NONA RELAZIONE
DEL
COMMISSARIO PER IL
COORDINAMENTO
DELLE
INIZIATIVE ANTIRACKET ED
ANTIUSURA Maggio
2000
Il
31 maggio e il 1° giugno si è svolta la seconda riunione seminariale del
Comitato di Solidarietà per le vittime dell’estorsione e dell’usura
allargata ai referenti delle Prefetture. In questa sede si è fatto il
punto su alcune questioni emerse in questi primi mesi di applicazione
della legge e sono state svolte alcune significative valutazioni, utili
alla successiva applicazione della legge. Si
sono definite alcune linee guida nell’interpretazione della legge che,
comunque, non possono considerarsi definitive né esaustive delle
possibilità di applicazione della normativa. In
particolare, fra l’altro, ci si è soffermati sui seguenti argomenti:
A.
Valutazione equitativa nelle procedure di accesso al Fondo di Solidarietà,
con particolare riferimento all’applicazione dell’art. 14 della legge
108/1996. Il
criterio di valutazione “in via equitativa” estende la sua applicazione
anche alla procedura per l’accesso al Fondo di solidarietà di cui all’art.
14 della legge 108/1996. In
merito alla sua applicazione:
B.
Omissione o ritardo di integrazioni istruttorie nella procedura di accesso
al Fondo di Solidarietà: le determinazioni da assumere sulla sorte del
procedimento. Il
dibattito sviluppatosi sul tema ha consentito di pervenire alla
determinazione di distinguere i due seguenti casi: ·
quello
in cui gli atti e le informazioni da integrare siano espressamente
richiesti quali elementi essenziali dell'istanza, ai sensi degli artt.7, 9
e 10 del D.P.R., n. 455/1999: in
tal caso, può essere considerata la possibilità di una prima diffida
(termine entro cui provvedere: 30 giorni) a produrre la documentazione
integrativa al momento della ricezione dell'istanza e, successivamente, di
una seconda diffida (termine entro cui provvedere: 15 giorni dopo la
scadenza dei 60 previsti per l’istruttoria), allorché, decorso
infruttuosamente il tempo dell'istruttoria (60/90 giorni), il Prefetto
competente dovrà trasmettere il rapporto di cui all'art.11, comma 3,
D.P.R.455/1999. La
contestazione - diffida deve essere: 1.
redatta
per iscritto; 2.
corredata
di motivazione e di previsione delle
conseguenze; 3.
indicativa
di un congruo termine per provvedere; 4.
formalmente
comunicata. Ciò
non impedirà al Comitato, di considerare, poi, sospeso il corso dei
termini o di intimare all’interessato un’ulteriore diffida; ·
quello
in cui gli elementi sono richiesti ad uffici pubblici ovvero all’Autorità Giudiziaria solo ai
fini della valutazione dell'accoglibilità di un'istanza: il
Comitato, specie nel caso di mancato parere del P.M., ritenuto
indispensabile, potrà decidere di sospendere la procedura deliberativa
sull’istanza, per un periodo di tempo congruo in relazione alla natura
delle problematiche che impediscono l’acquisizione del
parere. C.
Presentazione della domanda di accesso al Fondo.
Termini. Si
riassumono, in via indicativa, le sottonotate situazioni con le
interpretazioni correlate, circa i termini ritenuti validi per l’accesso
al Fondo di Solidarietà; la questione, purtroppo, assume una
particolare rilevanza per le istanze delle vittime di usura (non sono
poche le domande non accolte perché fuori termine): 1) denuncia
di usura:
nei successivi 180 giorni potrà essere presentata domanda (ciò potrebbe
favorire la sospensione ex art. 20); 2) notizia
riscontrabile in atto processuale significativo dell’inizio delle
indagini
(tali sono quelli di cui è obbligatoria la notifica alla parte offesa,
ovvero quelli attraverso cui l’interessato può acquisire la notizia di
essere parte offesa): nei successivi 180 giorni potrà essere presentata
istanza di accesso.
Tra gli atti di cui sopra sono infatti da inserire le notifiche di
ufficio (informazione di garanzia – art. 369 c.p.p.; la citazione in
qualità di persona offesa – art. 377 c.p.p.; la richiesta di proroga di
indagini preliminari – art. 406 c.p.p.; la richiesta di incidente
probatorio – art. 395 c.p.p.; l’avviso di fissazione dell’udienza
preliminare a seguito della richiesta di rinvio a giudizio – art. 419
c.p.p.), nonché le risultanze di atti di iniziativa dell’interessato
(accesso al registro delle notizie di reato mediante richiesta di
certificazione ai sensi dell’art. 335 c.p.p., se il P.M. non ritiene - in
presenza di specifiche esigenze - di apporre il segreto sulle relative
iscrizioni); 3) soggetto
che ha presentato denuncia e non ha ricevuto alcun'altra comunicazione:
poiché è verosimile che non abbia avuto conoscenza dell’inizio delle
indagini, il soggetto potrà, dal momento in cui riceve comunicazione
qualificata di essere parte offesa in un procedimento penale per usura,
presentare l’istanza nei 180 giorni successivi; 4) soggetto
che non ha presentato denuncia ma viene sentito dalla P.G. o dal P.M. nel
corso delle indagini:
non sempre può presumersi che abbia acquisito consapevolezza di essere
parte offesa, in senso tecnico, nell’ambito di un procedimento penale. Il
termine di 180 giorni, per la presentazione della domanda potrà, in tal
caso, decorrere dall’effettiva conoscenza di tali
elementi; 5) applicazione
del D.L. 67/1997 (ammissibilità dell’istanza per fatti di usura
verificatisi prima del 1° gennaio 1996): a) il soggetto sa, per atto formale,
del procedimento in cui è parte offesa, prima dell’entrata in vigore
del D.L. 67/1997:
in tal caso egli ha avuto 6 mesi dal giorno successivo a quello di
pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.L. 67/1997 in oggetto per
presentare istanza di mutuo (termine scaduto il 27.09.1997), purché
il procedimento non sia stato definito in 1° grado al 24.3.1996, data
di entrata in vigore della L. 108/1996; b) il soggetto ha presentato
denuncia,
anche dopo l’emissione del D.L. in questione, per fatti di usura anteriori
al 1996. Successivamente non ha avuto
alcuna notizia delle indagini,
non ha ricevuto notifica di provvedimento significativo (informazione di
garanzia, richiesta di rinvio a giudizio, decreto di rinvio a giudizio
ecc.). Senonché, in data successiva
all’entrata in vigore del D.L. 67/1997 di cui sopra, riceve notifica
di provvedimento in cui risulta parte offesa
nel procedimento penale per il reato usura: in tal caso egli potrà
legittimamente presentare nei 180 giorni successivi alla notifica
del citato provvedimento istanza di accesso al mutuo purché nel procedimento
non sia intervenuta sentenza di 1° grado. D.
Le fattispecie estorsive considerate dalla legge n.
44/1999. Premesso:
Il
racket è l’estorsione – nella maggior parte dei casi sistematica e
reiterata nel tempo – che uno o più
soggetti criminali pongono in essere nei confronti di un soggetto
che svolge un’attività economica. Il racket è l’unico fine rilevante per
l’accesso della vittima al Fondo; solo la richiesta di “pizzo” soddisfa i
presupposti previsti per l’elargizione antiracket dall’art. 3 della legge
n. 44/1999. L’assenza
di tale specifico scopo ed anche solo la concomitanza con altri fini (ad
esempio il pagamento di interessi usurari) delineerà la configurazione di
altri istituti. Le
attività estorsive, per le caratteristiche presentate, devono rivestire
connotazioni potenziali di ripetitività e sistematicità, cioè sono
(per la loro natura intrinseca) o si avviano a costituire “sistema”,
talché l’episodio rappresentato è espressivo di un metodo vessatorio;
inoltre devono avere ad oggetto l’esercizio dell’attività economica
esercitata dalla vittima;
Possono
esservi episodi di estorsione penalmente rilevanti, ma indifferenti ai
fini della procedura di accesso al Fondo, mentre possono ben delinearsi
comportamenti che non costituiscono – o non costituiscono ancora – la
realizzazione di un reato di estorsione stricto sensu, e pur tuttavia tali
situazioni si palesano rilevanti ai fini delle condizioni di accesso.
Quanto sopra si presenta in linea con lo svolgersi dei lavori
parlamentari;
Se
si diluisce il concetto di finalità estorsiva, ammettendo anche che possa
concorrere con altri scopi estranei al racket, si corre il rischio di
perdere qualsiasi parametro discretivo idoneo a delimitare i comportamenti
che legittimino l’elargizione. La questione si evidenzia in tutta la sua
importanza, ad esempio, allorché l’estorsione e/o gli altri delitti che
hanno cagionato un danno, siano finalizzati all’estorsione di interessi
usurari. Una interpretazione diversa da quella sopra indicata
comporterebbe, da un lato, uno svuotamento di fatto della normativa
antiusura (l’usuraio ricorre infatti spesso alla commissione di altri
delitti per costringere la sua vittima al pagamento dei tassi usurari);
dall’altro lato, ogni usurato, in caso di denuncia di attività latamente
estorsive legate all’usura, potrebbe beneficiare della più favorevole
disciplina antiracket che, opportunamente, invece, il legislatore con la
nuova Legge 44 ha tenuta distinta da quella riservata alle vittime di
usura. Ma, soprattutto, tale interpretazione sarebbe confliggente con lo
stesso testo dell’art. 3 che al secondo comma precisa che in caso di
condotte delittuose riconducibili a finalità estorsive non debbono
emergere elementi di altre finalità concorrenti. Le
suesposte considerazioni provengono dall’elaborato svolto, sul tema, dalla
Prof.ssa Paola Balducci, docente universitaria, che costituisce parte
integrante del presente verbale.
Tali parametri possono costituire, senza irrigidimenti
interpretativi – la casistica ci ha abituati a considerare ogni storia
come esperienza a sé – un orientamento da seguire nell’applicazione della
norma. E.
Concetto di intimidazione anche ambientale
L’interpretazione
del 2° comma dell’art. 3 si presenta a valenza generale, cioè da utilizzare per
tutti i casi in cui la legge n. 44/1999 riprende tale concetto (art. 3,
comma 2, art. 4 lett. d), art. 10, comma 1, lett. b), art. 13 comma 4,
art. 6, con particolare riguardo alla lettera b); pertanto nell’esame
della stessa vanno posti alcuni “paletti” di riferimento nel percorso che
l’interprete deve seguire: A.
possono
essere considerate solo “condotte” aventi, nel sentire della comunità
sociale, in quel determinato luogo e momento, finalità equiparate o
corroboranti rispetto a quelle estorsive; B.
le
condotte devono essere interpretabili come estorsive per facta
concludentia, anche sotto il profilo della “idoneità” (cioè valenza
intimidatoria), per il significato che hanno nel particolare ambiente in
cui si verificano, per la personalità e la temibilità nella zona del
soggetto che le ha poste in essere; C.
non
devono emergere - dalle indagini, da avvenimenti successivi, da
acquisizioni di notizie provenienti da altri procedimenti penali -
finalità diverse nel comportamento ritenuto
intimidatorio; D.
le
circostanze ambientali vanno tenute distinte dalle “modalità del fatto” le
quali giustificano la correlazione con quella espressione costantemente
utilizzata dalla legge n. 44/1999 “intimidazione anche
ambientale”. Gli
elementi di identificazione di situazioni di intimidazione ambientale
devono
essere offerti dall'istante, affinché sia possibile verificare
- attraverso il riscontro con atti giudiziari e contabili - il loro fondamento storico in fatti
certi nonché l'attendibilità delle situazioni di danno assunte come
conseguenti. L’organo
istruttorio dovrà procedere dalla certezza dei fatti noti, al controllo
serio e rigoroso del principio di logicità, nonché di quello di esperienza
- quest’ultimo
rappresentato dalle massime di esperienza e dal notorio che solo il
Prefetto, organo istruttorio ma, altresì, autorità provinciale di P.S. è
in grado di vagliare
- affinché essi possano essere rilevati come dati significativi.
I fatti acquisiti
(nella specie, le condotte riferite dagli istanti, spesso atti “mafiosi”
compiuti da soggetti mafiosi) andranno,
perciò, esaminati nella loro essenza e qualità
(reati strumentali, comportamenti socialmente pericolosi, ammiccanti…)
e
nella loro quantità
(abituali, reiterati e non casuali), in
ragione delle loro relazioni di tempo
(per esempio, episodio subito dopo la denunzia o in prossimità del
dibattimento, o, ancora, dopo la sentenza di primo grado), di
luogo e di ambiente
(il territorio, “la zona di influenza” della cosca dedita all’estorsione
di tutti gli operatori economici che vi operano) per
essere filtrati attraverso le massime di esperienza
(la conoscenza dell’incidenza e delle prassi criminali del luogo,
il notorio investigativo, conosciuto dagli organi di polizia e dalle
associazioni antiracket, nonché coagulato nell’istruttoria prefettizia)
onde
trarne gli elementi utili all’eventuale apprezzabilità del valore
indiziante. Una
casistica
esemplificativa
potrebbe far rilevare ipotesi legate al c.d. “effetto isolamento”, alla
presenza minacciosa nei pressi dell’esercizio, al terrore incusso nei
creditori-fornitori, nella clientela di locali di intrattenimento del
pubblico: un complesso di indizi,
talvolta, anche avvalorati dalla constatazione della particolare
vigilanza esercitata dalle
Forze dell’Ordine. L’organo
istruttorio potrà trarre indiretti,
ma significativi, riscontri “ambientali”:
1)
innanzitutto
nelle informative degli organi di polizia di diretta vigilanza (Questura,
Commissariati di P.S., Compagnia e Stazione dell’Arma dei Carabinieri,
principalmente presenti sul territorio); 2)
nei
procedimenti penali per associazione mafiosa aventi ad oggetto il
territorio e la cosca mafiosa interessata, nonché negli interessi della
cosca (cui appartengono coloro che sono stati denunziati dall’istante) nel
settore o nel circuito distributivo delle merci; 3)
nelle
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia da cui si evincano sia la
finalizzazione estorsiva delle attività della cosca nella zona, che
l’esistenza di una particolare pressione nel settore
merceologico; 4)
in
procedimenti relativi a misure di prevenzione, personali e patrimoniali,
nei confronti dei soggetti denunziati ovvero dei maggiorenti della cosca
cui i denunziati sono ritenuti affiliati; 5) nel
quadro dei reati a matrice estorsiva (attentati incendiari/dinamitardi,
danneggiamenti di piante, uccisione di animali…) verificatisi nei
confronti della cerchia di imprenditori in cui vive ed opera l’istante
attraverso la sua azienda. Occorre
sottolineare che dovrà essere chiarito dall’istante, con motivazione
adeguatamente sostenuta dai riscontri documentali che lo stesso ritenga
opportuno allegare (contabili, bilancistici, testimoniali, certificativi
ecc), come il complesso delle situazioni di intimidazioni ambientali
si sia potuto tradurre in episodi o prassi concrete, con effetti di
mancato guadagno e di riduzione del valore di avviamento commerciale
dell’attività.
F. Art. 6 con particolare riferimento
alla lettera b) L’art.
6 della legge n. 44/1999 in questione (e correlato art. 9, comma 3, del
D.P.R. n. 455/1999) ricomprende tra i soggetti che possono beneficiare
dell’elargizione del Fondo di solidarietà anche gli “appartenenti
ad associazioni od organizzazioni aventi lo scopo di prestare assistenza e
solidarietà ai soggetti danneggiati da attività
estorsive”. I
componenti di associazioni od organizzazioni antiracket possono accedere
al Fondo nei casi in cui: a)
subiscano
un danno a beni o lesioni personali, in conseguenza di delitti commessi al
fine di farli recedere dall’associazione, di farne cessare l’attività
svolta nell’ambito delle stesse,
ovvero per ritorsione a tale attività; b) subiscano,
in quanto esercenti attività economica, un danno sotto forma di mancato
guadagno relativo all’attività esercitata, causa dei delitti di cui
alla lett. a) o di intimidazione anche ambientale determinata dall’appartenenza
all’associazione o all’organizzazione. Casi
di cui alla lett. a) Premesso
che nei casi di cui alla lett. a) dell’articolo in questione non c’è alcun
bisogno che gli appartenenti all’associazione od organizzazione siano
soggetti esercenti attività economica, in quanto tale requisito è previsto
solo nel caso in cui ci si dolga di un mancato guadagno, due appaiono le
problematiche da approfondire: 1)
quali
siano le associazioni ed organizzazioni rilevanti ai fini dell’art. 6;
2)
quali
siano le condizioni affinché il partecipe all’associazione antiracket
possa lamentare un danno. Quanto
al primo punto, la soluzione più semplice potrebbe essere quella di
individuare le associazioni od organizzazioni antiracket di cui all’art.
6, in quelle iscritte nell’elenco prefettizio, come disposto dal D.M.
614/1994 successivamente ripreso dal D.M. n. 451/1999. Occorre però evidenziare che
il testo dell’art. 6 non fa alcun pregiudiziale riferimento ad un onere di
iscrizione nell’elenco prefettizio. Ciò potrebbe essere significativo
perché quando il legislatore ha richiesto l’iscrizione (art. 13, comma 2,
art. 19. comma 1, lett. d)) lo ha detto
espressamente. La questione può avere
risvolti pratici quando si tratti di associazioni attive sul fronte
antiracket ma che non abbiano ancora chiesto l’iscrizione nonché nel caso
di associazioni che non l’abbiano ottenuta
formalmente. Per
fissare parametri ulteriori a quello dell’iscrizione nel noto elenco,
entro i quali individuare le associazioni antiracket alle quali fa
riferimento l’art. 6, una
soluzione potrebbe essere la seguente: -
in
caso di associazione antiracket iscritta nell’elenco
prefettizio,
il controllo si svolgerà soltanto sull’effettiva appartenenza
all’associazione del soggetto che chiede l’elargizione, fermo restando la
successiva indagine sul nesso causale esistente tra il danno e l’appartenenza
all’associazione; -
in
caso di associazione antiracket non iscritta nell’elenco
prefettizio
sarà invece necessario verificare se la stessa ha (ed aveva) tutti i
requisiti soggettivi e oggettivi che ne avrebbero consentito l’iscrizione;
in particolare: 1)
avere
tra i propri scopi sociali quello di prestare assistenza e solidarietà a
soggetti vittime di attività estorsive; 2)
operare
effettivamente nel settore con continuità e
rilevanza; 3)
essere
i propri associati, amministratori o promotori nelle condizioni soggettive
indicate dall’all. 1 del D.M. 7 settembre 1994, n.
614. Tale
soluzione sembra garantire, da un lato, che non avvengano disparità di
trattamento e, allo stesso tempo, che si impedisca un accesso
indiscriminato (e perciò tanto più pericoloso). Peraltro tale
parametro delimitativo appare conforme a quanto avviene in materia
processual-penale, laddove è stata ammessa la costituzione di parte civile
per associazioni anche non riconosciute, le quali, tuttavia, diano la
prova di: essere state costituite prima degli eventi delittuosi per i
quali si chiede il risarcimento; avere nel proprio oggetto sociale un
chiaro ed inequivoco riferimento alla tutela dell’interesse diffuso di cui
si lamenta la lesione; avere svolto la propria azione con continuità,
aderenza al territorio, rilevanza del proprio
contributo. Casi
di cui alla lett. b) Anche
in questo caso, come per l'art.3 della medesima legge, le situazioni di
intimidazione anche ambientale (situazioni, pertanto, non necessariamente
riconducibili alla individuazione di un reato, come si evince anche
dall'art. 4 lett. d) e dall'art. 13, comma 4), sono lasciate
all’interprete. Ne
deriva che, in caso di intimidazione ambientale, sarà utile all’istante
rappresentare i fatti ritenuti rilevanti connessi alla partecipazione a
manifestazioni dell’associazione di categoria cui egli appartiene, citare
incontri, conferenze, interviste, iniziative di denunzia o promozionali
dell’utilizzo della normativa, che hanno costituito esposizione diretta
dell’interessato: un complesso di elementi concorrenti, tale che possa
accreditarsi il nesso di causalità col danno da mancato guadagno
nell’attività economica
dell’istante. Quest’ultimo
dovrà presentare le seguenti caratteristiche: -
deve
svilupparsi e cagionarsi nell’ambito dell’attività economica esercitata,
la quale subisce il mancato guadagno con una contrazione del fatturato, o
comunque con una riduzione del valore dell’avviamento commerciale (art. 10
legge 44/1999); -
deve
porsi in un rapporto di causalità diretta ed immediata con la commissione
di delitti a finalità ritorsiva o di scoraggiamento rispetto all’attività
associativa antiracket od ancora con l’intimidazione anche ambientale per
l’appartenenza all’organizzazione stessa. Ciò
in quanto vi possono essere ipotesi di danno da mancato guadagno correlate
ad attività economiche di un associato antiracket, che abbiano una
causa o concausa nell’attività esercitata (tempo libero, tempo distolto
da quello lavorativo per impiegarlo nell’associazione, con mancato
guadagno alla relativa attività economica; danni da infortunio subiti
nel corso dello svolgimento dell’attività antiracket, con conseguente
impossibilità di attendere alla propria attività economica). In
tali ipotesi, l’eventuale mancato guadagno non è causato dalla commissione
di delitti o da intimidazione anche ambientale, ma dallo svolgimento
stesso dell’attività associativa; peraltro non potrebbe affermarsi che, in
tale ipotesi, il mancato guadagno sia causato in modo diretto ed
immediato dai delitti o
dall’attività intimidatoria; - infine, per poter essere
rilevante ai fini dell’art. 6 lett. b), il mancato guadagno deve inerire
direttamente all’attività economica esercitata, oggettivamente considerata
(con perdita indotta di clientela o con diminuzione dell’avviamento
commerciale dell’attività stessa). In
ogni caso, il mancato guadagno non può invece essere valutato sul piano
dell’attività e delle scelte personali dell’individuo, cioè
soggettivamente, in quanto verrebbe meno il necessario rapporto di
causalità diretta ed immediata con i comportamenti delittuosi indicati
dalla norma. G.
La quantificazione del danno
L’approfondimento
del tema ha consentito di fissare il fondamento, l’ampiezza ed il calcolo
del danno da considerare ai fini della procedura di
accesso. La
normativa riprende e approfondisce con riguardo ai soggetti legittimati
dalla normativa antiracket ed antiusura, la norma civilistica in materia
di inadempimento di obbligazioni (art. 1223 c.c.) che statuisce la
risarcibilità del danno subito e del mancato guadagno in quanto ne siano
conseguenza immediata e diretta e soprattutto (art. 1226) la possibilità
della valutazione da parte del giudice in via equitativa del mancato
guadagno ove
questo non possa essere provato nel suo preciso ammontare;
ribadisce infine (art. 2056) la valutazione con equo apprezzamento delle
circostanze del caso da parte del giudice in relazione al lucro
cessante.
In
linea con i richiamati principi generali pare essersi mosso il legislatore
che si è occupato della disciplina riguardante l’estorsione e
l’usura. L’art.
10, comma 1 della legge 44/1999 (criteri di liquidazione) afferma la
liquidabilità sia della perdita subita sia del mancato guadagno ed
aggiunge (comma 2) che se il mancato guadagno non può essere provato nel
suo preciso ammontare (pedissequa ripetizione dell’art. 1226 c.c.) “è
valutato con equo apprezzamento delle circostanze, tenendo anche
conto della riduzione del valore dell’avviamento commerciale” [1].
I provvedimenti relativi, poiché riguardano attività economiche che
necessitano di una valutazione aziendale (e, quindi, rivolti a valutare,
da un lato, il patrimonio, e, dall’altro, la redditività) vanno orientati
secondo la definizione dei seguenti punti
essenziali: 1)
che
è indubbia la ristorabilità del danno in quanto danno
emergente; 2)
che
altrettanto indubbia è la ristorabilità del mancato guadagno (esempio il
margine netto che avrebbe potuto determinarsi con la vendita della merce
perita, danneggiata o sottratta); 3)
che
è possibile il ristoro aggiuntivo della perdita totale di avviamento (in
caso di cessazione dell’attività) o della riduzione di tale
avviamento; 4)
che
il danno può ragionevolmente assumersi come la sommatoria di questi
elementi, anche ove concorrano contemporaneamente. Ovviamente,
occorre tenere presente che il patrimonio
netto
(la differenza tra il totale delle attività – strumenti, attrezzi,
immobili, crediti…. – e il totale delle passività – debiti vari a
fornitori e Stato – se positiva viene denominata patrimonio netto)
va
cercato nel documento contabile obbligatorio annuale costituito, a seconda
dei casi, dal bilancio (società) ovvero dell’inventario (ditta
individuale);
esso esprime il valore cartolare dell’azienda e quindi, se questa dovesse
perire totalmente per azione
malavitosa il
danno emergente
in tal caso coinciderebbe con il patrimonio netto
dell’azienda. Il
valore
di avviamento
va estrapolato dal conto economico, quale risulta, oltre che dal bilancio
e dall’inventario anche dalle dichiarazioni
fiscali annuali (mod. UNICO, già 740, 750, 760). Esso
è determinabile mettendo in relazione i seguenti
fattori: a)
il
volume delle vendite (o di affari) dell’azienda; b)
l’utile
realizzato; c)
il
rapporto tra utile e volumi; d)
la
media di tale rapporto per un triennio.
In
caso di perimento totale dell’azienda il valore di avviamento esprime il
lucro cessante o mancato guadagno dell’imprenditore. Al
fine di consentire ai referenti di poter venire incontro alle esigenze
dei danneggiati impossibilitati a richiedere l’aiuto di un perito
sarà loro fornito l’allegato schema di indirizzo, tenendo presente:
Va
tenuto presente che gli elementi contabili come sopra documentati
costituiscono uno dei contributi, ma non l’unico per la quantificazione
del danno, ove si tenga conto che possono esistere quei valori di beni
extra aziendali che costituiscono, anch’essi, oggetto di ristoro, ove
danneggiati, e che la loro valutazione potrà essere aggiunta ai risultati
dell’elaborazione dei dati di bilancio. Va
tenuto conto, altresì, che il rapporto del Prefetto competente, ai sensi
dell’art. 11 del D.P.R. 455/1999, rappresenta la sintesi di accertamenti e
valutazioni di varia natura, aventi tutte base su elementi documentali, e
che anch’essi devono interagire con i dati contabili ai fini del parere
sui presupposti e sulla congruità dell’istanza. 2.
Campagna di informazione L’art.
6 del D.P.R. 455 del 16 agosto 1999, regolamento di attuazione della L.
44/99 prevede che il Commissario per il coordinamento delle iniziative
antiracket ed antiusura predisponga un programma di informazione,
finalizzato a promuovere la più ampia conoscenza dei fenomeni
dell’estorsione e dell’usura, dei danni da questi provocati sull’economia
e delle misure di sostegno e di assistenza in favore delle vittime dei
relativi reati previste dalla normativa vigente. Certamente
è sul terreno della risposta certa e rapida alle istanze al Fondo di
solidarietà che si gioca la scommessa per il funzionamento degli istituti
previsti dalla legge, come anche la credibilità dello Stato e la fiducia
dei cittadini nei confronti delle istituzioni. E
tuttavia è indispensabile valorizzare i risultati ottenuti. E’ necessario
cioè attivare una campagna di informazione che rilanci l’offensiva delle
istituzioni contro i fenomeni dell’estorsione e dell’usura e che svolga
uno strategico ruolo di prevenzione; una campagna di informazione che
mandi un messaggio chiaro ed univoco sulle priorità, sulle strategie e
sugli obiettivi finali. Per
adempiere a questo compito il Commissario ha convocato una riunione il 30
maggio u.s. alla quale sono stati invitati soggetti istituzionali, del
mondo dell’impresa e del mondo del volontariato, tutti impegnati in questo
campo, ognuno per le sue competenze, con i quali si è affrontato il nodo
dell’impostazione politica della campagna. Alla
riunione erano presenti rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei
Ministri – Dipartimento per l’editoria, d’intesa con i quali la campagna
stessa è stata costruita, i componenti del Comitato del Fondo di
solidarietà, la Consulta delle Fondazioni antiusura, l’Adiconsum, la
Federazione delle Associazioni Antiracket, l’Osservatorio sulla
criminalità del CNEL, la Provincia e il Comune di Roma, la Regione
Toscana, l’Associazione “Libera”, il Forum Antiusura, lo Sportello scuola
e volontariato della Commissione antimafia, la Confartigianato, la
Confcommercio. La
discussione è stata ricca e di grande utilità e si è trovata una
convergenza di intenti sulle caratteristiche fondamentali della campagna
di informazione. Per
prima cosa si è concordato sulla necessità di tenere distinti i messaggi
informativi su estorsione ed usura: dal momento che i fenomeni sono
diversi, che hanno caratteristiche distinte e che anche l’approccio alla
vittima non può che essere diverso, è necessario “tarare” i messaggi in
modo calibrato sui diversi utenti. Sulla
strutturazione della campagna si è concordato in primo luogo sulla
necessità di intervenire con urgenza in relazione alla prossima scadenza
dei termini per la presentazione delle domande per estorsione che è
prevista per l’11 luglio 2000. Si è deciso di programmare l’uscita di un
avviso sui maggiori quotidiani nazionali e su un numero consistente di
quotidiani locali per ricordare tale scadenza. Si
è inoltre stabilito che la campagna si sviluppi su due livelli
concettualmente e temporalmente distinti. Un primo livello, generalista,
che prevede la trasmissione di spot di pubblicità progresso sulle
reti nazionali pubbliche e private, nelle ore di maggiore ascolto per due
settimane nel mese di ottobre. Si può poi valutare la possibilità di
intervenire a trasmissioni televisive “contenitore” per approfondire le
tematiche in oggetto. Obiettivo
di questo primo passo è quello di alzare il livello di attenzione
dell’opinione pubblica sui temi dell’estorsione e
dell’usura. Se
questa campagna è necessaria non è tuttavia sufficiente, perché bisogna
puntare su strumenti che si sedimentino e quindi la prima fase sarà
seguita da una seconda, che prevede la diffusione capillare attraverso i
soggetti che operano sul territorio. E’ dunque essenziale attivare la
collaborazione fattiva di organizzazioni sindacali e di categoria,
associazioni antiracket, fondazioni antiusura,
parrocchie. In
questa fase i messaggi devono essere diversificati a seconda del
territorio. Nel
merito si è stabilito che i messaggi: 1)
informino
in modo corretto e preciso sulla legge, le sue opportunità, i suoi limiti,
per evitare di alimentare illusioni e
fraintendimenti; 2)
abbiano
carattere positivo, di speranza, e trasmettano l’idea che i reati in
oggetto sono pericolosi non solo per gli operatori economici, ma per
l’intero corpo sociale. Si
è sottolineato che la campagna deve essere accompagnata da un grande
sforzo organizzativo degli uffici centrali e periferici, come degli enti
impegnati sul territorio, perché non si venga colti impreparati a seguito
delle richieste che inevitabilmente la seguiranno. Roma,
3-7-2000 (Tano
Grasso) ATTIVITÀ
DEL COMMISSARIO MESE DI MAGGIO
2000 Rapporti
con le Associazioni 3 maggio:
Roma, riunione con i Presidenti ed i segretari nazionali delle Federazioni
Nazionali dei Confidi 5 maggio:
Foggia, Assemblea ordinaria della Fondazione antiusura “Buon
Samaritano” 6 maggio:
Sinagra (ME), manifestazione dell’Associazione antiracket (ACIN) per il
primo anniversario dalla costituzione 14 maggio:
Santa Maria di Licodia, manifestazione dell’associazione antiracket in
occasione del quinto anniversario dalla costituzione 16 maggio:
Roma, incontro con Don Alberto D’Urso e Padre Rastrelli (Consulta delle
Fondazioni) 17 maggio:
Roma, partecipazione alla presentazione del Forum
antiusura 18 maggio:
Brindisi, incontro regionale con le associazioni
antiracket Iniziative
sul territorio 4 maggio:
Roma, presentazione della “prima” del film di Lucio Gaudino “Prime luci
dell’alba”. 10 maggio:
Palermo, Convegno su legalità ed economia, organizzato dalla Lega delle
Cooperative e dall’Associazione Antiracket 22 maggio:
Catania, incontro pubblico organizzato dalla Consulta degli imprenditori e
dal CNEL 29 maggio:
Roma, partecipazione ad una manifestazione promossa dalla
Confesercenti Rapporti
istituzionali 2, 4, 8, 11, 16, 18, 24, 25,
30 maggio:
Roma, sedute del Comitato di Solidarietà per le vittime delle richieste
estorsive e dell’usura 11, 17, 25
maggio:
seminario interno all’ufficio di approfondimento sulla normativa in
materia di estorsione ed usura e sui rapporti con le
vittime 5 maggio:
Foggia, Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica,
allargato alle associazioni con la presenza
dell’Arcivescovo 10 maggio: Palermo, Comitato Provinciale per
l’Ordine e la Sicurezza pubblica 15 maggio:
Roma, incontro con i rappresentanti della Comunità
ebraica 16 maggio:
Roma, incontro con il Sottosegretario agli Interni Massimo
Brutti 17 maggio:
Roma, festa della Polizia 18 maggio:
Brindisi, incontro con il Prefetto 19 maggio:
Roma, incontro con il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio
Vannino Chiti 24 maggio:
Roma, incontro con il Ministro del Tesoro Vincenzo
Visco 26 maggio:
Roma, incontro con il Direttore del Dipartimento per l’informazione e
l’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Prof.
Masi 30 maggio:
Roma, riunione con rappresentati delle istituzioni e della società civile
per la preparazione della campagna di informazione 31 maggio:
Roma, incontro con il Ministro della Giustizia Piero
Fassino 31 maggio e 1
giugno:
Roma, seminario di approfondimento delle problematiche applicative della
legislazione di accesso al “Fondo di solidarietà” con i delegati delle
Prefetture [1]
Sull’argomento,
ulteriori norme derivano dalla legge n. 44/1999 (art. 11, comma 2) e dal
relativo regolamento di attuazione (art. 9, comma 1, lett. e) ed f) nonché
comma 2 lett. c) (contenuti della domanda), lett. e) (indicazione del
danno), lett. f) (redditualità); con particolare riguardo alla
documentazione fiscale ed alla copia dei bilanci relativi ai due anni
precedenti l’evento lesivo. L’art. 10, comma 1, lett. d) e comma 2 lett. a) del D.P.R. suddetto, riproduce le medesime indicazioni in tema di usura e di concessione del mutuo. |