QUATTORDICESIMA
RELAZIONE DEL
COMMISSARIO PER IL COORDINAMENTO
DELLE INIZIATIVE
ANTIRACKET ED ANTIUSURA
Gennaio
2001 1. Le prospettive
dopo la prima Conferenza nazionale La prima Conferenza nazionale contro l’estorsione
e l’usura, che si è tenuta a Roma il 16 e 17 gennaio scorsi, costituisce uno
spartiacque nella lotta al racket e all’usura. Per la prima volta si sono
verificate due condizioni che insieme rappresentano la più importante novità
degli ultimi anni. In primo luogo, si sono riuniti insieme soggetti tra di
loro diversi, per storia e per cultura, però insieme impegnati nelle
iniziative di solidarietà: le associazioni antiracket, costituite “dal basso”
su base volontaria, prevalentemente da piccoli commercianti, con una forte
connotazione di iniziativa antiestorsiva; le associazioni e fondazioni
antiusura, la maggior parte delle quali costituite in ambito ecclesiale con
l’obiettivo prevalente di operare in termini di prevenzione attraverso gli
strumenti della solidarietà; i confidi, costituiti quasi esclusivamente
nell’ambito delle associazioni di categoria. Non era mai accaduto prima che
queste tre realtà associative si trovassero insieme a discutere per impostare
una comune strategia. In secondo luogo assai efficace è stato
l’incontro con “i vertici” dello Stato, a partire dal Presidente della
Repubblica. Non era mai successo che le realtà associazionistiche si incontrassero
con le più alte cariche istituzionali: questo elemento, da un lato, trasmette
un forte messaggio di incoraggiamento a quanti sono già impegnati nelle
iniziative di contrasto; dall’altro, offre una straordinaria “copertura”, una
condivisione del problema, a quanti si trovano a convivere con il quotidiano
problema delle richieste estorsive o delle realtà usurarie. Questi due nuovi fatti pongono le premesse per
realizzare la auspicata e necessaria svolta nell’iniziativa antiracket ed
antiusura. Se si è realizzata finalmente una ramificata rete
associazionistica, se vi sono questi nuovi significativi segnali di
attenzione istituzionale, tutto questo costituisce però solo una premessa,
una nuova premessa. In questo senso la prima Conferenza rappresenta
uno spartiacque tra un prima
segnato dall’impegno appassionato di donne e uomini, volontari, coraggiosi, e
un dopo, che deve ancora venire,
che deve far diventare un’esperienza di massa il movimento antiracket ed
antiusura. Questo obiettivo è imposto dalla realtà: è la
drammatica diffusione dei fenomeni, soprattutto in alcune aree del Sud, a
rendere indispensabile una nuova fase. Non bisogna mai dimenticare, ad
esempio, le alte percentuali di condizionamento criminale in alcune parti
della Sicilia, della Campania, della Calabria, della Puglia. Nella Conferenza, riprendendo il messaggio della
campagna di informazione, si è posta al centro la strategia della
convenienza, la convenienza a denunciare per chi è vittima di usura e di
estorsione. Attraverso questa strategia si può realmente conseguire quella
dimensione di massa di cui si è detto. Su questa strada è fondamentale
superare quello che è il limite politico più evidente di 10 anni di
iniziativa. Proprio per la ampia diffusione dei fenomeni, non è più possibile
che essi vengano affrontati in una prospettiva settorialistica, che essi
siano solo questioni delegate o da delegare ai soggetti tradizionalmente
impegnati su questo fronte. E’ assolutamente indispensabile uscire dal
“recinto”, che rischia di diventare per tutti “noi” (associazioni,
fondazioni, confidi, Commissario) un luogo consolatorio e autoreferenziale;
non può più bastare sentirsi dire “bravi, siamo con voi, andate avanti”,
serve il coinvolgimento forte di altri soggetti, sociali ed istituzionali,
perché questa battaglia deve diventare battaglia di tutti. Da questo punto di
vista è fondamentale il coinvolgimento delle grandi associazioni di
categoria, in particolare di quella della grande industria. Nel corso della Conferenza sono emerse alcune
connotazioni delle realtà associazionistiche che vanno salvaguardate e
potenziate. In primo luogo il loro carattere apartitico: queste esperienze
non possono essere ridotte a realtà di parte, devono essere patrimonio comune
dell’intero Paese; proprio l’aver mantenuto una dimensione apartitica ha
costituito elemento di forza, ed elemento non secondario per la lunga durata
di queste esperienze. L’altro carattere che va potenziato è la dimensione di
volontariato che costituisce una straordinaria ricchezza ed è fonte di
motivazione. Infine va potenziata, e significativamente arricchita,
l’iniziativa per offrire una sempre più qualificata assistenza e consulenza
alle vittime di estorsione e di usura. La Prima Conferenza costituisce uno spartiacque
rispetto ad un percorso iniziato 10 anni addietro, in un tempo in cui non si
aveva alcuna consapevolezza della diffusione e dell’insidia che costituivano
questi fenomeni; in 10 anni si è costruita una nuova realtà, sia sotto il
profilo legislativo sia sotto quello associazionistico. Si sono conseguiti
risultati che ovviamente sono inadeguati rispetto ai problemi posti dalla
realtà; si può ben dire però che il bicchiere adesso è mezzo pieno: riempirlo
non è più compito solo “nostro”. 2. Convenzione fra il Direttore Generale della Pubblica Sicurezza ed
il Commissario
Il
9 febbraio 2001 è stata firmata una convenzione fra il Commissario per il
coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura ed il Direttore
Generale della Pubblica Sicurezza, Prefetto Gianni De Gennaro. Questa
convenzione si inserisce in una più ampia strategia di cooperazione
nell’ambito del Programma Operativo “Sicurezza per lo Sviluppo del
Mezzogiorno d’Italia”. Tra gli obiettivi perseguiti dalla Comunità europea
attraverso i Fondi strutturali vi è infatti la promozione di uno sviluppo
armonioso, equilibrato e duraturo delle attività economiche, e i fenomeni
dell’estorsione e dell’usura rappresentano un serio ostacolo alla
realizzazione di tale obiettivo. Date queste premesse e considerato che la
normativa in vigore assegna al Commissario attribuzioni di coordinamento
delle iniziative e di ogni altra attività delle amministrazioni pubbliche, si
sono rinvenuti spazi di sinergia fra le competenze e le iniziative del
Commissario, con particolare riferimento alle attività di studio, ricerca e
formazione di settore, tese alla diffusione di una coscienza antiracket ed
antiusura, e quelle del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, quale Autorità
di gestione del Programma Operativo “Sicurezza per lo sviluppo del
Mezzogiorno d’Italia”. E’ stata dunque definita una procedura di
consultazione per una concertazione istituzionale
mirata tra il Dipartimento della Pubblica Sicurezza e l’Ufficio del
Commissario, che si avvarrà, tra l’altro, di funzionari referenti individuati
dalle due strutture. Le parti si sono impegnate a
scambiarsi periodicamente materiale informativo o documentale che possa
risultare di reciproco beneficio, con particolare riferimento alla disciplina
di settore, al quadro delle azioni e delle partnership istituzionali avviate
ed ai relativi risultati attesi o conseguiti. Allo stesso tempo potranno
essere posti a fattore comune elementi di aggiornata conoscenza sulle
dinamiche criminali sul territorio, sull’incidenza della criminalità sullo
sviluppo socioeconomico delle aree territoriali, sulla efficacia degli
strumenti di prevenzione e repressione.
Le medesime parti si sono inoltre
impegnate ad informarsi tempestivamente sulle iniziative di rilievo strategico,
nell’ambito delle rispettive aree di intervento istituzionale, ricercando i
possibili spazi di concertazione per una partecipazione congiunta e
coordinata.
L’Autorità di gestione del Programma
Operativo “Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno d’Italia” si è
impegnata, nell’ambito della progettazione e programmazione delle attività di
sensibilizzazione tese alla diffusione della cultura della legalità, a porre
il massimo rilievo alle problematiche afferenti l’estorsione e l’usura,
considerata l’eccezionale valenza negativa che tali fenomeni producono sullo
sviluppo del tessuto socio-economico delle aree meridionali che ne sono
afflitte. Il Commissario per il coordinamento
delle iniziative antiracket ed antiusura, nell’ambito delle proprie competenze
istituzionali, si è impegnato a valorizzare al massimo le iniziative condotte
nel quadro del Programma Operativo “Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno
d’Italia” e degli altri programmi d’impiego dei Fondi Strutturali incidenti
sul quadro della sicurezza, valutando anche la possibilità di supportare le
azioni con propri esperti di settore, specie per le attività di
sensibilizzazione e formazione condotte nei territori maggiormente colpiti
dalle piaghe dell’estorsione e dell’usura. 3.
L’applicazione della legge Nei giorni 7 e
8 febbraio 2001 si sono svolti, presso la Scuola Superiore
dell’Amministrazione Civile dell’Interno, i lavori della seduta seminariale
del Comitato di Solidarietà,
allargata ai funzionari referenti delle Prefetture, dedicata
all’approfondimento di alcune problematiche relative all’applicazione della
legge. Si richiama l’attenzione sulle principali questioni affrontate (sulla
riapertura dei termini a seguito della nuova legge finanziaria, si veda la
circolare prot. n. 194/BE del 15-2-2001). a) L’impresa familiare
Il Comitato riprende e
approfondisce un argomento già trattato nella seduta seminariale del
31-1-2000 (vedi relazione gennaio 2000). Si verifica, sovente, che
l’istruttoria di talune istanze faccia emergere una situazione di fatto
indicata quale “impresa familiare”, in una accezione sociale. In effetti, le
situazioni esposte sovente non corrispondono, in alcuni aspetti tecnici,
all’impresa familiare in senso tecnico. L’impresa familiare è un
istituto giuridico introdotto dalla legge di riforma del diritto di famiglia
con l’introduzione nel codice civile di un articolo unico, il 230 bis. In
esso l’impresa familiare è intesa come quella nella quale prestano in modo
continuativo la propria attività i familiari - intendendo per essi i coniugi,
i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo - non legati tra
loro da diversi vincoli contrattuali. Il familiare ha diritto al
mantenimento, partecipa agli utili e alla crescita dell’azienda; l’amministrazione
della stessa, invece, compete al titolare che è il solo ad avere la qualifica
di imprenditore. L’impresa familiare ha, pertanto, natura
individuale e non collettiva (societaria o non); i diritti dei collaboratori
rilevano solo sul piano obbligatorio nei confronti del titolare; il
collaboratore non è soggetto al rischio di impresa, non fallisce; il titolare
assume in proprio i diritti e le obbligazioni nascenti dai rapporti con i
terzi e risponde illimitatamente e solidalmente con i suoi beni personali,
diversi da quelli comuni e indivisi dell’intero gruppo. Il
legislatore fiscale (art. 5 T.U.I.R., comma 4) chiarisce che solo il 49% del
reddito prodotto dall’impresa familiare può essere attribuito ai
collaboratori familiari, mentre il 51% dovrà, in ogni caso, essere imputato
al titolare. Peraltro, ai fini dell’imposizione fiscale, l’imputazione ai
collaboratori familiari è subordinata: ·
alla continuità e
non occasionalità dell’attività lavorativa prestata nell’ambito dell’impresa familiare
ed alla prevalenza di essa su qualsiasi altra attività; ·
alla
costituzione dell’impresa familiare per atto pubblico o scrittura privata di
data anteriore al periodo d’imposta; ·
alla
proporzionalità tra le quote di partecipazione e la qualità e la quantità del
lavoro prestato dal familiare collaboratore. Le situazioni di fatto che, invece,
sono emerse dall’esame delle istanze da parte del Comitato del Fondo di
solidarietà riflettono, spesso, condizioni di implicita trasformazione di quella
che era l’impresa di un nucleo familiare, centrata sulla figura del titolare,
spesso artigiano, in una società di fatto a causa di una serie di fattori a
seconda dei casi traumatici (morte, fallimento) ovvero naturali, quali
l’anzianità del titolare, il superamento della sua professionalità, anche
tecnologica, a fronte della acquisita e diversa specializzazione di figli e
generi i quali, a loro volta, hanno costituito nuclei familiari che vivono e
si alimentano dei profitti dell’impresa individuale. Quest’ultima, tuttavia,
continua a restare nella titolarità originaria, spesso per il buon nome del
titolare (valore di avviamento), magari in attesa che al pensionamento dello
stesso l’attività venga divisa tra i figli ovvero continui in una regolarizzata
situazione societaria. Per ragioni socio-economiche questo
gruppo di persone agisce ed opera in “società”, esercitando in comune
un’attività economica allo scopo di dividersi gli utili. La società di fatto,
ancorché non esista tra i pari, può, tuttavia, apparire esistente di fronte
ai terzi di buona e di mala fede perché, di fatto, tutti o taluni tra i
collaboratori familiari agiscono come esercenti, come conduttori in proprio
dell’impresa, talché, trattando con i terzi, questi ultimi sono indotti a far
legittimo affidamento sull’esistenza e responsabilità della società
apparente. Il fallito, che dopo anni di
permanenza nel settore commerciale specifico lavora alle dipendenze di ditta
individuale intestata al familiare, può essere sentito e accreditato come
cointeressato all’attività intestata al familiare e come tale può essere
oggetto della intimidazione estorsiva diretta all’impresa. Le situazioni descritte possono
ricevere accoglimento, valutate caso per caso, secondo le risultanze
dell’istruttoria svolta dalla Prefettura, atteso che l’art. 3 della L. n.
44/99 fa riferimento alla figura di “esercente” quale soggetto legittimato
all’accesso; quindi a chi amministra e conduce direttamente, nel proprio
interesse, un’impresa, un negozio, un esercizio pubblico. Quanto sopra deve condurre,
nell’applicazione di una normativa di tutela dell’impresa vittima di
criminalità estorsiva o usuraria, a puntualizzare realisticamente che ai fini
della individuazione delle fattispecie di accesso al Fondo di solidarietà va
posto riguardo innanzitutto: ·
alla unicità dell’impresa danneggiata; ·
alla unitarietà della tutela del danno correlato ad essa
o a causa di essa, anche se tale danno è ricaduto su un bene appartenente a
collaboratore. In definitiva il racket (in cui viene
identificata la fattispecie estorsiva ex articolo 3) aggredisce la fonte di
reddito, cioè l’impresa del nucleo familiare-economico, non il solo titolare:
la richiesta estorsiva, ai fini della fattispecie di accesso al Fondo di
solidarietà, può riguardare il collaboratore non titolare; allo stesso modo,
il danno può essere rivolto al bene mobile o immobile, all’integrità fisica
del collaboratore; entrambi trovano motivazione e riferimento nell’impresa
comune. Si può concludere: 1. che il danno
arrecato al bene di proprietà del collaboratore-familiare originato da
richieste estorsive attinenti all’impresa è risarcibile ai sensi dell’art. 3
della L. 44/99 anche come pregiudizio di mancato guadagno subito; 2. che la
richiesta estorsiva diretta al collaboratore ritenuto cointeressato
nell’ambito del mercato, quale socio di fatto, va considerata come
fattispecie di richiesta estorsiva e può motivare l’istanza di accesso
presentata dal titolare dell’impresa alla quale in concreto l’estorsione fa
riferimento. b) Le associazioni
Si è richiamata l’attenzione dei
referenti sull’attuazione della disciplina sulle associazioni di cui al
D.P.R. n. 451/1999, sottolineando il ruolo delle associazioni e delle
fondazioni nella normativa vigente sin dalla fase di avvio del procedimento
di accesso ai benefici del Fondo, nonché il coinvolgimento istituzionale
delle stesse nell’attività deliberativa in quanto componenti del Comitato e,
in sede locale, nelle occasioni di valutazione dell’andamento e
dell’incidenza dei fenomeni estorsivi ed usurari, nell’ambito di sedute
allargate dei Comitati Provinciali dell’Ordine e della Sicurezza pubblica. Nell’invitare
i rappresentanti delle Prefetture a fornire contributi di esperienza e suggerimenti
sui criteri di intervento legislativo, si è sottolineata la necessità di: ·
una verifica,
almeno annuale, della rispondenza delle associazioni e fondazioni iscritte
nei registri prefettizi ai requisiti che ne hanno legittimato l’iscrizione; ·
una verifica della
rispondenza agli scopi, secondo standard di efficienza, imparzialità, buon
funzionamento che devono caratterizzare la partecipazione ad attività
“pubblica”. Al riguardo risulterebbe opportuno raccogliere tutti i dati
statistici utili per accertare l’attività svolta dall’organizzazione
nell’anno precedente, con particolare riferimento alle attività per le quali
è chiesto un compenso o una retribuzione; ·
una
ricognizione-accertamento delle attività pubblicizzate da soggetti non
iscritti negli elenchi prefettizi né nell’Albo del Ministero del Tesoro; ·
una attenzione,
costante e scrupolosa, alla riservatezza nella trattazione delle istanze, la
violazione della quale può comportare non solo infrazioni alla normativa
sulla privacy ma, altresì, rischi alla persona. Sul piano delle proposte normative, il Comitato
ritiene necessario un allargamento delle situazioni soggettive ostative di
cui all’allegato 1 del D.M. 614/96. c) Il piano di investimento e di utilizzo
Sulla base dell’esperienza svolta nel corso
dell’anno, è stata avviata una riflessione sull’applicazione dell’art. 14,
comma 5, L. 108/96 laddove la norma finalizza il piano di utilizzo e di
investimento della somma concessa a mutuo “al reinserimento della vittima
nell’economia legale”, quest’ultimo scopo esplicito della normativa. L’attività del Fondo non è quella di un curatore
fallimentare, finalizzata al soddisfacimento dei creditori, bensì è quella di
eliminare le distorsioni del mercato che derivano dall’usura, curando il
reinserimento di operatori economici che se ne sono voluti affrancare. Premessi i concetti di investimento (momento
propositivo-preventivo) e utilizzo (attinente alla fase applicativa del
mutuo), si conviene che il solo ripianamento delle posizioni debitorie, senza
opportuni nuovi investimenti, non mette al riparo l’azienda da nuovi
eventuali situazioni di crisi di liquidità. In attesa che all’applicazione “aperta” dei
suddetti piani possa associarsi l’auspicata introduzione della figura del
Tutor, può risultare opportuno e confacente alla finalità della L. 108/96 che
le competenti Prefetture pongano, nella esplicitazione del parere di
congruità, le seguenti circostanze: ·
soddisfacimento,
anche in via transattiva, delle esigenze di accesso al credito bancario; ·
soddisfacimento di
crediti verso i fornitori essenziali; ·
necessità di
previsione di nuovi investimenti. In ogni caso
è indispensabile che il parere di congruità sia adeguatamente motivato
anche con riguardo ai piani previsti, compreso quello di restituzione a seguito
delle risultanze di accertamenti svolti, specie sotto il profilo della
validità delle garanzie, nonché della valutazione di una idonea conferenza di
servizio. Certamente un’adeguata valutazione della
congruità del piano di investimento e della capacità di restituzione deve
partire dalla base di documenti fiscali precedenti e concomitanti l’evento
dannoso, ma deve essere corroborata da proiezioni, effettuate con l’ausilio
di sistemi di valutazione che tengano conto delle effettive capacità personali
dell’imprenditore, dei mezzi rientrati a sua disposizione per alimentare il
ciclo aziendale e del contesto del mercato. Occorre tenere presente che la
restituibilità solo indirettamente può essere dimostrata dal reddito netto
aziendale, in quanto il pagamento incide sulla gestione finanziaria
dell’azienda e quindi va analizzato,
principalmente, con i possibili flussi di cassa positivi, che non sono
necessariamente legati alla redditività netta. Il Comitato ritiene necessario acquisire notizie
sugli esiti del reinserimento nell’economia legale dei soggetti mutuatari ai
fini di una valutazione della validità dello strumento. A tal fine il
Comitato invita le Prefetture a valutare l’opportunità di relazionare
annualmente sulle dinamiche di reinserimento del soggetto beneficiato. d) La sospensione dei termini
Talune problematiche applicative dell’art. 20
della L. 44/99, connesse alla pendenza del procedimento di elargizione di
mutuo a causa del protrarsi del procedimento penale correlato oltre il tempo
massimo di sospensione (300 giorni), possono riproporsi con maggiore
frequenza a seguito della rimessione in termini prevista dall’art. 145, comma
26, della legge finanziaria 2001. Tale eventualità, considerate le
testimonianze addotte dai referenti presenti al seminario, potrebbe risultare
abbastanza frequente. La motivazione della “rimessione” è consistita
nella opportunità di “ripescare”, ai fini dell’accesso al Fondo di
solidarietà, quelle vittime meritevoli, ancora imprenditori nonostante le
traversie economiche e giudiziarie subite per fatti estorsivi o usurari. Una interpretazione della procedura di
sospensione (voluta per evitare che nelle more del procedimento erogativo il
soggetto potesse perdere la qualifica di imprenditore perché fallito ovvero
venisse appesantita ulteriormente la sua esposizione debitoria) assolutamente
testuale, e pertanto vincolata alla circostanza che il termine dei 300 giorni
sia stato già fruito in tutto o in parte, condurrebbe il Prefetto competente
ad esprimere parere contrario sull’eventuale istanza di sospensione
presentata unitamente alla nuova istanza di accesso ex lege n. 388/2000. Si
è del parere, invece, che possa essere presa in opportuna valutazione la
possibilità, fatta l’istruttoria di rito, di esprimere parere favorevole ad
un ulteriore periodo di sospensione ovvero alla protrazione del periodo di
sospensione, allorché la funzione dell’istituto in entrambi i casi non sia
venuta meno, a causa di fattori esterni al comportamento dell’istante, quali
quelli che possono derivare dai tempi di resa giustizia e, come nel caso in
questione, dall’intervento di una normativa sui termini, più favorevole alla
vittima. Roma, 22-2-2001 (Tano
Grasso) ATTIVITÀ
DEL COMMISSARIO mese di gennaio 2001 Iniziative sul territorio 11 gennaio: Roma, convegno sull’usura organizzato dai Democratici di Sinistra 24 gennaio:
Napoli, convegno sull’usura organizzato dalla Confesercenti Rapporti istituzionali 9, 18, 25, 31 gennaio: Roma, sedute del Comitato di Solidarietà per le
vittime delle richieste estorsive e dell’usura 12 gennaio:
Roma, partecipazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario 16 e 17 gennaio: Roma, prima Conferenza nazionale contro l’estorsione e l’usura,
alla presenza del Presidente della Repubblica 20 gennaio:
Palermo, partecipazione alla cerimonia per il passaggio delle consegne del
Comandante regionale dell’Arma dei Carabinieri 24 gennaio:
Napoli, Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica allargato
alle associazioni di categoria 31 gennaio: Roma, audizione presso l’Osservatorio sulla criminalità e la
Giunta esecutiva del Forum delle Associazioni antiracket ed antiusura
|
Testo ospitato sul
sito
www.antiracketusura.it