Vorrei sottolineare la valenza del grande movimento delle associazioni antiracket, non certamente per autocompiacimento, ma a conferma della consapevolezza che se non ci fosse stato, oggi non saremmo qui a tenere questa magnifica Conferenza
Non ci sarebbero stati i presupposti per farla, al di là delle capacità organizzative personali dei singoli individui.
Il movimento delle associazioni antiracket, mutuando il mondo della Formula 1, è come un magnifico telaio che ha messo in condizione un altrettanto affidabile motore di dare il meglio di sé.
Senza tale telaio, qualsiasi eccezionale propulsore, pur girando al meglio sul banco di prova, non avrebbe mai potuto rendere al massimo in pista.
Questa felicissima combinazione, invece, ha consentito di scendere vittoriosamente in pista, considerando come pista le aule di Tribunale, dove in prima persona i componenti delle associazioni hanno accettato di misurarsi con i propri estortori, sconfiggendoli!
Credo che, in questo senso, vada riconosciuto un grande merito ed un grosso ringraziamento da tutta la società civile alle associazioni antiracket.
La preoccupazione
però è quella che questo movimento possa non avere un seguito, o rimanere
asfitticamente relegato fine a se stesso.
È necessario
invece che si diffonda sempre di più, che diventi più vasto e che quindi tutti,
Istituzioni e forze sociali, concorrano al suo ampliamento.
Ma la necessità
di procedere in questa direzione, postula almeno tre questioni fondamentali.
La prima è
rappresentata dalla modifica del rapporto con le istituzioni, che deve
diventare sempre più intenso e proficuo per potere andare in direzione di una
più puntuale “fertilizzazione” del territorio con una larga partecipazione dei
cittadini alla collaborazione con le Forze dell’ordine nell’espletamento delle
indagini per smascherare estortori ed usurai.
Fino ad oggi il
rapporto che il cittadino ha avuto con le Istituzioni è stato di carattere asetticamente
burocratico e talvolta anche autoritario.
È necessario
invece che l’Istituzione si avvicini di più all’utente, mettendosi al suo servizio
e che perda questo suo piglio autoritario semplificando l’utilizzo e l’osservanza
delle norme alle quali richiama ed impronta la sua azione.
Anche perché in
un Paese dove le regole o sono troppe o sono troppo poco fatte osservare, ma che
comunque non mettono la gente nella certezza di stare dalla parte giusta, atteggiamenti
più consoni ai suggerimenti appena dati, servirebbero ad eliminare qualsivoglia
riserva, contribuendo in maniera determinante ad incentivare le denunce ed a
rendere le stesse convenienti.
E convenienza
significa non solo godere dei benefici economici previsti dalla legge, ma
soprattutto sentirsi parte integrante di questo consesso sociale, sentirsi “importante”;
sentirsi al centro delle attenzioni delle Istituzioni come il Prefetto, il
Questore e gli altri esponenti preposti al mantenimento dell’ordine pubblico.
La seconda questione
è legata alla durata dei processi che molto spesso, se non sempre, si protraggono
per anni, durante i quali vengono messe in atto tutta una serie di azioni che
tendono a fare in modo che l’imprenditore-vittima desista dalla volontà di
inchiodare alle proprie responsabilità l’estortore o l’usuraio.
In questo senso
desidero affrontare molto velocemente un aspetto particolare legato ai soggetti
che delinquono: soggetti giovani, non certamente le menti delle organizzazioni
criminali, la cosiddetta carne da macello, che sono “costretti” a prestarsi a
fare queste attività perché dequalificati e disoccupati.
Un soggetto con
queste caratteristiche che viene scoperto e quindi assicurato alla giustizia, trae
da queste vicende un solo insegnamento, che è quello connesso alla capacità di
usufruire di tutte le provvidenze previste dalla buona condotta per tornare
quanto più velocemente è possibile in libertà.
Ma quando sarà tornato
in libertà, quali prospettive avrà di non ricadere nei medesimi comportamenti? Quali
gli strumenti attraverso cui questo soggetto dovrebbe cambiare stile di vita?
Non ne esistono!
Il carcere
almeno allo stato attuale delle cose, non rieduca, non riqualifica, non
assicura alcuna capacità di reinserimento produttivo.
Credo quindi
che una grande attenzione vada posta in questa direzione. Fintanto che le
carceri non assumeranno, nel vero senso della parola, una finalità strettamente
legata alla rieducazione ed al reinserimento produttivo, ogni sforzo per
eliminare le ricadute nei medesimi reati da parte dei soggetti incriminati sarà
vano.
E se così dovessero
permanere le cose, si appaleserebbe irrinviabile la necessità di rivedere
complessivamente tutto il rito processuale che, specialmente in questi ultimi
anni, si è spostato troppo pesantemente a favore delle garanzie per gli autori
dei reati piuttosto che a favore delle vittime.
Infine la terza
questione che è legata ai valori dell’attuale società, che risultano quasi del
tutto legati alla competizione ed al denaro.
È mai possibile
che non si riesca a portare ad esempio altri valori? In questo senso le associazioni
antiracket hanno la pretesa di rappresentare un modello nuovo. Ed hanno questa
pretesa perché si basano su valori assoluti quali la solidarietà, il mutuo
soccorso e l’assoluta volontarietà.
E perché allora
non possono diventare, esse stesse, e i valori che rappresentano, modelli di
vita?
È in questo
senso che il patrimonio delle associazioni è di fatto quindi un patrimonio
della società civile.
Abbiamo questa
pretesa e credo che le Istituzioni, a tutti i livelli, facciano bene a sostenere
tali pretese.
Già il CNEL ci
ha offerto una grande disponibilità attraverso la rilevante presenza nel Forum permanente
delle associazioni e delle fondazioni. Questo è un segnale istituzionalmente
forte che ci consente di sviluppare al meglio le tematiche legate alla libertà
di impresa.
Dobbiamo quindi
continuare a lavorare con lena, all’insegna dell’umiltà, dell’orgoglio e della
passione.
Umili nel
metterci sempre a disposizione di tutti coloro che hanno bisogno di non sentirsi
soli.
Orgogliosi di
svolgere una funzione di interesse generale che rifugge da egoismi personali o
di categoria.
Appassionati perché
abbiamo assoluta consapevolezza che attività di questa natura non possono
praticarsi solo con la ragione, ma vanno sostenute da un grande entusiasmo.
Antonio Maiorca
Associazione antiracket
Siracusa