Re Federico II di Sicilia..Fu uomo di gran cuore, ma la sapienza che molta era in lui lo portò a
procedere con la maturità della ragione..." così scrisse di Federico II
imperatore Nicolò Jamsilla, amico del figlio Manfredi.
Sapienza e ragione lo portarono a quella fusione fra il mondo latino e quello
mussulmano-normanno, cosa auspicabile da attuarsi anche ai nostri tempi, quando
la cultura araba si scontra con quella occidentale. E questa modo di vivere e di
assimilare le culture, che era già stato un tempo il modo cui i romani si
confrontavano con gli altri popoli, basta citare la celebre frase di Orazio: "Graecia
capta, Romam cepit et artes intulit agresti latio"che è la vera novità dell'
epoca di Federico II. Infatti l'imperatore governo' con estrema saggezza ed
equilibrio e seppe far sue le usanze dei popoli dei quali aveva il dominio. A
Milazzo visse e si dilettò di caccia e di cucina, riunendosi con i suoi uomini
nella famosa Sala del Parlamento Siciliano, che si trova nella torre Araba del
Castello, quella in cima, dove un enorme camino crea un'atmosfera di rilassata
convivialità. Federico II fu un buongustaio ma la sua mensa non fu mai
volgarmente imbandita, anzi assai raffinata e curata secondo principi di
medicina che aveva appreso dalla Regola sanitaria salernitana. Infatti si deve a
lui una gastronomia integrata ad una cucina salutare, dando vita a quella
scienza dell'alimentazione che si espresse nel banchetto di corte assurto a
simbolo socio-gastronomico.
mappa
..L' uomo è ciò che mangia.
Dei fasti della celebre cucina siciliana d'epoca greca poco restava: i terreni
abbandonati e incolti poco potevano dare alla cucina prima dell'arrivo dei
mussulmani. I Milazzesi aveva tanto da apprendere dagli Arabi, che introdussero
la pesca del tonno ed una serie di piatti, fra cui perfino gli arancini di
carne, che furono poi impanati con la carateristica panatura dorata dai
normanni. L'agricoltura crebbe e si sviluppò in Sicilia grazie al periodo di
pace e prosperità che Federico II seppe portare ai popoli. Così dal X sec. e
fino alla fine del XIV ci fu un graduale ritorno alla terra, sopratutto grazie
ai nuovi sistemi di irrigazione, stante la penuria di acqua che da sempre ha
caraterizzato questa terra. Al tempo di Federico II, a Milazzo, esistevano
terreni incolti, infestati dal rovo e boschi di leccio (Quecus ilex , tanto che
si parlava del famoso "Parco di Federico II", che sorge pressappoco dove oggi
c'è la chiesa della Madonna del Boschetto e cominciano le industrie pesanti con
loro olezzo. Ma un tempo non era così, perchè l'imperatore si recava a cavallo
col suo falco inseparabile a caccia, scortato dai suoi cavalieri. All'epoca i
banchetti reali prevedevano la selvaggina e, dunque, grandi quantità di carne,
sopratutto cacciagione: cervo al pepe, spalla di cinghiale, polli al lardo,
pavoni, cigni e aironi in salse, oggi stucchevoli, al chiodo di garofano;
anatre, fagiani, capponi, colombi ecc.,sempre ricchi di spezie per nascondere
gli odori della eccessiva frollatura.Ma Federico II rivoluzionò tali usanze ed
introdusse la carne fresca, per cui le spezie divennero più leggere e furono
sostituite addirittura da aromi mediterranei della sicilia, basilico, menta,
salvia e prezzemolo. Il dessert prevedeva pane speziato e dolci al miele; fichi
e melograni come frutta, che però sovente si serviva all'inizio del pasto.
Taormina teatro
....Sotto Federico II La tavola diventò, quindi, sistema di comunicazione,
occasione, cioè, di convivialità e per ostentare ricchezze e sopratutto la
potenza del signore in tutta la sua pompa. Fu la rinascita della cucina
siciliana: si riprese l'uso degli umidi della cucina greco-romana, accanto alla
quantità di barbarica tradizione.
Nella Sicilia federiciana si coltivavano riso, cetrioli, melanzane, zucchini,
cavolfiori, spinaci, asparagi, porri, rape e fagioli, già introdotti dai
mussulmani. Infatti il fagiolo, al contrario di quanto si possa ammette, non
giunse da noi dalle americhe, ma in Sicilia, al tempo dell'imperatore Federico,
una specie di fagiolo nero veniva coltivato già nel X secolo. Proveniva dai
territori della Mezzaluna fertile (Siria, Libano, Egitto) ed era destinato alla
cucina di corte. Poi questa piccola delizia, sconosciuta nel resto d'Europa,
finirà nel Ménagier de Paris (fine XIVsec.).
donna siciliana
tipica
Fra i cibi per iniziare c'è sempre un passato di fagioli. Poi le frutta
rappresentate da fichi e melograni furono sostituiti da mandorle fresche,
pesche, albicocche e angurie, mai prima di allora mangiati da ricchi e da poveri
al tempo stesso.
I viaggiatori capitati in Sicilia parlarono delle rneraviglie delle pesche su
cui erano scritti versetti del Corano e dediche. Si trattava di un'usanza araba
di grande effetto e di facilissima realizzazione: si incollavano con la farina
le lettere sui frutti acerbi, quindi si toglievano le foglie per esporre quei
frutti al sole che li colorava di rosso. Al momento di servire si toglievano le
lettere e appariva di colore verde la parte coperta. Un dessert elegante
prevedeva frutta secca, gelatine di frutta, i canditi all'uso arabo assieme
all'uva sultanina. Ad un certo punto la cucina normanna e quella araba si fusero
nella cucina della sicilia, dove lo zucchero di canna, portato dagli arabi e
prodotto in Sicilia, servì per sciroppi medicinali e per tanti buoni dolci,
primo fra questi la celebre" cassata siciliana", così definita dalla parola
latina caseatus (?) , ma forse è più esatto dire dalla parola araba qasàt, dove
ricotta di pecora, zucchero e canditi finiscono per rappresentare l'aspirazione
al sublime di un popolo sempre incerto fra la Bibbia e il Corano.
carretto
siciliano
Le salse più importanti dell'epoca furono la agresta e la camellina.
La prima, con succo di limone o di uva verde è paragonabile all'odierno
salmoriglio; mentre la camellina è salsa d'aceto di vino con cannella,
zenzero,pepe chiodi di garofano. Con Federico II la bevuta a tavola diventa
espressione di opulenza e di normalità, una sorta di "bere sociale", anche se il
sovrano sembra fosse sempre moderato nel bere e nel mangiare. Gustava solo cibi
raffinati che richiedeva espressamente: pare che mangiasse una volta al giorno,
ed appunto sembra che fosse quasi astemio e che facesse regolari periodi di
digiuno. La scuola medica salernitana recita: "Si, tibí noceat serotina potatio
vini, horu matutína rebibas, et erit medicina!" Cioè se di sera ti ha fatto male
la bevuta, ritorna a bere di mattino e questo ti farà da rimedio. In realtà
anche noi oggi sappiamo che il vino rosso, se bevuto con moderazione, fa bene ai
vasi sanguigni. E Milazzo fu la patria del vino, sin dai tempi dei Romani che a
Milazzo si rifornivano di Vino (cfr città del vino).
Alla corte federiciana si mangiò seduti davanti a bassi tavoli (piccoli banchi,
banchetti) attingendo al piatto di portata; si usarono coltelli a punta e si
portò il cibo alla bocca con le mani che si risciacquavano spesso in bacinelle
portate dai servi. Il vino, aromatizzato con mirto dei nebrodi, fu sempre
servito in coppe preziose. Federico II si distinse per la sua frugalità che gli
veniva
da una parte dalla cultura popolare (non dimentichiamo che fu bambino fra i
vicoli palermitani) e dall'altra dai consigli medico-dietetici di Teodoro.
pasta con la
salsa
Il suo cuoco restò famoso per la preparazione dello scapèce un piatto attribuito
per tradizione al gastronomica romana, che in realtà era di derivazione araba;
infatti la parola deriva dall'arabo volgare "iskebeq",cioè pesce marinato. A lui
si devono i piatti che ancora oggi abbiamo in sicilia: le caponate di melenzane,
pesci o verdure fritti o fatte arrostire alla brace, che sanno preparare ad hoc
sui Nebrodi, in alcune osterie tipiche, accompagnandole ad un vino rosso, dolce
e colorato come l'inchiostro! Iin genere melanzane e zucchine si fanno marinare
in una salsa d'aceto profumata con zafferano e foglie di menta. La qualità e la
raffinatezza dei piatti di corte era evidenziata dalle carni che furono sempre
fresche e pesci assolutamente di giornata, profumati con aglio, cipolla,
rosmarino, timo, salvia... I formaggi elencati nei documenti di corte sono,
ancora oggi, fra i migliori formaggi italiani: Federico, a quanto pare, amò i
formaggi freschi come la ricotta e i tanti pecorini che sono vanto della
tradizione siciliana. Nel testo sulla falconeria si trova indicata una speciale
ricotta di latte di pecora e di mucca che si raccomanda come importante alimento
per i falch Alla corte di Federico II, Castello di Milazzo compreso, è la fiamma
del caminetto che accarezza gli spiedi, e la brace dove lentamente cuociono
ortaggi e verdure.
Naturalmente tutte queste delizie si prepararono sempre nelle enormi cucine
reali; non si può parlare di arte culinaria alla sua pittoresca corte itinerante
dove però si mangiò sempre il pane di frumento, di cui vanno fieri i contadini
di nebrodi e peloritani, per esempio famoso è quello di Montalbano Elicona (ME)
e grande e antica è la tradizione del pane dell'isola dove I'orzo s'usò solo per
nutrire il bestiame.
Federico anticipò il signore del Rinascimento con i suoi poeti e filosofi. Alla
sua tavola furono ospiti genti di ogni lingua e religione che recavano un bene
prezioso, ieri come oggi, l'infor-mazione. Erano notizie scientifiche, note di
cronaca e di costume, storie di mare e di cacce, echi di narratori e musici che
con la buona cucina e I'ospitalità regale andavano ricambiate Tenero e crudele,
violento e cortese, autoritario e generoso fu I'ultimo imperatore medievale e il
primo signore laico e mondano.
Come usava fare da piccolo, per il suo arrivo a casa voleva trovare le violette
candite che reputava ricche di energia terapeutica e che piluccava mentre
accarezzava i suoi falconi.
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