Andando indietro con la memoria, mi ritornano sempre più vivi questi ultimi anni legati ad una piccola mafia che si rivelò grande nel momento in cui vide la nostra forte e sempre più convinta ribellione. Abbiamo cercato di sconfiggerla partendo da un piccolo centro per riuscire poi ad allargarci e toccare altre regioni, regioni avvinte da una secolare rassegnazione, ma proprio per questo stanche e vessate che hanno accolto l’esperienza dell’ACIO (associazione commercianti ed imprenditori orlandini) come unico mezzo che poteva portare alla riduzione dei rischi per chi andava a denunciare.
Finalmente si
era aperta una strada, era una lotta comune, con una sempre più crescente solidarietà
tra i commercianti che uniti potevano permettersi di far svanire i mille
interrogativi, i mille dubbi, le grandi paure che assalivano prima di una
denuncia.
L’esperienza
dell’ACIO viene a costituire l’unione di tante esperienze che si proteggono l’una
con l’altra; oggi a distanza di 10 anni sono veramente orgoglioso di poter
raccogliere i frutti di queste lotte che hanno visto molti commercianti ed
imprenditori combattere per potere restare uomini liberi. Il mio è l’orgoglio di
un uomo che ha voluto a tutti i costi liberarsi da un clima reso irrespirabile
da soprusi mafiosi che, con richieste sempre più insostenibili, volevano
annientare i nostri sacrifici, la nostra innata cultura antiracket, condizionando
una normale convivenza sociale. In questi 10 anni, i coraggiosi commercianti di
Capo d’Orlando, guidati dall’implacabile e determinato Tano Grasso, hanno
variato un po’ la storia di questa cittadina e non solo perché sono riusciti ad
inculcare una vera e propria cultura antiracket anche in centri in cui non si
pensava minimamente di potere riuscire a costituire altre associazioni che potessero
portare alla sconfitta di gruppi malavitosi.
Certo è anche grazie
all’aiuto ed all’efficace collaborazione delle istituzioni e delle forze dell’ordine
che ci hanno affiancato incondizionatamente che siamo riusciti ad arrivare dove
oggi siamo; i tempi brevi in cui sono state svolte le indagini, i processi, le
condanne, hanno reso possibile la scompaginazione di cosche egemoni del nostro
territorio dei Nebrodi, ridando il diritto a quella libertà che ogni padre, ogni
cittadino ha il diritto di preservare per sé e per i propri figli.
Grazie alle
nostre battaglie sono nate altre 45 associazioni antiracket e con l’esempio
dell’ACIO hanno tutte uno stesso principio, uno stesso colore, uno stesso
diritto; ma non basta. Sarà il sorgere di tante nuove associazioni a dare tanto
altro respiro ai nostri sacrifici. Dovremo ancora lavorare molto, soprattutto
con la divulgazione nelle scuole, con tanti dibattiti pubblici che possano
coinvolgere innanzitutto i giovani, che con l’esempio del nostro rispetto della
legalità possano impararla come unico strumento per il vivere civile, libero da
ogni tipo di condizionamento mafioso, e far così crescere ancora di più una
coscienza antiracket ed antiusura. Credo fermamente che queste associazioni
hanno costruito tanto, ma il nostro ulteriore messaggio deve estendersi ancora
in quelle province come Palermo, Agrigento, Trapani, in quelle zone del Nord
dove il fenomeno esiste, ma viene completamente ignorato, sottostimato e
laddove il fenomeno è più radicato.
Il mio auspicio
da presidente dell’ACIO è che possa insieme a voi guardare nelle generazioni
future e gridare: “potrete continuare a vivere da uomini liberi”. Io oggi
questa libertà l’ho conquistata completamente: i capi, i “picciotti”, i
gregari, sono stati arrestati e condannati definitivamente in meno di tre anni;
abbiamo vinto.
Ringrazio le
forze dell’ordine, che pochi giorni fa hanno preso un grosso latitante della
nostra zona. Ringraziamo tutte le associazioni, l’Arma dei Carabinieri e tutti
quelli che hanno collaborato a perché ciò avvenisse.
All’inizio
della mia storia, fra il luglio e l’agosto del 1990, man mano che la tracotanza
e la sfacciataggine di quei malavitosi si faceva sempre più insistente, pensavo
che mi avrebbero portato al punto di dovere abbandonare tutto, il mio paese, il
mio lavoro, il mio amatissimo mare: ho un complesso alberghiero, proprio vicino
al mare, mi occupo principalmente della ristorazione; e fu mentre stavo
lavorando in cucina che un dipendente mi annunciò la presenza di due persone
che volevano parlarmi; iniziò proprio quella sera la prima richiesta estorsiva di
30 milioni, che mise in crisi un uomo che fino ad allora non aveva conosciuto
altro che il lavoro, l’onestà di un lavoro pulito. Non cedetti a questa prima
estorsione, ma ne seguirono altre, tante altre con minacce di diversa natura.
La ferma volontà di non cedere mi portò a scoprire tante altre esperienze
simili alla mia: avevo capito così di non essere solo, che già nella mia Capo d’Orlando
si stava formando un vero e proprio movimento che vedeva solidali gli onesti
commercianti che si trovavano nella mia stessa situazione.
Nacque così, in una piccola sacrestia di paese, la prima associazione antiracket, l’ACIO, il prete oggi è qui con noi e si chiama Padre Totino, che ci ha dato molto coraggio.
I commercianti
avevano la mia stessa volontà, la mia stessa determinazione a restare liberi,
lo stesso pensiero con un unico ideale: l’unione, la solidarietà ci doveva
tenere tutti uniti contro quel fenomeno a noi sconosciuto; abbiamo denunciato, non ci siamo piegati, abbiamo
vinto.
Rosario Damiano
Presidente ACIO