ALZHEIMER.Nel Nel 1901 uno psichiatra tedesco, il dott. Alois Alzheimer,
visitò una paziente giovane che presentava disturbo cognitivo: presentò alla
signora degli oggetti familiari che lei conosceva ed aveva impiegato più volte,
ma la paziente, invitata a descrivere cosa avesse visto, non ricordò i loro
nomi, non fu cioè in grado di collegare l’oggetto al suo ricordo, in una parola
aveva perso la memoria a breve termine. Lo psichiatra, infatti, parlò di
"disordine da amnesia di scrittura", ma la signora Auguste. fu in realtà la
prima paziente a cui venne diagnosticata la malattia di Alzheimer.
Definizione. Il morbo di Alzheimer è una demenza degenerativa invalidante, che
ha un esordio precoce e conduce a morte. In Italia sembra che 800 mila persone
ne siano affette e circa 30 milioni sono i pazienti nel mondo, in genere donne.
Eziopatogenesi.
Studi recenti approfonditi sembrano indicare in un disordine metabolico la
genesi della patologia, tant’è che nel cadavere si riscontra nei neuroni
cerebrali l’accumulo di una sostanza, la beta-amiloide. Questa deriva, a sua
volta, dal metabolismo di una proteina detta APP (la sigla significa Proteina
Progenitrice dell’Amiloide) ad opera dell’attività di un enzima,
l'alfa-secretasi. Nei malati di Alzheimer, però, esiste una forma variante di
tale enzima, la beta-secretasi, che porta alla produzione di una beta-amiloide
anomala, che si accumula, non è smaltita ed imbratta la membrana dei neuroni.
Ciò è alla base di un processo infiammatorio, perché si attivano le cellule
“spazzino” del corpo umano, i macrofagi, che richiamano i neutrofili e parte un
processo infiammatorio autoimmune, contro le proprie strutture con liberazione
di citochine ed interleuchine e TNF, con distruzione lenta e graduale dei
neuroni residui.
Altri ricercatori parlano di un’ulteriore proteina, detta proteina tau,
fosforilata in maniera anomala, che si accumula in ammassi neuro fibrillari,
interessando i neuroni colinergici della trasmissione presenti nell’ippocampo,
responsabile questa struttura del processo dell'apprendimento e dei processi di
memorizzazione.
Sintomatologia.
Definita anche "demenza di Alzheimer", viene appunto catalogata tra le demenze
perché il paziente si impoverisce del suo bagaglio cognitivo, a differenza del
paziente oligofrenico, che nasce già povero di conoscenza. Qui, invece, il
deterioramento cognitivo è cronico e progressivo.
La malattia si manifesta inizialmente come demenza caratterizzata da amnesia,
cioè disturbo del pensiero e deficit della memoria, dapprima solo per sporadici
eventi della vita quotidiana ; poi è interessata la memoria prospettica (per
esempio dimenticare impegni e appuntamenti presi); poi è colpita la memoria
episodica retrograda (cioè il soggetto non ricorda il passato) e la memoria
semantica (le conoscenze acquisite).
EA poco a poco, purtroppo, col progredire della malattia, i pazienti
presentano altri disturbi:
· afasia, cioè incapacità a parlare ed
· aprassia, cioè la capacità di compiere azioni complesse:
Gesti transitivi: manipolazione concreta di oggetti
in un'attività semplice: usare un pettine, uno spazzolino da denti, un
fiammifero, una spilla
in un'attività complessa: accendere una candela con una scatola di fiammiferi,
confezionare un pacco
Gesti intransitivi: gesti che non comportano l'utilizzo di oggetti (su ordine e
su imitazione)
simbolici: segno della croce, saluto militare, dire addio
mimati: stirare, piantare un chiodo, lavarsi i denti
arbitrari imitati: le dita incrociate, a formare un 8
Esecuzione di sequenze arbitrarie: battere la mano pugno, palmo, taglio, pugno,
palmo, taglio. Esecuzione di gesti contrastanti: colpo forte - colpo debole
ttività grafiche e costruttive
scrittura spontanea e dettato
disegno spontaneo e copiato di un triangolo, di una margherita, di una casa, di
un cubo
riproduzione di figure geometriche con l'utilizzo di stuzzicadenti, utilizzare
un Lego
riproduzione di sequenze grafiche (linea, punto, curva, linea punto, curva)
Cura.
Anche se al momento non esiste una cura efficace, sono state proposte diverse
strategie terapeutiche per provare a gestire clinicamente il morbo di Alzheimer;
tali strategie puntano a modulare farmacologicamente alcuni dei meccanismi
patologici che ne stanno alla base.
In primo luogo, nell'Alzheimer si ha diminuzione dei livelli di aceti colina
(cfr decadimento cerebrale), per cui si cerca con i farmaci di ripristinarne i
livelli fisiologici di acetilcolina usando inibitori della colinesterasi, per
aumentare nel vallo sinaptico l'acetilcolina, inibendone la sua distruzione. I
farmaci a disposizione sono la fisostigmina, la galatamina, la neostigmina. Il
donezepil, inibitore non competitivo dell'acetilcolinesterasi, sembrerebbe più
efficace perché, con una emivita di circa 70 ore, permette una sola
somministrazione al giorno (mentre la Galantamina ha una emivita di 7 ore). Un
approccio alternativo alla patologia potrebbe essere l'uso di farmaci
anti-infiammatori non steroidei per controllare la componente infiammatoria che
distrugge i neuroni. I ricercatori hanno messo in evidenza anche l'azione
protettiva della vitamina E (alfa-tocoferolo), che sembra prevenire la
perossidazione lipidica delle membrane neuronali causata dal processo
infiammatorio. Ancora si parla di farmaci eccitatori come quelli che amplificano
la liberazione di acido glutammico ed aspartico ed aumentano il calcio libero
intracellulare.
Si è quindi pensato di usare farmaci nootropi ("stimolanti del pensiero"), come
il piracetam e l’aniracetam. Un'altra, più recente, linea d'azione prevede il
ricorso a farmaci che agiscano direttamente sul sistema glutaminergico come la
memantina .
Le forme di trattamento non-farmacologico consistono prevalentemente in misure
comportamentali, di supporto psicosociale e di training cognitivo. Altra cura
prevede l’impiego del film della vita, un filmato di 30-60 minuti con immagini
tratte dagli album di famiglia, filmini girati negli anni precedenti, con una
colonna sonora ottenuta da musiche che notoriamente hanno scandito i vari
periodi importanti della vita; tutto ciò allo scopo di rievocare i ricordi e
stimolare il cervello, per rallentare il morbo.
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