Titolo: Sento I

Autrice: Annax

Spoilers: DeadAlive,  3 words

Categoria: vignetta, Angst (e te pareva!), Scully POV (I), Mulder POV (II).

Summary: in un attimo i nostri occhi si sono incrociati, le nostre anime si sono sfiorate.

Disclaimers: non miei. Di CC e compagnia bella. 

 

Preambolo:

 

Mulder è tornato a casa, per la prima volta, dall’ospedale. Per chi ha letto gli spoiler non è una novità se dico che Scully è con lui. Si scambiano un “nervoso” dialogo a proposito di pulizia dell’appartamento e pesci sfortunatamente deceduti.

Sono entrambi così tesi.

Mulder si scusa perché sa di sembrare irriconoscente ed ingrato per tutto quello che Scully ha fatto e che ha dovuto passare in questi mesi. Scully risponde, a ragione, che SA che lui non sarà mai in grado di comprendere cosa prova o cosa ha provato…

A tutti, buona lettura.                                                                                                                                   Annax

 

Note: Per quanto riguarda la canzone, beh, adoro Carmen Consoli ed ho scelto lei con L’ultimo Bacio (niente a che vedere con il film), ma in tutta sincerità l’“ispirazione”  mi è partita anche da un’altra canzone che è “Luce- tramonti a nord-ovest” di Elisa.

Se la leggete con queste due canzoni in sottofondo vi assicuro che avrà un altro affetto. Ma anche con qualsiasi canzone del genere rock Angst stile Brian Adams. Fidatevi di una “divoratrice” di ff, con la musica e tutta un’altra cosa.. perciò: rilassatevi… lasciate che le note entrino nelle vostre orecchie.. ed incominciate a leggere…  

 

Cerchi riparo fraterno conforto
tendi le braccia allo specchio
ti muovi a stento e con sguardo severo
biascichi un malinconico Modugno

Di quei violini suonati dal vento
l'ultimo bacio mia dolce bambina
brucia sul viso come gocce di limone
l'eroico coraggio di un feroce addio
ma sono lacrime mentre piove piove
mentre piove piove
mentre piove piove

Magica quiete velata indulgenza
dopo l'ingrata tempesta
riprendi fiato e con intenso trasporto
celebri un mite e insolito risveglio

Mille violini suonati dal vento
l'ultimo abbraccio mia amata bambina
nel tenue ricordo di una pioggia d'argento
il senso spietato di un non ritorno

Di quei violini suonati dal vento
l'ultimo bacio mia dolce bambina
brucia sul viso come gocce di limone
l'eroico coraggio di un feroce addio
ma sono lacrime mentre piove piove
mentre piove piove
mentre piove piove

(Carmen consoli- L’ultimo bacio.) 

 

Quando torno nel soggiorno, completamente immerso nell’oscurità se non per la tenue luce verde dell’acquario, lo ritrovo sprofondato nel divano, con la testa tra le mani. Respiro profondamente, incerta sul cosa fare. Non so se andare, o avvicinarmi. Non so se parlare, stare zitta. Se toccarlo, o solo rimanere ferma ad ascoltare il suo respiro… il suo respiro.

Lui si accorge della mia presenza nella stanza e alza lentamente lo sguardo verso di me.

Il mio cuore si ferma per una frazione di secondo. Dovrei esserci abituata o forse dovrei solo aspettarmi questa reazione. Sono ormai sette giorni… solo sette giorni… che Fox Mulder è tornato.

E me lo sto ripetendo all’infinito. Ripeto a me stessa…. ‘è qui.. guardalo… è di fronte a te ed è VIVO…’…

Dio, è VIVO… è qui!

Ed ogni volta che incrocia i miei occhi la mia schiena è percorsa da un brivido così violento che quasi mi paralizza.

Voglio sperare che non se ne sia accorto… lo farebbe sorridere.

I suoi occhi mi guardano incuriositi, ora. Ed io sono ancora impalata accanto allo stipite della porta.

Cosa faccio?

“Scully, vieni qui…” Dice, risolvendo in un attimo tutti i miei dubbi.

Sospiro e con passo incerto mi avvicino al divano. Mi siedo lentamente accanto a lui. Le mie mani si incrociano istintivamente e si posizionano sul ventre. Guardo di fronte a me, e so che dall’esterno posso sembrare imbarazzata fino al limite del ridicolo... in realtà sono terrorizzata…

Il silenzio che ci circonda è pesante, abbiamo condiviso così tanti silenzi in questi giorni che trovo quest’assenza di parole confortante….

Ho paura. Devo ammetterlo, almeno con me stessa. Ho paura di quello che sento, ho paura di quello che potrebbe uscire dalla mia bocca, ho paura di metterlo a disagio…

Io so, LO SO, che lui non potrà mai capire come mi sento. Anche se volesse, non riuscirebbe mai a comprendere.

Neppure io ne sono capace.

C’è una parte di me che vorrebbe voltarsi, abbracciarlo, e stringerlo così forte da fargli male. E questo istinto lotta apertamente con la vera SCULLY… quella Scully che lui conosce e che deve vedere, perché abbia il tempo di “riabituarsi alla vita”.

Riabituarsi alla vita. Trattengo un sorriso amaro. Strano. Dannatamente strano. Pazzesco.

Dio, E’ RISORTO.

Era morto, morto davvero.

Ed adesso è qui. Accanto a me. E posso sentire il calore dei suoi occhi sulla tempia. E posso sentire l’impercettibile rumore delle sue labbra che si aprono e si chiudono, in cerca di qualcosa da dire.

Ti prego, non parlare. Non dire niente. Se parli dovrò risponderti. E se ti rispondo ho la sensazione che non riuscirò più a reprimere quella parte di me che vorrebbe piangere ed urlare, ballare dalla felicità.

No, non potrà mai capire come mi sento. Non ho parole per descriverlo e non penso che proverò mai a farlo.

“Danno il Letterman stasera…”. Dice pacatamente.

Vorrei sospirare, ma sobbalzo.

Dio, da quando sono così dannatamente sensibile?

“Scully…” mi chiama, il suo tono è preoccupato adesso, ma ancora non ho la forza di voltarmi verso di lui.

Cercando di respirare, mi accorgo che sto tremando.

Sono così fuori di me, ed il pensiero che lui mi stia vedendo in questo stato mi riempie di un panico improvviso.

Appoggia la mano sopra il mio ginocchio ed io ci trascino lo sguardo sopra. Disperatamente alla ricerca di un modo per distrarmi.  Di un punto fermo su cui concentrare la mia attenzione. Per riprendere il controllo.

Non so per quanto tempo siamo rimasti così, immobili, ma ora mi sento meglio.

Butto indietro la testa ed apro la bocca per respirare. E’ come se le pareti si fossero strette attorno a noi. Voglio aria.

Mi sento così ridicola. Lo sapevo che era una pessima idea rimanere qui stanotte.

Ho quasi pregato che me lo chiedesse. E sono quasi certa che lui lo abbia fatto solo perché ha visto quella mesta supplica nei miei occhi.

Mi sento totalmente inadeguata. Devo reprimere tutte le emozioni perché SO che DEVO farlo.

Non è complicato, è quello che ho sempre fatto. Ma perché è così dannatamente difficile adesso?

“Scusa, Mulder.” Trovo la forza di sussurrare mentre le mie mani si alzano automaticamente e passano sul viso, con il disperato intento di lavare via la tensione.

Sento gli zigomi tirati e gli occhi gonfi sotto i polpastrelli.

Voglio andarmene.

Il suo sguardo è ancora su di me e vorrei teletrasportarmi a casa mia, nel mio letto.

Vorrei poter piangere ed urlare, ma preferirei farlo in completa solitudine. Come ho fatto in tutti questi mesi, del resto.

No, Dana, NON FARLO. Mi ammonisco. Non posso guardarmi alle spalle, non posso guardare il passato. Almeno non in questi giorni. Devo resistere perché so che se solo la mia mente decidesse di ripercorrere gli avvenimenti dell’ultimo anno, l’emozione diventerebbe così forte che finirebbe per straripare dai miei occhi.

E non voglio che accada.

Ma, Dio, i momenti mi scorrono davanti come agghiaccianti diapositive. Ed il dolore forma un nodo sordo nel mio petto.

Stringo gli occhi per cacciare indietro immagini e sensazioni e sento le sue mani sulle mie. Piega le dita e stringe la mia mano allontanandola dal volto. La sposta fino a adagiarle entrambe, la mia e la sua, sopra la mia pancia.

Non so se ho la forza di aprire gli occhi adesso. Adesso che lo sento così vicino che il calore del suo corpo quasi mi brucia la pelle del viso e la pressione del suo palmo sul mio ventre è fuoco.

Sto facendo uno spettacolo di me stessa. Lui non deve vedermi così. Mi ero ripromessa che lui non mi avrebbe mai vista così.

Con incredibile sforzo riesco ad aprire le mie stanche palpebre. E me lo trovo di fronte.

Gli guardo il collo, il mento, le labbra, il naso…. Gli occhi.

Quando incontro il suo sguardo costernato, quasi terrorizzato, l’impulso diventa insopprimibile.

Mi alzo di scatto.

“O Dio” sussurro. Sono arrossita così tanto che la vampata sta quasi facendo evaporare le lacrime in fondo ai miei occhi.

“Scully” ripete.

Adesso sono in piedi, e non ho la più pallida idea di cosa fare.

Abbasso la testa fino a che il mento sfiora il bordo della maglietta che indosso. L’attenzione ricade inevitabilmente sul tessuto tirato in prossimità del mio ventre.

Sospiro e trovo il coraggio di parlare.

“Mi spiace Mulder, sono così… sono così…”

“Confusa”, conclude per me.

Ecco come mi sento, confusa. Beh, non che questo risolva qualcosa. SO di essere confusa, non sono mai stata tanto confusa in tutta la mia vita. Ma almeno lui lo sa, e forse potrà dare una spiegazione al mio “bizzarro” comportamento.

Il problema però rimane. Io sono ancora in piedi, la mia testa è ancora bassa e la sento così pesante che ho paura che da un momento all’altro si stacchi dal collo.

“Scully, ascolta…” incomincia.

“No, Mulder” lo interrompo immediatamente.

Non voglio che parli, non voglio che mi dica come mi sento, non voglio che mi spinga a fare o a dire quello che non VOGLIO “siamo stanchi… perché non vai a riposare un po’.” Sussurro in fretta.

E poi lo sento ridere.

Non so se essere sollevata o indignata a quel suono, comunque fa in modo che io riesca a riportare gli occhi su di lui. 

Dio, mi si blocca il respiro. Com’è bello quando ride.

Anche se il suo sorriso è triste e amaro, anche se quello che realmente prova è scritto nelle righe del suo volto così in modo così evidente che è impossibile ignorarlo, sento che la mia bocca si curva in un incerto sorriso.

Sono triste, e sono felice.

Sto bene, ed è da mesi che non potevo più dire di stare bene.

Ma sto male, sto male per lui, sto male con lui.

La sola cosa che voglio è non vedere più quell’incertezza, quella paura, e quella insopportabile tristezza sul suo viso. Vorrei poter tornare indietro, tornare a quella sera di un anno fa, quando ridevamo come folli, camminando nella tiepida sera, ricordando quanto bizzarre e ridicole sembravano le nostre vite proiettate su quell’enorme schermo. 

Sento ancora il calore della sua mano nella mia quando ci penso.

Sento il tono della sua voce, e il rumore della sua risata.

E sento i suoi occhi su di me, che mi guardano come se ogni mio minimo gesto rivelasse una nuova scoperta così sorprendente da meritare la sua piena attenzione.

Sentirò ancora quella risata? Proverò ancora quel senso di pace e di inconsistente euforia, quando un semplice gesto, quando stringersi la mano, parlare, ridere, ballare o baciarsi diventavano un lungo passo verso la normalità? Un modo per dimostrare che, qualunque cosa avesse riempito il nostro passato e qualunque cosa ci riservasse il futuro, noi avevamo vinto. Solo per il semplice fatto che eravamo insieme, vicini, uniti?

Un onda gelata mi colpisce e mi rendo conto che sto piangendo.

Dio, non volevo che accadesse.

Cerco di allontanarmi, ma lui mi blocca, stringendomi le gambe con entrambe le braccia. Per un secondo mi sento in trappola, respiro forte. Cerco di cacciare indietro le lacrime, ma sono già cadute ormai.

“Scully… piangi.” Sussurra piano. Ed io prendo fiato scavando in queste due parole con la speranza di scoprire cosa devo fare, cosa è meglio che io faccia, cosa VUOLE che io faccia.

E poi capisco.

Capisco che è confuso, anche se non come me. In un modo diverso e forse diametralmente opposto. E sento che ha bisogno di me. Ha bisogno di sapere cosa provo.

Forse anche lui mi sente lontana, come io lo sento lontano.

I muscoli delle mie gambe si rilassano sotto la compattezza della sua stretta. Raccolgo quel po’ di coraggio che mi rimane e quasi mi butto sul divano accanto a lui.

Sono così stanca.

Non sono certa di riuscire a parlare ancora perché le lacrime stanno inondando il mio viso e uno stretto nodo alla gola mi costringe a deglutire, una, due, tre volte… ma non ce la faccio. Non posso parlare e non so cosa dire, ma ne ho un disperato bisogno.

Lui capisce e mi abbraccia sospirando.

Mi sento ridicola per un momento, ma poi il calore di quell’abbraccio mi calma e mi avvolge.

Piango tutte le mie lacrime in silenzio, circondata, e per la prima volta, dopo quella che sembra un’eternità , mi sento incredibilmente al sicuro.

Mi accorgo che il suo mento strofina piano sulla mia fronte e per qualche attimo rimango rapita da questo semplice movimento, da questa carezza così familiare.

Respiro profondamente e l’odore della sua pelle mi colpisce i sensi. 

E’ assurdo, vorrei ridere, ma in questo preciso momento mi rendo improvvisamente conto di quanto mi mancasse. Ed è una sensazione così potente che mi fa sobbalzare. L’ho già stretto ed abbracciato in questi giorni, per quanto ho potuto.

Ma adesso che lo sento vicino, realmente vicino, adesso che ho la segreta consapevolezza che quella connessione tra di noi si stabilizzerà, che forse si è già stabilizzata, ADESSO so quanto mi mancava.

Come ho fatto a vivere senza questo? Come ho fatto a resistere?

Lo so come ho fatto, SO cosa mi ha dato la forza per svegliarmi la mattina ed accettare di dover affrontare un altro giorno senza di lui.

Gli circondo la vita e lo stringo più forte, lo stringo così forte, e mi sento meglio, definitivamente.

Lo sento, lo sento qui con me adesso.

Sorrido.

“Sono diventata dannatamente sensibile ultimamente, uh?” Sussurro appena. Non riconosco la mia stessa voce.

Una lieve vibrazione mi dice che sta ridendo. E poi le sue dita sono sotto il mio mento.

Il mio volto si alza lentamente, incrocio i suoi occhi. Sembra così sereno adesso. Sembra.

Ed il suo viso è così vicino… così vicino. Voglio baciarlo. Mi irrigidisco. Oddio, lo voglio così tanto. Non so se riuscirò a resistere.

Il suo respiro mi copre la bocca.

Sono immobile e la sola cosa che riesce a formulare il mio cervello è il desiderio di sentire le sue labbra sulle mie. Solo una volta. Una volta sola. Solo per ricordare…

“Dio, Scully” sussurra. E quel briciolo di autocontrollo svanisce. E le mie labbra sono sopra le sue.

Non pretendo che lui ricambi il mio bacio. Voglio solo sentire la sua bocca sotto la mia.

E’ morbida come la ricordavo. E’ grande e calda come quella sera di giugno, quando l’ho accompagnato alla macchina, prima che partisse per l’Oregon. Al quel ricordo alzo istintivamente la braccia e le appoggio sulle sue spalle.

Adesso sì… è proprio come allora.

Quante volte ho rivissuto quella scena, piangendo e pensando che quello era stato il nostro ultimo bacio.

L’ultimo bacio…

Lui dischiude le labbra e io lo invado lentamente.

Sento la sua lingua calda ed è come se mi stessi sciogliendo.

Mi sento come acqua, come pioggia, calda. Mi sento vapore… mi sento una nuvola. Non mi sono mai sentita così leggera.

Dio Mulder, sei tornato, sei vivo, sei con me… posso baciarti e stringerti e toccarti e amarti… posso farlo. C’è un futuro, posso crederci, posso sperare… posso guardare avanti senza quella sorda disperazione di dover rinunciare al tuo ricordo, inevitabilmente sbiadito dal trascorrere del tempo.

Posso credere che un giorno, magari lontano, saprò cosa significa la parola serenità.

La felicità già la conosco, me l’hai sempre regalata, anche se tu non lo sai,… in momenti come questo, in quegli attimi in cui non potevo che perdermi nel tuo sguardo. Biasimandomi solo perché sentivo che il bisogno che avevo di te era così forte. Non eri più una scelta, Mulder, eri diventato necessità. Il pensiero che un giorno avrei dovuto rinunciare a te mi toglieva il respiro.

Ma poi quel giorno è arrivato… concretizzando tutte le mie più segrete e terrificanti paure.

Ho lottato, ho lottato così tanto. Ma nulla era abbastanza. Ed ogni attimo che trascorreva inesorabilmente rapido ti sentivo sempre più lontano, come se mi scivolassi dalle dita.

Fino a quella notte, nella foresta, quando ho posato la mano sul tuo freddo viso e la sola cosa che riuscivo a pensare era che non poteva essere vero. Non potevo averti perso per sempre.

Ho odiato me stessa con una fredda severità portata dal dolore, sentendomi responsabile e colpevole.

Ho odiato ogni giorno ed ogni notte.

Ma non potevo crollare, non me lo avresti mai perdonato. Dovevo restare in piedi, per te e per quel miracolo che porto in grembo.

Non ho fatto altro che pensare a questo miracolo. Con il terrore di scoprire il peggio. Con la paralizzante paura di sapere cose che mi avrebbero fatta inevitabilmente crollare. Ma soprattutto con la segreta speranza che un giorno forse avrei potuto riaverti, rivederti… in lui. 

Con il profondo desiderio di offrirti la possibilità di continuare a vivere, attraverso di lui. 

Ho trovato la mia forza in questo piccolo essere che non è ancora nato, ma ha già provato così tanto dolore ed è stato così fondamentale dal momento stesso in cui ho saputo della sua esistenza.

Questo miracolo è un angelo, Mulder. Un angelo che mi ha tenuta ancorata alla vita.

Mi sentirò sempre in debito con quest’angelo, non smetterò mai di ringraziare Dio per avermelo donato. Anche perché so, e ne sono certa, che senza di lui ora non sarei qui… a stringerti… e baciarti… con una passione quasi folle….

Non riuscirò mai a dirti quanto ti amo, quanto vi amo entrambi… forse non ve lo dirò mai.  

Ti stacchi piano. Ti allontani e appoggi la tua fronte sulla mia. Respiriamo forte.

I nostri occhi sono chiusi e l’eco del battito del mio cuore mi riempie le orecchie.

Sento che voglio dirtelo… ma so che non posso farlo. Non l’ho mai fatto… non ti ho mai detto che ti amo. E non so spiegarmi perché, ma in questo momento mi sembrerebbe terribilmente fuori luogo.

Te lo dirò, Mulder, ne sono certa… ma non adesso. Adesso che potresti mettere in dubbio la potenza di queste due semplici parole, confondendole con la gioia e l’inconcepibile felicità di averti ancora qui con me.

“Forse è meglio che vada di là” sussurri piano. Io tremo, ma so cosa significa. So che hai ancora bisogno di tempo. Hai tutto il tempo del mondo, Mulder, prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno.

Ed un pensiero mi attraversa la mente.

Ripenso ad una notte, alla pioggia battente, ai tuoi occhi luminosi nell’oscurità mentre affermi che il tempo si è fermato e poi ha ripreso il suo corso. E sei così convinto di quello che dici che quasi non voglio smentirti.

Ed ora più che mai so che avevi ragione.

Il tempo si è fermato, sette mesi fa, ed ha ripreso a scorrere, stanotte. 

Un’onda di quieta serenità, malinconia e tristezza insieme mi attraversa all’improvviso. Ma poi mi sorridi piano e mi stringi la mano. Sospiro mentre mi lasci andare e ti alzi lentamente.

Mi guardi con occhi così pieni, scuri e lucidi che so che se sbattessi le palpebre cadrebbe una lacrima su quel tuo viso stanco.

Ti amo…. Senza dubbi o paure. IO ti AMO. Non pretenderò mai che tu mi restituisca quest’amore che porto dentro. Non ne ho bisogno. Mi basta averti qui… averti vicino.

E vedo ancora quel sorriso spento sul tuo viso ma ti sorrido anch’io.

Forse non serve dirtelo. Forse lo sai già. Forse non potrai mai leggere la mia mente, ma il mio cuore ti è così naturalmente familiare che le parole diventano inutili, banali. 

Te lo sto dicendo con gli occhi.

Trattieni il mio sguardo per una frazione d’immensità, poi scivoli via ed io rimango immobile.

Sulle mie labbra c’è ancora il tuo sapore.

L’aria le sta seccando, ma non voglio lavarti via.

Chiudo gli occhi e sto sorridendo ancora.

Sei tornato, Mulder, ora ti sento.

 

Fine I

 

Sento II

 

…Mille violini suonati dal vento
l'ultimo abbraccio mia amata bambina
nel tenue ricordo di una pioggia d'argento
il senso spietato di un non ritorno…


Entro nella camera da letto. Mi guardo intorno e mi sento così disconnesso da tutto che non riconosco i miei stessi mobili.

Non riconosco le pareti, la scrivania, il letto.

È la stessa impressione che provo ogni volta che entro in qualche nuova e squallida camera di motel. Mi siedo sul bordo del letto e chiudo gli occhi.

Cosa diavolo è successo? Non mi sono mai sentito così.

Sono stanco, ma non ho sonno. Voglio dormire, ma so che non ce la farò.

Mi sento strano, stupido e vuoto come un foglio di carta.

Ho lasciato Scully di là, sul divano. Sono praticamente scappato perché l’intensità della sensazione che ho provato baciandola mi ha spaventato a morte.

Chi sono? Cosa sono diventato?

Mi sento così in colpa. Così ingrato e freddo.

Così arrabbiato e triste.

Vorrei spegnere la mia testa.

Mi appoggio allo schienale del letto e sospiro così forte che sono certo che Scully mi abbia sentito nell’altra stanza.

Ho bisogno di rimanere solo, per qualche minuto.

Ma mi manca.

Scully è la sola cosa che ha qualche parvenza di familiarità per me. Mi sono aggrappato a lei in questi giorni con la disperata speranza di sentirmi nuovamente congiunto col mondo al mondo.

Ma neppure lei ci riesce. Percepisco il suo sforzo nel fare in modo che attorno a me tutto sia “normale”. La sento trattenere le emozioni e questo non fa altro che moltiplicare il mio senso di colpa.

Ma non ho mai letto nei suoi occhi quello che sono riuscito a scorgere in questi giorni.

Tutto spinto in fondo alla sua anima ma incredibilmente visibile.

E’ li, sul bordo dei suoi occhi, che chiede di uscire, di scoppiare, sotto forma di lacrime.

E’ cambiata. E’ diversa. Non è più la stessa e neppure lei se ne rende conto.

Persino l’odore della sua pelle non è lo stesso.

Come pretendere che non sia così, come pretendere che gli avvenimenti degli ultimi mesi non le abbiano inciso l’anima.

Sono un idiota, egoisticamente vorrei non vederla così, forse non dovrei vederla affatto. Ma quando lo penso una morsa allo stomaco mi sorprende e capisco che non potrei mai farcela senza di lei.

Si, ce la farò. Supererò anche questo. Ho solo bisogno di tempo.

E’ inutile cercare di convincersi che tra qualche giorno tutto ritornerà come sette mesi fa….

Oddio, sette mesi… ho perso irrimediabilmente sette mesi della mia vita. E la sola cosa che mi è rimasta di tutto questo periodo di “letargo mentale” sono cicatrici, incubi ed insicurezze.

Odio chi mi ha fatto questo, lo odio così profondamente che i miei occhi si colmano di lacrime di rabbia. 

Mi hanno rubato corpo e mente per sette mesi. Mi hanno usato e gettato via. Ed io non saprò mai cosa mi hanno fatto.

Non scoprirò mai la verità.

Sono morto per la verità, e sono risorto… ed ancora non so nulla. Buffo, strano, assurdo… stupido.

Dio, ed adesso Scully è incinta. INCINTA.

Porto le mani sulla faccia e sospiro ancora.

Incinta.

Vedo quell’ombra di felicità nei suoi occhi e tremo al pensiero che questa sia un’altra illusione, un altro sogno che si trasformerà in incubo. Come lo so? Non lo so, lo sento!

Non posso dirglielo, non devo farlo… ma lo sento qui, che mi stringe il petto.

Sono così impotente e lontano da lei. La tocco e non sento la sua pelle sotto le mie dita.

Prima… prima l’ho sentita… e sono corso via, incapace di riuscire a sopportare l’intensità di quella vicinanza.

Ho tanta di quella rabbia, e paura e terrore dentro. Mi sento piccolo, fragile e stupido.

Ed per un attimo ho dodici anni e guardo fuori dalla finestra. La strada è buia. Sono immobile ed impietrito. Ho freddo e la mia mente urla ‘Samantha… dove sei?’.

E mi rendo conto che la sensazione che provo adesso è la stessa, mi sentivo allora come mi sento oggi.

Allora avevo perso Samantha.

Oggi ho perso me stesso.

Stringo gli occhi e mi sforzo di pensare. Lo psicanalista intorpidito in me si sveglia d’improvviso con il folle progetto di auto-analizzarmi. Non ci sono mai riuscito prima, e di certo con ci riuscirò ora.

Ma devo provare, non mi resta nient’altro da fare.

Cosa avevo… prima?

Beh…

Allora…

Dio, cosa avevo?

Beh, un lavoro, un sogno da realizzare, una verità da scoprire, una felicità da riconquistare, un passato da dimenticare. Un’utopia, ma così potente da diventare stella polare della mia intera esistenza, guidando le mie azioni come una calamita.

E poi c’era Scully.

Scully.

Così ferma e sicura.

Un faro.

Ed io ero una zattera, trasportata da onde spietate e inquietanti in un mare nero.

Ma la vedevo, era lì. Luminosa.

E per quanto lontano fosse, io sapevo che c’era un porto. Una spiaggia a cui arrivare, per stendermi e respirare.

Doveva esserci, perché c’era lei.

Sospiro adesso. Non sono mai stato dipendente da qualcuno come lo sono stato da Scully in tutti questi anni. E penso che lei lo sappia. Deve saperlo, altrimenti non avrebbe fatto quello che ha fatto per me. Non sarebbe stata al mio fianco, non avrebbe guardato le mie spalle, non avrebbe ingoiato rabbia e frustrazione, dolore, solo per non lasciarmi solo. Solo.

Sono solo senza di lei.

E arrivando a questa effimera conclusione mi accorgo d’improvviso che lei è la sola cosa che mi è rimasta. La sola cosa che ho. Che ho? Oddio, da quanto tempo è così radicata in me la convinzione che Scully mi appartenga?

E se mi appartiene, perché non riesco a starle vicino? Perché non la sento?

‘Perché non è Scully’ risponde la parte disperatamente cinica di me.

Odio questa sibilante voce perché, consciamente, l’idea che biasimi Scully per essere diventata quello che è diventata mi fa venire la nausea.

Non posso essere così stronzo.

Non posso.

Il profondo disgusto che provo verso me stesso spegne la mia mente per qualche secondo.

Per intensi attimi non provo nulla.

Nulla.

Dio, è così bello. Non voglio provare più nulla. Non stanotte.

Non risolverò niente stanotte ed è completamente inutile pensare.

Se fosse così semplice premere un interruttore nel mio corpo e vivere per qualche altro istante in questo limbo psicologico….

Non troverò la via d’uscita in questo stato. Lo so. Ma almeno potrò respirare.

Angoscia. Ecco cosa provo. Un’ angoscia straziante.

Un’angoscia che non mi fa respirare.

Ed ora che lo so? Sono angosciato. E allora?

Mi irrigidisco.

Oddio.

Non sento più le gambe, il busto, le spalle, la faccia.

Panico.

“SCULLY!!!” Urlo forte.

Che mi succede?

Non vedo più di fronte a me.

Sono terrorizzato.

Ho freddo.

Due braccia mi stringono e mi sollevano.

Riesco a respirare.

Respiro profondamente. Respiro ancora, ed ancora.

Tremo e la stretta di quelle braccia diventa più intensa intorno a me.

Passano secondi interminabili e finalmente riesco ad aprire gli occhi.

Cos’è stato?

“Scully” ripeto ma non esce suono dalla mia bocca.

“Shhhh… sono qui.. sono qui…” dice piano, e leggo terrore nella sua voce.

Perché mi succede questo? Perché?

La stringo anch’io adesso. L’idea che forse potrei farle male, potrei fare male al bambino, mi sfiora ma svanisce sovrastata dall’incontrollabile bisogno di sentirla vicino.

“Scully…. Scully….” sussurro in una lamentosa cantilena. Non mi controllo, non ho la più pallida idea di cosa sto facendo. Se sto urlando, se sto piangendo, se sono fermo o mi sto muovendo.

Sento la schiena di Scully sotto i palmi aperti delle mie mani.

Sento le sue labbra e le sue mani sul mio collo, sulle guance.

Mi culla. Mi sta cullando piano.

Mi manchi Scully, mi manchi così tanto.

Mi manca la tua luce.

Perché non posso amarti come ti amavo?

Perché non posso sorridere ed essere felice per te? CON te?

Ti voglio così tanto.

Voglio sentirmi ancora parte della tua vita.

Voglio sentirmi tuo.

Prendimi Scully! Portami lontano dal labirinto della mia mente, dei miei ricordi…

So che puoi farlo se lo vuoi, SO che puoi farlo ancora.

Prenditi cura di me.

Dimentica il mondo.

Nient’altro esiste. Ci sono io, ci sei tu.

Adesso che riprendo percezione di me, mi accorgo che sto piangendo.

Ed è un pianto così disperato che a stento lo riconosco come MIO.

Quando finalmente il respiro sembra trovare un ritmo regolare, e i miei occhi hanno finito la loro riserva di lacrime, provo ad alzare lo sguardo su di lei, nel disperato tentativo di trovare i suoi occhi.

Dio, le ho già detto quanto è bella? Mi sembra di averglielo detto?

No, non l’ho fatto.

E’ stanca, impaurita, sconvolta… ma così bella da togliere il fiato.

Cerco conforto nei suoi occhi, lei me lo sta offrendo con tutta la poca forza che le rimane. Mi sta dicendo ‘sono qui, Mulder, abbracciami…toccami… sentimi…’.

Passo la mia mano sul suo viso con un movimento così automatico e familiare, intenso.

Ci sto mettendo tutto me stesso in questa carezza.

Non posso parlare e non posso pretendere che lei capisca, ma voglio solo farle sapere che la sento.

Si, ora la sento.

Sotto le mie dita sento la compattezza della sua guancia umida. Sento l’odore delle sue lacrime, il suo odore…

“Sono qui…” sussurra ancora.

Annuisco perché è la sola cosa che sono in grado di fare.

Non voglio muovermi. Non voglio farlo ora….

Ma lei mi restituisce la carezza, chiudendomi gli occhi con la punta delle dita.

Mi adagia sul letto da un fianco così piano, come se avesse paura che mi spezzassi.

E’ strano e così confortante.

La sua mano scivola sul mio viso, sul mio collo, lungo il mio braccio e poi se ne và.

Sospiro profondamente. Non ho paura. So che non è lontana.

Dalla parte opposta il letto si abbassa sotto il suo peso.

Si muove lentamente e mi raggiunge.

Quasi sobbalzo quando mi circonda la vita con le braccia e preme la fronte nel centro della mia schiena.

E’ calda dietro di me.

Le sue braccia mi riscaldano lo stomaco e il petto.

E’ come se ondeggiassi. La scarica di adrenalina che mi ha percorso qualche minuto fa ha lasciato spazio ad una quieta stanchezza.

So che mi sto addormentando. I miei sensi sono intorpiditi, i miei pensieri sono confusi ed incoerenti.

‘Niente potrà mai essere uguale. Niente dovrà mai essere uguale.’

‘Non ho niente oltre Scully. Non VOGLIO niente di più di quello che ho.’

Ho tutto.

Ho lei.

La sento.

 

…Magica quiete velata indulgenza
dopo l'ingrata tempesta
riprendi fiato e con intenso trasporto
celebri un mite e insolito risveglio…


Sono sveglio, da quasi un’ora ormai. Sono fermo, immobile appoggiato su un gomito.

Mi fa male il braccio e non so se la mia mano è ancora attaccata al polso.

Ma non voglio muovermi.

I miei occhi sono pieni di Scully.

La sto osservando da tanto di quel tempo senza sbattere le palpebre che ho la netta impressione che il suo viso si avvicini e si allontani.

Diventa opaco.

Chiudo gli occhi.

Li riapro.

E lo rivedo chiaramente.

Seguo la linea della sua fronte, del naso.

Osservo gli strani giochi di ombre sulle sue guance.

Mi sforzo per non indugiare lo sguardo su quella sua bocca socchiusa perché so non riuscirei a resistere all’impulso di svegliarla.

Quelle righe dure che ho notato in questo giorni contornarle gli occhi e le labbra, ora sono svanite.

E’ così calma.

Sembra una bambola di porcellana.

Respira piano e quasi non avverto il movimento del suo petto.

Guardarla dormire è una di quelle cose di cui non mi ha mai privato.

Non ha mai avuto troppi problemi nell’addormentarsi in mia presenza.

Mi sono sempre domandato quale mondo si nascondesse dietro a quegli occhi chiusi, a quelle palpebre.

Ho sempre creduto che il sonno la portasse in luoghi che la sua mente non le permetteva di visitare nelle ore di veglia. Quando era vigile e all’erta, quando il suo mondo era fatto di piccoli e grandi teoremi da dimostrare, di prove, di certezze.

Ma ora non è più così. Lo so.

La mia bocca si curva in un sorriso assonnato al solo pensiero di quanto tutto questo sia ironico.

Io mi sono dannato l’anima alla ricerca della verità, spendendoci tutto me stesso, ogni giorno ed ogni notte da quando avevo 12 anni… lei se l’è trovata di fronte, ad intralciare il suo sicuro cammino.

Io ho cercato e voluto la verità, a Scully è solo capitata…

Io l’ho sempre considerata un punto di arrivo… l’ultimo passo di un eterno viaggio.

Per lei era solo un ostacolo… come uno di quei muri di legno, durante l’addestramento a Quantico. Una prova difficile e dura, ma lei era certa di poterla superare… per andare avanti nel suo percorso.

Non ho mai realmente capito cosa la spingesse a mettere alla prova se stessa ogni giorno.

Non sono mai riuscito a comprendere quale fosse la molla primaria che le rendesse necessario superare questi costanti test, perché si sentisse così coinvolta nel misurarsi col mondo intero.

Io sapevo quanto valeva, tutti lo sapevano.

Ma lei ha sempre avuto qualcosa da dimostrare… che fossero le mie strampalate teorie, il suo coraggio… o il fatto che potesse continuare ad amarmi per sempre senza chiedere nulla in cambio, se non un po’ di fiducia.

Ed io ho fatto la stessa cosa.

Ho creduto nell’utopia di poter mantenere tutto fermo, immobile. Una diapositiva che ritraeva due vite. Un quadro d’arte astratta dal significato inconcepibile agli occhi di chiunque, ma così segretamente bello da non dover essere spiegato.

Una tela fatta di ombre e luci. E osservandolo attentamente si percepiva che c’era qualcosa di incompiuto… qualche spazio bianco da riempire… ma la paura di rovinare l’opera vinceva la curiosità di vederlo finalmente completo.

Se fossi credente potrei affermare senza remore che non è stato altro che un disegno di Dio.

Penserei che un giorno Nostro Signore abbia deciso di buttare un’occhiata sulla terra… e abbia visto lo spettro di un uomo imprigionato nella sua adolescenza non vissuta. Un’ombra che, spinta dal dolore e dal peso delle sue colpe, stava perdendo l’orientamento… allontanandosi da quel percorso che Lui gli aveva riservato.

Avrebbe deciso allora di farmi un regalo. Di mettermi una bussola tra me mani.

Di donarmi una coscienza.

Il viso di Scully ritorna opaco davanti ai miei occhi. Li chiudo e li riapro, ma le linee del suo volto sono ancora confuse. Sono lacrime. Le lacrime che mi stanno riempiendo gli occhi che non mi permettono di vederla chiaramente. Vorrei cancellarle con il dorso della mano per poter continuare indisturbato la mia segreta osservazione.  Ma non sono certo di potermi muovere in questo momento. Non sono certo di volerlo.

Socchiudo le palpebre e rimangono imprigionate tra le sbarre delle mie ciglia, continuo a fissare l’indistinta sagoma della mia coscienza che dorme ignara al mio fianco.

Perché mi ami, Scully?

Vorrei chiederglielo… e forse un giorno lo farò.

Perché hai lasciato che mi infilassi sotto la tua pelle… che diventassi parte della tua vita?

Perché non sei scappata via dopo quel primo e frustrante anno insieme?

Perché non hai ceduto dopo che hanno preso il tuo corpo e ne hanno fatto una cavia per 3 lunghi mesi?

Perché non hai deciso di mollare quando la vita era diventata un misterioso miracolo e la morte una segreta compagna?

Perché mi ami, mi rispondo.

Per quanto questa affermazione possa essere egoistica ed egocentrica, io so che è la verità… forse è la sola verità che sono riuscito a trovare in tutti questi anni.

Ed il tuo è un amore così incondizionato che mi spaventa, perché penso che sia impossibile per qualsiasi essere umano amare in questo modo, senza finire col bruciarsi nel fuoco di una passione mai espressa ma così presente ed evidente da essere quasi palpabile.

Amare senza chiedere nulla in cambio è un concetto che mi ha sempre eluso.

Mi rendo conto che, a volte inconsciamente e a volte no, ti ho sempre chiesto di superare delle prove… di dimostrarmi i tuoi sentimenti perché sapevo che non avresti mai osato esprimerli, non a parole almeno.

Ed anch’io mi sono sacrificato per dimostrarti ciò che provo.

E tu non comprenderai mai a fondo il peso di questi sacrifici.

Non saprai mai quanto mi è costato permetterti di sperare… donarti me stesso… regalarti una parte di me perché tu potessi realizzare il tuo miracolo….

Un sogno di cui tu volevi che io facessi parte… ma che io sapevo impossibile….

Il sogno di una vita…

Quel sogno è nel tuo ventre ora… e forse anche lui sta dormendo come te…

Il suo piccolo cuore batte.

E’ dentro di te e si nutre di te…

Come vorrei che questa illusione diventasse reale.

Dio, come vorrei farne parte.

Una lacrima si libera dalla gabbia e cade lenta sulla mia guancia.

E’ calda e pesante.

Ed è salata quando mi copre le labbra.

Decido di muovermi perché non voglio che si svegli e mi veda così.

Appoggio piano la testa sul cuscino e mi passo la mano aperta sulla faccia.

Pollice ed indice sopra le palpebre per fermare il flusso lento e costante del pianto.

So che lei farà l’impossibile per farmi sentire parte di questo miracolo… ma io sento di esserne estraneo.

E non ce nulla che si possa fare…

Vorrei amarti come mi ami tu, Scully… vorrei amarti come si ama un tramonto.

Vorrei che i miei occhi si riempissero della tua luce e della tua inaspettata bellezza. Rossa e calda in una sera di autunno.

Vorrei guardarti e saziare il mio cuore.

Respirare.

Ma non posso… e forse non potrò mai farlo.

Continuerò a cercare prove, invece… a volere dimostrazioni.

Continuerò a scoprire nei tuoi occhi i segni del dolore che ti ha sconvolto quando pensavi che la mia vita si fosse spenta.

Continuerò ad avere paura che tu un giorno decida di lasciarmi nella mia miseria anche se so che non potrà mai accadere.

Continuerò a sorprendermi ogni volta che un sorriso illuminerà il tuo volto.

Continuerò a sperare che un giorno tu possa affrontare la prova più dura della tua vita permettendomi di vedere il tuo cuore.

E continuerò a farmi male nutrendo l’illusione di poter realizzare quel tuo sogno….

E se è vero che tutto accade per una ragione… se è vero che c’è un Dio e che abbia deciso il percorso della mia vita, di tutte le vite, forse non ha fatto altro che mettere un pennello nelle nostre mani, istigandoci a concludere quell’opera d’arte che rappresenta l’esistenza di due anime… la mia e la tua, Scully…

E quel quadro non potrà mai essere statico… non potrà mai rimanere com’è… perché il disegno cambia forma e colore in ogni istante…

Sospiro consapevole del fatto che anch’io ho ancorato la mia esistenza ad una illusione…

Pensavo di poter continuare ad accettare il tuo segreto amore, senza che la mia anima ne venisse travolta… ed invece era già successo, avevi già travolto la mia anima.  

Ed è strano perché mi sento come se stessi sfogliando le pagine di un libro. E la storia che sto leggendo è così disperatamente appassionante che non riesco a staccare gli occhi da quelle parole stampate.

Ho appena finito di leggere una delle pagine più strazianti.

Volto il foglio.

E scopro che è bianco, immacolato.

Sono arrabbiato, triste ed indignato perché ho il disperato bisogno di continuare a leggere. Ma non c’è nulla che possa fare… per quanto lo desideri la storia non si comporrà sotto i miei occhi…

Tolgo la mano dalla mia faccia e ti guardo ancora.

Ti sveglierai tra qualche minuto, lo sento.

…L’eroina del libro della mia vita.

Sorrido perché so cosa farò adesso…

Mi muovo e passo il dorso delle mie dita sulla tua guancia.

E morbida ed è bianca e fredda.

…so che non finirò mai di leggere quel libro… ma prenderò in mano una penna, ed incomincerò a

scrivere.

 

Fine (II)

 

Note: se avete notato la piccola incongruenza tra l’amore ultra-dichiarato di Scully nella prima parte e il disperato cinismo di Mulder nella seconda (fatta salva la fine)… vi posso dire che a mio parere Scully sta vivendo una sorta di bizzarro sogno e Mulder si è appena svegliato in un incubo…

Spero di aver reso chiaro (abbastanza) il differente punto di vista in cui inquadrano la situazione.. cmq per dubbi, critiche o commenti…(non risparmiatevi) mandate tutto ad anna_x@libero.it  

 

Nota aggiunta e finale: per la frase del “Summary” non sforzatevi tanto, era nell’unico Bacio Perugina che ho ricevuto a S. Valentino… triste, lo so, ma sono una frana a sintetizzare e mi sembrava incredibilmente adatta… :P  

 

Grazie per avermi letto,

Annax