è qui. Accanto a
me. E posso sentire il calore dei suoi occhi sulla tempia. E posso sentire
l’impercettibile rumore delle sue labbra che si aprono e si chiudono, in cerca
di qualcosa da dire.
Ti prego, non parlare. Non
dire niente. Se parli dovrò risponderti. E se ti rispondo ho la sensazione che
non riuscirò più a reprimere quella parte di me che vorrebbe piangere ed
urlare, ballare dalla felicità.
No, non potrà mai capire
come mi sento. Non ho parole per descriverlo e non penso che proverò mai a
farlo.
“Danno il Letterman
stasera…”. Dice pacatamente.
Vorrei sospirare, ma
sobbalzo.
Dio, da quando sono così
dannatamente sensibile?
“Scully…” mi chiama, il suo
tono è preoccupato adesso, ma ancora non ho la forza di voltarmi verso di lui.
Cercando di respirare, mi
accorgo che sto tremando.
Sono così fuori di me, ed
il pensiero che lui mi stia vedendo in questo stato mi riempie di un panico
improvviso.
Appoggia la mano sopra il
mio ginocchio ed io ci trascino lo sguardo sopra. Disperatamente alla ricerca
di un modo per distrarmi. Di un punto
fermo su cui concentrare la mia attenzione. Per riprendere il controllo.
Non so per quanto tempo
siamo rimasti così, immobili, ma ora mi sento meglio.
Butto indietro la testa ed
apro la bocca per respirare. E’ come se le pareti si fossero strette attorno a
noi. Voglio aria.
Mi sento così ridicola. Lo
sapevo che era una pessima idea rimanere qui stanotte.
Ho quasi pregato che me lo
chiedesse. E sono quasi certa che lui lo abbia fatto solo perché ha visto
quella mesta supplica nei miei occhi.
Mi sento totalmente
inadeguata. Devo reprimere tutte le emozioni perché SO che DEVO farlo.
Non è complicato, è quello
che ho sempre fatto. Ma perché è così dannatamente difficile adesso?
“Scusa, Mulder.” Trovo la
forza di sussurrare mentre le mie mani si alzano automaticamente e passano sul
viso, con il disperato intento di lavare via la tensione.
Sento gli zigomi tirati e
gli occhi gonfi sotto i polpastrelli.
Voglio andarmene.
Il suo sguardo è ancora su
di me e vorrei teletrasportarmi a casa mia, nel mio letto.
Vorrei poter piangere ed
urlare, ma preferirei farlo in completa solitudine. Come ho fatto in tutti
questi mesi, del resto.
No, Dana, NON FARLO. Mi
ammonisco. Non posso guardarmi alle spalle, non posso guardare il passato.
Almeno non in questi giorni. Devo resistere perché so che se solo la mia mente
decidesse di ripercorrere gli avvenimenti dell’ultimo anno, l’emozione
diventerebbe così forte che finirebbe per
straripare dai miei occhi.
E non voglio che accada.
Ma, Dio, i momenti mi
scorrono davanti come agghiaccianti diapositive. Ed il dolore forma un nodo
sordo nel mio petto.
Stringo gli occhi per
cacciare indietro immagini e sensazioni e sento le sue mani sulle mie. Piega le
dita e stringe la mia mano allontanandola dal volto. La sposta fino a adagiarle
entrambe, la mia e la sua, sopra la mia pancia.
Non so se ho la forza di
aprire gli occhi adesso. Adesso che lo sento così vicino che il calore del suo
corpo quasi mi brucia la pelle del viso e la pressione del suo palmo sul mio
ventre è fuoco.
Sto facendo uno spettacolo
di me stessa. Lui non deve vedermi così. Mi ero ripromessa che lui non mi avrebbe
mai vista così.
Con incredibile sforzo
riesco ad aprire le mie stanche palpebre. E me lo trovo di fronte.
Gli guardo il collo, il
mento, le labbra, il naso…. Gli occhi.
Quando incontro il suo
sguardo costernato, quasi terrorizzato, l’impulso diventa insopprimibile.
Mi alzo di scatto.
“O Dio” sussurro. Sono
arrossita così tanto che la vampata sta quasi facendo evaporare le lacrime in
fondo ai miei occhi.
“Scully” ripete.
Adesso sono in piedi, e non
ho la più pallida idea di cosa fare.
Abbasso la testa fino a che
il mento sfiora il bordo della maglietta che indosso. L’attenzione ricade
inevitabilmente sul tessuto tirato in prossimità del mio ventre.
Sospiro e trovo il coraggio
di parlare.
“Mi spiace Mulder, sono
così… sono così…”
“Confusa”, conclude per me.
Ecco come mi sento,
confusa. Beh, non che questo risolva qualcosa. SO di essere confusa, non sono
mai stata tanto confusa in tutta la mia vita. Ma almeno lui lo sa, e
forse potrà dare una spiegazione al mio “bizzarro” comportamento.
Il problema però rimane. Io
sono ancora in piedi, la mia testa è ancora bassa e la sento così pesante che
ho paura che da un momento all’altro si stacchi dal collo.
“Scully, ascolta…”
incomincia.
“No, Mulder” lo interrompo
immediatamente.
Non voglio che parli, non
voglio che mi dica come mi sento, non voglio che mi spinga a fare o a dire
quello che non VOGLIO “siamo stanchi… perché non vai a riposare un po’.”
Sussurro in fretta.
E poi lo sento ridere.
Non so se essere sollevata
o indignata a quel suono, comunque fa in modo che io riesca a riportare gli
occhi su di lui.
Dio, mi si blocca il
respiro. Com’è bello quando ride.
Anche se il suo sorriso è
triste e amaro, anche se quello che realmente prova è scritto nelle righe del
suo volto così in modo così evidente che è impossibile ignorarlo, sento che la
mia bocca si curva in un incerto sorriso.
Sono triste, e sono felice.
Sto bene, ed è da mesi che
non potevo più dire di stare bene.
Ma sto male, sto male per
lui, sto male con lui.
La sola cosa che voglio è
non vedere più quell’incertezza, quella paura, e quella insopportabile
tristezza sul suo viso. Vorrei poter tornare indietro, tornare a quella sera di
un anno fa, quando ridevamo come folli, camminando nella tiepida sera,
ricordando quanto bizzarre e ridicole sembravano le nostre vite proiettate su
quell’enorme schermo.
Sento ancora il calore
della sua mano nella mia quando ci penso.
Sento il tono della sua
voce, e il rumore della sua risata.
E sento i suoi occhi su di
me, che mi guardano come se ogni mio minimo gesto rivelasse una nuova scoperta
così sorprendente da meritare la sua piena attenzione.
Sentirò ancora quella
risata? Proverò ancora quel senso di pace e di inconsistente euforia, quando un
semplice gesto, quando stringersi la mano, parlare, ridere, ballare o baciarsi
diventavano un lungo passo verso la normalità? Un modo per dimostrare che,
qualunque cosa avesse riempito il nostro passato e qualunque cosa ci riservasse
il futuro, noi avevamo vinto. Solo per il semplice fatto che eravamo insieme,
vicini, uniti?
Un onda gelata mi colpisce
e mi rendo conto che sto piangendo.
Dio, non volevo che
accadesse.
Cerco di allontanarmi, ma
lui mi blocca, stringendomi le gambe con
entrambe le braccia. Per un secondo mi sento in trappola, respiro forte. Cerco
di cacciare indietro le lacrime, ma sono già cadute ormai.
“Scully… piangi.” Sussurra
piano. Ed io prendo fiato scavando in queste due parole con la speranza di
scoprire cosa devo fare, cosa è meglio che io faccia, cosa VUOLE che io faccia.
E poi capisco.
Capisco che è confuso,
anche se non come me. In un modo diverso e forse diametralmente opposto. E
sento che ha bisogno di me. Ha bisogno di sapere cosa provo.
Forse anche lui mi sente
lontana, come io lo sento lontano.
I muscoli delle mie gambe
si rilassano sotto la compattezza della sua stretta. Raccolgo quel po’ di
coraggio che mi rimane e quasi mi butto sul divano accanto a lui.
Sono così stanca.
Non sono certa di riuscire
a parlare ancora perché le lacrime stanno inondando il mio viso e uno stretto
nodo alla gola mi costringe a deglutire, una, due, tre volte… ma non ce la
faccio. Non posso parlare e non so cosa dire, ma ne ho un disperato bisogno.
Lui capisce e mi abbraccia
sospirando.
Mi sento ridicola per un
momento, ma poi il calore di quell’abbraccio mi calma e mi avvolge.
Piango tutte le mie lacrime
in silenzio, circondata, e per la prima volta, dopo quella che sembra
un’eternità , mi sento incredibilmente al sicuro.
Mi accorgo che il suo mento
strofina piano sulla mia fronte e per qualche attimo rimango rapita da questo
semplice movimento, da questa carezza così familiare.
Respiro profondamente e
l’odore della sua pelle mi colpisce i sensi.
E’ assurdo, vorrei ridere,
ma in questo preciso momento mi rendo improvvisamente conto di quanto mi
mancasse. Ed è una sensazione così potente che mi fa sobbalzare. L’ho già
stretto ed abbracciato in questi giorni, per quanto ho potuto.
Ma adesso che lo sento
vicino, realmente vicino, adesso che ho la segreta consapevolezza che quella
connessione tra di noi si stabilizzerà, che forse
si è già stabilizzata, ADESSO so quanto mi mancava.
Come ho fatto a vivere
senza questo? Come ho fatto a resistere?
Lo so come ho fatto, SO
cosa mi ha dato la forza per svegliarmi la mattina ed accettare di dover
affrontare un altro giorno senza di lui.
Gli circondo la vita e lo
stringo più forte, lo stringo così forte, e mi sento meglio,
definitivamente.
Lo sento, lo sento qui con
me adesso.
Sorrido.
“Sono diventata
dannatamente sensibile ultimamente, uh?” Sussurro appena. Non riconosco la mia stessa
voce.
Una lieve vibrazione mi
dice che sta ridendo. E poi le sue dita sono sotto il mio mento.
Il mio volto si alza
lentamente, incrocio i suoi occhi. Sembra così sereno adesso. Sembra.
Ed il suo viso è così
vicino… così vicino. Voglio baciarlo. Mi irrigidisco. Oddio, lo voglio così
tanto. Non so se riuscirò a resistere.
Il suo respiro mi copre la
bocca.
Sono immobile e la sola
cosa che riesce a formulare il mio cervello è il desiderio di sentire le sue
labbra sulle mie. Solo una volta. Una volta sola. Solo per ricordare…
“Dio, Scully” sussurra. E
quel briciolo di autocontrollo svanisce. E le mie labbra sono sopra le sue.
Non pretendo che lui
ricambi il mio bacio. Voglio solo sentire la sua bocca sotto la mia.
E’ morbida come la
ricordavo. E’ grande e calda come quella sera di giugno, quando l’ho
accompagnato alla macchina, prima che partisse per l’Oregon. Al quel ricordo
alzo istintivamente la braccia e le appoggio sulle sue spalle.
Adesso sì… è proprio come
allora.
Quante volte ho rivissuto
quella scena, piangendo e pensando che quello era stato il nostro ultimo bacio.
L’ultimo bacio…
Lui dischiude le labbra e
io lo invado lentamente.
Sento la sua lingua calda
ed è come se mi stessi sciogliendo.
Mi sento come acqua, come
pioggia, calda. Mi sento vapore… mi sento una nuvola. Non mi sono mai sentita
così leggera.
Dio Mulder, sei tornato,
sei vivo, sei con me… posso baciarti e stringerti e toccarti e amarti… posso
farlo. C’è un futuro, posso crederci, posso sperare… posso guardare avanti
senza quella sorda disperazione di dover rinunciare al tuo ricordo,
inevitabilmente sbiadito dal trascorrere del tempo.
Posso credere che un
giorno, magari lontano, saprò cosa significa la parola serenità.
La felicità già la conosco,
me l’hai sempre regalata, anche se tu non lo sai,… in momenti come questo, in
quegli attimi in cui non potevo che perdermi nel tuo sguardo. Biasimandomi solo
perché sentivo che il bisogno che avevo di te era così forte. Non eri più una
scelta, Mulder, eri diventato necessità. Il pensiero che un giorno avrei dovuto
rinunciare a te mi toglieva il respiro.
Ma poi quel giorno è
arrivato… concretizzando tutte le mie più segrete e terrificanti paure.
Ho lottato, ho lottato così
tanto. Ma nulla era abbastanza. Ed ogni attimo che trascorreva inesorabilmente
rapido ti sentivo sempre più lontano, come se mi scivolassi dalle dita.
Fino a quella notte, nella
foresta, quando ho posato la mano sul tuo freddo viso e la sola cosa che riuscivo a pensare era che non poteva essere
vero. Non potevo averti perso per sempre.
Ho odiato me stessa con una
fredda severità portata dal dolore, sentendomi responsabile e colpevole.
Ho odiato ogni giorno ed
ogni notte.
Ma non potevo crollare, non
me lo avresti mai perdonato. Dovevo restare in piedi, per te e per quel miracolo
che porto in grembo.
Non ho fatto altro che
pensare a questo miracolo. Con il terrore di scoprire il peggio. Con la
paralizzante paura di sapere cose che mi avrebbero fatta inevitabilmente
crollare. Ma soprattutto con la segreta speranza che un giorno forse avrei
potuto riaverti, rivederti… in lui.
Con il profondo desiderio
di offrirti la possibilità di continuare a vivere, attraverso di lui.
Ho trovato la mia forza in
questo piccolo essere che non è ancora nato, ma ha già provato così tanto dolore
ed è stato così fondamentale dal momento stesso in cui ho saputo della sua
esistenza.
Questo miracolo è un
angelo, Mulder. Un angelo che mi ha tenuta ancorata alla vita.
Mi sentirò sempre in debito
con quest’angelo, non smetterò mai di ringraziare Dio per avermelo donato.
Anche perché so, e ne sono certa, che senza di lui ora non sarei qui… a
stringerti… e baciarti… con una passione quasi folle….
Non riuscirò mai a dirti
quanto ti amo, quanto vi amo entrambi… forse non ve lo dirò mai.
Ti stacchi piano. Ti
allontani e appoggi la tua fronte sulla mia. Respiriamo forte.
I nostri occhi sono chiusi
e l’eco del battito del mio cuore mi riempie le orecchie.
Sento che voglio dirtelo…
ma so che non posso farlo. Non l’ho mai fatto… non ti ho mai detto che ti amo.
E non so spiegarmi perché, ma in questo momento mi sembrerebbe terribilmente
fuori luogo.
Te lo dirò, Mulder, ne sono
certa… ma non adesso. Adesso che potresti mettere in dubbio la potenza di
queste due semplici parole, confondendole con la gioia e l’inconcepibile
felicità di averti ancora qui con me.
“Forse è meglio che vada di
là” sussurri piano. Io tremo, ma so cosa significa. So che hai ancora bisogno
di tempo. Hai tutto il tempo del mondo, Mulder, prenditi tutto il tempo di cui
hai bisogno.
Ed un pensiero mi
attraversa la mente.
Ripenso ad una notte, alla
pioggia battente, ai tuoi occhi luminosi nell’oscurità mentre affermi che il
tempo si è fermato e poi ha ripreso il suo corso. E sei così convinto di quello
che dici che quasi non voglio smentirti.
Ed ora più che mai so che
avevi ragione.
Il tempo si è fermato,
sette mesi fa, ed ha ripreso a scorrere, stanotte.
Un’onda di quieta serenità,
malinconia e tristezza insieme mi attraversa all’improvviso. Ma poi mi sorridi
piano e mi stringi la mano. Sospiro mentre mi lasci andare e ti alzi
lentamente.
Mi guardi con occhi così
pieni, scuri e lucidi che so che se sbattessi le palpebre cadrebbe una lacrima
su quel tuo viso stanco.
Ti amo…. Senza dubbi o
paure. IO ti AMO. Non pretenderò mai che tu mi restituisca quest’amore che
porto dentro. Non ne ho bisogno. Mi basta averti qui… averti vicino.
E vedo ancora quel sorriso
spento sul tuo viso ma ti sorrido anch’io.
Forse non serve dirtelo.
Forse lo sai già. Forse non potrai mai leggere la mia mente, ma il mio cuore ti
è così naturalmente familiare che le parole diventano inutili, banali.
Te lo sto dicendo con gli
occhi.
Trattieni il mio sguardo
per una frazione d’immensità, poi scivoli via ed io rimango immobile.
Sulle mie labbra c’è ancora
il tuo sapore.
L’aria le sta seccando, ma
non voglio lavarti via.
Chiudo gli occhi e sto
sorridendo ancora.
Sei tornato, Mulder, ora ti
sento.
Fine I
Sento II
…Mille violini suonati
dal vento
l'ultimo abbraccio mia amata bambina
nel tenue ricordo di una pioggia d'argento
il senso spietato di un non ritorno…
Entro nella camera da
letto. Mi guardo intorno e mi sento così disconnesso da tutto che non riconosco
i miei stessi mobili.
Non riconosco le pareti, la
scrivania, il letto.
È la stessa impressione che
provo ogni volta che entro in qualche nuova e squallida camera di motel. Mi
siedo sul bordo del letto e chiudo gli occhi.
Cosa diavolo è successo?
Non mi sono mai sentito così.
Sono stanco, ma non ho
sonno. Voglio dormire, ma so che non ce la farò.
Mi sento strano, stupido e
vuoto come un foglio di carta.
Ho lasciato Scully di là,
sul divano. Sono praticamente scappato perché l’intensità della sensazione che
ho provato baciandola mi ha spaventato a morte.
Chi sono? Cosa sono
diventato?
Mi sento così in colpa. Così
ingrato e freddo.
Così arrabbiato e triste.
Vorrei spegnere la mia
testa.
Mi appoggio allo schienale
del letto e sospiro così forte che sono certo che Scully mi abbia sentito
nell’altra stanza.
Ho bisogno di rimanere
solo, per qualche minuto.
Ma mi manca.
Scully è la sola cosa che ha qualche parvenza di familiarità per me. Mi sono aggrappato a lei in questi giorni con la disperata speranza di sentirmi nuovamente congiunto col mondo al mondo.
Ma neppure lei ci riesce.
Percepisco il suo sforzo nel fare in modo che attorno a me tutto sia “normale”.
La sento trattenere le emozioni e questo non fa altro che moltiplicare il mio
senso di colpa.
Ma non ho mai letto nei
suoi occhi quello che sono riuscito a scorgere in questi giorni.
Tutto spinto in fondo alla
sua anima ma incredibilmente visibile.
E’ li, sul bordo dei suoi
occhi, che chiede di uscire, di scoppiare, sotto forma di lacrime.
E’ cambiata. E’ diversa.
Non è più la stessa e neppure lei se ne rende conto.
Persino l’odore della sua
pelle non è lo stesso.
Come pretendere che non sia
così, come pretendere che gli avvenimenti degli ultimi mesi non le abbiano
inciso l’anima.
Sono un idiota,
egoisticamente vorrei non vederla così, forse non dovrei vederla affatto. Ma
quando lo penso una morsa allo stomaco mi sorprende e capisco che non potrei
mai farcela senza di lei.
Si, ce la farò. Supererò
anche questo. Ho solo bisogno di tempo.
E’ inutile cercare di
convincersi che tra qualche giorno tutto ritornerà come sette mesi fa….
Oddio, sette mesi… ho perso
irrimediabilmente sette mesi della mia vita. E la sola cosa che mi è rimasta di
tutto questo periodo di “letargo mentale” sono cicatrici, incubi ed
insicurezze.
Odio chi mi ha fatto
questo, lo odio così profondamente che i miei occhi si colmano di lacrime di
rabbia.
Mi hanno rubato corpo e
mente per sette mesi. Mi hanno usato e gettato via. Ed io non saprò mai cosa mi
hanno fatto.
Non scoprirò mai la verità.
Sono morto per la verità, e
sono risorto… ed ancora non so nulla. Buffo, strano, assurdo… stupido.
Dio, ed adesso Scully è
incinta. INCINTA.
Porto le mani sulla faccia
e sospiro ancora.
Incinta.
Vedo quell’ombra di
felicità nei suoi occhi e tremo al pensiero che questa sia un’altra illusione,
un altro sogno che si trasformerà in incubo. Come lo so? Non lo so, lo sento!
Non posso dirglielo, non
devo farlo… ma lo sento qui, che mi stringe il petto.
Sono così impotente e
lontano da lei. La tocco e non sento la sua pelle sotto le mie dita.
Prima… prima l’ho sentita…
e sono corso via, incapace di riuscire a sopportare l’intensità di quella
vicinanza.
Ho tanta di quella rabbia,
e paura e terrore dentro. Mi sento piccolo, fragile e stupido.
Ed per un attimo ho dodici
anni e guardo fuori dalla finestra. La strada è buia. Sono immobile ed
impietrito. Ho freddo e la mia mente urla ‘Samantha… dove sei?’.
E mi rendo conto che la
sensazione che provo adesso è la stessa, mi sentivo allora come mi sento oggi.
Allora avevo perso
Samantha.
Oggi ho perso me stesso.
Stringo gli occhi e mi
sforzo di pensare. Lo psicanalista intorpidito in me si sveglia d’improvviso
con il folle progetto di auto-analizzarmi. Non ci sono mai riuscito prima, e di
certo con ci riuscirò ora.
Ma devo provare, non mi
resta nient’altro da fare.
Cosa avevo… prima?
Beh…
Allora…
Dio, cosa avevo?
Beh, un lavoro, un sogno da
realizzare, una verità da scoprire, una felicità da riconquistare, un passato
da dimenticare. Un’utopia, ma così potente da diventare stella polare della mia
intera esistenza, guidando le mie azioni come una calamita.
E poi c’era Scully.
Scully.
Così ferma e sicura.
Un faro.
Ed io ero una zattera,
trasportata da onde spietate e inquietanti in un mare nero.
Ma la vedevo, era lì.
Luminosa.
E per quanto lontano fosse,
io sapevo che c’era un porto. Una spiaggia a cui arrivare, per stendermi e
respirare.
Doveva esserci, perché
c’era lei.
Sospiro adesso. Non sono
mai stato dipendente da qualcuno come lo sono stato da Scully in tutti questi
anni. E penso che lei lo sappia. Deve saperlo, altrimenti non avrebbe fatto
quello che ha fatto per me. Non sarebbe stata al mio fianco, non avrebbe
guardato le mie spalle, non avrebbe ingoiato rabbia e frustrazione, dolore,
solo per non lasciarmi solo. Solo.
Sono solo senza di lei.
E arrivando a questa
effimera conclusione mi accorgo d’improvviso che lei è la sola cosa che mi è
rimasta. La sola cosa che ho. Che ho? Oddio, da quanto tempo è così radicata in
me la convinzione che Scully mi appartenga?
E se mi appartiene, perché
non riesco a starle vicino? Perché non la sento?
‘Perché non è Scully’ risponde
la parte disperatamente cinica di me.
Odio questa sibilante voce
perché, consciamente, l’idea che biasimi Scully per essere diventata quello che
è diventata mi fa venire la nausea.
Non posso essere così
stronzo.
Non posso.
Il profondo disgusto che provo
verso me stesso spegne la mia mente per qualche secondo.
Per intensi attimi non
provo nulla.
Nulla.
Dio, è così bello. Non
voglio provare più nulla. Non stanotte.
Non risolverò niente
stanotte ed è completamente inutile pensare.
Se fosse così semplice
premere un interruttore nel mio corpo e vivere
per qualche altro istante in questo limbo psicologico….
Non troverò la via d’uscita
in questo stato. Lo so. Ma almeno potrò respirare.
Angoscia. Ecco cosa provo.
Un’ angoscia straziante.
Un’angoscia che non mi fa
respirare.
Ed ora che lo so? Sono
angosciato. E allora?
Mi irrigidisco.
Oddio.
Non sento più le gambe, il
busto, le spalle, la faccia.
Panico.
“SCULLY!!!” Urlo forte.
Che mi succede?
Non vedo più di fronte a
me.
Sono terrorizzato.
Ho freddo.
Due braccia mi stringono e
mi sollevano.
Riesco a respirare.
Respiro profondamente.
Respiro ancora, ed ancora.
Tremo e la stretta di
quelle braccia diventa più intensa intorno a me.
Passano secondi
interminabili e finalmente riesco ad aprire gli occhi.
Cos’è stato?
“Scully” ripeto ma non esce
suono dalla mia bocca.
“Shhhh… sono qui.. sono qui…” dice piano, e leggo terrore
nella sua voce.
Perché mi succede questo?
Perché?
La stringo anch’io adesso.
L’idea che forse potrei farle male, potrei fare male al bambino, mi sfiora ma
svanisce sovrastata dall’incontrollabile bisogno di sentirla vicino.
“Scully…. Scully….”
sussurro in una lamentosa cantilena. Non mi controllo, non ho la più pallida
idea di cosa sto facendo. Se sto urlando, se sto piangendo, se sono fermo o mi
sto muovendo.
Sento la schiena di Scully
sotto i palmi aperti delle mie mani.
Sento le sue labbra e le
sue mani sul mio collo, sulle guance.
Mi culla. Mi sta cullando
piano.
Mi manchi Scully, mi manchi
così tanto.
Mi manca la tua luce.
Perché non posso amarti
come ti amavo?
Perché non posso sorridere
ed essere felice per te? CON te?
Ti voglio così tanto.
Voglio sentirmi ancora
parte della tua vita.
Voglio sentirmi tuo.
Prendimi Scully! Portami
lontano dal labirinto della mia mente, dei miei ricordi…
So che puoi farlo se lo
vuoi, SO che puoi farlo ancora.
Prenditi cura di me.
Dimentica il mondo.
Nient’altro esiste. Ci sono
io, ci sei tu.
Adesso che riprendo
percezione di me, mi accorgo che sto piangendo.
Ed è un pianto così
disperato che a stento lo riconosco come MIO.
Quando finalmente il
respiro sembra trovare un ritmo regolare, e i miei occhi hanno finito la loro
riserva di lacrime, provo ad alzare lo sguardo su di lei, nel disperato
tentativo di trovare i suoi occhi.
Dio, le ho già detto quanto
è bella? Mi sembra di averglielo detto?
No, non l’ho fatto.
E’ stanca, impaurita,
sconvolta… ma così bella da togliere il fiato.
Cerco conforto nei suoi
occhi, lei me lo sta offrendo con tutta la poca forza che le rimane. Mi sta
dicendo ‘sono qui, Mulder, abbracciami…toccami… sentimi…’.
Passo la mia mano sul suo
viso con un movimento così automatico e familiare, intenso.
Ci sto mettendo tutto me
stesso in questa carezza.
Non posso parlare e non
posso pretendere che lei capisca, ma voglio solo farle sapere che la sento.
Si, ora la sento.
Sotto le mie dita sento la
compattezza della sua guancia umida. Sento l’odore delle sue lacrime, il suo
odore…
“Sono qui…” sussurra
ancora.
Annuisco perché è la sola
cosa che sono in grado di fare.
Non voglio muovermi. Non
voglio farlo ora….
Ma lei mi restituisce la
carezza, chiudendomi gli occhi con la punta delle dita.
Mi adagia sul letto da un
fianco così piano, come se avesse paura che mi spezzassi.
E’ strano e così
confortante.
La sua mano scivola sul mio
viso, sul mio collo, lungo il mio braccio e poi se ne và.
Sospiro profondamente. Non
ho paura. So che non è lontana.
Dalla parte opposta il
letto si abbassa sotto il suo peso.
Si muove lentamente e mi
raggiunge.
Quasi sobbalzo quando mi
circonda la vita con le braccia e preme la fronte nel centro della mia schiena.
E’ calda dietro di me.
Le sue braccia mi
riscaldano lo stomaco e il petto.
E’ come se ondeggiassi. La
scarica di adrenalina che mi ha percorso qualche minuto fa ha lasciato spazio ad una quieta stanchezza.
So che mi sto
addormentando. I miei sensi sono intorpiditi, i miei pensieri sono confusi ed
incoerenti.
‘Niente potrà mai essere
uguale. Niente dovrà mai essere uguale.’
‘Non ho niente oltre
Scully. Non VOGLIO niente di più di quello che ho.’
Ho tutto.
Ho lei.
La sento.
…Magica quiete velata indulgenza
dopo l'ingrata tempesta
riprendi fiato e con intenso trasporto
celebri un mite e insolito risveglio…
Sono sveglio, da quasi
un’ora ormai. Sono fermo, immobile appoggiato su un gomito.
Mi fa male il braccio e non
so se la mia mano è ancora attaccata al polso.
Ma non voglio muovermi.
I miei occhi sono pieni di
Scully.
La sto osservando da tanto
di quel tempo senza sbattere le palpebre che ho la netta impressione che il suo
viso si avvicini e si allontani.
Diventa opaco.
Chiudo gli occhi.
Li riapro.
E lo rivedo chiaramente.
Seguo la linea della sua
fronte, del naso.
Osservo gli strani giochi
di ombre sulle sue guance.
Mi sforzo per non indugiare
lo sguardo su quella sua bocca socchiusa perché so non riuscirei a resistere
all’impulso di svegliarla.
Quelle righe dure che ho
notato in questo giorni contornarle gli occhi e le labbra, ora sono svanite.
E’ così calma.
Sembra una bambola di
porcellana.
Respira piano e quasi non
avverto il movimento del suo petto.
Guardarla dormire è una di
quelle cose di cui non mi ha mai privato.
Non ha mai avuto troppi
problemi nell’addormentarsi in mia presenza.
Mi sono sempre domandato
quale mondo si nascondesse dietro a quegli occhi chiusi, a quelle palpebre.
Ho sempre creduto che il
sonno la portasse in luoghi che la sua mente non le permetteva di visitare
nelle ore di veglia. Quando era vigile e all’erta, quando il suo mondo era
fatto di piccoli e grandi teoremi da dimostrare, di prove, di certezze.
Ma ora non è più così. Lo so.
La mia bocca si curva in un
sorriso assonnato al solo pensiero di quanto tutto questo sia ironico.
Io mi sono dannato l’anima
alla ricerca della verità, spendendoci tutto me stesso, ogni giorno ed ogni
notte da quando avevo 12 anni… lei se l’è trovata di fronte, ad intralciare il
suo sicuro cammino.
Io ho cercato e voluto la
verità, a Scully è solo capitata…
Io l’ho sempre considerata
un punto di arrivo… l’ultimo passo di un eterno viaggio.
Per lei era solo un
ostacolo… come uno di quei muri di legno, durante l’addestramento a Quantico.
Una prova difficile e dura, ma lei era certa di poterla superare… per andare
avanti nel suo percorso.
Non ho mai realmente capito
cosa la spingesse a mettere alla prova se stessa ogni giorno.
Non sono mai riuscito a
comprendere quale fosse la molla primaria che le rendesse necessario superare
questi costanti test, perché si sentisse così coinvolta nel misurarsi col mondo
intero.
Io sapevo quanto valeva,
tutti lo sapevano.
Ma lei ha sempre avuto
qualcosa da dimostrare… che fossero le mie strampalate teorie, il suo coraggio…
o il fatto che potesse continuare ad amarmi per sempre senza chiedere nulla in
cambio, se non un po’ di fiducia.
Ed io ho fatto la stessa
cosa.
Ho creduto nell’utopia di
poter mantenere tutto fermo, immobile. Una diapositiva che ritraeva due vite.
Un quadro d’arte astratta dal significato inconcepibile agli occhi di chiunque,
ma così segretamente bello da non dover essere spiegato.
Una tela fatta di ombre e
luci. E osservandolo attentamente si percepiva che c’era qualcosa di
incompiuto… qualche spazio bianco da riempire… ma la paura di rovinare l’opera
vinceva la curiosità di vederlo finalmente completo.
Se fossi credente potrei
affermare senza remore che non è stato altro che un disegno di Dio.
Penserei che un giorno
Nostro Signore abbia deciso di buttare un’occhiata sulla terra… e abbia visto
lo spettro di un uomo imprigionato nella sua adolescenza non vissuta. Un’ombra
che, spinta dal dolore e dal peso delle sue colpe, stava perdendo
l’orientamento… allontanandosi da quel percorso che Lui gli aveva riservato.
Avrebbe deciso allora di
farmi un regalo. Di mettermi una bussola tra me mani.
Di donarmi una coscienza.
Il viso di Scully ritorna
opaco davanti ai miei occhi. Li chiudo e li riapro, ma le linee del suo volto
sono ancora confuse. Sono lacrime. Le lacrime che mi stanno riempiendo gli
occhi che non mi permettono di vederla chiaramente. Vorrei cancellarle con il
dorso della mano per poter continuare indisturbato la mia segreta osservazione. Ma non sono certo di potermi muovere in
questo momento. Non sono certo di volerlo.
Socchiudo le palpebre e
rimangono imprigionate tra le sbarre delle mie ciglia, continuo a fissare
l’indistinta sagoma della mia coscienza che dorme ignara al mio fianco.
Perché mi ami, Scully?
Vorrei chiederglielo… e
forse un giorno lo farò.
Perché hai lasciato che mi
infilassi sotto la tua pelle… che diventassi parte della tua vita?
Perché non sei scappata via
dopo quel primo e frustrante anno insieme?
Perché non hai ceduto dopo che
hanno preso il tuo corpo e ne hanno fatto una cavia per 3 lunghi mesi?
Perché non hai deciso di
mollare quando la vita era diventata un misterioso miracolo e la morte una
segreta compagna?
Perché mi ami, mi rispondo.
Per quanto questa
affermazione possa essere egoistica ed egocentrica, io so che è la verità…
forse è la sola verità che sono riuscito a trovare in tutti questi anni.
Ed il tuo è un amore così
incondizionato che mi spaventa, perché penso che sia impossibile per qualsiasi
essere umano amare in questo modo, senza finire col bruciarsi nel fuoco di una
passione mai espressa ma così presente ed evidente da essere quasi palpabile.
Amare senza chiedere nulla
in cambio è un concetto che mi ha sempre eluso.
Mi rendo conto che, a volte
inconsciamente e a volte no, ti ho sempre chiesto di superare delle prove… di
dimostrarmi i tuoi sentimenti perché sapevo che non avresti mai osato
esprimerli, non a parole almeno.
Ed anch’io mi sono
sacrificato per dimostrarti ciò che provo.
E tu non comprenderai mai a
fondo il peso di questi sacrifici.
Non saprai mai quanto mi è
costato permetterti di sperare… donarti me stesso… regalarti una parte di me
perché tu potessi realizzare il tuo miracolo….
Un sogno di cui tu volevi
che io facessi parte… ma che io sapevo impossibile….
Il sogno di una vita…
Quel sogno è nel tuo ventre
ora… e forse anche lui sta dormendo come te…
Il suo piccolo cuore batte.
E’ dentro di te e si nutre
di te…
Come vorrei che questa
illusione diventasse reale.
Dio, come vorrei farne
parte.
Una lacrima si libera dalla
gabbia e cade lenta sulla mia guancia.
E’ calda e pesante.
Ed è salata quando mi copre
le labbra.
Decido di muovermi perché
non voglio che si svegli e mi veda così.
Appoggio piano la testa sul
cuscino e mi passo la mano aperta sulla faccia.
Pollice ed indice sopra le
palpebre per fermare il flusso lento e costante del pianto.
So che lei farà
l’impossibile per farmi sentire parte di questo miracolo… ma io sento di
esserne estraneo.
E non ce nulla che si possa
fare…
Vorrei amarti come mi ami
tu, Scully… vorrei amarti come si ama un tramonto.
Vorrei che i miei occhi si
riempissero della tua luce e della tua inaspettata bellezza. Rossa e calda in
una sera di autunno.
Vorrei guardarti e saziare
il mio cuore.
Respirare.
Ma non posso… e forse non
potrò mai farlo.
Continuerò a cercare prove,
invece… a volere dimostrazioni.
Continuerò a scoprire nei
tuoi occhi i segni del dolore che ti ha sconvolto quando pensavi che la mia
vita si fosse spenta.
Continuerò ad avere paura
che tu un giorno decida di lasciarmi nella mia miseria anche se so che non
potrà mai accadere.
Continuerò a sorprendermi
ogni volta che un sorriso illuminerà il tuo volto.
Continuerò a sperare che un
giorno tu possa affrontare la prova più dura della tua vita permettendomi di vedere
il tuo cuore.
E continuerò a farmi male
nutrendo l’illusione di poter realizzare quel tuo sogno….
E se è vero che tutto
accade per una ragione… se è vero che c’è un Dio e che abbia deciso il percorso
della mia vita, di tutte le vite, forse non ha fatto altro che mettere un
pennello nelle nostre mani, istigandoci a concludere quell’opera d’arte che
rappresenta l’esistenza di due anime… la mia e la tua, Scully…
E quel quadro non potrà mai
essere statico… non potrà mai rimanere com’è… perché il disegno cambia forma e
colore in ogni istante…
Sospiro consapevole del
fatto che anch’io ho ancorato la mia esistenza ad una illusione…
Pensavo di poter continuare
ad accettare il tuo segreto amore, senza che la mia anima ne venisse travolta…
ed invece era già successo, avevi già travolto la mia anima.
Ed è strano perché mi sento
come se stessi sfogliando le pagine di un libro. E la storia che sto leggendo è
così disperatamente appassionante che non riesco a staccare gli occhi da quelle
parole stampate.
Ho appena finito di leggere
una delle pagine più strazianti.
Volto il foglio.
E scopro che è bianco,
immacolato.
Sono arrabbiato, triste ed
indignato perché ho il disperato bisogno di continuare a leggere. Ma non c’è
nulla che possa fare… per quanto lo desideri la storia non si comporrà sotto i
miei occhi…
Tolgo la mano dalla mia
faccia e ti guardo ancora.
Ti sveglierai tra qualche
minuto, lo sento.
…L’eroina del libro della
mia vita.
Sorrido perché so cosa farò
adesso…
Mi muovo e passo il dorso
delle mie dita sulla tua guancia.
E morbida ed è bianca e
fredda.
…so che non finirò mai di
leggere quel libro… ma prenderò in mano una penna, ed incomincerò a
scrivere.
Fine (II)
Note: se avete notato la
piccola incongruenza tra l’amore ultra-dichiarato di Scully nella prima parte e
il disperato cinismo di Mulder nella seconda (fatta salva la fine)… vi posso
dire che a mio parere Scully sta vivendo una sorta di bizzarro sogno e Mulder
si è appena svegliato in un incubo…
Spero di aver reso chiaro
(abbastanza) il differente punto di vista in cui inquadrano la situazione.. cmq
per dubbi, critiche o commenti…(non risparmiatevi) mandate tutto ad anna_x@libero.it
Nota aggiunta e finale: per
la frase del “Summary” non sforzatevi tanto, era nell’unico Bacio Perugina che
ho ricevuto a S. Valentino… triste, lo so, ma sono una frana a sintetizzare e
mi sembrava incredibilmente adatta… :P
Grazie per avermi letto,
Annax