tubercolosi nel mondo.
Circa un terzo della popolazione mondiale, compresi 11 milioni di pazienti negli
Stati Uniti, presentano un'infezione latente da Mycobacterium tuberculosis. In
Italia il problema dell'immigrazione di persone che provengono da pesi dove la
tubercolosi è endemica ha creato e creerà notecoli problemi di diffusione del
contagio. Basti pensare che esiste anche il problema della piaga della
prostituzione, la nuova tratta delle schiave di colore e, dunque, nessuno più è
esente dal rischio di contagiarsi di tubercolosi. Ancora va precisato che i
farmaci sono sempre meno efficaci per la cura.
Negli Stati Uniti la maggior parte dei casi di tubercolosi riguarda pazienti
provenienti da paesi in cui la malattia è endemica. L'infezione è in genere più
elevata in popolazioni economicamente svantaggiate e nei pazienti immunodepressi,
e nei soggetti affetti da AIDS. Il problema è che la diagnosi deve essere
tempestivamente attuata, poiché ritardi nell'individuazione e nel trattamento
dell'infezione ne facilitano la trasmissione. Esistono delle tecniche nuove per
porre diagnosi che rappresentano il superamento del vecchio test alla
intradermoreazione alla tubercolina che evidenzia uno stato di allergia nei
confronti dei prodotti del Bacillo di Koch, e/o la ricerca dei bacilli
alcool-acido resistente direttamente sull’escreato, cosa assai complessa; si
tratta della tecnica basata sul rilascio di interferone gamma e
sull'amplificazione degli acidi nucleici consentono un'identificazione più
rapida e specifica, rispettivamente, dell'infezione da M. tuberculosis e della
presenza di una malattia attiva.
In particolare, con certezza, si può affermare che:
· Lo screening per I'infezione da Mycobacterium tuberculosis va condotto in
pazienti selezionati, specie se esposti ad un rischio elevato di infezione o di
progressione a malattia attiva.
· Gli esami basati sul rilascio dell'interferone gamma antigene-specifico sono
utili per lo screening dell'infezione da M. tuberculosis in particolare nei
pazienti precedentemente vaccinati con bacillo di Calmette-Guérin o con
infezioni da micobatteri non-tubercolari
· La monoterapia con isoniazide rappresenta il trattamento di scelta per la
maggior parte dei pazienti con infezione tubercolare latente, e dovrebbe essere
sufficiente tranne i casi di pazienti in cui si sospetta una tubercolosi
primaria resistente ai farmaci, per i quali è indicata I'associazione di più
farmaci, e di terapie condotte mediante osservazione diretta.
.
Epidemiologia.
Nel 2007 negli Stati Uniti sono stati identificati 13. 293 casi di tubercolosi
attiva. Anche se il numero di casi continua a diminuire, la velocità di
diminuzione ha presentato un rallentamento. Negli Stati Uniti i soggetti esposti
al rischio più elevato di infezione sono i soggetti nati in paesi in cui I'infezione
da M. tubercolosis è endemica; in questi soggetti i tassi di infezione sono 10
volte più elevati rispetto a quelli descritti nei soggetti nati negli Stati
Uniti. Molte delle differenze etniche e razziali nella diffusione dei casi di
tubercolosi attiva possono essere attribuiti a differenze di prevalenza tra i
soggetti nati all'estero o che presentano fattori di rischio associati ad un
basso livello socio economico. Nel 2007 I’ 11,3 % dei pazienti degli Stati Uniti
con tubercolosi attiva presentava una co-infezione con iI virus delI
'immunodeficienza umana (human immunodeficiency virus, HIV). Questi dati
rappresentano peraltro delle sotto-stime, in quanto non comprendono i casi di
co-infezione della California; i n alcuni casi di tubercolosi non era inoltre
stata ricercata I 'eventuale co-infezione con HIV. Ritardi nell'identificazione
o nel trattamento dei pazienti con tubercolosi polmonare attiva o dei pazienti
con un rischio elevato di riattivazione di un'infezione tubercolare latente
facilitano la trasmissione dell’infezione. Per un efficace controllo
dell'infezione è essenziale un trattamento appropriato di tutti i pazienti con
infezione tubercolare latente e con tubercolosi attiva.
Nuovi esami diagnostici
Lo screening causale per la ricerca del M. tuberculosis non rappresenta una
procedura consigliabile; è indicato invece un approccio più mirato, che prevede
lo screening di soggetti ad alto rischio di infezione tubercolare latente o di
progressione verso un'infezione attiva. I pazienti con infezione latente e con
rischio di progressione verso la malattia attiva devono essere sottoposti a
trattamento. ll test cutaneo alla tubercolina, noto anche come test di Mantoux o
test con proteina purificata derivata è disponibile da lungo tempo e presenta il
vantaggio di un costo economico limitato. Pur in presenza di problemi come la
scarsa sensibilità, la bassa specificità, il rischio di inadeguato follow-up del
paziente per la lettura dei risultati, il test cutaneo alla tubercolina
rappresenta tuttora l'esame standard per la diagnosi dell'infezione da M.
tuberculosis. Risultati falso-positivi al test possono essere causati da
infezioni ( con micobatteri non-tubercolotici, vaccinazioni con il bacillo di
Calmette-Guérin ( BCG) (in particolare se recenti), errate interpretazioni
soggettive dei risultati del test (indurimento della cure). Le linee-guida
seguite negli Stati Uniti non prevedono, nell'interpretazione dei risultati del
test, di tenere in considerazione I'eventuale vaccinazione con BCG; i nuovi
esami diagnostici sono peraltro in grado di distinguere tra una recente
vaccinazione con BCG ed un'infezione da M. tuberculosis. Gli assay basati
sull'interferone gamma antigene specifico individuano il rilascio di interferone
gamma da parte di cellule T "di memoria" precedentemente sensibilizzate mediante
stimolazione in vitro con proteine specifiche del M. tuberculosis. Questi esami
non generano risultati falso-positivi in pazienti precedentemente vaccinati con
il ceppo di BCG o affetti dalla maggior parte delle infezioni micobatteri che
non-tubercolotiche; ciò consente una maggiore specificità nell'identificazione
del M. tuberculosis. Come il test cutaneo alla tubercolina, gli assay basati sul
rilascio dell'interferone gamma identificano semplicemente il M. tuberculosis;
quando vengono utilizzati da soli, pertanto, questi esami non sono in grado di
distinguere tra infezioni latenti ed infezioni attive. Con questi esami,
inoltre, infezioni da HIV e condizioni caratterizzate da immunodeficienza, che
compromettono la funzione delle cellule T, possono essere responsabili di
risultati falso-negativi o non conclusivi. Considerato da solo, pertanto, un
risultato negativo al test cutaneo alla tubercolina o all'esame basato sul
rilascio dell'interferone gamma non è in grado di escludere una diagnosi di
tubercolosi.
E..Chi è a rischio di tubercolosi?
· Soggetti a rischio di esposizione e di infezione con Mycobacterium
tuberculosis
· Soggetti in stretto contatto con pazienti affetti da tubercolosi attiva
confermata
· Soggetti provenienti da paesi in cui la tubercolosi è endemica, e che vivono
negli Stati Uniti da 5 anni o meno (in particolare bambini di età inferiore a 4
anni)
· Residenti e lavoratori in ambienti confinari (es. carceri, case di cura per
pazienti cronici, rifugi per senza casa)
· Operatori sanitari in contatto con pazienti ad alto rischio
· Popolazioni di basso livello socio-economico, che non dispongono di
un'assistenza medica adeguata
· Neonati, bambini e adolescenti esposti a popolazioni di adulti ad alto rischio
· Soggetti con elevato rischio di progressione da infezione tubercolare latente
ad infezione attiva
· Pazienti con infezione da virus dell'immunodeficienza umana
· Pazienti recentemente (nel corso degli ultimi 2 anni) infettati con il M.
tuberculosis
· Bambini di età inferiore a 4 anni
· Pazienti immunodepressi (es. pazienti con diabete, nefropatie croniche o
terminali, silicosi, carcinomi, malnutrizione, pazienti sottoposti a terapie
prolungate con corticosteroidi, pazienti sottoposti a trapianti d'organo;
pazienti in trattamento con inibitori del fattore alfa di necrosi tumorale)
La diagnosi di tubercolosi attiva viene posta in seguito ad un'accurata raccolta
anamnestica e ad un esame obiettivo completo, nonché con I'esecuzione di esami
come la radiografia del torace, esami colturali dell'espettorato o di altri
tessuti, ed a volte biopsie tessutali. Quando si sospetta una tubercolosi
attiva. ulteriori valutazioni diagnostiche vanno condotte ancor prima che siano
disponibili i risultati del test cutaneo alla tubercolina
o dell'esame basato sul rilascio dell'interferone gamma. Diversi esami basati
sui metodi di
amplificazione degli acidi nuclei ci consentono una diagnosi più rapida e
maggiormente sensibile della tubercolosi attiva, e possono essere utilizzati
come complemento allo striscio per la ricerca dei bacilli acido-resistenti e
dagli esami colturali per i micobatteri.
.
Infezioni t tubercolari latenti
Circa un terzo della popolazione mondiale, compresi 11 milioni di pazienti negli
Stati Uniti, presenta un'infezione latente da M. tuberculosis. Nella maggior
parte dei pazienti immunocompetenti il rischio di un’attivazione di un'infezione
latente nel corso della vita è del 5-10%. Modificazioni della "fitness
immunologica" (es. infezioni da HIV, diabete, patologie con immunodepressione)
possono determinare un aumento di tale rischio. I pazienti con infezione da HIV
presentano un rischio di un’attivazione significativamente più
elevato. Il rischio più elevato di sviluppo di una tubercolosi attiva riguarda i
primi 2 anni dopo l'infezione. I pazienti ad alto rischio di riattivazione vanno
adeguatamente informati dei rischi associati alla riattivazione,e vanno
fortemente consigliati ad intraprendere un trattamento della tubercolosi
latente.
Nella maggior parte dei pazienti con infezione tubercolare latente i l
trattamento di scelta prevede la somministrazione di isoniazide; un'eccezione è
costituita dai pazienti in cui si sospetta una resistenza nei confronti del
farmaco. Le opzioni terapeutiche per la tubercolosi latente sono elencate Un
trattamento di 9 mesi con isoniazide diminuisce il tasso di riattivazione
durante la dissoluzione del granuloma, ed è associato a tassi di efficacia, nei
pazienti con buona compliance al trattamento, pari all'incirca al 9°%
Nove mesi di terapia con isoniazide sono indicati anche nei pazienti con
infezione da HIV e nei bambini di età inferiore a 4 anni; il trattamento riduce
i rischi di insuccesso terapeutico e di sviluppo di resistenza a i farmaci.
L'età avanzata di per sé non rappresenta più un'indicazione all'esclusione dal
trattamento. In pazienti che sono impossibilitati o che non intendono sottoporsi
ad un trattamento di 9 mesi può essere preso in considerazione la
somministrazione di isoniazide di 6 mesi; il trattamento più breve risulta
tuttavia meno efficace. Nei pazienti con scarsa compliance e che non sono in
grado di assumere rifampicina il trattamento breve con isoniazide può ridurre i
tassi di interruzione della terapia, migliorandone in tal modo I'efficacia. La
compliance del paziente al trattamento può costituire un problema significativo,
in particolare in coloro che non hanno ben compreso gli effetti benefici del
trattamento stesso.
Nei pazienti che non sono in grado di tollerare l'isoniazide o nei pazienti con
nota o sospetta tubercolosi l’isoniazide o nei pazienti con nota o sospetta
tubercolosi latente resistente all’isoniazide un trattamento alternativo prevede
la somministrazione di rifampicina per 4 mesi. Rispetto alla somministrazione di
isoniazide per 9 mesi, la rifampicina presenta un'epatotossicità minore, e tassi
di completamento del trattamento più elevati. Un problema significativo è
tuttavia costituito dal rischio di interazioni tra farmaci e di sviluppo di
resistenza alla rifampicina nei pazienti con scarsa compliance. Nei pazienti con
infezione da HIV, che presentano un rischio più elevato di tubercolosi
resistente alla rifampicina, la monoterapia con rifampicina non è consigliata;
esiste inoltre un rischio di interazioni tra la rifampicina e diverse terapie
che prevedono associazioni tra farmaci antiretrovirali.
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