TITOLO: CHANGE

AUTRICE: ANNETTINA (o Annax…. Come preferite!)

Categoria: case, MSR, ANGST (non sarei io se non ci fosse un po’ di quella!) PG13  

Spoiler: tarda ottava (ops… tarda nona… mi sono spinta un po’ più avanti).

            C’è Mulder, c’è Doggett… c’è il bimbo.

 

Sommario: Qualcosa è accaduto… nessuno è quello che sembra! Mulder si trova a risolvere l’x-file più importante della sua vita da solo. Scully non è con lui, Scully è l’x-file!

 

I personaggi utilizzati non mi appartengono (sono di CC e della FOX televison) ed io li uso senza scopo di lucro.

 

Archivio: si…ma con il mio nome  scritto a lettere cubitali! (al fine di premiare l’evidente sbattimento!)

 

Dedicata: a noromo e a shipper indiscriminatamente. A Ste, Isa, Butty, Miky (ordine sparso - lettrici pazienti delle varie modifiche…) e ad Emy (la mia maestrina preferita che ha permesso l’evoluzione della storia grazie ai suoi preziosi consigli)... in particolare!

 

Note dell’autrice: la storia è nata come caso-noromo… poi la lunghezza e l’aggiunta di personaggi fondamentali mi hanno portata a renderla più shipper-angst… ma il caso di fondo rimane, e, ad essere sincera, è il caso stesso che mi ha spinta alle numerose modifiche sostanziali….

Ho cercato di rendere il soggetto più originale… congruente…e scorrevole possibile (anche grazie all’aiuto di Emy)… ma, dato che siamo tutti esseri umani, ed io non sono una scrittrice, vi chiedo di segnalarmi se c’è qualcosa che vi fa storcere il naso!

 

Altre note - IMPORTANTE -  in fondo.

 

 

Prima parte

 

Luci basse e scure illuminavano il locale ed una musica martellante riempiva le pareti coprendo ogni voce…uniformando ogni cosa… ogni persona.

Squallidi…e squallide le loro vite.

Il fumo di 1000 sigarette era sparso ovunque, persino i grossi tavoli di legno emanavano fetore. Lei era seduta su uno scomodo sgabello con i gomiti appoggiati al banco e le sue dita picchiettavano sul freddo vetro del bicchiere che le stava di fronte. Tequila… la quarta… forse la quinta. Respirava a pieni polmoni quell’aria fetida. Si guardava attorno come se fosse in un parco di divertimenti. Pesava e soppesava ogni volto che vedeva, ogni gesto, ogni movimento… valutava tutto, giudicava tutti.

“Hey…” sentì una voce grossa e sporca provenirle di fianco. Si voltò, stimò chi aveva di fronte con sguardo impenetrabile.

“Hey…” rispose quasi canzonandolo.

“Mi chiedevo se ti andava di bere qualcosa…” chiese l’uomo.

“.. sto già facendo” rispose seccamente… era impegnata, non doveva disturbarla… era occupata a guardare.

“Vedo…” disse l’uomo voltandosi imbarazzato.

Lei gli regalò un’occhiata. Era un individuo terribile… forse il peggiore che avesse visto quella sera… sicuramente il peggiore del locale. Mani grosse e ruvide, viso asimmetrico e disarmonico. Occhi chiari ma insignificanti.

“Cosa mi offri?” domandò infine con un sorriso più compassionevole che malizioso.

“Quello che vuoi…”. L’uomo si portò più vicino per udire e farsi udire meglio… ma cosa c’era da dire?

“Tequila” disse la donna direttamente alla cameriera.

“Due” aggiunse l’individuo.

Bevvero piano senza guardarsi. Lei continuava la sua quieta esplorazione del luogo. Quasi si era dimenticata di quella presenza.

“Mi stavo domandando…” disse l’uomo cercando di riattirare la sua attenzione “cosa ci fa una donna come te in un posto come questo…”.

Rimase in silenzio a valutare la richiesta “… cosa ci fai tu…?” affermò avvicinandosi ancora di qualche centimetro. Troppo squallido, pensò,…. perfetto!

“Sono in cerca di persone come te…” disse l’uomo avvistando una breccia nel muro inaccessibile che aveva accanto.

La donna sorrise e gli si accostò all’orecchio “Deve essere il tuo giorno fortunato…” sussurrò notando divertita come l’uomo si fosse irrigidito a causa di quel semplice gesto.

Si staccò, prese in mano il piccolo bicchiere e bevve il rimanente del contenuto piano, assaporando non solo il liquore ma anche lo sguardo dello sconosciuto, tra il demenziale e l’estasiato, e la sua bocca aperta come se non desiderasse altro che diventare quel bicchiere che ora lei appoggiava sulle sue labbra carnose.

Riappoggiò il recipiente vuoto sul banco, si voltò con tutto lo sgabello strofinando volontariamente le sue gambe contro quelle leggermente divaricate dello sconosciuto che tremò al contatto. Strofinò la bocca contro la sua e sussurrò “Sono stanca di stare qui…”.

L’uomo era immobile, pietrificato.

La donna si alzò piano, continuando a guardare quel viso di poca importanza come se fosse un’opera d’arte astratta. Gli girò le spalle e si fece largo nel locale per raggiungere l’uscita. Sguardi la ricoprivano e l’avvolgevano in quella sua traversata. Sembrava che ogni persona si fosse fermata solo per pedinarla e scortarla con gli occhi. Quando l’uomo fu in grado di muoversi, si alzò di scatto e la seguì.

 

 

L’appartamento rispecchiava perfettamente il proprietario: misero ed insignificante. L’uomo la fece entrare e rimase fermo, imbarazzato. Non fu difficile alla donna captare quella espressione. Più le persone sono stupide e più sono comprensibili, pensò. Era eccitato, nervoso, impacciato… sarebbe stato tenero se non fosse stato così compassionevole. “Vuoi qualcosa da bere?” chiese l’ospite sicuramente inconsapevole di aver fatto una domanda idiota e inutile. Lei si avvicinò cauta, bloccando il suo sguardo in quello dello sconosciuto. “Non ora…” disse piano.

L’uomo era alla disperata ricerca di qualcosa per riempire il silenzio, la sua fronte era corrucciata e lo faceva apparire ancora più goffo.

“Sai…” disse lei “… sono armata!”.

Vide il corpo dell’altro irrigidirsi e non poté frenare una risata “sono un’agente dell’FBI” aggiunse ma egli non accennò a rilassarsi.

“Un’agente dell’FBI?” chiese realizzando, non sapeva neppure se essere disteso o nervoso alla notizia.

“Già…” disse la donna avvicinandosi ancora di più, ora gli stava di fronte a poco meno di 30 cm. Scostò la giacca nera che indossava per fargli intravedere il fodero che conteneva l’arma “… sono buona…” aggiunse maliziosa “… non ti farò del male…”.

Avanzò ancora di un passo. Rimasero immobili a guardarsi e l’espressione impacciata ed incerta dell’uomo si scontrava con la sua e con quel sorriso accennato che le copriva un angolo della bocca.

L’uomo le andò incontro ma lei non gli permise di baciarla prima di aver strofinato le sua labbra socchiuse contro le sue per alcuni secondi…  lo sentiva impaziente… lo faceva impazzire. Lui la prese quasi con violenza dalla testa dandole un bacio profondo… bagnato… orribile. Il sapore di quella bocca era disgustoso, ma lei portò le mani sopra la camicia dello sconosciuto e cominciò a sbottonare…

 

Le prime luci dell’alba filtravano invadenti dalle tende socchiuse. Quei raggi le ferivano gli occhi. Aveva la nausea. Si alzò dal letto dando un rapido sguardo al corpo seminudo dell’uomo che dormiva placidamente sullo stomaco. Si avvicinò cauta al tavolo sul quale erano stati riposti i suoi abiti e indossò l’intimo cercando di smorzare ogni rumore. Le girava la testa ma riusciva a mantenere l’equilibrio sulle sue gambe. Sentì lo sconosciuto sospirare e muoversi piano.

Non si voltò verso di lui.

Accarezzò il fodero di pelle marrone che conteneva la sua arma osservandolo minuziosamente in tutti i suoi dettagli. L’uomo, quasi sveglio, si mise in posizione seduta. “Ciao” le disse con voce ancora intorpidita dal sonno. Lei estrasse la pistola dalla custodia. La impugnò come per valutare quanto si intonasse quell’oggetto al colore della sua mano.

Lui spalancò gli occhi… era definitivamente sveglio.

Lei si voltò di scatto gli puntò la pistola prendendo accuratamente la mira.

“Ma che caz…” la pallottola che gli esplose al centro della faccia gli impedì di terminare la frase. Il sangue ricoprì le bianche lenzuola con macchie corpose e dense.

Quando la donna terminò di vestirsi, le osservò ad una ad una, poi si avvicinò.

“Non meritavi di vivere” sussurrò con indifferenza prima di lasciare la stanza.

 

 

Uffici dell’FBI

Ore 11.30 am

 

Fox Mulder non aveva dormito, ma non era stanco. Beh, anche se lo fosse stato, l’ultima persona con cui l’avrebbe ammesso sarebbe stata ‘se stesso’.

Avrebbe voluto sbattere la testa sulle pareti di quell’ufficio solo per la necessità di provare un dolore che lo distraesse dallo stato in cui si trovava.

Bussarono alla porta.

“Mulder…” era Doggett.

“Novità…?” chiese Mulder. Aveva captato chiari segnali solo da come aveva pronunciato il suo nome.

“L’abbiamo trovata!” disse l’uomo mentre avanzava nell’ufficio avvicinandosi alla scrivania, la sua voce lasciava trasparire più di quanto in realtà volesse.

Mulder si alzò di scatto “Dov’è? come sta?” domandò in fretta.

Passarono secondi interminabili prima che l’agente si decidesse a parlare “… sta bene…” riuscì a dire prima di abbassare lo sguardo.

“Dov’è?!” urlò Mulder, non era in condizioni di moderare le sue reazioni.

Doggett prese fiato.

“… è nel penitenziario federale…” affermò mesto aspettando l’attacco del collega.

“… nel penitenziario federale…? …. Ma…” chiese incredulo respirando a fatica “ma… ma … con che accusa?”

“Omicidio” rispose Doggett fissandolo per la prima volta negli occhi “omicidio di primo grado” ripeté ed un manto gelido ricoprì la stanza.  

 

 

Uffici federali.

3 giorni prima.

 

Fox Mulder sedeva nel suo ufficio, gomiti sulla scrivania. L’espressione del viso mostrava palesemente il suo stato di noia e abbattimento. Aspettava l’autorizzazione per l’assegnazione di un caso alle porte di Memphis: una catena di morti apparentemente senza alcun movente e dalle modalità alquanto singolari. Il caso era suo, c’era scritto il suo nome sopra, ma doveva rimanere fermo e chiuso fra quelle quattro mura fino a quando quei boriosi della sezione ‘Crimini violenti’ non fossero stati abbastanza forti o disperati per venire a supplicare l’aiuto dello Spettrale. Conosceva il file a memoria tanto che avrebbe potuto recitarlo come una poesia, aveva letto il giornale e, visto che il tempo era la sola cosa che non gli mancava, si era preso la briga di controllare che le lettere di tutto l’archivio corrispondessero effettivamente ai files che contenevano. Uomini verdi, sotto la U…. Vampiri sotto la V…. Mulder Samantha  sotto la M e Scully Dana sotto la S. Ed ora aspettava…

“Mulder…” una voce più che familiare filtrò dalla porta socchiusa.

“Sì, Scully… sono qui”  rispose quasi urlando, aveva così bisogno di sfogare quella frustrazione. La donna entrò nell’ufficio:  si scambiarono un lungo sguardo ed un sorriso. La luce forte del sole sembrava capace di oltrepassare le tende accostate e riempire la stanza.

I capelli di Dana rispendevano chiari e gli occhi erano cobalto… quasi trasparenti.

“Mulder… stamattina non sarò in ufficio…” la sua voce lo fece scuotere da quella sua abituale osservazione.

“Come!?!” chiese quasi immediatamente.

“Beh, devo andare in Harvey street, c’è stato un omicidio e mi hanno chiesto se posso andare a controllare il corpo…”

“Non ci sono altri patologi legali disponibili?” domando quasi… scetticamente.

“No.. Mulder.. è un favore ad un collega…” rispose rivolgendo lo sguardo a terra e accennando un sorriso malizioso. Mulder seguì quel movimento con lo sguardo “Ah…”  disse cercando di mascherare un misto di curiosità e indignazione “e si può sapere come è morto…?”. Scully riposò ancora quegli occhi su di lui “Non si sa… è per questo che hanno chiesto il mio intervento, l’unica cosa certa che è il quarto morto in quella zona in 11 giorni… ma…” proseguì notando che si era accesa un luce quasi impercettibile nello sguardo dell’uomo “NON è un x-files, se te lo stavi chiedendo, o meglio, augurando…”.

Mulder rise, riusciva a leggere ogni suo pensiero anche prima che lo pensasse.

“Ok… quando sarai di ritorno?” chiese sospirando.

“Non ne ho idea…” disse Scully stringendosi nelle spalle “tre… quattro ore… dipende a che punto sono con gli accertamenti gli agenti sul posto” . 

“Se torni prima dell’una ti offro il pranzo…!” propose Mulder sorridendole con l’angolo della bocca.

“Cercherò di fare il possibile per non perdere questa occasione irripetibile…” gli disse marcando l’ultima parola.

Si sorrisero e si guardarono ancora per qualche secondo prima che lei si decidesse a lasciare l’ufficio.

 

Le strade erano completamente intasate, il rumore basso dei motori faceva da sfondo a quello alto e assordante dei clacson. Dana Scully aveva lasciato l’auto ad un isolato di distanza già consapevole dell’inferno che si sarebbe scatenato in quell’ora di punta e dell’impossibilità di trovare un parcheggio. Camminava a passi spediti attraverso le persone che affollavano il largo marciapiede, ma rallentò e si fermò quando vide quella vetrina.

Tra il vetro semioscurato dal riflesso del sole ormai alto, nascosta dalla moltitudine di piccoli gingilli che occupavano parte dello spazio, riuscì ad intravederlo. Lo sfondo nero/verde e l’immagine sfocata di un oggetto volante non identificato non lasciava adito a dubbi. Anche se non era visibile la scritta ‘I want to believe’ lei sapeva che era identico al poster appeso nel suo ufficio, nel loro ufficio. La sua attenzione ne fu definitivamente attratta. Rimase a guardarlo notando lo strano effetto che provava nel vedere esposto, agli occhi di tutti, un oggetto che era diventato col tempo così personale… in quel momento avrebbe voluto comprare tutte le copie disponibili per nasconderle o addirittura bruciarle affinché quello che le apparteneva, almeno quanto apparteneva a Mulder, rimanesse l’unico esemplare esistente e rilevante. Ma non l’avrebbe fatto, sarebbe stato da folli! Sorrise a se stessa e appoggiò una mano sul metallo della lunga maniglia dell’ingresso del negozio. Spinse ed entrò.

 

Uffici federali

Ore 3.00 pm

 

“Maledizione” esclamò Mulder quando sentì per l’ennesima volta il messaggio della compagnia telefonica che gli chiedeva di provare a chiamare l’utente più tardi.

“Che c’è?” esordì Doggett che era appena entrato nella stanza.

“Hai notizie di Scully?” chiese Fox cercando di mascherare la sua apprensione.

“No… non l’ho vista oggi”

“Stamattina doveva fare un’autopsia”

“Magari è ancora all’obitorio” affermò John cercando di rassicurarlo senza darlo a vedere.

“Ho chiamato e non c’è”  sospirò  “non è stata lì stamani…” prima che Doggett potesse intervenire aggiunse “…. il cellulare non ha campo ed eravamo rimasti d’accordo che ci saremmo incon… che sarebbe tornata per l’una”. Omise volontariamente la parte in cui si era permesso di chiamare Margaret Scully. Le aveva chiesto come stava il bambino per avere indirettamente notizie di Dana …. Ma mamma-Scully era sempre stata una donna perspicace, così non era riuscito ad evitare che si preoccupasse per la figlia… ancora… come sempre.

Doggett lo guardò fingendo disinteresse “Probabilmente ha avuto qualche contrattempo… non essere precipitoso…”

“Non si tratta di essere precipitosi…” non riusciva più a fingere noncuranza.

“Aspetta Mulder, chiamerà appena potrà.” ed uscì dalla stanza portando con sé il rapporto che era venuto a prelevare.

Fox rimase ancora con la testa tra le mani per qualche minuto prima di prendere la cornetta telefonica e comporre il numero.

“Ufficio trattamento dati ed informazioni interdipartimentali” rispose la voce di un uomo.

“Danny?” chiese Fox.

“Agente Mulder” disse la voce cordialmente “posso esserti utile?”

“Danny dovresti controllare un dato per me… ”

“Dimmi pure, ho il computer a portata di dita”

“A chi è stata assegnata l’autopsia dell’uomo morto in Harvey street?”

“Aspetta qualche minuto…”.

Mulder picchiettava nervosamente le dita sulla scrivania e i suoi denti erano saldamente piantati nel suo labbro inferiore.

Passarono lunghi secondi.

“Agente Arthur Dales”. 

Mulder si irrigidì ma fu ugualmente in grado di chiedere “E’… è presente questa mattina?”

Passarono altri secondi prima di sentire “Risulta al suo posto… l’autopsia è stata eseguita…”

“Siamo sicuri che non sia…” Mulder sperava con tutto se stesso che il favore di cui Scully aveva parlato fosse coprire Dales per la sua assenza, ma sentiva che non era così.

“Sì, Mulder, l’ho visto anch’io questa mattina!”

Fox sentì un peso sulla testa che lo costrinse ad abbassarla quasi fino a toccare la fredda superficie del tavolo con la fronte “Grazie Danny” sussurrò.

“E’ successo qualcosa, Mulder?” chiese la voce preoccupata.

“Non lo so…” scosse la testa “… non lo so” ripeté.

 

 

Penitenziario federale.

Oggi

Ore 11.00 am

 

I due uomini camminavano rapidamente per l’ interminabile e grigio corridoio che portava alle celle provvisorie. Mulder doveva compiere uno sforzo sovrumano per riuscire a  porre  attenzione alle parole di Doggett, che entravano nelle sue orecchie ma che non era in grado di ascoltare. La sua mente era annebbiata, dal sonno, dalla stanchezza, dalla paura.

“… Ricordi l’uomo che è stato ritrovato cadavere ieri in Harvey street…?”

Al silenzio di Fox, l’agente rispose continuando “… gli esami balistici della pallottola che si è conficcata nel muro dopo avergli trapassato la testa hanno rilevato che l’arma era una …… ”

“L’arma in dotazione all’FBI” sussurrò Mulder.

Doggett proseguì “… dal rilievo delle impronte è senza discussione il fatto che Dana Scully si fosse trovata lì…”

“Sarebbe potuta andarci in qualsiasi momento" parlava ma neppure lui ci credeva "...non è necessario che sia collegata all’omicidio”

“Lo è” lo bloccò l’agente.

Mulder abbassò la testa quando John aggiunse sottovoce, “dall’analisi dei campioni di capelli, tessuto e liquidi risulta che Scully è stata lì quella notte…”.

Fox sentì come un velo opaco ricoprirgli gli occhi. Lottò contro se stesso per cacciare indietro ogni tipo di emozione.

“Lei cosa dice?” fu solo in grado di domandare.

“Nulla… non parla con nessuno”

“Parlerà con me” affermò Mulder.

Ormai erano di fronte alle sbarre. Aperte quelle ci sarebbe stata solo la porta di spesso metallo che conduceva alla cella.

Un rumore acuto e si mossero.

 

 

La intravide riflessa nello specchio che occupava parte dell’uscio.

Era seduta sulla panchina di ferro all’interno, con le mani strette sulle ginocchia e il volto basso.

Anche la seconda porta si aprì e Mulder attese qualche secondo prima di entrare. Fece un ultimo tentativo per cercare di catalogare ciò che provava in quel momento, ma era impossibile.

Entrò, ma lei non si mosse.

“Scully” disse con voce cupa e lei alzò il volto. Lui lo vide ed un brivido percorse la sua colonna vertebrale. Viso incredibilmente stanco. Occhi asciutti.

“Cosa è successo?” chiese avvicinandosi solo di qualche centimetro. Lei non accennò a rispondere, riabbassò la testa e Fox sentì un nodo amaro formarsi in fondo alla sua gola.

“Dimmelo, Scully…” quasi supplicò.

Trascorsero altri minuti, prima che lei si schiarisse la voce “Cosa vuoi sapere…?” disse secca.

“La verità… tu sai che a me puoi dirla…” affermò.

Lei sembrò quasi rilassarsi a quelle parole. Prese ancora fiato, con la testa ancora bassa continuò “…  Non lo so…” il suono era rotto “… non lo so… la sola cosa che ricordo è che mi ha presa e… quando ho ripreso coscienza di me ero così spaventata, sconvolta…” si fermò, le parole morirono in fondo alla sua gola.

Il cuore di Mulder si strinse in un pugno. Era quasi insopportabile vederla così.

Fece trascorrere qualche tempo prima di domandarle “Dove… dove lo avevi incontrato?”.

Lei alzò il viso e rispose “ La mattina… non so altro…non mi ricordo niente, credimi!!!”

Mulder avanzò di qualche passo, il suo viso era scuro.

“Non ci sono segni di lotta… contusioni…”

“Non ricordo niente” alzò la voce quasi indignata poi si alzò in piedi e scostò la camicia azzurra che indossava mostrandogli la spalla. Mulder trattenne il fiato.

Quattro graffi rossi e profondi le segnavano la pelle chiara.

Rabbrividì.

“Non ricordo niente” ripeté lei scuotendo la testa piano. Si risedette e Mulder le appoggiò una mano sull’altra spalla. Lei non reagì. 

“Non so cosa è successo…” urlò con la voce definitivamente rotta dal pianto e due lacrime scesero a rigarle le guance aride. Non le asciugò e le lasciò scivolare lungo il collo.

Fox si sentiva scosso e incapace di reagire. Non era in grado neppure di pensare coerentemente. Si voltò di scatto e raggiunse la porta. “Non so se riuscirò a farti scagionare….” le sussurrò senza guardarla “non credo di esserne in grado ” continuò  “… farò il possibile…”

La sentì emettere un intenso singhiozzo e si fece aprire la porta.

Ora doveva pensare, doveva riuscirci.

 

 

The unknown person’s residence

Ore 1.30 pm 

 

Mulder rimosse i sigilli gialli che coprivano la porta di quell’appartamento ed entrò con cautela.

L’odore del cadavere era ancora intenso e nauseante e portò due dita sotto le narici prima di potercisi abituare.

Oltrepassò il misero soggiorno e si accostò all’ingresso della camera da letto.

Il giorno precedente una telefonata di anonimi avvertiva le autorità di aver sentito il rumore di uno sparo provenire da qui e di aver visto una donna uscire poco dopo dall’appartamento. Dalla descrizione che avevano fatto era impossibile che non fosse Scully, ma il particolare del suo scosso stato mentale non era stato rilevato dalle molteplici persone che l’avevano scorta quella mattina. Quattro ore dopo queste segnalazioni e del ritrovamento del cadavere ancora caldo, l’avevano rintracciata sulla Weistein road che camminava in stato di semi-incoscienza.

Mentre Fox Mulder stava cominciando un’indagine che non gli apparteneva formalmente, in quanto di competenza della omicidi, i medici stavano controllando lo stato fisico della sua collega per assicurarsi che ciò che era riuscita a rivelare fosse realtà. Secondo la sommaria ricostruzione dei fatti fatta da Scully, l’uomo l’avrebbe raggiunta due mattine precedenti, quando era diretta a Harvey street per eseguire un’autopsia fantasma, e, probabilmente drogandola, l’avrebbe portata via con sé per seviziarla.

Il solo pensarlo provocava un brivido lungo la sua spina dorsale… Scully… seviziata! Era incredibile: la soluzione più agghiacciante era anche l’unica possibile  all’orizzonte.

Ecco perché una parte del suo cervello si ostinava a volerci credere.

Purtroppo però, erano ancora troppi i dati che contraddicevano questa teoria: primo fra tutti il fatto che alcuni individui giuravano di averla vista al ‘Oregon Saloon’ la notte precedente all’omicidio. Era sana e cosciente. Scully sarebbe potuta andare in quel locale solo perché aveva voglia di bere, o di staccare: ma questo non spiegava nulla dei fatti accaduti, non spiegava perché gli aveva mentito sull’assegnazione dell’autopsia. E poi... non lo avrebbe mai fatto!

L’uomo poteva averla costretta con la forza: ma almeno uno dei testimoni avrebbe notato un atteggiamento strano dello sconosciuto ed in particolare di Dana. Neppure se quell’uomo l’avesse costretta con un’arma a fingersi serena Scully ci sarebbe riuscita… non era mai stata una grande attrice. 

La speranza più prossima e angosciante dell’agente Mulder era che i risultati della perizia medica avvalorassero le dichiarazioni di Scully.

Si rese conto che lo desiderava con tutto se stesso, ma la vista di quella camera affievolì anche questa aspettativa.

Fece un’accurata carrellata della stanza e si avvicinò lentamente al letto. Il sangue coagulato sulle lenzuola scomposte era diventato di un marrone intenso e l’odore era più forte qui. Vi appoggiò piano una mano sopra e chiuse gli occhi. Un nodo allo stomaco gli impediva di respirare correttamente.

O mio Dio…Poteva vedere Scully in quel letto…! Scully con quell’uomo…! …e vide sesso… solo sesso. Tra l’odore acre poteva persino scorgere quello di Dana, un profumo particolare… un profumo che solo a lui era concesso sentire. Strinse le lenzuola attorno alle dita per poter controllare reazioni ed emozioni. Tutto fallì. Dalla sua gola uscì un ringhio disperato e il suo piede istintivamente si alzò per dare un calcio al bordo del letto mentre una lacrima calda cadde sul suo viso stanco. Era uno sfogo… sicuramente insoddisfacente.

La situazione era grave e disperata quanto inaspettata. C’era piombato dentro, c’erano piombati entrambi, ma non riusciva neppure intravedere una possibile via d’uscita.

Tutto sarebbe stato più semplice se non fosse stato anche così doloroso!

 

 

Penitenziario federale

Ore 2.00 pm

 

Aveva passato l’intera mattinata dal medico. L’avevano esaminata, visitata, fotografata… rigirata come un calzino. Le avevano tolto gli abiti che indossava per sostituirli con una anonima tuta di spesso cotone arancione. Era più grande di un paio di taglie e la stoffa pesante trasformava l’indumento in una sorta di sauna. Anche senza muoversi sudava come se avesse indossato una tuta dimagrante.

La porta della cella si aprì ed entrò un giovane agente:

“Signorina Scully?” chiese.

Lei fece un cenno con la testa, ma non si voltò a guardarlo. Era ancora seduta su quella panca e il suo sedere ne stava definitivamente assumendo le forma.

“Deve seguirmi!” disse l’uomo.

“Dove?” domandò con tono apatico.

Il ragazzo prese fiato prima di spiegare rapidamente “… Dobbiamo trasferirla un’altra cella…” fece una pausa “è stata formalizzata la sua accusa…”

“… Accusa di omicidio?” chiese senza pretendere una risposta.

Si alzò ancora col capo chino e lasciò che l’agente l’ammanettasse. La scortò fuori dalla porta.

La perizia medica non aveva avuto l’effetto sperato.

 

 

Doggett gli andò incontro lungo il corridoio del carcere con la cartella gialla tra le mani. La sua espressione non prometteva nulla di positivo.

“Mulder…”

L’agente gli si avvicinò e gli porse la documentazione. Incrociò le braccia ed aspettò che Fox finisse di scorrere i dati.

“… Da sola?” chiese Mulder più a se stesso che al collega.

Doggett rispose comunque “Già…” sospirò “.. sembra che la posizione, il tipo di graffi e le contusioni riscontrate siano opera sua…”.

Rimasero in silenzio per qualche minuto. Mulder non aveva ancora alzato gli occhi dai fogli che stringeva tra le dita.

“… Come te lo spieghi?” chiese Doggett riluttante.

Mulder si strinse nelle spalle e con un sorriso amaro rispose “… Non me lo spiego, non ne ho idea… dov’è adesso?”

“L’hanno trasferita in cella a tempo indeterminato, hanno formalizzato l’accusa…”

Mulder si voltò nervoso “… Dobbiamo riuscire a tirarla fuori di qui…” affermò.

“… A questo punto, Mulder, la sola cosa che ci rimane da fare è tentare con una dichiarazione di momentanea infermità mentale… e… sperare nella clemenza dei giudici…altrimenti…”

“… sedia elettrica…” concluse Mulder per lui. Il silenzio che seguì era la palese dimostrazione del loro stato… doveva esserci una soluzione!

“Posso parlarle?” domandò infine Fox.

“No… o almeno solo attraverso un vetro…” Mulder sospirò profondamente, Doggett proseguì “Abbiamo richiesto la visita di un secondo perito medico e tra meno di un’ora manderanno uno psichiatra per controllare il suo stato mentale…”

Fox scosse la testa “Conosci Scully… non parlerà con nessuno… a meno che…”

“A meno che?”

“…a meno che non sia io a visitarla!”

Doggett spalancò gli occhi “No, Mulder… sai che non è possibile. Non ce lo concederanno mai!”

Fox insistette concitato, la sua voce era spropositatamente alta “Maledizione, Scully è un’agente federale. Non la faranno marcire dietro quelle sbarre solo per qualche sorta di vizio burocratico … basta imporsi…” si fermò, lo guardò dritto negli occhi “Sfrutta la tua credibilità, aggrappati a qualsiasi pretesto, ma fai in modo che io abbia quell’autorizzazione”.

Doggett abbassò il volto “Non so se posso farlo, non so se ci riuscirò…”

“Fai il possibile Doggett, non abbiamo molte possibilità.”

John si rese conto di quanto aveva ragione, avrebbero dovuto percorrere ogni strada per capire cosa diavolo era successo, ma soprattutto per poter far uscire Scully da quella situazione…

“Ok” affermò convinto “farò l’impossibile”.

Mulder accennò ad un sorriso, ma subito il suo volto assunse l’espressione tesa di qualche secondo precedente.

Si mosse.

“Dove vai?” chiese in fretta il collega.

“Non lo so… ma devo inventare un inizio da cui far partire questa indagine…”.

Doggett capì e Mulder si allontanò.

Andiamo a leccare i piedi a qualcuno, pensò Doggett prima di seguirlo fuori dall’edificio.

 

Harvey street 

Ore 6.00 pm

 

Il sole era basso e le luci dei lampioni lungo la via si stavano accendendo piano. Mulder camminava lentamente, camminava da ore, gli occhi fissi di fronte a lui. Entrò in un piccolo parco sul bordo della strada. In realtà era solo un fazzoletto verde con qualche gioco per bambini e quattro panchine bianche di ferro nel centro del grigio asfalto.

Si sedette sul freddo metallo e subito la sua testa finì stretta nelle sue mani.

Cos’era successo? Cosa aveva fatto Scully quella mattina?

Ricordava l’ultima volta che le aveva parlato ma, nonostante facesse mente locale su ogni particolare di quella conversazione, non riusciva a scorgervi nulla di sospetto, nulla che potesse anche solo far presagire quello che sarebbe di lì a poco accaduto. Ricordava il suo tono di voce, ogni suo gesto, i sorrisi… timidi e solo accennati. Il suo sguardo che lasciava trasparire una inevitabile tensione quando si rincontravano tra le pareti di quell’ufficio, immersi nella loro veste formale e ufficiale, dopo aver trascorso l’intera notte a fare l’amore.

Adorava quel momento.

Ma ora era tempo di riflettere.

Corrugò la fronte.

Stava provando… cercava di ragionare ma, per quanto si sforzasse, non riusciva a trovare nemmeno una parvenza di spiegazione… il suo cervello elaborava pensieri che urtavano contro l’evidenza dei fatti riscontrati, cercando disperatamente un collegamento, qualche rapporto causa-effetto… nulla.

Ci vollero secondi, mentre era  solo e le luci abbandonavano piano l’aria circostante, affinché quel malessere sommesso che lo stava accompagnando si acutizzasse. Ora era chiaro e preciso: lo stesso dolore di chi viene colpito da un disgrazia inaspettata e non sa darsi una ragione, non sa trovare pace… un dolore che conosceva bene. 

Le sue dita finirono tra i fini capelli, si attorcigliarono e strinsero mentre i suoi occhi colmi di rabbia e paura si svuotavano nella solitudine di quel parco.

“O mio Dio” pregò  in un sospiro affranto “… perché?”. 

 

Penitenziario

Ore 0.45 am

 

La cella era buia e, contro tutte la convinzioni in merito insite nel termine ‘cella’, calda ed asfissiante anche in quell’ora di notte. L’alta temperatura e l’aria viziata le impedivano di prendere sonno. Si rigirò nell’angusto letto per trovare una posizione più confortevole. Si era tolta la camicia e aveva arrotolato i pantaloni fin sopra le ginocchia. Tutto questo era soffocante. L’intera situazione era asfissiante. Si alzò per sfilarsi anche il secondo indumento e si sdraiò ancora sul dorso con indosso solo le squallide mutandine che le avevano dato. Aveva bisogno di una doccia, lo sentiva dall’odore della sua pelle.

Sospirò a fondo.

Ancora per poco, non durerà per sempre, pensò.

 

 

Scully’s residence

Ore 1.00

 

Mulder bussò. Sapeva quanto fosse tardi e quanto la sua visita fosse fuori luogo, ma non era riuscito a fermarsi quando la sua macchina parcheggiò quasi istintivamente di fronte a quel palazzo e quando le sue gambe stanche avevano percorso frettolosamente atrio e scale per condurlo di fronte a quella porta.

Si aprì.

“Fox?” affermò Margaret con tono sorpreso e disperato.

Gli avrebbe chiesto spiegazioni…. Perché sono venuto qui? si chiese…. William… si rispose.

“Signora Scully…” disse abbassando la testa.

“Lo so…” lo interruppe con voce tremante “… mi ha chiamato il Signor Skinner”.

Fox sospirò profondamente mentre la donna gli fece spazio per permettergli di entrare.

Allo sguardo interrogativo di Mulder, Margaret rispose  “… Dorme….”.

William stava dormendo…. Grazie al cielo era troppo piccolo per rendersi conto di ciò che gli stava accadendo intorno… ma avrebbe dovuto sentire la mancanza di sua madre….

La donna gli fece strada attraverso la casa acconsentendo alla sua tacita richiesta di vederlo. Mulder la seguì fino alla camera da letto. Entrò e trattenne il fiato. Si avvicinò lentamente alla culla posizionata accanto al letto ancora intatto. Neppure Margaret aveva intenzione di dormire quella notte. 

Quando lui e Scully erano impegnati in casi che li portavano fuori per qualche giorno. quella diventava la casa di Margaret. Lei occupava gli spazi che loro lasciavano vuoti a causa degli x-files, …per colpadegli x-files…si corresse.

Ora Mulder dominava il lettino dall’alto e piegò la testa per poter vedere il viso sereno del bambino. Respirava con la piccola bocca aperta. Non era stato bene di recente. Nulla di serio, i soliti malanni dei neonati che hanno come effetto costante quello di intasare le loro minuscole vie respiratorie.

Mulder scostò lentamente le  lenzuola che coprivano quel corpicino… lo faceva spesso. Si alzava di notte, si sedeva sul bordo del letto e guardava quel piccolo petto alzarsi ed abbassarsi al ritmo del suo respiro.

Ne era affascinato, quasi ipnotizzato. Un miracolo, pensava, è un miracolo.

“Come sta Dana?” chiese riluttante la donna:  neppure lei era certa di volerlo sapere, aveva paura.

Mulder si scosse e le rivolse lo sguardo “… Bene….” affermò poco convinto.

“Ma cosa è successo?” chiese. Ecco, e adesso? pensò Mulder abbassando la testa ancora sulla culla… William sospirò, cosa stava sognando?

“Non lo so….” affermò mesto Fox. Avrebbe vuoto dirle qualcosa per rassicurarla, avrebbe voluto dirle ‘lo scoprirò presto….’ ma non poteva mentire. Non davanti a SUO figlio.

 

 

Mulder’s residence

Ore 7.47 am

 

Fox Mulder era appoggiato sul divano di pelle nera.

Gli occhi forzatamente aperti.

Non aveva neppure cercato di dormire.

Aveva mantenuto la stessa posizione da quando aveva messo piede in casa, dopo essere andato dal bambino.

Margaret era distrutta. Quella pseudo-armonia familiare aveva convinto tutti: tutti credevano nella sua stabilità, ma tutti sapevano che in realtà non sarebbe durata. La famiglia spettrale l’aveva definita Dana, una notte. E avevano riso di se stessi… e del mondo. In un modo o nell’altro c’erano riusciti. Erano stati in grado di conciliare ogni cosa: famiglia, lavoro, amicizia,… amore. Certamente non senza rimpianti o rimorsi… quando partivano lasciando quella parte del loro cuore a Washington, tra le braccia di Margaret.

Ma adesso stava osservando quella piccola fortezza di sabbia sgretolarglisi davanti e… cosa gli rimaneva?   

Il suono del telefono lo fece sussultare. Scosse la testa, allungò la mano stancamente e prese la cornetta “Mulder” disse.

“Sono Doggett”  rispose l’altra voce “… abbiamo l’autorizzazione”.

Fox scattò in piedi.

“Arrivo” disse solo prima di attaccare.

 

 

Penitenziario

Ore 8.30 am

 

Dopo essersi lamentata per il caldo soffocante era riuscita a farsi sostituire l’abbigliamento in dotazione con un paio di pantaloni della sua taglia di cotone meno spesso ed una canottierina bianca al posto della casacca arancione. Si sentiva molto meno impacciata ora, definitivamente meglio. Le avevano comunicato che entro qualche ora avrebbe ricevuto la visita di un perito psichiatrico per avvalorare la tesi del ‘momento di follia’… era già qualcosa. Ma prima di quell’ennesima prova del nove era stata concessa l’opportunità a Mulder di poterle parlare. Bene, se c’è qualcuno che mi può tirare fuori di qui, pensò, questo è solo LUI.

Si accomodò sul letto cercando di mettersi in ordine i capelli con le dita.

Ora doveva solo aspettare.

 

 

Il passo rapido di Mulder risuonava tra le strette pareti del corridoio. Doggett era davanti all’ingresso della cella in compagnia di un altro agente. Appena lo scorse si congedò in fretta e si voltò verso di lui.

Precisò “Non sei stato nominato perito psichiatrico!”

“Sarebbe stato troppo bello per essere vero…” disse Mulder sospirando.

“Mulder… è già stata una fortuna che…”

“lo so” lo interruppe. Il suo viso tutto rivolto verso le spesse sbarre “grazie” disse prima che un rumore sordo segnalasse l’apertura della cella.

 

Entrò con passo misurato, lei lo accolse con un intenso sguardo.

Rimasero pressoché immobili per parecchi minuti.

Fu Mulder a distogliersi da quella stretta, ci sarebbe stato tempo per quello, o almeno lo sperava.

Ora era tempo di sapere.

“Come stai?” chiese piano. Lei rispose guardandosi intorno. Domanda inutile.

Continuò “Scully, se ti è venuto in  mente qualche particolare…”

“Non più di quello che ho detto” lo interruppe, sospirò “non ricordo” disse voltando la testa.

“Dichiareranno lo stato di semi - infermità mentale…”

“Già… non è forse questa l’unica spiegazione?” disse Scully senza girarsi.

Mulder prese coraggio e si avvicinò, si portò cauto al suo fianco e si sedette sul letto. Rimasero a fissare un punto di fronte a loro prima che Dana sentisse le dita di Mulder sulla sua spalla.

Seguivano piano la linea rossa dei graffi, uno ad uno.

Lei tremò….tremò… tremò…e tremò ancora.

“Cosa mi succederà…?” chiese con voce rotta.

“…Penitenziario psichiatrico…” spiegò lui in un sussurro commosso, accostando la bocca all’orecchio di Scully.

“…Per quanto…?” chiese con voce quasi alta… i suoi sensi erano allarmati da quella vicinanza…

“Non lo so” rispose lui affranto appoggiando il mento sulla sua spalla e respirando a lungo.

La pelle della donna reagiva a quel calore. Anche il suo respiro divenne profondo. 

“Giurami che non avrai paura” ordinò distrutto Mulder.

Lei si voltò lentamente, le loro labbra si accostarono “Non avrò paura” affermò sussurrando.

Mulder la prese tra le braccia quasi di scatto e la strinse forte. Le sue mani percorrevano la sua piccola schiena come per rassicurarla.

Scully appoggiò la fronte sulla sua spalla. Fox si staccò riluttante, cogliendo lo sguardo sorpreso della donna per quel repentino abbandono. Si diresse verso l’uscita “Tornerò presto” sussurrò senza voltarsi.

Urlò affinché aprissero la cella. Lei sospirò quando lui lasciò la stanza.

 

Doggett lo aspettava trepidante fuori dalla cella.

“Allora?” chiese concitato quasi lanciandosi verso Mulder e alzando la testa per fissarlo dritto nelle pupille.

Mulder raccolse lo sguardo ed affermò prima di allontanarsi “Non è lei!”.

 

 

Fine prima parte

 

Inizio seconda parte

 

Ci vollero secondi prima che Doggett si muovesse per raggiungerlo.

“Ma che diavolo…” esordì prendendolo bruscamente per il braccio e costringendolo a voltarsi “ma che diavolo stai dicendo?” proseguì guardandolo negli occhi.

Mulder assunse un’espressione quasi spazientita “Quello che ho detto!” disse secco.

“Ho sentito… ma spiegami che diavolo significa!”

Fox si sottrasse alla stretta e gli si avvicinò in modo da poter abbassare la voce tanto che nessuno degli agenti che passavano rapidi nel corridoio potesse sentirlo.

“Quella non è Scully… fine della storia.”

“Mulder” lo ammonì il collega voltando la testa per un attimo “lo so che sei scosso, lo sono anch’io ma…”

“Ma un cazzo!” Mulder stava definitivamente perdendo la pazienza.

Doggett abbassò il capo e chiese riluttante “Su cosa basi questa… supposizione…?”.

Mulder prese fiato “Scully non avrebbe reagito così a tutta questa storia… avanti, la conosci… ti sembra possibile che sia da due giorni chiusa là dentro e non abbia cercato di sapere… non abbia chiesto nulla del morto?.”…. Che non abbia chiesto di suo figlio, non ebbe la forza di dire.

Doggett rise amaramente, poi tornò subito serio “Forse lo conosceva, Mulder… forse ci sta solo mentendo…”

“Non è lei ti dico… lo sento!” affermò indignato. Come può dubitare di Scully!!!

Ma, in realtà, non sapeva spiegarlo neppure a se stesso cosa aveva sentito, cosa aveva visto dietro quegli occhi, dietro quei gesti, ma era sicuro come non lo era mai stato in tutta la sua vita che quella non era Scully.

“E’ folle Mulder… come puoi pretendere di dimostrare un’assurdità del genere… è normale che abbia reazioni anomale, è turbata ed è per

questo che è chiusa là dentro!”.

Mulder gli lanciò uno sguardo che mascherava sfida dietro dolore ed angoscia “Te le sbatterò in faccia le prove” affermò convinto.

Doggett sospirò esasperato “Anch’io vorrei che fosse vero, ma…”

L’agente non aspettò la fine della frase. Voltò le spalle all’uomo e si diresse verso l’uscita.

Ora aveva un punto di partenza.

 

 

Uffici federali

Ore 3.00 pm

 

Era chiuso in ufficio da ore. Si era fatto mandare dalle sezioni competenti tutto il materiale inerente al morto che Scully avrebbe dovuto esaminare quella maledetta mattina. Non aveva idea di cosa cercasse là dentro… forse solo un segno, un’illuminazione. L’unico punto fermo era la consapevolezza che aveva sentito chiara e lampante quando l’aveva abbracciata in quell’anonima cella.

Freddo che si contrapponeva all’afa circostante.

Questo era tutto quello che sapeva, ma niente che dava speranze.

L’uomo era deceduto nella vasca da bagno in seguito ad una scossa elettrica ad alto potenziale, fulminato …era il terzo. Nelle ultime tre settimane altre due donne si erano tolte la vita proprio in quella zona. La quarta vittima, un altro uomo, era collassato per overdose due isolati più lontano. Estese la ricerca a tutta la città e ciò che scoprì furono altri quattro suicidi negli ultimi sei mesi, tutte donne. Niente apparentemente fuori dalla norma in quella metropoli che aveva l’abitudine di frantumare le vite di coloro che la abitavano, mettendole di fronte alla loro nullità.

Niente di losco nel passato del tizio trovato nell’appartamento e ucciso da… Scully.

Ma dalle autopsie che erano state eseguite su sui deceduti, risultava che tutti avevano fatto sesso nelle 12 ore precedenti al suicidio od omicidio che fosse.

Suicidi… omicidi… morti… sesso… Scully: cosa poteva collegare tutto questo? Dov’era la chiave di lettura? Il bandolo di quella matassa infernale…? Ma soprattutto, se quella non era Scully, dov’era Scully? Le domande rimbalzavano tra le pareti del suo cervello, si scontravano e si ammassavano mentre i suoi occhi stanchi e piccoli dal poco sonno si sforzavano sul carattere nero di quei rapporti.

Avrebbe avuto la possibilità di parlarle ancora e, sicuramente, non sarebbe scappato come aveva fatto poche ore prima. Era stordito e rimanere là dentro sarebbe stato più dannoso che utile. E se si stava sbagliando? Chi avrebbe potuto salvarla dal carcere e dalla vita rovinosa che le si prospettava? Forse era vero che stava solo mentendo, che tutto quello che era successo, fatti concreti alla mano, rispecchiava una vera Scully che lui non conosceva.

Impossibile, si ammonì, ma avrebbe dovuto dimostrare anche a se stesso che era folle solo pensarlo….

Stava parlando di Scully… la SUA Scully ….

Non l’aveva mai conosciuta come allora… dopo essere tornato… dopo averla vista madre… tenace e tenera… dopo che aveva imparato ad abbandonarsi a lui… completamente.

Era stato il piccolo Willam, nello stesso istante in cui era venuto alla luce, in cui era entrato nelle loro vite, ad abbattere qual muro che le barricava il cuore…

E solo allora era diventata la vera Dana… quella che era solo riuscito a scorgere in tutti quegli anni trascorsi al suo fianco.

  non mentivano più sui loro sentimenti… e lei gli sorrideva senza quell’ombra di pudore negli occhi….

E lui sapeva di possederla, come mai aveva posseduto un essere umano in tutta la sua vita… perché aveva la sua mente, il suo corpo… ed il suo cuore.

E si sentiva dominato a sua volta… totalmente.

E ricordava quanto la spiava, di notte, nella camera scura, mentre si alzava piano dal letto cercando di evitare ogni rumore… e si avvicinava alla culla, prima ancora che il bambino piangesse, come se fosse in grado di leggergli nella mente.

Lo alzava dal piccolo letto e lo portava nelle sue braccia, placidamente appoggiato alla sua spalla… e lui rimaneva ad ascoltare quei suoni leggeri… a guardare le immagini offuscate ancora dal sonno…immobile… convinto che anche il suo più lieve movimento avrebbe potuto spezzare quell’armonia… infrangere quella quiete….

Ed era quello che più gli mancava ora… più di ogni altra cosa: la serenità.         

 

 

Ore 5.30 pm 

 

Era definitivamente iniziato il suo pellegrinaggio nei luoghi teatro degli ultimi omicidi e suicidi della città. Pellegrinaggio piuttosto massacrante anche se fosse stato nel pieno delle sue facoltà fisiche e mentali.

Ascoltò comunque tutte le storie che gli venivano propinate da parenti, amici, conoscenti e vicini impertinenti delle vittime. Si potevano riassumere al massimo in due o tre frasi ricorrenti: non aveva alcun motivo per farloè successo così all’improvviso… chi se lo sarebbe mai aspettato….  Ed aggiungevano immancabilmente che erano tutte ottime persone. Forse poteva essere un’informazione rilevante se non fosse stato vero il detto sono tutti belli quelli che nascono e tutti buoni quelli che muoiono. Vite normali spezzate inaspettatamente.

Ora si stava dirigendo verso l’abitazione di un certo Billy Thompson, marito della defunta Mary Thompson. Era l’ultimo della lista, poi sarebbe iniziato il lungo lavoro d’analisi dei pochi dati raccolti. Li avrebbe sparsi di fronte a sé, come le tessere di un puzzle, ma non aveva nessuna figura sulla scatola per confermare che i pezzi fossero disposti correttamente.

Arrivò sull’uscio dell’abitazione residenziale e bussò forte. Dopo alcuni minuti un’anziana signora, probabilmente la donna delle pulizie, fece capolino dalla porta interna per spiarlo attraverso la grata scura della zanzariera.

Mulder si schiarì la voce “Il mio nome è Fox Mulder, sono un’agente dell’FBI e vorrei parlare col Signor Thompson”

“FBI?” chiese la donna quasi immediatamente. Anche se Mulder aveva sentito  quel tono di voce almeno un migliaio di volte, non poteva che sentirsi irritato di fronte a questa reazione: occhi rotondi e sorpresi come se avesse appena rivelato di essere Jack lo squartatore.

“Sì… è in casa?”

La donna si mosse “Certo glielo chiamo subito” disse con tono preoccupato senza offrire ospitalità all’agente che ancora sostava fuori dalla porta.

Un uomo calvo e panciuto si mostrò di fronte a lui, Mulder non gli diede il tempo di parlare: “C’è un’indagine in corso e avrei bisogno di alcuni dettagli sulla morte di sua moglie” affermò secco. Non era in condizioni di essere formale, cortese e accorato.

“L’FBI indaga sul suicidio di mia moglie?” chiese Bill sorpreso, aprendo l’uscio e facendogli segno di raggiungerlo all’interno.

Mulder lo seguì nel soggiorno e si accomodò sul divano dopo l’uomo.

“… Ci sono stati parecchi suicidi ultimamente nei dintorni… ”

“Già” disse Bill abbassando la testa, Fox proseguì “So che è difficile… ma mi racconti cosa successe a sua moglie…”

“Lo farò” rispose l’uomo “ma non mi chieda di spiegarle il motivo dell’accaduto perché, francamente, non lo so…”.

Mulder mosse la testa come segno di assenso, Thompson continuò “Non posso affermare che io e mia moglie avessimo una vita… entusiasmante… ma, di certo, eravamo sereni. Poi da un giorno all’altro lei… lei è cambiata.”

“In che senso cambiata?” lo incitò Mulder.

“Beh, si dimostrava sempre più insoddisfatta, quasi annoiata… io…” l’uomo dovette trattenere il pianto rivelato dal tono rotto della sua voce nel racconto “io le chiedevo cosa c’era che non andava… ma lei mi rispondeva che era tutto ok, e per qualche tempo, anche solo poche ore, le cose sembravano andare meglio…”

“Andare meglio?”

“Sì, beh..” tirò su col naso e voltò il capo imbarazzato “…facevamo l’amore” disse senza guardarlo. Mulder sentì una scossa in fondo alla sua spina dorsale “…e tutta questa sua insaziabilità sembrava placarsi… poi ritornava ed io ero sempre più disorientato”.

“Si ricorda da quando…?”

“Ci ho pensato tanto… ci penso sempre ma… non so dirle il momento preciso.

Aveva una relazione con un altro uomo!” affermò solennemente.

“Sa chi fosse?”

“No, so che l’ho seguita un giorno e l’ho vista, da lontano, con questo individuo e, quando è morta e le hanno fatto l’autopsia aveva dello… sperma nel suo corpo, sui suoi abiti ma… non era il mio!” . Aveva trascinato per i capelli quella frase per poterla terminare, stava soffrendo terribilmente.

Mulder dovette reprimere un mezzo sorriso all’angolo della sua bocca: cominciava ad intravedere qualche luce.

“Ma questo non è scritto sul rapporto” notò l’agente che poteva cantare quelle pagine come il testo di una canzone di Elvis.

“Ho chiesto io che non venisse scritto, il suicidio era così palese che non avrei mai immaginato che si aprisse un’indagine…ma i campioni penso che siano ancora disponibili…”

“Controllerò” disse Fox mentre si alzava piano dal divano “c’è altro?” chiese.

“No… niente di più”

“La ringrazio signor Thompson, se dovessi avere informazioni gliele comunicherò” concluse l’agente.

“Voglio sapere chi è!” affermò con tono asciutto interrompendolo.

Mulder fece un cenno col capo e si diresse verso la porta. 

 

 

Penitenziario

Ore 11.30 pm

 

Neppure la noia di rimanere chiusa e sigillata dentro quattro mura, senza nulla da leggere e nulla di fare, era in grado di infonderle la stanchezza necessaria a farle prendere sonno.

Rimaneva seduta su quel letto, guardandosi di fronte e avrebbe addirittura incominciato a contare le pecore se non lo avesse ritenuto terribilmente idiota. Passò una mano sul collo e le sue dita si intrecciarono nel sottile metallo della collana che indossava. Alzò in gioiello e abbassò il volto in modo da poterlo osservare meglio.

Credere in Dio è la vera idiozia, pensò, affidarsi a lui come se fosse un Ente di beneficenza, chiedendo quando Lui si aspetta solo ringraziamenti. Ma ringraziarLo per cosa? Per averci fatto precipitare in questo inferno come meteore impazzite? Per concederci l’opportunità di soffrire come bestie prima del macello? Per offrirci la possibilità di sperare utopisticamente che esista per poi scoprire che ci ha presi tutti in giro…?

Una cosa è certa… io sono immune e volontariamente esclusa da questo gioco di parti, da questo Risiko a livello universale… 

Sorrise a se stessa, il sorriso amaro di chi è consapevole.

Portò entrambe le mani dietro al collo e sganciò la collana. Ci buttò sopra un ultimo sguardo bieco prima di lanciarla con forza in un angolo della cella… quell’oggetto non le apparteneva, definitivamente.

 

Mulder’s residence

Ore 1.00 am

 

Documenti accatastati a terra e foto metodicamente disordinate sopra il piccolo tavolo da caffè.

Mulder era seduto sul divano con la schiena proiettata in avanti e le dita che vagavano sopra quelle immagini.

Le disponeva, le ridisponeva, le osservava, le giudicava, le soppesava… le raggruppava in cerchi come in un diagramma di Ven.

7 donne.

Tre avevano gli occhi chiari.

Due i capelli rossi.

Tre erano di piccola statura.

5 erano sposate.

4 erano cattoliche.

Tutte si erano tolte la vita.

Cosa poteva essere utile in questo? Non stava cercando la firma di un serial killer; forse… una connessione psichica?

A guardarle bene, Scully sarebbe potuta entrare di diritto in quel club poiché ne possedeva, a grandi linee, i requisiti.

Cosa aveva portato quelle donne al cambiamento e alla morte?

Indubbiamente un collegamento esisteva, anche se non sapeva dire quale. Ma più di ogni altra cosa non poteva spiegarsi la sensazione del giorno precedente, quando aveva sentito l’odore della pelle di Dana, il ritmo del suo respiro, il tono della sua voce, aveva osservato i suoi gesti… i suoi occhi, e  quella parte del suo cervello, che sapeva rifiutare ogni raziocinio logico, gli aveva urlato che quella era una estranea, che quella non era la SUA Scully. 

Uomini uccisi e donne suicide.

Poteva scartabellare tutto ciò che sapeva in merito. Vari miti o fatti del passato di cui aveva letto centinaia di volte.

Forse era una sorta di dramma teatrale riproposto in chiave inspiegabile e paranormale…?

Chiuse gli occhi e si rilassò sullo schienale del divano. Passò le mani sulla faccia come per lavare via la giornata che si era impregnata nella pelle. Domani le avrebbe parlato di nuovo e doveva inventarsi una strategia… si prospettava un’altra notte insonne.

Si alzò e si recò in bagno per farsi una doccia. Terminato il rito si sdraiò nudo sul letto. Fissava i suoi occhi nello specchio sovrastante.

Li fissava così profondamente che sarebbe stato un gioco da ragazzi auto - ipnotizzarsi.

Allungò una mano sulle lenzuola per toccare lo spazio vuoto al suo fianco.

Perché è così difficile per te accettare le evidenze, perché ci sbatti la testa sopra e ti rifiuti di guardarle?

Sentiva nella sua testa, ma era la voce di Scully ad affermarle, con tono scettico ed esasperato.

Se si fosse sforzato solo un po’ avrebbe visto il volto di Dana in quello specchio, sovrapposto al suo, con gli occhi brillanti nell’oscurità e il sopracciglio alzato a sottolineare le sue parole.

Chiuse i suoi “ Perché proprio adesso?” sussurrò a se stesso, ho un disperato bisogno di te, pensò.

Un lampo gli attraversò la testa… improvviso e doloroso.

Scully e quell’uomo….

L’ atroce contrasto della sua pelle chiara… con quella sporca e sudicia di quell’individuo…

E il suono di sospiri… gemiti accennati… contro quelle di grida selvagge e gutturali….

Ne percepì il calore lurido e cupo….

Si premette i palmi sopra gli occhi e spinse tanto intensamente che avrebbe potuto ricacciarli e affossarli nella cavità oculari…

Rimase immobile per interminabili minuti.

Quell’uomo l’aveva posseduta… aveva posseduto il suo corpo… eppure era strano come si sentisse disperato ma non… tradito.

Scully non lo avrebbe mai tradito… e non l’aveva fatto!

Semplicemente… quella non era Scully….

Ora ne era convinto più che mai!    

 

Penitenziario

Ore 10.00 am

 

Mulder era passato prima in ufficio per riportare la documentazione che aveva sottratto il giorno precedente senza autorizzazione e per controllare cosa stesse facendo Doggett mentre lui perdeva sonno e capelli  a trastullarsi su indizi inesistenti.

L’agente si era dato da fare sul piano pratico: si era accordato con i giudici perché fossero più clementi con Scully: in fondo è un’agente federale, anche se ha ucciso un uomo a sangue freddo, pensò sarcasticamente amaro.

Ora era diretto verso la cella e resisteva all’impulso di darsi dei colpi sul petto per far riprendere il battito del suo cuore che di tanto in tanto lo abbandonava, come un vecchio orologio a cui non sarebbero giovate nemmeno nuove pile.

Smise persino di respirare quando la vide.

Le avevano fatto fare la doccia ed i capelli, che ultimamente portava abbastanza lunghi, le si erano arricciati e le sfioravano le spalle, nude se non per il sottile filo della canottiera bianca. Vederla senza trucco lo faceva tornare inevitabilmente alle mattine in cui lei si concedeva di svegliarsi al suo fianco, in quelle anonime stanze di Motel, senza sgusciare via approfittando del suo sonno profondo… al suo corpo caldo sotto le lenzuola e al suo naso freddo come quello di un gattino. 

Piccola ma non fragile.

Delicata ma indistruttibile.

Ma c’era qualcosa… qualcosa di nascosto ai suoi occhi e, paradossalmente, ben chiaro nella sua mente… che lo sconcertava... Dov’era la catenina?

Lei lo fissava intensamente, lui si voltò e riprese a respirare.

“Ciao” disse Dana.

“Ciao… Scully” riuscì a guardarla ancora e proseguì “Doggett si sta accordando col giudice, la prima udienza sarà dopodomani a quest’ora….”

Scully spalancò gli occhi “La prima udienza?”

“Il giudice deve essere messo a conoscenza dei fatti … per essere in grado di farsi un’idea… l’FBI ti ha già trovato un ottimo avvocato, il migliore…”.

Lei sospirò “Cos’ho da raccontargli?”

“Non dovrai farlo tu… gli avvocati esistono per questo….”.

Rimasero in silenzio per alcuni minuti prima che Mulder  dichiarasse in un filo di voce  “Devo farti una domanda…”.

Lei fece un cenno con il capo, lui si avvicinò ancora “lo so che sei scossa… ma devo sapere…” respirò a fondo “Ricordi cosa ti ho detto la notte precedente a.. tutto questo…?”.

Lei ripeté il cenno di qualche minuto prima, solo col viso rivolto, quasi imbarazzato, verso terra.

Fox avanzò ancora di qualche passo “Vorrei che tu mi rispondessi…” sospirò.

La sua fronte era corrucciata come se volesse schermarsi gli occhi dal troppo sole.

L’emozione nelle sue parole era palpabile “Lo vuoi, Scully? Lo vuoi ancora….?”.

Lei produsse un suono addolorato. “Non lo so” riuscì a dire.  

Mulder le appoggiò una mano sulla spalla e con l’altra le spostò i capelli dal viso, sollevandole poi il mento con un dito e costringendola a guardarlo negli occhi

“Andrà tutto bene… non devi preoccuparti per questo…”

“Mah” esclamò Dana dubbiosa.

“Non importa quanto dovremo aspettare… io ho bisogno di saperlo…” quasi la supplicò.

Lei prese fiato e distolse lo sguardo dal suo:  “Non lo so” ripeté ancora, scuotendo piano la testa.

“Scully… sposami…” esclamò Mulder avvicinandosi ancora di più.

Lei respirò profondamente, aspettò ancora alcuni secondi e sussurrò “Ok…ok”.

Mulder la strinse forte, schiacciandole le braccia rigide lungo i fianchi.

Dopo poco lei rispose all’abbraccio, cingendogli la vita e appoggiando la fronte al suo petto.

Mulder spostò una mano cauto… la portò davanti fino a raggiungerle il collo. Scully non reagì….

Fox accostò l’indice alla sua clavicola… e con una pressione lieve ma costante seguì la linea immaginaria che la collana aveva lasciato vuota…

Lei fu percorsa da un brivido.. poi si irrigidì.

Mulder si abbassò per raggiungerle l’orecchio.

“Chi sei?” chiese e lei tremò forte.

“Chi sei?” ripeté e la donna si contrasse.

“Co..come?” domandò sorpresa cercando di divincolarsi, ma Mulder non mollava la stretta dietro la sua schiena.

“Hai capito bene… adesso dimmelo…” ordinò.

Scully riuscì a staccarsi e si allontanò di qualche passo voltandogli le spalle ed incrociando le braccia “Ma che diavolo dici…” disse, cercando di impostare un tono quasi spazientito.

Mulder si portò una mano sulla fronte nervoso, non poteva ottenere altro… non aveva abbastanza informazioni.

Sarebbe tornato presto… e lo avrebbe saputo.

Si voltò di scatto e uscì dalla cella lasciando la donna ancora voltata di spalle, sorpresa e sconcertata.

 

 

Penitenziario

Ore 11.30 am

 

O cazzo…. Pensò. La visita di Mulder non l’aveva certo lasciata serena…. Neppure il prossimo incontro con il perito psichiatrico la turbava come prima di quella conversazione. Nessuno poteva arrivare a capire, nessuno.

Neppure lei ne era perfettamente conscia, anzi, non lo era affatto.

Il medico entrò nella stanza. Era un uomo basso, sulla cinquantina, sovrappeso e quasi senza capelli… insignificante…. Fermati….non puoi farlo!, si ammonì mentre la sua faccia si contraeva in una sorta di smorfia addolorata, non qui e non ora….

Il dottore cominciò a porre stupide domande alle quali rispose in modo forzatamente cortese e soprattutto cercando di rivelare il meno possibile… e poi, cosa c’era da rivelare? I ruoli si erano paradossalmente invertiti: lo psicologo parlava… e lei gli regalava semplici cenni con capo. Buffo, pensò.

“Lei è medico?” chiese. Dana fece un cenno affermativo.

Egli proseguì “E’ un medico legale… e so che non è semplice per un medico spinto da una pura passione per la medicina doversi occupare sempre di morti, e dover vedere sempre morte” lo psicologo si fermò ma Scully non reagì a nessuna di quelle parole.

“Immagino che non sia stato quello ad averla spinta agli studi medici… insomma… chi vuole essere medico ha intenzione di salvare vite…di guarire le persone piuttosto che sezionarle quando ormai sono morte”

“La smetta” lo interruppe esasperata ancora non guardandolo “ mi chieda quello che vuole sapere… mi chieda se ho mai ucciso un uomo e mi chieda se è quello che ho fatto quella maledetta notte…”.

Il medico cercò di mascherare la sorpresa nel sentire quelle parole taglienti e ghiacciate “… non è questo il mio compito… quello lo fa la polizia…” fu in grado di dirle.

“Peccato” rispose la donna con l’accenno di un sorriso perverso “avrei potuto raccontarle tante cose interessanti…”

Lo psicologo non poté che spalancare gli occhi e abbassare la testa per l’evidente difficoltà che trovava nel proseguire l’analisi.

“Ha mai pensato di uccidere un uomo?” domandò con tono sommesso.

Lei rise forte “Oh sì…” rispose “e l’ho anche fatto…”.

Il dottore riportò il viso contratto su di lei.

La donna si porse in avanti “sono o non sono un’agente dell’FBI?!!” 

 

 

Connessione psichica, forse possessione.

Possessione. Non aveva dubbi.

Scully non avrebbe mai reagito a quello che le ho detto… in quel modo.

Maledizione….. SCULLY AVREBBE CHIESTO DI SUO FIGLIO!!!

Non l’aveva ancora fatto… nemmeno un accenno… neppure quello sguardo, che ormai conosceva bene… ogni volta che partivano… ogni volta che lo lasciavano… solo.

L’aveva smascherata, ma di certo non era una prova che si poteva portare davanti ad un giudice.

Ora doveva scoprire l’origine della connessione. Doveva trovarle un senso… un movente.

Quelle donne si erano passate quella cosa come si trasmette una malattia virale. Scully era l’ultima vittima  di quel virus e lui lo avrebbe debellato prima che accadesse il peggio.

Sarebbe ritornato nei luoghi del suo pellegrinaggio del giorno precedente, ma ora sapeva cosa chiedere… non si sarebbe più concentrato su fatti e modalità… ora cercava uno schema della scelta delle vittime, il metodo di trasmissione.

E così fece. Ciò che ne cavò fu che tutte le donne si comportavano prima del suicidio secondo una certa dinamica: tutte svolgevano le normali attività quotidiane con noia e disprezzo, erano come staccate dalla realtà, perse in un mondo mentale che non coincideva più con quello fisico. Si erano trovate un amante, alcuni erano solo sospetti,  altri accertati.

Era andato al laboratorio a raccogliere le analisi dello sperma trovato su Mary Thompson.

Rimase a bocca aperta per qualche minuto quando scoprì che corrispondeva a quello dell’uomo che Scully avrebbe dovuto analizzare quella maledetta mattina.

La connessione era evidente.

Ora camminava in Harvey street. Era strano come si sentisse quasi elevato da terra. Non aveva ancora risolto niente, non aveva nulla tra le mani, ma si sentiva… sollevato. Il nero notte stava diventando penombra. Era solo questione di tempo. Ma non ne aveva molto, purtroppo.

Passò davanti alla vetrina del negozio di Taddy: non se la sentiva certo di entrare e salutare cordialmente il simpatico vecchio.

Ma si fermò invece, e rimase a guardare quella vetrina….

Il telefono squillò. Lo estrasse piano dalla tasca interna della giacca mentre i suoi occhi erano ancora puntati sul vetro.

“Mulder” rispose.

“Sono Doggett”

“Che c’è?” chiese subito allarmato.

“Devi venire immediatamente….al Georgetown”

Occhi e bocca si spalancarono “Cosa è successo?”

Doggett sospirò dall’altra parte della cornetta “Scully si è tagliata le vene!” disse e Mulder vide immediatamente nero di fronte a lui.

 

Fine seconda parte

 

 

Inizio Terza parte

 

La osservava dall’esterno della camera attraverso la parete di vetro e alle tende scostate.

Era  sdraiata in quel letto completamente scoperta. Le braccia stese lungo i fianchi e la testa rigida sul cuscino.

Scully non dorme così, pensò, lei  mette le mani giunte come in preghiera sopra il suo grembo.

Non aveva perso troppo sangue, fortunatamente. Si era praticata le incisioni con il coltello di plastica che le avevano dato sul vassoio del pranzo. Se avesse avuto un vero oggetto affilato, sarebbe morta di sicuro.

Mulder era in stato catatonico. L’espressione del viso avrebbe fatto credere a chiunque che non stesse pensando a nulla.

Forse era vero, o forse i pensieri e le emozioni erano così tante che finivano per provocare un sovraccarico, blackout totale del suo cervello.

Le lacrime che pungevano in fondo ai suoi occhi indicavano che, come al solito, si stava biasimando.

Non è lei,  ripetevo a me stesso, è un’estranea. Ma ora vedo Scully in quel letto ed è Scully che stava per morire ed è sempre lei che era chiusa in quella cella. Connessione psichica? Possessione? Questo non toglie che è anche il suo corpo protagonista, come la sua mente, in questo dramma ed io sembro ricordarmene solo ora. Ora che la stavo perdendo, ora che la vedo magra, pallida e rigida come un cadavere steso sul metallo della barella di un obitorio.

Sentì la leggera pressione di una mano sopra la spalla.

Si voltò.

Margaret e William.

Sentì un forte fitta di dolore al petto… lottò con tutte le sue forze per trattenere quelle lacrime.

La donna lo guardava intensamente… con lo sguardo tipico delle Scully, quello addolorato e sconcertato…

Mulder si ordinò di non guardare il bambino… se lo faccio, si disse, perderò ogni controllo!

Rimasero così per interminabili minuti…a fissare aldilà di quel vetro.

Costretti ed ingabbiati in un silenzio opprimente.

La disperazione di Margaret era nell’aria confusa con il senso di impotenza di Mulder… mentre lo sguardo del bambino vagava per il grigio corridoio… incuriosito… ignaro!

La donna si voltò. Mosse la bocca come se volesse parlare… Mulder pregò perché non lo facesse.

Il suono di passi riempì l’aria. I tre si voltarono.

“Ho appena parlato col dottore…” era Doggett.

L’agente diede una rapida occhiata al bambino, sorrise piano “…e ha detto che sta bene… fortunatamente l’agente di guardia l’ha trovata quasi immediatamente. Lei ha opposto resistenza, ma la debolezza l’ha fatta cedere quasi subito…”.

Margaret sospirò.

William sorrise.

Mulder si girò quasi di scatto.

Non avrebbe permesso a nessuno dei presenti di vederlo piangere!

“possiamo vederla…?” sussurrò Margaret a Doggett mentre i suoi occhi lucidi e pieni erano fissi sulla schiena di Fox.

John sospirò “no… mi spiace…”.

Margaret abbassò la testa… capì: Dana era ancora agli arresti e non le avrebbero mai concesso di vedere il bambino.

Per quanto potrà durare tutto questo?  per quanto questo bambino resisterà senza sua madre? si chiese.

Non poté evitare che il sangue le si congelasse nelle vene.

Doggett percepì “… andrà tutto bene” cercò di rassicurarla.

La donna alzò il capo ma non fu in grado di parlare.

“Vada a casa… le faremo sapere se”

Margaret lo interruppe facendo un cenno. Si avvicinò a Mulder.

Fox ne avvertì il calore e poi sentì la pressione della sua mano nel centro della sua schiena e brevi ma lenti movimenti su e giù lungo la sua colonna vertebrale.

Voleva rassicuralo…. Voleva dirgli che non era, in nessun modo, colpa sua.

Rabbrividì.

Anche Scully lo fa…

Una lacrima calda gli cadde sulla guancia umida…

Si sentiva così … stanco…

Margaret sospirò… stacco lentamente la mano e si allontanò.

 

Dopo che Margaret e William erano andati via, anche Doggett aveva deciso di lasciarlo solo.

SOLO… ecco cos’era! Ecco come si sentiva… non era mai stato così solo….

Si, lo era stato… solo e disperato….

La sola cosa differente ora è l’aveva di fronte… su quel letto….

E che c’era William….

E che adesso, diversamente da allora, sapeva cosa significasse stare con qualcuno…sentirsi completo.

E gli mancava terribilmente… non poteva più farne a meno.

Andò in bagno per lavarsi via dal viso le lacrime appena cadute… ho ceduto… si rimproverò guardandosi allo specchio, non devo più farlo… Scully non ha bisogno di questo… Scully ha bisogno che io mantenga i nervi saldi… che risolva questa situazione… che la riporti da nostro figlio!

Uscì dal bagno e si riposizionò di fronte al vetro.

I suoi occhi erano ancora fissi verso l’interno della camera, su di lei.

Fino a quando non la vide muoversi.

Un movimento lento della testa verso la finestra che stava sull’opposta parete.

Quasi sussultò nel vederlo. Era sveglia.

Scivolò sulla parete per portarsi fino alla porta d’ingresso della camera, sospirò profondamente e afferrò la maniglia.

 

Entrò nella camera con la stessa cautela che aveva utilizzato nelle sue visite al penitenziario. Le emozioni che provava erano quasi le stesse, ma al dolore e alla paura si aggiungeva anche una rabbia sommessa, un’ira che non aveva né basi né fondamento. Non era rivolta verso di lei… non in modo specifico… forse sì… forse solo perché in quella stanza percepiva la presenza di ciò che era stato in grado di distruggere il suo costella…che aveva spazzato via ogni cosa.

Una latente energia potenziale si concentrava nelle sue mani strette l’una all’altra e nei denti, serrati come in una sorta di sorriso amaro.

Si rese conto di non avere ancora la forza di parlare e si avvicinò alla finestra che lei stava così attentamente osservando. Scostò le tende e diresse il suo sguardo sulla strada, come se cercasse un punto di partenza, come se sperasse di trovare le parole appropriate da dirle.

Era inutile e perciò si voltò.

Incrociò il suo sguardo prima: duro, secco, asciutto.

Il riflesso della luce che filtrava dalla finestra dava ai suoi occhi un colore quasi  irreale, sicuramente agghiacciante.

Poi guardò il suo volto pallido... le sue braccia sottili… i polsi fasciati.

“Perché?” disse con un filo si voce, non riuscendo a mascherare nessuna delle emozioni che lo pervadevano.

Lei non rispose e si mosse piano per portare il viso lontano dalla traiettoria dei suoi occhi. “Perché?” ripeté - perché lo hai fatto? Che tu sia Scully o chissà chi altro, io voglio sapere perché?. Si avvicinò al letto ancora di un passo.

Lei sentì il rumore sordo della sue scarpe, Mulder la vide irrigidirsi.

“Perché cosa?” disse, quasi seccata “perché voglio uccidermi?” e si voltò verso di lui.

“No… voglio sapere perché a lei….?!?!?” disse in un ringhio.

“Perché a lei cosa?”

“voglio sapere cosa vuoi da lei…. Voglio sapere chi sei tu?”

La donna alzò di scatto la schiena dal letto “Chi sei TU?…”disse puntandogli l’indice rigido, gli occhi chiusi a fessura “… chi diavolo pensi di essere TU?” anche lei adesso stava ringhiando, continuò “IO ho la facoltà di disporre come voglio della MIA vita…. IO non ti devo nulla…”.

Mulder si premette con forza una mano sulla fronte, come per contenere il suo cervello che minacciava di esplodere nella sua testa.

“Perché lo hai fatto….?” Chiese infine con tono esasperato.

Lei quasi sbuffò voltandosi verso la porta di ingresso.

“Perché continui a farlo…!?!”.

Lei si bloccò per un attimo “Ma che diavolo dici…” affermò con un sorriso quasi maligno.

Mulder le si portò davanti con pochi passi lunghi e decisi. Occhi rossi, che tra poco sarebbero andati in fiamme. Bloccò il suo sguardo e lo tenne fino a quando non finì di dirle “Io so cosa sei… ora devi dirmi chi sei!”

Lei superò un attimo di sorpresa e panico, non riuscì a sostenere quello sguardo. Abbassò il capo e sussurrò “Tu non sai niente…”.

“Io so che entri in loro… che le governi e poi le uccidi…” affermò Mulder con voce decisa

“e riuscirò a capire perché, ma soprattutto riuscirò a fermarti!!!”

Lei sospirò piano, la voce era quasi rotta, commossa “vorrei solo sapere cosa diavolo stai dicendo…”.

Mulder si irrigidì. Quel tono lo aveva riportato bruscamente alla realtà effettiva.

Stava aggredendo Scully. C’ERA SCULLY di fronte a lui….  Sì, forse materialmente era così, ma lui sapeva che non era vero. Sapeva che quella che aveva di fronte non era Dana. Ma tremò al suono di quel tono di voce, e ancora non riusciva a smettere di farlo.

Se sto sbagliando, pensò, se quello che penso non è vero, io la sto uccidendo con le mie maniciò che sento vale tutto questo?

 

Doggett lo aspettava fuori dalla porta con una cartelletta gialla tra le mani.

Era aperta ma non la stava leggendo. Notò subito lo stato del collega e si affrettò a chiedere con tono preoccupato “Che c’è? che ti ha detto?”

Mulder gli si avvicinò tenendo la testa bassa affinché fosse difficile per Doggett scorgere il suo stato dagli occhi e dall’espressione del suo viso, abbastanza eloquente di per sé. “Niente…” si limitò a sospirare “Cos’è?” aggiunse indicando la cartelletta.

Doggett gliela porse e cominciò “E’ il risultato della perizia psichiatrica che hanno eseguito poco prima che accadesse…” si fermò mentre Mulder scorreva i dati che aveva sotto gli occhi senza far trasparire nessuna reazione “…. Il medico parla di uno sdoppiamento della personalità…”

“Cazzate….” Intervenne Fox sottovoce, Doggett lo ignorò “… lo stress, il fatto di non aver completamente superato alcuni drammi recenti… la pressione psicologica a cui è sottoposta ogni giorno a causa del suo lavoro…” abbassò la testa “…del bambino….” si fermò “…del suo stesso carattere….”

Mulder lo bloccò con lo sguardo quasi indignato “ che ne sai TU del SUO carattere!” disse secco.

“E tu?” rispose l’agente quasi immediatamente “e tu che diavolo né sai…?”

Fox abbassò di nuovo la testa sulle carte “Io so che non è lei!” affermò.

“Stronzate… Mulder… perché non riesci ad ammettere che possa essere accaduto…?”.

Passarono minuti, un’ira fatta di impotenza e di paura girava intorno a loro e li avvolgeva come prima di un lampo, Mulder non accennava risposta e Doggett proseguì “Lo vuoi sapere perché?” chiese con tono aspro “perché tu guardi lontano Mulder, ma non fai altrettanto con ciò che ti è ad un passo… Scully non stava bene… Scully non è di ferro come credi o come ti è comodo credere…”

Quelle parole dure penetrarono nel cervello stanco di Mulder e lo colpirono più di quanto avrebbero voluto…. E se avesse ragione? Era il fulmine che attraversò rapido e devastante la sua mente… forse ha ragione…. e voci. Voci diverse: la sua, quella di Scully, quella di Thompson ed ora quella di Doggett… ammassate… fitte e pungenti.

Ed ognuna di loro lo urtava e lo spingeva verso idee, ipotesi e supposizioni diametralmente opposte.

Ma niente certezze e niente conclusioni.

 

Stanza vuota e gelo intenso: ecco quello che Mulder aveva lasciato uscendo e lasciandola immobile… inerme.

La situazione è difficile più di quanto credessi….non che mi importi… del resto! Ma adesso devo ingegnarmi ad uscirne… il più presto possibile… sono controllata e braccata come un animale da circo…. Odio questa situazione e, più di ogni altra cosa, ODIO perdere il controllo. Lo stavo facendo….qualche istante fa…lui mi guardava con gli occhi di chi sa… di chi ha capito, ed io stavo per cadere…. Non deve succedere… mai!

Ma perché? Perché non riesco ad affrontare questo come ho sempre fatto? Che effetto hanno su di me quegli occhi e quella voce…?

Non lo so e francamente non voglio saperlo.. ora devo solo uscire di qui!

 

 

Harvey Street

Ore 3.00 pm

 

Niente cibo e niente sonno. Non che non volesse riposarsi, ma proprio non ci riusciva. Camminava, camminava ancora su quella maledetta strada… la strada che aveva visto Scully per l’ultima volta.

E se fosse un clone? Pensò in una frazione di secondo prima di disapprovarsi da sé. Se fosse stato solo meno stanco e meno disperato avrebbe riso riflettendo su come galoppava il suo cervello.

Ma lo era… era stanco. Stanco di non sapere e soprattutto stanco di non averla accanto.

“… Mulder?” gli sembrò di sentire alle sue spalle. Si voltò di scatto per vedere Taddy che sbucava appena dalla porta del negozio. Accennò un sorriso e rispose avvicinandosi “Ehilà” disse senza allegria.

“Qualcosa non va, Mulder?” chiese subito l’uomo.

“Lunga storia, Taddy….” L’ultima cosa che desiderava era il dover spiegare questa storia a qualcun altro all’infuori di sé.

Il vecchio fece cenno di aver compreso ma tentò ugualmente di forzarlo “Perché non entri…? Ho un paio di nuovi articoli che penso ti interesseranno…”

Mulder sorrise ancora “no… Taddy… mettili via. Passerò….”

“Ho letto sul giornale…” disse l’uomo e Fox si irrigidì.

“Sì…” commentò Mulder anche se non aveva idea che i giornali ne avessero parlato. Chissà cosa potrebbero aver scritto?: agente dell’FBI incriminata per omicidio colposo. Rabbrividì.

“Ciao Taddy…” si congedò voltandosi, mai come in questo momento si sentiva asociale.

Fece qualche passo prima di sentire “Io l’ho vista quella mattina!”

 

Fine terza parte

 

 

Quarta parte

 

"Cosa?!??!" chiese subito,  avvicinandosi rapidamente all'uomo.

Il vecchio indietreggiò istintivamente "Sì... è stata qui!"

Forse Mulder avrebbe dovuto chiedergli per quale strano motivo non ne aveva fatto parola con la polizia, invece si fece strada nel negozietto. Taddy lo seguì e si posizionò dietro al bancone.

"Cosa ti ha detto?" domandò Mulder con tono duro.

L'uomo percepì la sua apprensione e si mise subito sulla difensiva "Niente per cui pensavo valesse la pena di scomodare la polizia!... ".

Fox continuava a fissarlo con occhi impenetrabili, il vecchio cominciò "... Era mattina e non c'era molta gente... anche se penso che l'avrei notata lo stesso..." affermò voltandosi per staccarsi da quello sguardo... non ricordava di averlo mai visto in quelle condizioni.

"... mi ha chiesto di quel poster..." ed indicò un angolo interno della vetrina.

Mulder si voltò e trattenne il respiro quando lo vide.

"Co-cosa ti ha detto?" domandò ancora non voltandosi.

"Mi ha chiesto quante copie ne avevo.. era stranamente imbarazzata..." si fermò "... poi ho notato il gonfiore della pistola, si scorgeva abbastanza sotto la giacca stretta...."

 

Tre giorni prima

 

"FBI?"

Dana sorrise "è così evidente...?"

"No... affatto" rispose subito il vecchio "anzi...è che lei non è la prima agente che mi chiede di quel poster..."

Scully abbassò impercettibilmente il capo "Mulder?"

"Sì... Mulder" affermò l'uomo sorridendo.

"... Sono la sua collega"

Taddy la interruppe "Scully?"

"Sì.... ma" come diavolo fa a saperlo? quando Mulder gli ha parlato di me?  avrebbe voluto chiederglielo... ma non lo fece.

L'uomo lo notò ma non disse nulla.

Dopo qualche minuto Taddy ricominciò "Deve fare un regalo?"

"... No... beh ... sì... non lo so..." disse evidentemente imbarazzata.

"Ci sono molte cose strane per tipi strani qui"

"Già" lo interruppe Dana dando una rapida scorsa al negozio.

"... ma anche cose particolari per persone particolari... e cose speciali per persone speciali..." disse l'uomo con un tono che a Dana ricordò vagamente quello dei cartomanti di strada che cercano di attirare sprovveduti clienti.

"Qualcosa di speciale..." rispose.

L'uomo ammiccò, stava chiaramente pensando che fosse per Mulder.

"Per me!" affermò la donna e il vecchio mascherò una impercettibile sorpresa con un sorriso aperto.

"Allora o qualcosa che fa per lei!" le disse avvicinandosi e posandole una mano sulla spalla per guidarla in un angolo poco illuminato del negozio.

"Cosa?" chiese Dana abbassando inspiegabilmente la voce.

"Vedrà...."

 

Oggi

 

"Che cosa le hai mostrato?" Mulder era teso...cosa c'era di importante in tutto questo?

L'uomo portò le mani sotto al bancone e dopo qualche attimo ne estrasse un oggetto in metallo grigio. Uno specchio. E non di un metallo qualsiasi ma di argento... un argento vecchio... opaco... ma perfettamente in stile con l'articolo.

Taddy lo appoggiò sul tavolo con reverenza e Mulder si avvicinò piano e lo sollevò dal bancone.... perché? cosa c'era in quello specchio di tanto particolare?

"Le ho mostrato quello specchio..."

Strane vibrazioni... "Pe-perché?" chiese.

"Perché mi sembrava adatto..."

"Perché non lo ha comprato?" era questa la domanda che non era riuscito a porre prima.

"Beh... lo ha preso e lo ha guardato come stai facendo tu ora.... poi si è voltata, mi ha sorriso e mi ha detto di tenerlo... che sarebbe passata a prenderlo.... che quell'oggetto le apparteneva..."

Mulder spalancò gli occhi "Come?"

"Penso che si riferisse al fatto che era perfetto... quello che cercava.... insomma, che le piaceva" disse il vecchio rapidamente.

Fox lo fissò per qualche minuto poi tornò sull'utensile... le apparteneva.... "dove hai comprato questo specchio?"

"... Come tutti gli oggetti di un certo valore...li prendo da Derrin"

"Derrin?" domandò Mulder sollevando la testa.

"Derrin... il proprietario del banco dei pegni in Harrinton Road...".

Fox si diresse rapido verso la porta, l'uomo lo seguì con lo sguardo e quasi sobbalzò quando si girò di scatto "Taddy.... quante persone hanno visto questo specchio..?.."

Il vecchio corrucciò la fronte "Parecchie... era in vetrina!"

Mulder spalancò la bocca e fissò il vuoto per qualche secondo prima di precipitarsi fuori.

 

 

Georgetown Memorial Hospital

ore 4.00 pm

 

Era seduta nel letto con la schiena appoggiata su tre cuscini. Le fasciature sui polsi le davano fastidio... non riusciva a voltare le pagine. Grazie all'agente Doggett ora poteva leggere i giornali. Al penitenziario non glielo permettevano... avrebbe potuto denunciarli per questo, era un suo diritto.

Ora li sfogliava avidamente, in modo quasi delirante...

Ecco, pensò soffermandosi su un articolo, non ci speravo più....'Agente dell'FBI accusata d'omicidio....' e bella foto a colori allegata... si vede bene... non è sfocata e non ha quei toni di colore assurdi tipici della carta stampata... chiunque saprebbe riconoscerla... riconoscermi dovunque...

Sorrise a se stessa e si soffermò a leggere:

'Ronnie Mercury , 42 anni, è stato ritrovato cadavere due giorni fa' …il giornale è vecchio …'nel suo appartamento. Un colpo d'arma da fuoco in pieno viso ne hanno ritardato l'identificazione. Sembra che la vittima sia stata freddata dopo una intensa notte di passione e dalle impronte rilevate è senza dubbio che l'omicida abbia un volto. Nessuno si sarebbe aspettato però che fosse quello di una agente dell'FBI. Dana Scully è ora agli arresti cautelativi, l'ufficio federale si appellerà di certo alla tesi del momento di follia, ma ancora molti aspetti rimangono in sospeso. Un vero mistero avvolge l'intera vicenda....' blablablabla... non importa.... è la foto che è fondamentale! 

Ci sono riuscita…. Ci riesco sempre, si compiacque. Ecco la dimostrazione…. Nero su bianco: Io e il… cambiamento!

 

Derrin's

ore 4.45 pm

 

Una porta nascosta e scura conduceva ad una stanza (definirla così era un puro eufemismo) che conteneva un banco e qualche bacheca vuota avvolti dalla luce fioca.

Quando chiuse l'uscio il suono stridulo di un campanello avvertì chi era nascosto nella semioscurità della sua presenza.

"Desidera...?" chiese la voce sospettosa di un ombra.

"Sono Fox Mulder, dell'FBI" sottolineò, della serie: “adesso mi ascolti e mi dici quello che voglio sapere senza ribellarti”....

L'uomo sembrò capire e uscì dall'oscurità con sguardo interrogativo.

"Sono venuto per chiederle informazioni riguardo ad un oggetto che Taddy Holmes ha preso qui..."

"Quale oggetto?" chiese l'uomo stranamente allarmato.

Mulder estrasse lo specchio dalla tasca interna della giacca e glielo mostrò.

L'uomo sembrò rilassarsi. Potresti pure spacciare eroina, pensò Mulder, non è quello che mi interessa ora.

"Quello?" disse l'uomo non trattenendo un sospiro.

"Sì... cosa mi sa dire?" lo incitò.

L'uomo lo osservò con cura e cominciò "Sa... arriva tanta gente qui".

Mulder lo freddò con lo sguardo, sbrigati!

"... ma questo lo ricordo..."

Derrin raccolse i pensieri per qualche secondo e Fox cercò di nascondere che pendeva dalle sue labbra. Riprese "... meno di un anno fa arrivò un uomo qui... non l'avevo mai visto, non penso che fosse di queste parti.... mi presentò quello specchio... vale molto, sa? è argento!".

Mulder annuì.

"Insomma... gli offrii delle ottime condizioni di pegno... veramente ottime ma..."

"Non accettò?"

"Disse che era venuto per venderlo...che se ne voleva sbarazzare..."

"Le ha chiesto perché...?"

L'uomo sorrise... denti sporchi che davano ancora di più l'idea di marcio in quell'oscurità "No... no... non sono affari miei... io mi limito a comprare."

 "Nome?" chiese Fox.

Derrin portò in avanti le mani "No... non posso... insomma"

"NOME!" ripeté Mulder per non dare adito a dubbi: era un ordine!

L'uomo si scusò con lo sguardo e sparì per qualche secondo in un retrobottega invisibile. Ne uscì con un foglio giallo e malconcio.

"Questo è l'atto di vendita... lo faccio sempre per oggetti di valore..."

Mulder lo prese dalle sue mani e lo lesse, Derrin aggiunse "Questi sono i dati che mi ha lasciato... non è compito mio controllare che siano veri...".

Mulder annuì e rimise lo specchio nella tasca insieme al foglio. Mentre usciva pensò, Jack McAnsie....

 

 

Georgetown Memorial Hospital

ore 7.10 pm

 

Doggett era in piedi di fronte al letto, mani sui fianchi e sguardo a terra.

"Grazie per i giornali..." sussurrò Scully.

L'agente non rispose e si avvicinò alla finestra.

"C’è stata tua madre prima… e William" si limitò ad affermare.

Dana inghiottì…William…memorizzò.

Non disse nulla.

Doggett riprese "Vorrei solo che tu sapessi che stiamo facendo il possibile per...."

Scully si mise una mano sulla fronte "Lo so.. lo so" sussurrò.

Doggett si voltò verso di lei e si bloccò nel suo sguardo. Lungo… intenso.

Quasi sobbalzò quando squillò il suo cellulare. Lo estrasse piano, ancora guardandola.

"Doggett"

'Sono Mulder...'

"Mulder, dove sei?" chiese concitato. Scully si protese in avanti, in ascolto.

'Mi dovresti fare un favore Doggett...'

"Cosa? cosa c'è?" chiese rapido notando il tono della voce dell'agente.

'Devi controllare un nome per me'

"Chi? e dove sei adesso? io sono con Scul…"

'Sto andando a Newport'

"Newport? a... fare...?" Doggett si voltò notando come Scully avesse spalancato gli occhi.

Dana si riposizionò sui cuscini cauta.

'… Controlla il nome... non ti chiedo altro...' affermò Mulder.

Doggett abbassò le spalle rassegnato, non avrebbe mai capito cosa aveva in mente "Ok... quale?"

'Jack McAnsie'

"Jack McAnsie" ripeté e Dana si pietrificò.

Doggett chiuse la comunicazione e cercò di nuovo il suo sguardo "Qualcosa che non va?" chiese.

Scully scosse la testa con le labbra serrate "Niente" affermò con tono decisamente stridulo "Niente... sono solo stanca"

L'agente annuì e le accennò un sorriso prima di lasciare la stanza.

 

Newport

ore 9.45 pm

 

Ho un nome ed un oggetto, pensò, le uniche due cose concrete dall'inizio di questo caso che non siano prove di colpevolezza di Scully.

Si trattenne per non ridere a se stesso.

McAnsie era connesso allo specchio d'argento.... lo specchio era connesso a Scully.... Scully era connessa a qualcosa che avrebbe scoperto presto... questo qualcosa avrebbe potuto spiegare l'omicidio ma soprattutto quello che era accaduto a Dana... ora: tutto questo poteva tirala fuori dalla prigione? poteva in qualche modo scagionarla?

Ma quelle erano domande che avrebbe dovuto porsi in seguito. Ora doveva solo… sapere!

Scese dall'auto quasi correndo e si avvicinò al cancello dello stabile, diede una rapida occhiata al citofono.

Terzo piano... Suonò, suonò e suonò ancora... martellando con le dita sul citofono e con il piede sul pavimento.

Niente.

In quel momento una donna dall'altra parte del vetro della porta lo fissò, aprì e a Mulder furono sufficienti 30 secondi per catapultarsi dentro e correre al terzo piano.

Bussò, bussò e bussò.

Niente.

In quel momento squillò il cellulare. Lo estrasse, lo guardò. Era Doggett.

 

 

Georgetown Memorial Hospital

ore 9.20 pm

 

Come ha fatto ad arrivarci? come cazzo ci è riuscito?

Si era alzata ed ora percorreva la stretta stanza marcandone il perimetro.

Non posso crederci... non voglio crederci... calma, si ordinò, l'unica cosa che sa è il nome... O MIO DIO... ci sta arrivando.... ecco perché ne avevo paura....! Ecco perché non riuscivo a controllarmi... quell'uomo è speciale... senza dubbio... nessuno avrebbe potuto scoprire ciò che lui ha scoperto... Ma non è solo questo... è allora cos'è?............... Quella voce...... e quegli occhi!, si rispose.

 

Newport

ore 10.00 pm

 

"Sì?"

'Mulder? ho quello che cercavi...'

"Dimmi" lo incitò.

'... l'uomo aveva 36 anni... quando è morto....'

"Assassinato?" incalzò Mulder.

'Sì...o almeno così pare... acqua e corrente elettrica... un mix micidiale'

"Colpevole?"

'Nessuno... almeno sembra... era sposato'

"Morta?.... suicida?"... LUCE..... stava vedendo LUCE.... Mulder non poté più trattenerlo quel sorriso... era stanco... forse aveva trovato la CHIAVE!

'Sì ma... come fai a ..." lasciò perdere e continuò "Luise Braun in McAnsie si è uccisa... il rapporto della polizia locale dice che lo ha fatto non appena ha ritrovato il cadavere del consorte...'

"C'è altro?" chiese Mulder.

'Niente più di questo... ma mi vuoi spiegare?'

"Lo farò... " e terminò la telefonata.

Alzò piano la testa per scorgere che aldilà di una porta socchiusa due occhi brillanti lo stavano osservando.

Superato il brivido che gli aveva percorso la schiena, Mulder si avvicinò:

"Scusi?" chiese, ora aveva bisogno di informazioni "conosceva il Signor McAnsie?".

La figura uscì dall'oscurità.

Era una donna, un po’ troppo abbondante, sulla quarantina, con capelli biondo tinto e occhi scuri.

"Signore è la sola parola con cui non si può definire quel verme di McAnsie" affermò e spalancò la porta.

Oggi è la mia giornata fortunata... pensò Mulder entrando.

 

 

Sally Abbott's residence

 

Mulder mostrò il tesserino e seguì la signora sorpresa e scioccata per l'onore di ospitare un agente federale nella sua povera dimora.

Si accomodò su un vecchio divano sgangherato. La donna prese posto su una sedia di fronte a lui "Caffè...?" domandò.

Mulder fu quasi sul punto di accettare, ma poi si ricordò del livello scarso di igiene che aveva notato non appena entrato nell'appartamento.

"No... grazie.... mi sa dire qualcosa di più sui McAnsie?" andò subito al punto.

La donna ammiccò "Tutti le saprebbero dire tutto sui MacAnsie".

"Si spieghi..." incalzò Mulder, non aveva tempo da perdere in giochi di frasi.

"Lui era un verme... di quei vermi che, grazie a Dio, ne esistono pochi al mondo..."

"Si riferisce al comportamento che aveva con la moglie?"

"Non solo... ma... principalmente...SI"

"Racconti...."

La donna si rilassò... era un lungo racconto probabilmente "La picchiava.... anche forte..."

"Non risultano denuncie" la interrompe Mulder immediatamente.

"Non c'è da stupirsi.... lei se le prendeva e stava zitta...tutti quelli che la conoscevano, ed equivale a dire tutti quelli del palazzo, visto che non mai usciva da questo stabile, le davano della matta... "

"Era matta?"

"A stare con un uomo come quello di certo" la donna prese fiato "la tradiva... o Dio se la tradiva... con chiunque... con tutte... belle, brutte, studentesse, puttane... non aveva scrupoli per questo..."

"Lei lo sapeva?"

"Anche i sassi lo sapevano... ma stava zitta... e se lei l'avesse vista quando non era livida di botte, l'avrebbe descritta come il ritratto della serenità..."

"Pensa che sia scoppiata e l'abbia ammazzato?" chiese Mulder schiettamente.

"Sì" rispose la donna altrettanto schiettamente "lo penso...e penso anche che se lo meritasse..."

Mulder fece mente locale ed estrasse lo specchio dalla tasca. "Lo ricon" la donna non lo lasciò terminare "O Dio...".

Si portò una mano alla bocca a di avvicinò per agguantarlo con la mano libera "Certo... certo che lo riconosco... è suo" si corresse "era di Luise".

"Che mi sa dire su questo oggetto...?"

Sally si riaccomodò, stranamente sconvolta "Luise non se ne staccava mai...lo chiamava il mio tramite"

"Tramite per cosa?"

La donna si strinse nelle spalle"nessuno lo ha mai saputo!" fece una pausa “… insomma… diceva che prima o poi… avrebbe la sua vita sarebbe cambiata… e che, così diceva,…. quello” lo indicò “glielo avrebbe permesso…”.

Allo sguardo perplesso di Mulder rispose “non so altro!”.

Fox fece un cenno con la testa "Sa perché il marito lo avesse venduto?" chiese.

"Beh... francamente... non lo so neppure questo... ma posso ben immaginare..."

"Cosa?"

"... che avesse bisogno di soldi per qualche nuova amichetta o... forse... per prendersi un po’ di quella schifezza che si faceva ogni tanto... del resto, che Luise ci fosse affezionata o no, per lui non faceva nessuna differenza!" si fermò "....c'è una cosa che non le ho detto...", Mulder si protese in avanti.

"Luise non stava bene... è questo è chiaro... chi lo sarebbe stato! ma... reagiva al dolore in un modo strano..."

"Come?"

"... Ricordo che diceva sempre Jack è intelligente.... ha capito tutto... lui sa come si sta al mondo... io no...  poi aggiungeva, io vorrei essere come lui... ed è per questo che lo amo... perché lo invidio...".

Mulder ascoltò quelle parole... stava tutto incominciando ad avere un senso.

Quelle morti adesso avevano un movente... ora gli mancava il modus operandi.... forse già lo aveva... ma era assurdo, anche per lui!

 

Georgetown

ore 8.20 am

 

Non aveva dormito... non ci sarebbe mai riuscita... o mio Dio....non può arrivarci ! se lo ripeteva da tutta la notte e non riusciva a capire come mai la preoccupasse tanto... in fondo... lei era libera... lo era sempre stata....bugia.... lo era diventata, con le sue sole forze, grazie solo a se stessa, ci era riuscita... era quello che voleva, era diventata quella che aveva sempre desiderato essere.…

Niente poteva fermarla...ora!

Aveva lottato tanto... aveva studiato e studiato ancora... cercando un modo… una via d’uscita… la chiave della sua gabbia, e ci era riuscita! Neppure lei era stata capace di credere a se stessa quando finalmente era avvenuto... il cambiamento... il desiderio dei desideri... bramosia e tormento consumati e spesi a capire... a progettare...

Nessuno poteva toccare ciò che aveva raggiunto... non aveva punti deboli... o almeno non manifesti.... avrebbe continuato a vivere la sua vera vita.... e questa volta PER SEMPRE!

Sorrise a se stessa ed appoggiò la testa sul guanciale. Ora doveva soltanto uscire, finire ciò che aveva iniziato e… continuare!

E per fare questo....la sola cosa che posso fare è esorcizzare ciò che più mi spaventa.... Mulder.... tu sarai il mio pass per la libertà!

 

Mulder's residence.

ore 9.35 am

 

Teneva in mano quello specchio il tramite, il tramite ... ripeteva a se stesso quasi volesse evocare uno spirito..... uno spirito... ecco quale era il suo pensiero latente in questi maledetti giorni... un pensiero a cui non era riuscito a dare corpo, fondamento... un pensiero che lo spaventava a morte... perché lottare con gli spiriti è decisamente più difficile che lottare con i vivi. Difficile, se non impossibile...

Ed ora, affondato in quel divano scuro... sdraiato solo per la stanchezza, stringeva in mano quella chiave e si domandava dove era la soluzione... non quella teorica, quella la possedeva già: quella donna voleva essere ciò che non era mai stata… voleva diventare Jack… e, in un modo o nell’altro, ci era riuscita!

Ora gli serviva quella pragmatica...

Togliere quella cosa... Luise... da Scully.... e solo successivamente convincere il mondo che quella sua teoria non era altro che la verità.

Ed inoltre era giunto il momento di affrontare il passo più duro che avesse fatto fino a quel momento: affrontarla, ora che sapeva...  tutto...

Sapeva perfino perché aveva scelto Scully... le assomigliava. Sally gli aveva mostrato una foto prima di lasciare quell'appartamento ed era rimasto senza fiato. Non erano affatto due gocce d'acqua ma.... gli occhi... e il sorriso... Il sorriso di quella foto gli aveva ricordato quello di Scully... quello di Dana, per essere precisi. Quello spontaneo, non quello forzato a labbra strette, e neppure quello finto che utilizza spesso per farsi dire di sì, o solo per sfottere... ma quella MIO, pensava Mulder, quello che è sempre stato MIO! E che è anche di William, adesso.

Il cellulare squillò e Mulder sobbalzò vistosamente. Lo prese dal tavolino: numero sconosciuto.

"Pronto?" disse.

"Agente Mulder?"

Si alzò subito dal divano, allerta, era Skinner "Sì...Signore...?"

"Venga subito al Georgetown"

"Perché? cosa è successo?"

o mio Dio.... Scully..... noooooooo

"L'agente Scully...."

nooooooooooooooooooooooooooo

"... ha chiesto di vederla...."

oh......cazzo..... prese fiato.... per quanto la situazione fosse tragica rifiutava ancora di aspettarsi il peggio.

Scully voleva vederlo..... Luise voleva vederlo, era questa la cosa che doveva rimanere ben chiara nel suo cervello... lei non era Scully!!!

"Arrivo"disse interrompendo la comunicazione.

 

Georgetown Memorial Hospital

ore 10.00 am

 

"Mulder..." lo chiamò Doggett dall'esterno della camera. Fox era riuscito a cambiarsi d'abito, notò il collega. Col completo grigio sembrava quasi un agente normale. Si avvicinò "Ha chiesto di te... è la prima cosa che ha fatto stamattina"

“e del bambino..?” chiese in fretta con una strana luce negli occhi.

“no” sussurrò Doggett.

Mulder si voltò per un attimo "Come sta?" chiese forzatamente.

"Non so che dire, Mulder..."

Fox lo guardò sorpreso. Doggett cercò di spiegarsi, era evidente in lui la volontà di far apparire normale una delle poche cose stravaganti che dalla sua bocca concreta usciva "Beh... insomma... mi ha dato l'impressione di essere strana..."

"Come?"

"beh... non ha parlato con nessuno.... ha chiesto subito di te...."

Mulder intensificò lo sguardo serio ma incuriosito "E poi....?" incalzò.

Doggett abbassò lo sguardo "Non so... gli occhi... il modo in cui guarda... prima...prima sembrava... diversa...".

Per quanto Doggett cercasse di apparire chiaro, la confusione nella sua testa era più che palese. Grazie al cielo Mulder aveva più informazioni di lui al riguardo... ma cosa ha potuto notare Doggett di tanto evidente stamattina? si chiedeva.

Era tempo di scoprirlo.

Si diresse verso la porta. Doggett lo scortò con lo sguardo.

"Rimango qui!" affermò.

"No.... vai.... ti faccio sapere se mi dice qualcosa...." rispose senza guardarlo.

 

Aprì la porta e le vide seduta sul bordo del letto, gli dava le spalle.

Chiuse la porta ed aspettò.

Lei si voltò piano "Mulder!" disse e a Fox gli si gelò il sangue. Occhi gonfi e labbra strette... tremavano... come quando Scully cerca di trattenere le lacrime ma non ce la fa.....questa non è Scully, si dovette ammonire, non lo è.

Lei abbassò la testa, lui non diminuì la durezza del suo sguardo. Si avvicinò cauto.

"Cosa diavolo è successo?" chiese piano e Mulder tremò impercettibilmente. O mio Dio... pensò... non può essere.....

Scully si portò entrambe le mani sulla faccia, sui polsi aveva ancora quelle fasciature spropositate, lasciò le lacrime scorrerle dagli occhi per posarsi sui suoi palmi. Singhiozzi lievi... singhiozzi di Scully... pensò Mulder.

Fox le si portò dietro e non resistette all'impulso di metterle una mano sulla spalla e accarezzarla dolcemente.... dove sono finite tutte le mie convinzioni? un lampo gli attraversò la mente. Quante volte aveva visto Scully in una stanza di ospedale...avvolta da quella anonima vestaglia rosa pallido... Quante volte si era seduto al suo capezzale aspettando che aprisse gli occhi e intanto biasimandosi per le colpe di turno... quante volte le aveva appoggiato la mano sulla spalla, come stava facendo in quel momento, solo per rassicurarla, per dirle non temere, io ci sono, io ci sono sempre.... ma adesso... che cosa sentiva? perché il suo corpo si era distaccato dalla sua mente rifiutando tutte le congetture di qualche istante prima...? perché gli erano bastati solo i sensi della vista, dell'udito ed ora del lieve tatto per far crollare quel castello?

"Mulder... io... non so...” si fermò “… William " disse ancora con la testa tra le mani e Mulder si paralizzò.

William… William…o mio Dio.

Lei percepiva distacco da parte sua e, per risposta, piangeva più forte….

Il cuore di Mulder si strinse, non sopportava vederla piangere.... non lei ... non..... Scully....

Si sedette su quel bordo del letto... le mise il braccio intorno alle spalle... e Scully gli si abbandonò sulla spalla.... così calda... così familiare....

Mulder raccoglieva il suo impercettibile strofinarsi... la sua ricerca di protezione. La strinse ancora più forte... e lei rispose prendendogli il fianco con la mano....Il pianto che si era attenuato riprese con più vigore e Fox la portò accanto a sé...petto contro petto... perdendo  il naso tra i suoi capelli... che avevano l'odore di Scully... perché era Scully quella che stava abbracciando... glielo dicevano i suoi sensi, ma non la sua mente.

Scully si mosse in quell'abbraccio... Mulder ormai non badava a quei movimenti, perso nel cercare di capire cosa stava pensando ... chi dei due aveva ragione.... corpo o mente?

Sbagliava.... doveva porre più attenzione perché sobbalzò quando Scully si alzò di scatto allontanandosi.... con in mano una pistola....Mulder portò una mano sulla fondina....gli aveva rubato la pistola!!!!

 

 

Scully sollevò l'arma alla tempia. "Non urlare!" gli ordinò.

Mulder aveva stampato in volto l'immagine del terrore, NON FARLO riusciva solo ad urlare la sua mente NOOOOOOOOOOOO. Dana accennò un sorriso compiaciuto quasi come se volesse rispondergli lo sto già facendo… ma ritornò subito seria quando lui accennò ad alzarsi.

 "Non ti muovere... stai fermo!"

"... Ti prego..." supplicò piano Fox "... ti prego...".

Lei avvicinò l'arma al lobo temporale, pressando "Tu sai.... non c'è altra via d'uscita!" affermò dura.

"...No...." sussurrò ancora. Dio, pregò, dammi la forza di reagire...dammi la forza di fermarla… sono così stanco.

"... Sì invece...".

Mulder non poté fare altro che guardarla, aveva le pupille dilatate.... era agghiacciante! Dio, non farla morire....

La donna proseguì "... esci da questa stanza! ... non vorrai assistere allo spettacolo?!?!".

Mulder non riusciva a smettere di tremare.... come aveva potuto permettere che accadesse? come diavolo c'era riuscita? forse sono solo esausto....pensò in un attimo, sgretolandosi… ma io non la guarderò morire!!!!

"...Perché le uccidi?" chiese secco "dimmi perché!"

Lei sorrise ancora "Perché sono donne stupide...."

Mulder alzò il viso duro, lei continuò "sono stupide e... innamorate..." disse con tono di sufficienza.

E questa fu la pugnalata finale per Fox,  che ormai si sentiva già morto, non ci avevo pensato, non ci avevo pensato....

Prese fiato "Esci da lei!....” tuonò “esci da lei, lasciala vivere... lei non è stupida....io... io non sono Jack...".

La donna si bloccò e quasi ringhiò "Fuori di qui!... FUORI!" e pressò lievemente il grilletto. Mulder trattenne il respiro... la fine, pensò, è la fine...

“Non è vero, non è per questo!…. DIMMI PERCHE’ LE UCCIDI!” Urlò e si alzò celere con le gambe ancora piegate.

Dana lo fissò secca. NON TI MUOVERE! intimava il suo sguardo taglinte.

"Trova pace...." ordinò Mulder scuotendo la testa "... trova pace... non la troverai mai più se continui così.... non ti farai giustizia... la colpa non è di queste donne e di questi uomini.... di SCULLY.... "

Scully premeva ancora... occhi spalancati.

“PERCHE’!!?!??!??!... tu non sei così....” marcando il tono, disperato “Tu non sei questa... tu sei Luise...."

La donna rise "Stupida-donna-innamorata!" affermò secca.

"No... Luise.... non stupida...NO.... sfortunata....solo sfortunata".

Le parole di Mulder rimasero come sospese nell’aria densa. Disperata quiete fu quello che ne seguì.

"Vorrei..." disse infine Dana con un filo di voce "vorrei... ma non posso...non ci riesco….”abbassò la testa “…è l’unico modo che ho per… uscire….”

Rialzò rapida il capo “… sono in trappola… e tu non mi puoi fermare...mi dispiace...." sussurrò muovendo il dito sul grilletto.

"NOOOOOOOOOOOOOO" Mulder si scosse.

Estrasse lo specchio dalla tasca e rapidamente lo portò sul viso della donna.

"O mio Dio..." uscì rapido dalla bocca di lei.

Fox lo impugnava stretto davanti al volto... il volto di Scully. "Guardati.... guardati....” ordinò “ questa non sei tu... questa non è Luise!"

Silenzio.... tutto si fermò. Dana guardò i suoi occhi riflessi su quella superficie… intensamente, li chiuse..... poi li spalancò..... e in un attimo Mulder non vide più nulla..... non NERO.... ma bianco... forte, violento, accecante..... niente immagini e niente rumori….

Quando riuscì a vedere di nuovo.... lei era a terra, sdraiata con il viso rivolto in alto e col petto che danzava su e giù per il respiro affannato.... lei era lì....lei era Scully!

 

 

Doggett entrò dalla porta e li vide a terra. Corse verso di loro, Mulder teneva Scully sul suo grembo e le accarezzava piano i capelli.... lei aveva gli occhi chiusi, dormiva?....

"Mulder...?" chiese allarmato. L'agente alzò il viso solo per un secondo, lo riabbassò e disse con voce flebile "Sta bene....".

Doggett sospirò forte: grazie a Dio…pensò e gli si accostò. Voleva solo assicurarsi che fosse tutto a posto... poi li avrebbe lasciati soli.

Un dottore entrò velocemente nella stanza.

"Come sta...?" domandò accostandosi e aiutando Mulder a mettere Dana sul letto... non riusciva a staccarsi da quell'abbraccio.... era lei, era Dana.... lo sentiva!

Doggett si avviò per allontanarsi dalla camera, ci sarebbe stato tempo per parlare di cosa era successo, ora Scully doveva solo riposare...e anche Mulder. Si fermò, sentì qualcosa sotto i piedi.

"Cos'è?" si chiese piano abbassandosi per raccoglierlo. Uno specchio, uno specchio d'argento.

Stava per portarlo in alto per poter osservare meglio quel pezzo così particolare.

"No!" sentì alle sua spalle.

"Cosa c'è...?" chiese Doggett tra l'incuriosito e l'allarmato. Mulder non rispose e glielo strappò di mano. Si avvicinò rapido al muro. Viso contratto. Lo strinse forte, gli venne d'istinto serrare lo sguardo e quasi digrignare i denti,  prima di sbatterlo sopra la parete... 1....2....3...volte.... e poi 4.... e 5. L'agente lo sboccò con una mano sulla spalla, guardò l’oggetto: crepe nette e profonde ne percorrevano la superficie. "E’ finita" sussurrò... si voltò verso Scully sdraiata e addormentata sul letto "è finita...." ripeté.

 

 

Tribunale dello Stato di Washington

ore 11.30 am

una settimana dopo.

 

Scully aspettava la sentenza e il tempo sembrava essersi fermato, non sentiva più nemmeno il rumore delle lancette del suo orologio. Quella piccola stanza la soffocava. Era scura. Ogni mobile era di corposo legno... forse quercia. Stava con le braccia conserte, voltava le spalle alle altre persone nella stanza.

"Stanno patteggiando..." disse Skinner spezzando il silenzio che ormai durava da troppo"... andrà tutto bene, Agente Scully" la rassicurò.

Ancora silenzio.

"Ho ucciso un uomo...." sussurrò mesta "cosa c'è da patteggiare...?"

"Non l'hai ucciso TU!!!" intervenne immediatamente Mulder con un tono troppo alto di voce, era in piedi e nervoso a pochi passi da lei "non lo hai fatto... e, in un modo o nell'altro, glielo faremo capire..."

"Prima fallo capire a me!" disse voltandosi e alzando il sopraciglio.

Mulder dovette trattenere un sorriso, questa è la MIA Scully.... questa, pensò.

 

Ne avevano parlato, non molto ma lo avevano fatto. Tra gli interrogatori di rito e le notti intere passate in ospedale...

‘Perché?’ gli aveva chiesto Scully con un filo di voce una notte, quando Mulder finì di raccontarle la storia di Luise.

Lui le aveva dato la solo risposta che fosse in grado di formulare ‘Rabbia.. paura… disperazione… tutti questi sentimenti trattenuti… celati… l’hanno portata a questo!’

‘Ma…. In che modo…?’

‘Non lo so’ aveva scosso la testa ‘forse parte tutto da quello specchio….’

Scully si era voltata piano verso quell’oggetto appoggiato sul piccolo comodino di metallo.

‘Forse era davvero un tramite!!’ le disse Fox.

‘Un tramite per cosa…?’

Mulder aveva abbassato lievemente il capo e aveva cercato la sua mano sulle lenzuola fredde… per stringerla ‘… per l’inferno… forse lo ha chiesto soltanto al diavolo… di cambiare… di avere una seconda possibilità, di poter diventare ciò che aveva sempre desiderato essere…’.

‘Jack’ aveva sussurrato Dana e lui le aveva risposto ‘già… non desiderava punirlo per quello che le aveva fatto… lo amava troppo… voleva pensare come lui… e fare ciò che lui faceva…’

‘e perché uccidere quegli uomini e quelle donne? McAnsie non era un assassino…’

‘li uccideva per punirli….’

‘punirli per cosa?…’ aveva chiesto in fretta.

‘perché esistevano… probabilmente Jack non la puniva per molto di più… ma lei non aveva in tempo per poterlo fare a livello psicologico o spirituale… come aveva fatto lui in tutti i loro anni di matrimonio…’

‘…e allora lo faceva fisicamente… li uccideva…?’.

Mulder le aveva fatto solo un lieve cenno col capo prima di continuare ‘… per quanto riguarda le donne sono certo che fosse costretta a farlo…’

‘costretta?’ aveva chiesto perplessa… lei non sapeva… lei non ricordava nulla di quei giorni…

Lui le si era avvicinato ‘lei era in grado di entrare nei corpi… ma non di uscirne…’

‘… e la morte le permetteva il passaggio…’ aveva concluso scetticamente.

‘si, Scully…’. Non riusciva a spiegare neppure a se stesso perché stesse sorridendo piano, forse solo perché è così… lei!

‘ed è riuscita ad uscire da me grazie a quello specchio…’ aveva aggiunto poco convinta.

Mulder terminò sospirando ‘…le ho aperto la porta… la porta dell’inferno…’.

Erano rimasti in silenzio e ricordava gli occhi di Dana nell’oscurità, confusi e impauriti dopo aver ascoltato quelle parole.

Quella era l’ultima volta che avevano affrontato l’argomento. Ma c’erano ancora questioni che Mulder sentiva di dover risolvere… che aspettavano una risposta.

 

"Tre mesi di ricovero psichiatrico..." aggiunse Doggett seduto, guardandoli dal basso. Mulder quasi sobbalzò, riportato al presente.

Scully accennò un sorriso nervoso con l'angolo della bocca "Come a Lorena Bobbitt...!" commentò.

Mulder la osservò ancora... attentamente.... faceva ancora fatica a crederci....!

Skinner le mise una mano sulla spalla "Ne uscirà pulita..." la rassicurò.

"Non voglio mentire per farlo!" disse convinta.

La nuova perizia psichiatrica confermava lo stato di seminfermità mentale. Sarebbe stato un gioco da ragazzi appellarsi a questo… mentire per salvare onore e facciata. Solo il pensiero la disgustò, non è da me, convenne, assolutamente!

"Scully...." la chiamò Mulder "... se non crederanno alla verità... allora li faremo credere ad una bugia..."

Dana si ribellò "Ma..." scosse la testa.

Fox la interruppe "l'importante è che sia fatta giustizia.... e il fine giustifica il mezzo!"

Skinner annuì. Dana si strinse nelle spalle.

Dopo qualche altro minuto di silenzio l'AD e Doggett si accordarono tacitamente per uscire dalla stanza. Non appena furono fuori Scully si voltò verso Mulder. Non ci fu bisogno che esprimesse a parole ciò che provava... era ancora confusa... ma soprattutto impaurita.

I suoi occhi chiedevano cosa succederà ora?

Mulder le si avvicinò piano e la prese tra le braccia facendo in modo che si appoggiasse con la guancia sul suo petto.

Scully non si ribellò. Sospirò profondamente.

"Non ti preoccupare...." riuscì a sussurrare.

Dopo qualche secondo chiese "Scully... perché mentire sull'autopsia?" era questa una delle domande a cui non era riuscito a dare risposta, non sapeva spiegare il perché non l’avesse chiesto prima… forse paura?

Scully alzò la testa piano "Che giorno è martedì?" sospirò.

Mulder sbatté le ciglia "come?" chiese d'impulso poi si bloccò... 10:13...tredici ottobre... il MIO compleanno.... pensò... o mio Dio!

D’impulso Fox la strinse ancora più forte pressando la bocca sopra la sua fronte.

"Dovevo trovare il tempo..." precisò Scully in un sussurro "... per cercare qualcosa... ma senza di te...."

…e aveva mentito... per trovare il tempo per farmi un regalo....

Mulder le prese la testa fra le mani, bloccò i suoi occhi sperando con tutto se stesso di essere in grado di esprimere la miriade di sentimenti che gli affollavano la testa… e il cuore. 

Appoggiò istintivamente le labbra sulle sue solo per qualche istante.

Dana tremò piano.

"Fai che quel giudice dica 'assolta’” le disse strofinando la bocca sulla sua “è questo sarà il miglior regalo che io abbia mai ricevuto..."

Lei abbassò lo sguardo e aspettò qualche secondo prima di dire mestamente "Mi stai chiedendo di mentire…. Di giurare il falso…".

La voce di Dana era soffocata in quell'abbraccio.

"Già..."disse Fox "ma lo farai.… lo farai per William….!”

Scully si irrigidì. Mulder percepì un distacco. In realtà Dana non si era mossa.

Era dolorosamente chiaro quanto le mancasse…in ogni suo gesto… ma soprattutto nei suoi occhi.

Le mancava terribilmente la libertà di poterlo stringere e accarezzare, senza essere osservata dagli occhi freddi degli assistenti sociali che la controllavano. La libertà di poter pensare al … domani, cosa che adesso non poteva fare… non riusciva a fare.

Eppure, per quanto la situazione le fosse evidente davanti agli occhi, il suo cuore si rifiutava anche solo di prendere in considerazione l’idea che non sarebbe stata sempre al fianco di William….

Avevano entrambi così terrore di una possibile condanna che avevano deciso di eliminarla dalle loro menti… solo sopprimerne il pensiero.    Non può accadere…non dopo tutto quello che è successo… non dopo aver lottato tanto…solo non potrà mai accadere!!!

Mulder sospirò e le passò una mano sulla schiena, per rassicurarla.

Non c’era necessità di insistere oltre… Scully avrebbe venduto l’anima per suo figlio…

Rimasero abbracciati… confortandosi tacitamente….

“c’è una domanda a cui ancora non hai risposto…” sussurrò Mulder al suo orecchio.

Dana trattenne il respiro.

“non puoi chiedermelo adesso Mulder…” disse con un filo di voce.

Mulder si avvicinò ancora “ed invece si… te lo chiedo adesso…”.

Capì che stava piangendo anche prima di sentire il suo spezzato della sua voce “o Dio… non posso… non lo  so….”.

Un nodo amaro si formò in fondo alla gola di Fox.

Senza riflettere le prese le guance tra le mani, le alzò la testa fino a portarla accanto alla sua….

Sentiva l’umido delle sue lacrime bagnargli la pelle…

“… devi dire solo SI…. Solo si…” sospirò in un lamento.

“Perché adesso?” chiese Scully in un sussurro appena udibile “Perché?”

Mulder la costrinse ad incrociare il suo sguardo. I suoi occhi erano così lucidi e pieni… ma Dana sapeva che non avrebbe mai pianto…

“Perché è giusto… perché lo meritiamo… ma soprattutto perché William merita una famiglia… ”

Scully spalancò gli occhi “noi siamo già una famiglia… lo siamo sempre stati…”

Fox non poté frenare quel sorriso che gli ricoprì l’angolo della bocca… ma poi tornò serio… quasi… deluso.

Fu Scully allora ad avvicinarsi… strofinando la guancia sul suo mento….

“… il bambino non ha bisogno di un pezzo di carta… di prove… ha solo bisogno di amore e di… noi!”

“ma…” si ribellò pigramente Mulder.

Dana sopirò intensamente… un sospiro affranto.

Mulder si mise immediatamente all’erta.

“… lascerò l’FBI…” sussurrò soltanto ma quelle parole si riversarono come una cascata sul cervello di Mulder… tremò.

Ci aveva pensato… e qualche volta… aveva persino creduto che glielo avrebbe chiesto… supplicato…. Ma non aveva mai osato farlo…

Non temeva solo di scagliarsela contro infuriata…indignata per quella sua invasione, temeva soprattutto di entrare in quell’ufficio… e di non trovarsela più di fronte… di non doverle portare il caffè… di non dover più studiare il modo di presentarle un nuovo caso… il modo di farla sorridere….

“è la sola cosa giusta da fare…” disse Dana quasi percependo i suoi pensieri “…l’unica cosa…”.

Ed aveva ragione… dolorosamente, disperatamente ragione!

“in qualunque modo sia accaduto… un uomo è morto!”

Mulder scosse la testa, lei proseguì “… forse questa è la mia punizione…” si fermò… sospirò “o forse è solo una benedizione… forse tutto questo è solo servito a farmi capire, una volta per tutte, che devo mettere da parte il mio egoismo…  

“egoismo?” boccheggiò lui quasi incredulo.

“… io lavoro, Mulder, e mi accorgo che gli sto rubando tempo… tempo per avermi accanto… tempo per vederlo crescere…”.

Dana si appoggiò ancora alla sua spalla… piangendo forte. Mulder riprese istintivamente ad accarezzarle i capelli mentre la sua mente volava angosciosamente ai momenti che aveva trascorso senza di lei… e a quelli che avrebbe trascorso.

“lascia gli x-files….” Riuscì solo ad emettere piano “lascia gli x-files… ma non l’FBI…”

“non c’è FBI senza x-files” rispose quasi immediatamente “non c’è FBI senza di te!”.

Un brivido percorse la schiena di Mulder… come erano arrivati a quel punto?… come erano arrivati ad essere così vicini.. così uniti?

“allora dimmi di si, Scully….” le sussurrò.

Lei prese fiato… alzò il capo lentamente…sorrise piano “si… Mulder… si”.

Mulder le sorrise commosso… la quantità di sentimenti contrastanti che provava lo lasciava disorientato….

Fu Scully a baciarlo questa volta… ma molto meno rapidamente. Prese il tempo necessario per accostarsi alle sua labbra socchiuse… appoggiarci le sue e guardarlo negli occhi….

Quando si staccò piano sorrideva ancora…e anche lui. Mulder ebbe solo la forza di alzarle le mani sul viso umido… spalmarle le lacrime ancora calde sulla guancia color pesca…

Un suono tonfo li costrinse a voltare la testa entrambi.

La porta si dischiuse e Skinner entrò piano. Loro gli rivolsero lo sguardo ma non si mossero nell’abbraccio.

L’uomo non poté evitare un attimo di sorpresa che si sostituì immediatamente con lieve imbarazzo.

“Scully… il giudice vuole vederla…”disse cauto.

Dana riuscì solo a rispondergli con un cenno nervoso….

“Arriviamo…” gli disse Mulder.

Mentre il capo si voltava per uscire, Scully riportò gli occhi impauriti su di Mulder….

Fox aprì la bocca… poi la richiuse… stava cercando qualcosa da dirle per rassicurarla… per dirle che sarebbe andato tutto nel migliore dei modi….

Doveva essere così ora… ora che gli aveva detto di si.

“Ti amo… Signora Mulder” fu in grado di dirle e la sentì tremare nelle sue braccia…

Scully gli accarezzò la guancia.

Lo guardò ancora negli occhi prima di staccarsi lentamente e di avvicinarsi alla porta.

Un sorriso commosso le copriva le labbra.

Non avresti potuto trovare nulla di più adatto da dire….

I figli ti cambiano la vita”…  le balenò la voce calda, quasi preoccupata, della madre mentre glielo diceva …

Le aveva creduto ma solo ora riusciva a comprenderne il vero significato…. Ora che aveva deciso di staccarsi da quel passato a cui si era aggrappata, rimanendo agli x-files, per pura, per il terrore che provava ad ogni svolta nella sua vita….

Non sono i figli che ti spingono a cambiare… ma l’amore , convenne,  l’amore nuovo… per una piccola persona che, per quanto egoistico, senti e sentirai sempre come TUA… e l’amore che era sempre esistito… latente e fuori dalla portata della mia mente, ma, paradossalmente, così chiaro e vivo nel mio cuore… un amore così strano e bizzarro…meravigliosamente particolare… l’amore speciale riservato ad una persona speciale…

Sorrise a se stessa quando prese la maniglia della porta… sentendo i suoi occhi caldi accarezzarle la schiena…

William e Mulder sono il mio specchio…. Il mio tramite… e loro mi daranno la forza per vivere il mio cambiamento….

  

Fine

Note:

1.       come è andata a finire la storia: Scully è stata assolta (e.. come no!). Motivazioni: semi-infermità mentale e legittima difesa. Ha lasciato gli x-files… se fossi in lei mi farei mantenere dallo stipendio di Mulder per il resto della mia esistenza… Comunque… non smetterà mai di collaborare agli x-files anche se non ci è dentro ufficialmente… Scully è sempre Scully…

2.       Mercury: vuole essere solo un omaggio-negativo ad un mio ex-compagno di classe…. Vi assicuro che si merita di essere ricordato solo come un uomo squallido che viene brutalmente ucciso alla fine del teaser!!!

3.       William: visto che non ho la più pallida idea del sesso del bambino-X, e visto che tutti sono stranamente convinti che sia una bimba e che si chiamerà Samantha-Melissa… mi sono lasciata tentare dall’originalità (ovviamente scherzo… William è il nome più logico se il bimbo fosse maschio!!!). Inoltre: questa storia si potrebbe collocare prima di ASTRAL (un’altra mia fanfic… se non l’avete letta… leggetela!!!! – please!) ed anche li il bambino era maschio e si chiamava William.

4.       chiarimenti sulla storia di Luoise: la donna era innamorata di quel bastardo di Jack ed era per questo che lei non biasimava il marito ma quasi lo.. adulava (… tutti sanno quanto sia strano l’amore!). Voleva essere come lui: menefreghista… stronza…. Perché uccideva quegli uomini? vendetta o emulazione del marito. In fondo anche lui, indirettamente, l’aveva uccisa portandola al suicidio. In poche parole: il merito se ne sbatteva altamente di lei… delle sue manie ed angosce… lei invidiava la sua capacità di poter disporre a proprio piacimento delle persone… ed è per questo che lo fa… che uccide…. Perché “imita” solo il comportamento del marito…

5.       Doggett: ho cercato di trattare il personaggio come lo immagino… poiché non l’ho ancora visto pienamente in azione. Lui è un uomo pragmatico… scettico… ma, fondamentalmente, un BUONO… e, in x-files, ce ne sono così pochi di buoni!

6.       sfondo shipper: allora… Mulder e Scully hanno una storia molto complessa… non sono ufficialmente insieme poiché ciò li condurrebbe a dover rinunciare a lavorare insieme (reato di fraternizzazione?)… nelle loro trasferte dormono in camere separate per salvare le apparenze… ma utilizzano frequentemente le porte comunicanti!!! Si sposeranno? Ai posteri l’ardua sentenza!

7.       che funzione ha lo specchio -  Passaggio x l’aldilà… è una sorta di stargate… se mi permettete l’allusione…  con tutta probabilità Luise potrebbe aver fatto un patto con Satana… (interessandosi di pratiche esoteriche e varie altre cosucce… lei stessa fa riferimento ad impegno e studio per la perfetta riuscita del cambiamento) e questo non escluderebbe che lo specchio sia una porta per l’inferno!--- ma M e S non lo sapranno mai con certezza… NON sarebbe x-files!!!!

8.       …e ora smetto perché non mi viene in mente nulla…. Invito chiunque abbia avuto l’ardire di leggere il mio scritto di farmi sapere ciò che ne pensa:

Critiche…. Insulti…. Impressioni…. Sensazioni… e tutto ciò che vi passa per la testa…. Ahhhhh… dimenticavo… anche complimenti se ve la sentite! (anna81@inwind.it)

 

baci… e grazie per la pazienza!!!!!

 

Annax