Non parlerò per conto dell’associazione antiracket di Scordia ma per me stesso, testimone e vittima di estorsione.
La mia storia
inizia con uno squillo e si chiude con un altro squillo. Il primo è il telefono
di casa: la mafia voleva ammazzarmi in cambio di sua maestà il denaro; diceva
queste precise parole: “brutto cornuto o paghi 500 milioni o ammazziamo te e la
tua famiglia”; non l’ho neanche preso in considerazione perché non li avevo quei
soldi, e anche se li avessi avuti non avrei mai dato loro una sola lira.
Sono un
contadino, imprenditore per necessità; tutte le mattine mi alzo alle 5 ed anche
il giorno dopo mi sono alzato e sono andato a lavorare. Alle 12 sono tornato a
casa ed ho trovato la mia famiglia sconvolta, come se Mario Caniglia fosse
stato ammazzato. Cosa era successo? Avevano telefonato ancora e minacciavano di
ammazzarci.
Cosa potevo
fare? Il mio compito era quello di proteggere la mia famiglia e come potevo? Dicevano
che se avessi chiamato i Carabinieri ci avrebbero fatto saltare in aria, ma io
li chiamai con molta discrezione e voglio ringraziare i miei angeli custodi che
ogni giorno rischiano la loro vita per salvaguardare la mia e tramite loro
ringrazio tutta l’Arma dei Carabinieri.
Vennero come un
fulmine e mentre raccontavo loro cosa mi stava succedendo, arrivò un’altra telefonata.
Chiedevano di nuovo 500 milioni.
Un maresciallo che
sa il fatto suo, testimone di quella telefonata, mi consiglia di fingere di trattare
e così feci.
Il mio più
grande desiderio era quello di vedere in faccia chi voleva toglierci la libertà
e renderci schiavi. Ho fatto l’infiltrato e mi hanno attaccato addosso una
microspia e chiedevo in giro agli amici e agli amici degli amici; finalmente
arrivai ai miei estortori, mi aspettavano con ansia, non volevano 500 milioni,
ma volevano farmi una assicurazione a copertura totale dei rischi: tu paghi 20
milioni e puoi stare tranquillo. Dissi io loro: “cosa mi date in cambio di 20
milioni?” Loro risposero: se ti rubano un camion noi te lo restituiamo, se ti
rubano un trattore noi te lo portiamo fino a casa, se ti danneggiano un albero
sempre con noi devono fare i conti”. Dissi di no e feci una controfferta: vi do
5 milioni una sola volta e non vi voglio più vedere in faccia; mi dissero che l’offerta
era troppo povera e che loro non potevano accettarla.
Si interrompono
i contatti: da qual momento c’è stato silenzio, silenzio tombale e il silenzio
ammazza, e quello è stato il momento in cui ho avuto più paura.
Un giorno vado
in uno dei miei aranceti e incontro un amico, amico degli amici, gli chiedo
aiuto e dico che voglio risolvere la mia storia; fingo di essere un ex mafioso
e gli dico che ho amici importanti che contano e che sono in grado di scatenare
una guerra, gli faccio capire che nelle guerre chiunque vinca ci sono sempre
dei perdenti, perché morti ci sono da una parte e morti ci sono dall’altra; lui
recepisce il messaggio e mi dice che poiché io sono il “Sig. Caniglia”, mi
sistemerà lui stesso la mia storia come voglio io. Mi dice di pagare 5 milioni
una sola volta e basta.
Se volevo,
potevo pagare quei 5 milioni e non mi sarei accorto di non averli più in tasca e
la mia storia sarebbe finita lì, forse, ma era come fare un patto con il diavolo
ed io patti con il diavolo non ne faccio chiamo ancora una volta i carabinieri
e racconto tutto. Decidiamo di non portare 5 milioni, ma solo la metà.
Porto la busta
con le banconote segnate a Francesco Di Salvo e lui la intasca, dicendo che
avrei portato gli altri presto, cosa che non ho mai fatto. Si fanno sentire presto,
prestissimo, agli inizi del luglio 1998 spaccano più di 500 quintali delle mie
angurie, una per una, lasciando sopra un taglio a segno di croce.
Un altro
casolare adibito a deposito di attrezzi agricoli lo rompono e portano via tutto
ciò che c’era.
Vengono consegnati
alla giustizia il 2-2-99; si presenta il servizio centrale di protezione; mi
propongono di andare via da Scordia con la mia famiglia, ma dico di no, perché non
ho fatto niente di male, ho fatto solo il mio dovere, dico loro “gli altri se
ne devono andare e non io”.
L’altro squillo
avviene il 31-10-2000 e devo ringraziare l’associazione antiracket di Scordia
che si è costituita parte civile e dal primo momento mi è stata vicina assieme
alle altre associazioni antiracket, ringrazio pure l’amministrazione comunale
di Scordia, ce si è costituita parte civile e che quel 31-10-2000 era lì, in quell’aula
di tribunale che era divisa in due: da una parte i miei estortori in gabbia, i
loro parenti, gli amici, gli amici degli amici; dall’altra parte c’era Mario
Caniglia, e non da solo, accanto a Mario Caniglia c’era l’associazione
antiracket di Scordia e tutte le associazioni antiracket della provincia di
Catania, Siracusa, Messina e persino il Presidente di tutte le associazioni
antiracket nazionale, la Signora Nucci, ma soprattutto c’era lo Stato ad
aspettare la campanella che annunciava la condanna dei miei estortori: Francesco
Di Salvo, uno dei miei estortori, è stato condannato a 10 anni e 6 mesi di
carcere, Francesco Rubino, un altro dei miei estortori, è stato condannato a 8
anni e 5 mesi di carcere. Per Mario Caniglia che si è costituito parte civile,
sono stati stanziati 200 milioni di risarcimento danni, che se li prenderò li darò
totalmente in beneficenza; non perché non ne abbia bisogno, ma solo perché io
da loro non voglio neanche una lira, perché sono soldi sporchi. Per il comune
di Scordia che si è costituito parte civile sono stati stanziati 25 milioni,
per l’associazione antiracket di Scordia 20 milioni: sin dal primo momento ho
avuto fiducia nelle istituzioni e tale fiducia è stata retribuita.
Voglio sottolineare
la mia persona. Sono fortunato perché ho trovato uomini giusti al posto giusto:
il Procuratore della Repubblica di Caltagirone dott. Onofrio Lo Re, il
Colonnello dei Carabinieri Umberto Pinotti, un uomo di prima linea; S.E. il Prefetto
di Catania, ma soprattutto all’On. Tano Grasso, che sta in prima linea, e che
io considero il “messia” dell’antiracket, grazie a lui Mario Caniglia è qui a
portare la sua testimonianza.
Mario Caniglia
ha un progetto che sta realizzando da solo: andare nelle scuole a portare la sua
testimonianza, dicendo a tutti che Mario Caniglia ce l’ha fatta e se ce l’ha
fatta lui possono farcela tutti gli altri. Sono una persona nata libera e voglio
rimanere tale; lotto per la mia libertà e per quella di tutti.
Mario Caniglia