La rivascolarizzazione degli arti inferiori
La claudicatio è rappresentata da quel dolore che interviene ad un certo punto
della marcia in un soggetto vasculopatico (cfr il paziente vascolare, aocp) e
viene classicamente definita come un disturbo muscolare riproducibile provocato
dall'esercizio e alleviato dal riposo. Infatti il muscolo per contrarsi
necessita di ossigeno e di glucosio ed ogni qual volta si verifica, a causa di
un'aumentata richiesta di flusso sanguigno da parte dei muscoli, un’ischemia,
poiché il sistema vascolare malato non può soddisfare tale esigenza. Un
approccio non operatorio nei pazienti con claudicatio è generalmente
appropriato. Ma occorre prestare molta attenzione davanti ad un paziente con
claudicatio poiché la claudicatio è un presagio minaccioso di malattia vascolare
estesa la modificazione dei fattori di rischio è il primo passo nel trattamento
di questi pazienti. Essi sono rappresentati da:
il fumo di sigaretta,
il diabete
la dislipidemia,
l'iperomocisteinernia
elevati livelli di proteina C reattiva
l'ipertensione sono fattori che influenzano la progressione
Il fumo di sigaretta ha una probabilità due-tre volte superiore di causare una
malattia arteriosa periferica degli arti inferiori piuttosto che una
coronaropatia." La presenza di diabete mellito aumenta il rischio di malattia
arteriosa periferica di due-quattro volte e il rischio di claudicatio di 3,5
volte nell'uorno e 8.6 volte nella donna. Pazienti diabetici con malattia
arteriosa periferica degli arti inferiori hanno una probabilità da 7 a 15 volte
superiore rispetto a pazienti non diabetici anch'essi con malattia arteriosa
periferica degli arti inferiori di andare incontro a un'amputazione maggiore Il
rischio di sviluppare una malattia arteriosa periferica degli arti inferiori
aumenta circa del 5-10% per ogni aumento di 10 mg/dl di colesterolo totale.
Anchg l'iperomocisteinemia aumenta il rischio di progressione della rnalattia
arteriosa periferica. Il Physician's Health Study documentava che i livelli di
proteina C reattiva erano superiori in soggetti che successivamente avrebbero
sviluppato una malattia arteriosa periferica degli arti inferiori e in quelli
che alla fine avrebbero necessitato di un trattamento chirurgico. Sebbene
l'ipertensione sia associata a malattia arteriosa periferica degli arti
inferiori, la sua relazione con tale condizione patologica è generalmente più
debole rispetto a quella con le malattie cerebrovascolare e coronarica. Nel
Frarningham Heart Study, l'ipertensione aumentava il rischio di claudicatio
intermittens di 2,5 e 4 volte rispettivamente nell'uorno e nella donna. Il
rischio era proporzionale alla gravità dell'ipertensione arteriosa.
Dopo il controllo dei fattori di rischio, il passo successivo per un trattamento
efficace della claudicatio è un programma di attività fisica. Un training fisico
con supervisione dovrebbe essere effettuato per un minimo di 30-45 minuti,
almeno tre volte alla settimana per un rainimo di 12 settimane e l’impiego di
inibitori dell'aggregazione piastrinica.
Altre buone norme per prevenire l’aocp.
I pazienti che smettono di fumare e prendono parte a programmi di attività
fisica regolare hanno una probabilità di circa il 70% di migliorare la distanza
del cammino. Il passo successivo è spesso rappresentato dalla terapia
farmacologica. Il cilostazolo (100 mg per via orale due volte al giorno)
rappresenta una terapia efficace (in assenza di insufficienza cardiaca) al fine
di migliorare i sintomi e aumentare la distanza di cammino in pazienti con
claudìcatio intermittens.
Il cilostazolo (pletal)
Scheda tecnica: impiego ed avvertenze
Il cilostazolo e' un inibitore della PDE III con attivita' antipiastrinica. In
uno studio clinico su soggetti sani, la somministrazione di 150 mg due volte al
giorno non ha causato un prolungamento del tempo di emorragia. Acido
acetilsalicilico: la somministrazione contemporanea (4 giorni) di acido
acetilsalicilico e del cilostazolo ha evidenziato un aumento del 23-25 %
dell'inibizione dell'aggregazione piastrinica ex vivo indotta da ADP, rispetto
alla somministrazione del solo acido acetilsalicilico. Non sono stati
evidenziati effetti additivi o sinergici relativi all'aggregazione piastrinica
indotta dall'acido arachidonico rispetto alla somministrazione del solo acido
acetilsalicilico. Non e' emersa nessuna tendenza di una maggiore incidenza di
eventi emorragici avversi nei pazienti che assumevano il cilostazolo e l'acido
acetilsalicilico rispetto ai pazienti che assumevano placebo e dosi equivalenti
di acido acetilsalicilico. Si raccomanda di non superare la dose giornaliera di
80 mg di acido acetilsalicilico. Clopidogrel: la somministrazione concomitante
di 150 mg di cilostazolo due volte al giorno e di 75 mg die di clopidogrel per
cinque giorni non ha avuto un effetto significativo sulla farmacocinetica del
cilostazolo, inducendo un aumento dell'AUC pari al 9%. Tuttavia, l'AUC del
metabolita deidro, con potenza di inibizione dell'aggregazione piastrinica 3-4
volte superiore a quella del cilostazolo, ha evidenziato un aumento del 24%. La
somministrazione concomitante non ha alcun effetto sulla conta delle piastrine,
sul tempo di protrombina (PT) o sul tempo parziale di tromboplastina attivata (aPTT).
Tutti i pazienti dello studio hanno mostrato un tempo di emorragia prolungato
con l'assunzione del solo clopidogrel e non e' stato possibile determinare se
esisteva un effetto additivo sui tempi di emorragia durante la somministrazione
concomitante del cilostazolo. È necessaria cautela nella somministrazione del
cilostazolo insieme a farmaci che inibiscono l'aggregazione piastrinica. È
necessario monitorare il tempo di emorragia a intervalli regolari. È richiesta
particolare cautela nei pazienti sottoposti a terapia antipiastrinica multipla.
Anticoagulanti: in uno studio clinico con dose singola non sono stati osservati
ne' inibizione del metabolismo del warfarin ne' effetti sui parametri della
coagulazione (PT, aPTT, tempo di emorragia). Tuttavia, e' necessaria cautela nei
pazienti trattati contemporaneamente con il cilostazolo e con agenti
anticoagulanti; si rende necessario un monitoraggio frequente per ridurre la
possibilita'. Inibitori del citocromo P450 (CYP). Il cilostazolo viene
metabolizzato dagli enzimi CYP, in particolare CYP3A4 e in maniera minore
CYP2C19; anche altri enzimi sono coinvolti. Alcuni dei metaboliti, in
particolare il metabolita deidro, possiedono attivita' simili al cilostazolo.
Gli effetti della somministrazione contemporanea di inibitori dell'enzima CYP
sono complessi ed il cilostazolo e' controindicato in pazienti che assumono
inibitori di CYP3A4 o CYP2C19. Esempi dei diversi farmaci noti come inibitori di
questi isoenzimi sono disponibili nelle Controindicazioni. La somministrazione
di 100 mg di cilostazolo al settimo giorno di somministrazione di eritromicina
(un inibitore leggero di CYP3A4) 500 mg tre volte die, ha evidenziato un aumento
dell'AUC del cilostazolo del 74% e una riduzione del 24% dell'AUC del metabolita
deidro, causando tuttavia un aumento notevole dell'AUC del metabolita 4'-trans-idrossi.
La somministrazione contemporanea di dosi singole di ketoconazolo (un forte
inibitore di CYP3A4 e un inibitore di 2C19) 400 mg e di cilostazolo 100 mg ha
comportato un aumento dell'AUC del cilostazolo superiore a 2 volte, e un aumento
dell'esposizione sistemica al metabolita 4'-trans-idrossi. Nei soggetti sani
trattati con una dose di cilostazolo di 100 mg due volte die, l'AUC media del
cilostazolo aumenta del 44% in caso di somministrazione contemporanea di
diltiazem (un inibitore di CYP3A4) a 180 mg/die. La somministrazione
contemporanea non ha influenzato l'esposizione al metabolita deidro ma e' stato
evidenziato un aumento dell'AUC del metabolita 4'-trans-idrossi. In pazienti
sottoposti a studi clinici e' stato evidenziato che l'uso concomitante di
diltiazem ha aumentato l'AUC del cilostazolo del 53%. La somministrazione di una
singola dose di 100 mg di cilostazolo con 240 mg di succo di pompelmo non ha
evidenziato effetti notevoli sulla farmacocinetica del cilostazolo. La
somministrazione di una singola dose di 100 mg di cilostazolo al settimo giorno
della somministrazione di omeprazolo (inibitore di CYP2C19) 40 mg una volta die
ha aumentato il Cmax] e l'AUC del cilostazolo del 18% e del 26% rispettivamente.
Il Cmax] e l'AUC del metabolita deidro sono aumentati del 29% e del 69%, mentre
l'esposizione al metabolita 4'-trans-idrossi ha registrato una diminuzione del
31%. Substrati degli enzimi citocromo P450: e' stato evidenziato che il
cilostazolo inibisce CYP3A4, CYP2C19 e CYP2C9 in vitro, ma solo in presenza di
concentrazioni diverse volte superiori al livello massimo circolante nei dosaggi
terapeutici. Uno studio sull'interazione con il warfarin non ha evidenziato
effetti significativi sulla farmacocinetica del R-warfarin (substrato di CYP3A4)
o del S-warfarin (substrato di CYP2C9). Tuttavia, e' stato evidenziato un
aumento superiore al 70% dell'AUC della lovastatina (substrato di CYP3A4) e del
suo acido -idrossi durante la somministrazione contemporanea di cilostazolo. È
necessaria cautela quando si somministra il cilostazolo insieme a farmaci
substrato di CYP2C19 o CYP3A4, soprattutto quelli con indice terapeutico
ristretto. Esempi dei numerosi farmaci substrato di questi isoenzimi sono
disponibili nel paragrafo Avvertenze e precauzioni d'impiego nel RCP
Posologia : la dose raccomandata di cilostazolo e' di 100 mg 2 volte al giorno.
Il cilostazolo deve essere assunto 30 minuti prima o due ore dopo la colazione e
il pasto serale. L'assunzione del cilostazolo insieme al cibo ha evidenziato un
aumento delle concentrazioni plasmatiche massime (Cmax]) del cilostazolo, che
possono essere associate ad un aumento dell'incidenza di effetti indesiderati.
Se poi la terapia farmacologica ha fallito.
Se la malattia causa un serio deterioramento in importanti attività per il
paziente dovrebbe essere presa in considerazione la rivascolarizzazione
endovascolare o chirurgica. Dovrebbe essere documentata l'assenza di altre
malattie che potrebbero limitare l'esercizio, anche in presenza di un
miglioramento della claudicatio. I pazienti più giovani hanno un andamento
peggiore in seguito a terapia chirurgica. Essi potrebbero avere una forma più
aggressiva di aterosclerosi, che determina una risposta meno buona, e potrebbero
richiedere revisioni o riposizionamenti di graft.
Le strategie iniziali di rivascolarizzazione fanno sempre più affidamento sulle
tecniche endovascolari, riservando l'intervento chirurgico a coloro la cui
anatomia arteriosa è sfavorevole alle procedure endovascolari. Nei pazienti con
problemi di afflusso e di efflusso, i problemi di afflusso vengono corretti per
primi. Un miglioramento dell'afflusso può diminuire i sintomi e, se si rende
necessaria la rivascolarizzazione distale, si riduce la probabilità di una
trombosi distale al graft causata da un flusso scarso. Ci sono diverse
caratteristiche di malattia occlusiva aorto-iliaca e diverse procedure per la
riparazione chirurgica . L'endoarterectornia aorto-iliaca offre eccellenti
risultati sul lungo periodo per la malattia occlusiva focale limitata all'aorta
distale e alle arterie iliache comuni. E’ controindicata in presenza di malattia
aneurismatica, occlusione aortica a livello delle arterie renali, o malattia
occlusiva importante a livello delle arterie iliaca esterna o fernorale.
La frequenza di pervietà a 5 e 10 anni è rispettivamente del 95 e dell'85%. In
ogni modo, tale malattia focale aorto-iliaca è trattata, generalmente, nella
maggior parte dei pazienti, con angioplastica percutanea e stenting. Potreste
essere affetti da arteriopatia periferica e rischiare l’amputazione degli arti
inferiori.
L'arteriopatia degli arti inferiori è caratterizzata da un progressivo
restringimento delle arterie in genere, docuto alla formazione di "placche
aterosclerotiche", specie di quelle degli arti inferiori, soprattutto nel
paziente con diabete, dove si può assistere al quadro del cosiddetto “piede
diabetico”, che si caratterizza per un minor afflusso di sangue agli arti
inferiori e per neuropatia, con conseguente insufficiente perfusione di ossigeno
ai tessuti. Il processo di invecchiamento della popolazione italiana è destinato
ad accompagnare il paese nel prossimo futuro. La speranza di vita alla nascita è
ormai pari a 75 anni per i maschi e 81 anni per le femmine, con un guadagno per
entrambi i sessi rispetto al 1981 di circa 4 anni.
Incidenza e storia naturale dell’arteriopatia ostruttiva periferica
L’arteriopatia ostruttiva periferica (AOP) delle arterie degli arti inferiori,
che rappresenta la localizzazione alle arterie periferiche della malattia
arteriosclerotica, interessa la popolazione adulta, specie maschile, con
un’incidenza che può variare dal 2.5 al 22% a seconda delle fasce di età
considerate. Più precisamente l’incidenza è del 2.5% tra 40 e 60 anni, del 5%
tra 60 e 64 anni, del 13% tra 65 e 69 anni, del 16% tra 70 e 74 anni, e del 22%
oltre i 75 anni.
Da un recente studio condotto su 2307 pazienti con AOP controllati in media per
4.5 anni è risultato che:
la malattia rimane stabile o migliora nel 50% dei casi.
nel 14% dei casi peggiora e in un altro 30% dei soggetti il peggioramento si
manifesta anche con dolore a riposo o necrosi dei tessuti, che richiedono degli
interventi chirurgici o l’amputazione. Un ulteriore 6% dei pazienti è
direttamente sottoposto ad amputazione.
Dove cercare l’arteriopatia periferica?
L’identikit del paziente è:
Età 50-69 anni e storia di fumo o diabete
Un’ età inferiore a 50 anni ma storia di diabete e un altro fattore di rischio
per aterosclerosi
Età uguale o superiore a 70 anni
Sintomatologia a livello degli arti inferiori durante uno sforzo (indicativa di
claudicatio) o dolore ischemico a riposo
Anomalie all'esame dei polsi tibiali
Patologia aterosclerotica nota a livello di arterie coronarie. carotidii o
renali
Quando si rende necessario un bypass prossimale, i bypass aorto-fernorali sono
preferiti ai bypass aorto-iliaci poiché l'arteria iliaca esterna è spesso
gravemente malata. In pazienti con una malattia iliaca monolaterale, un bypass
aorto-iliaco o aorto-femorale monolaterale potrebbe essere eseguito attraverso
un approccio retroperitoneale di modo da evitare la morbilità legata
all'approccio transaddominale. L'approccio più comune alla malattia iliaca
monolaterale, in ogni caso, è il bypass fernoro-fernorale con una pervietà
prevista a 5 anni del 71 %. Ci sono molteplici alternative per migliorare
l'efflusso nei pazienti con claudicatio. L' arteria femorale superficiale e
l'arteria poplitea prossimale sono le sedi più frequenti di stenosi od
occlusione in pazienti con claudicatio intermittens. Il bypass più
frequentemente eseguito per il trattamento della claudicatio
Procedure operative per il miglioramento dell'afflusso vascolare
PROCEDURA
MORTALITA LEGATA ALL’INTERVENTO PERVIETA
A 5 ANNI %
Bypass corto-bifemorale
By ass aorto-iliaco o aorto
femorale
Endoarterectomia iliaca
Bypass femoro-femorale
Bylpass axillo-fernorale-femorale
Bylaass axilio-femoro-femorale 3
è il bypass arteria femorale-arteria poplitea. Quasi tutti gli studi che hanno
confrontato le vene con tubi protesici per la ricostruzione delle arterie degli
arti inferiori hanno confermato la superiorità delle vene. Solo raramente si
dovrebbe fare ricorso a bypass con tubi protesici per il trattamento di una
claudicatio intermittente di lieve entità a causa dell'aumento del rischio di
amputazione connesso con il fallimento di tali innesti. L'ischernia critica di
un arto comporta un processo acuto o cronico che, se non trattato, potrebbe
rendere necesaria un'amputazione. Sono necessari un pronto riconoscimento dei
segni della perdita imminente di un arto e un rapido avvio della terapia. Questi
pazienti spesso si presentano con dolore a riposo, ulcere inguaribili e/o
gangrena. Sebbene i soggetti con claudicatio siano spesso gestiti in maniera
conservativa o non chirurgica," i pazienti con ischemia critica di un arto
vengono considerati per un eventuale intervento. Se il paziente è deambulante e
ha un rischio operatorio ragionevole (in funzione di fattori cardiaci, polmonari
e renali), viene proposta una procedura di rivascolarizzazione. Prima di optare
per un intervento chirurgico, occorre eseguire l'arteriografia, che rimane il
metodo decisivo per definire l'esatto livello dell'occlusione arteriosa e
l'anatomia vascolare. Per quanto riguarda i soggetti con una malattia sia
dell'afflusso sia
Procedure operative per il miglioramento dell'efflusso vascolare
Procedura
Mortalita’ intervento Pervietà a 5 anni
Vena femoro-polplitea sopra il ginocchio
1-6 80
Protesi femoro-popliteo sopra il ginocchio
1-6 75
Vena femoro-popliteo sotto il ginocchio
1-6 66
Protesi femoro-popliteo sotto il ginocchio
1-6 56
Vena femoro-tibiale
1-6 74-80
Protesi femoro-tibiale 1-6 25
Bypass sequenziale composito
0-4 28-40
Bypass femoro-tibiale cieco
2-3 64-67 a 2 anni
Profundopiastica
0-3 50 a 3 anni
dell'efflusso con ischemia critica di un arto, le lesioni che compromettono
l'afflusso dovrebbero essere prese in considerazione per prime. Se i sintomi
persistono, è legittimato un intervento a carico delle lesioni che compromettono
l'efflusso.
Anche in presenza di infezioni, ulcere ischemiche o ulcere gangrenose, si
dovrebbe prendere in considerazione un intervento a carico delle lesioni che
compromettono l'efflusso allo scopo di bypassare tutte le principali stenosi e
occlusioni. Anche se in genere si preferisce la vena grande safena come condotto
per realizzare il bypass, esistono numerose altre altemative. Quando non è
disponibile una vena grande safena adeguata, le possibili altemative sono
rappresentate da bypass protesici, graft venosi con le vene del braccio e la
vena piccola safena, bypass compositi sequenziali che utilizzino una vena
attaccata a un innesto protesíco, l'utilizzo di un patch venoso anastomotico,
graft venosi con le vene ombelicali, arterializzazione distale venosa e
allograft con vene erioconservate. Attualmente, viene puntata l'attenzione sul
riconoscimento dei graft in via di deterioramento prima che essi si occludano.
La rivalutazione periodica (3-6 mesi) dovrebbe focalizzarsi su ogni sintomo
ricorrente o segno oggettivo di deterioramento del graft. Tali segni comprendono
una diminuzione del 15% dell'indice cavigliabraccio. Importanti segni ecografici
di deterioramento del graft sono una diminuzione della velocità del flusso
sistolico di picco a meno di 45 cm/s nel graft più un'aumentata velocità
sistolica di picco attraverso un'area stenotica (due o tre volte la normale
velocità a livello del graft). Il trattamento basato sull'utilizzo di cateteri
in pazienti con un'ischemia acuta degli arti di durata inferiore a 14 giomi è
stato utilizzato con successo per ricanalizzare arterie che si sono occluse
acutamente. Una metanalisi sul confronto fra lisi e chirurgia, che considerava
trial randornizzati e report di casi clinici, ha concluso che la lisi migliora
il recupero dell'arto a 30 giorni e a 6-12 mesi e riduce la mortalità rispetto
alla chirurgia.` Infine, i pazienti che presentano una necrosi importante delle
porzioni del piede sottoposte a carico (in pazienti deambulanti), una
contrattura in flessione non correggibile, una paresi delle estremità, un dolore
ischemico refrattario a riposo, una sepsi o un'aspettativa di vita molto
limitata a causa di comorbilità, dovrebbero essere considerati per
un'amputazione primaria della gamba.
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