DECIMA RELAZIONE
DEL
COMMISSARIO PER IL
COORDINAMENTO
DELLE
INIZIATIVE ANTIRACKET ED
ANTIUSURA Giugno
2000
1.
Ipotesi di un tavolo comune Questi
mesi di iniziative con le associazioni impegnate nella lotta
all’estorsione, hanno purtroppo riproposto quello che in questi anni è
stato il limite di fondo dell’associazionismo antiracket: l’insufficiente
iniziativa della media e grande imprenditoria. Il
mondo della grande impresa è stato sostanzialmente defilato rispetto a
quelle iniziative che hanno visto protagonisti i piccoli e medi operatori
economici. La stessa iniziativa delle associazioni delle grandi imprese
non si è manifestata in forme adeguate nel contrasto ai fenomeni
estorsivi. E’
del tutto evidente che tale questione ha una rilevanza strategica: quando
l’iniziativa antiracket vede coinvolti solo i piccoli operatori economici
non può che risolversi in una importante iniziativa di testimonianza, ma
non può in nessun modo assumere quella dimensione di massa che è
necessaria, ed oggi anche possibile. Il
piccolo e medio commerciante che denuncia, che collabora con le forze
dell’ordine, che depone in un’aula di tribunale, che si associa con gli
altri colleghi, può incorrere in seri problemi di sicurezza nel caso in
cui le grandi imprese che operano su quello stesso territorio assecondano
le richieste estorsive, o peggio stabiliscono relazioni più coinvolgenti
con le organizzazioni mafiose. Un
ruolo decisivo non può che spettare alle associazioni di
categoria. In
questi anni l’esperienza antiracket è nata da un lato come iniziativa
spontanea e di base di gruppi di operatori economici; dall’altro lato come
frutto di un significativo impegno da parte delle associazioni dei
commercianti (Confcommercio – Confesercenti). Adesso,
se si vuole “sfondare”, realizzare questa nuova dimensione di massa del
movimento antiracket, le altre associazioni, in particolare quelle degli
industriali, devono assumere in prima persona una forte iniziativa
politica. Ciò
è tanto più necessario nella misura in cui le estorsioni, come una delle
forme più pericolose di condizionamento criminale, costituiscono un serio
ostacolo ad ogni possibilità di sviluppo. La
grande impresa può trovare nell’opposizione al racket anche una ragione di
“convenienza” nella misura in cui si ricostruiscono condizioni di libertà
nel mercato tali da offrire migliori opportunità
d’investimento. Sarebbe
davvero un peccato non sfruttare gli elementi di novità di questa nuova
fase, aperta con l’applicazione della L.44/99; sarebbe colpevole sottrarsi
alla necessità di questo nuovo impegno. Una
iniziativa su cui vogliamo richiamare l’attenzione, a nostro giudizio
importante e foriera di interessanti sviluppi, è quella assunta dal
Prefetto di Catania. In
occasione di una riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la
Sicurezza pubblica, allargato ai rappresentanti delle associazioni
antiracket e delle associazioni di categoria, si è deciso di costituire un
tavolo comune, presieduto dal Prefetto, tra le istituzioni, forze
dell’ordine e Prefettura, e le associazioni di categoria ed
antiracket. L’obiettivo
è, da un lato, quello di sollecitare in maniera stringente le associazioni
di categoria a diventare per i propri associati un punto di riferimento
per le problematiche relative ai fenomeni estorsivi e usurari e, dall’altro,
quello di costruire una fruttuosa relazione con l’esperienza delle associazioni
antiracket. Il
Prefetto diventa, nella qualità di Presidente del Comitato Provinciale,
il punto di riferimento per le associazioni di categoria, il soggetto
istituzionale a cui far riferimento per segnalare situazioni di insicurezza
degli operatori economici. In
questa prospettiva virtuosa si realizza una crescita della collaborazione
degli operatori economici decisiva per il ridimensionamento definitivo dei
fenomeni estorsivi. Ripetiamo
una cosa già altre volte detta: il problema della libertà del mercato dai
condizionamenti criminali non può essere materia esclusiva delle
istituzioni: decisiva è la collaborazione degli operatori
economici. Fra
l’altro in questi dieci anni di esperienza antiracket si sono notevolmente
affinati gli strumenti di contrasto da parte delle forze
dell’ordine. Si
è in grado di garantire il massimo risultato con il livello più basso di
esposizione della vittima: attraverso il modello associazionistico si può
ottenere un risultato rilevante sotto il profilo giudiziario, in alcuni
casi, anche senza la formalizzazione della denuncia. Per
questa ragione riteniamo di presentare come modello da seguire
l’iniziativa presa dalla Prefettura di Catania. 2.
L’associazionismo antiracket: un modello per la sicurezza degli operatori
economici L’esperienza
delle associazioni antiracket che ha garantito significativi risultati
sotto il profilo della sicurezza degli operatori economici che si sono
opposti alle estorsioni può essere, riteniamo, un valido modello da
sperimentare anche in situazioni che non richiamano necessariamente
esperienze estorsive, ma che mettono in maniera più generale in
discussione la sicurezza degli operatori economici. Per
tale ragione ci permettiamo di sottoporre ad una generale valutazione
l’opportunità di sollecitare iniziative di questo tipo anche in aree non
tradizionalmente segnate dalla presenza mafiosa, in particolare nelle aree
del centro-nord. Il
commerciante di una media città del nord che subisce delle rapine, che si
sente sempre più esposto sotto il profilo della propria sicurezza
personale, che avverte la minaccia di componenti criminali esterne alla
propria comunità, può trovare nel modello associativo un’efficace risposta
alla propria insicurezza. Intanto,
la condivisione con altri operatori economici del proprio sentimento
di insicurezza ha come effetto inevitabile quello di ridurre
la percezione stessa di tale insicurezza. La paura, lo abbiamo più volte
detto, cammina di pari passo con la condizione di solitudine e di isolamento:
quanto più il problema della sicurezza è ristretto in ambito individuale,
quanto maggiore è l’allarme che esso produce. Essere in tanti, essere
con altri colleghi, offre una maggiore tranquillità. C’è
poi un aspetto più operativo. Gli atti di criminalità comune, ad esempio
le rapine, sono comunque l’effetto di un insufficiente controllo del
territorio; il problema decisivo è capire che riconquistare la padronanza
di un determinato territorio non è questione che possa essere
esclusivamente risolta nell’ambito dell’iniziativa delle forze
dell’ordine: il problema non si risolve con una o più pattuglie presenti
più tempo sul territorio; la soluzione decisiva dipende dall’assunzione da
parte dei soggetti che vivono su quel territorio del problema del suo
controllo come un problema proprio; quindi dipende dal livello di
attivazione degli stessi operatori economici. Solo
se i commercianti, associati tra loro, riescono a collaborare con le forze
dell’ordine quel territorio lo si potrà dire realmente controllato. E,
proprio perché organizzati, quei commercianti possono stabilire con le
forze dell’ordine forme di collaborazione informali, ma non per
questo meno efficaci: basta alle volte segnalare al funzionario o
all’ufficiale che è divenuto referente dell’associazione, una
presenza sospetta, un movimento strano, qualcosa comunque di
anormale. Ancora
più fondamentale è che questa forma di organizzazione da un lato e di
collaborazione dall’altro si attivi non sotto la spinta di fatti clamorosi
che sollecitano risposte di emergenza, ma a freddo; non quando vi è
la rapina con il morto che sollecita risposte emotive, ma nell’ordinaria
quotidianità. Questo
tipo di risposta realizza la giusta e positiva aspirazione al
protagonismo, ma non ha niente a che vedere con il modello delle
ronde, molto spesso costituite in polemica con le istituzioni se
non con un atteggiamento di sfida. Quando
si parla di problemi di sicurezza non può esserci una risposta che
prescinda da un’intesa con le forze dell’ordine: una iniziativa del tutto
autonoma e distaccata non sarebbe altro che una iniziativa demagogica o
velleitaria, oltre che pericolosa, che non potrebbe assicurare alcun
concreto risultato; poiché si tratta di assicurare più sicurezza la strada
obbligata è quella della collaborazione con le forze
dell’ordine. Un
modo concreto di operare potrebbe essere quello della costituzione di
associazioni di quartiere o di strada; oggi una iniziativa di questo tipo
può contare sulla certa disponibilità delle istituzioni a partire dai
Prefetti. Immediatamente si deve stabilire un rapporto con la forza di
polizia che opera sul territorio, che deve indicare all’associazione chi è
il funzionario a cui fare riferimento; i commercianti associati devono
sapere che in ogni momento possono fare riferimento a questa
persona. Una
delle cose più importanti delle associazioni antiracket è stata che
le stesse associazioni rappresentavano i problemi di sicurezza come
esse li vivevano per sollecitare interventi mirati in una zona piuttosto
che in un’altra, in un momento piuttosto che in un altro. E’
più facile di quanto si immagini: se questo modello ha funzionato in
regioni come la Sicilia o la Calabria dove la presenza mafiosa è radicata
in una mentalità, in una abitudine, in una storia, tanto più agevole sarà
in zone dove questa presenza ancora oggi si manifesta in maniera
marginale. Qui
è più facile, anche perché la criminalità che allarma molto spesso è
esterna alla comunità e quindi non gode di quel radicamento sociale
che invece è proprio della mafia. In un’area della Lombardia o del Veneto
si può ottenere un importante risultato con molto meno impegno di quello
necessario nelle regioni meridionali. C’è
un problema politico e
culturale da affrontare e risolvere: è ancora troppo radicata
l’idea che il problema della sicurezza sia da delegare in toto alle forze
di polizia; è insufficiente la consapevolezza che solo attraverso
l’assunzione della responsabilità individuale e collettiva, si può
conseguire un risultato duraturo. 3.
L’attività del Comitato Sono
trascorsi oltre sette mesi dall’insediamento del Comitato di
solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura. Vi è stata
dall’inizio ad oggi una costante tensione nell’attività deliberativa; da
due a tre sono state le sedute settimanali: un importante risultato
conseguito grazie alla disponibilità dei componenti il Comitato e
dall’insieme della struttura, funzionari e dipendenti dell’Ufficio del
Commissario e dell’Ufficio di Supporto. Il
Comitato ha discusso ben 514 istanze, assumendo quasi 300 delibere. In
questo periodo (sino alla seduta del 28 luglio 2000) sono stati erogati
quasi 19 miliardi di lire. Per
l’estorsione, su 206 istanze esaminate, 54 sono state accolte per un
totale erogato di oltre 15 miliardi; 59 invece sono state le istanze
non accolte. Per
l’usura, su 308 istanze esaminate, sono stati deliberati 29 accoglimenti
per un totale di quasi 3 miliardi e mezzo, mentre 141 sono state le
istanze respinte; la maggior parte di queste ultime perché l’istante
non risulta parte offesa nel procedimento penale (40) o perché sono
state presentate fuori termine (65). Per
quanto riguarda la distribuzione geografica, per le domande di estorsione,
al primo posto per gli accoglimenti vi è la Sicilia con ben 20 istanze,
seguita dalla Calabria con 10 istanze, dalla Campania con 7, dalla
Basilicata con 6, dalla Puglia con 4. Per
quanto invece riguarda gli accoglimenti per l’usura, al primo posto vi è
il Lazio con 5 istanze, seguito da Sicilia, Toscana e Calabria, con 4
istanze ciascuna, dalla Lombardia con 3. Roma,28-7-2000
(Tano Grasso) ATTIVITÀ
DEL COMMISSARIO MESE DI GIUGNO
2000 Rapporti
con le Associazioni 13 giugno:
Cassino, incontro con la locale associazione antiusura “SOS usura” 24 giugno:
Siracusa, assemblea nazionale FAI (Federazione Associazioni
Antiracket) 24 giugno:
Rosolini (SR), inaugurazione della sede comunale dell’associazione
antiracket ed antiusura “S. Adamo” 25 giugno:
Pachino (SR), ottavo anniversario dell’associazione pachinese
antiracket Iniziative
sul territorio 3 giugno:
Milano, convegno organizzato da Omicron, in materia di usura, con l’On.
Nando Dalla Chiesa 7 giugno:
Bari, tavola rotonda sul tema del gioco d’azzardo, organizzata dalla
Fondazione Antiusura San Nicola con il Procuratore Nazionale Antimafia
Pier Luigi Vigna 8 giugno:
Palermo, presentazione della “prima” del film di Lucio Gaudino “Prime
luci dell’alba” 9 giugno:
Calimera (Le), dibattito pubblico sull’estorsione e l’usura organizzato
dall’associazione calimerese esercenti e artigiani 10 giugno:
Perugia, Convegno organizzato dalla CGIL sui temi della sicurezza 12 giugno:
Palermo, Convegno organizzato dal Censis in materia di economia e
criminalità 15 giugno:
Frascati (RM), terzo Congresso nazionale ADICONSUM 20 giugno:
Roma, presentazione del libro di Umberto Santino “Storia del movimento
Antimafia” 21 giugno:
Padova, Convegno sui temi della sicurezza organizzato dalla Confesercenti,
con le autorità locali 26 giugno:
Roma, presentazione del libro di Antonio Roccuzzo “Il silenzio è d’oro (e
di piombo)” 27 giugno:
Roma, Assemblea nazionale Confesercenti Rapporti
istituzionali 6, 8, 13, 20, 27, 28
giugno:
Roma, sedute del Comitato di Solidarietà per le vittime delle richieste
estorsive e dell’usura 2 giugno:
Roma, partecipazione alla Festa della Repubblica presso il
Quirinale 13 giugno:
Roma, riunione per l’organizzazione della Campagna di informazione presso
la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per
l’editoria 14 giugno: Roma, incontro con il Presidente
della Commissione parlamentare antimafia, On. Giuseppe
Lumia 15 giugno:
Roma, incontro con il Procuratore nazionale antimafia Pier Luigi
Vigna 20 giugno:
Roma, incontro con il Capo di gabinetto del Ministero dell’interno
Prefetto Sorge 21 giugno:
Roma, incontro con il Direttore dell’ABI, Avv.
Granata 29 giugno: Catania, Comitato
provinciale per l’Ordine e le Sicurezza Pubblica allargato ai
rappresentati delle Associazioni antiracket e di categoria. |