Le galassie ed il destino dell’universo
 


 
Sin dalle prime osservazioni telescopiche non si era compresa la vera natura delle galassie. Erano genericamente chiamate nebulose e le si ritenevano sistemi solari in formazione. Soltanto con l’osservazione spettroscopica e la scoperta di variabili cefeidi molto distanti al loro interno permise di svelarne la vera identità. Le galassie si dividono in quattro grandi classi: ellittiche, spirali, spirali barrate ed irregolari. Sul totale delle galassie note le ellittiche sono le più abbondanti con un buon 60%, seguite dalle spirali per il 20%, le spirali barrate con il 10% e le irregolari per il rimanente 10%. A loro volta le galassie sono divise in ulteriori tipi. Le ellittiche in base all’ellitticità (E), con una scala da 0 a 7, con 0 pari ad una sfera e 7 ad una forma molto appiattita, più simile ad una galassia spirale vista di taglio. Le spirali in tre grandi scale: Sa, Sb ed Sc, definite come il maggiore o minore avvolgimento delle spire con le Sa molto avvolte e le Sc assai poco. Stesso discorso per le galassie a spirale barrata definite come Sba, SBb e SBc. Impossibile definire dei tipi per le irregolari.

classificazione delle galassie

L’origine delle galassie non è chiara. Purtroppo l’osservazione delle galassie dà solo delle indicazioni sulla loro possibile evoluzione. E’ possibile che si siano formate subito dopo il Big Bang dall’aggregazione delle prime grandi nubi d’idrogeno e che le prime stelle siano nate direttamente al loro interno, oppure che le stelle siano nate in grandi ammassi che poi si sono fusi dando origine alle galassie. Quest’ultima soluzione potrebbe essere la più probabile in quanto la nostra Via Lattea, come molte galassie vicine alla nostra, sono circondate da un alone sferico di ammassi globulari composti da stelle particolarmente vecchie. Gli ammassi si sarebbero fusi iniziando a ruotare attorno al centro di massa comune. Poiché le stelle primordiali erano particolarmente giganti, queste si sono evolute in stelle di neutroni o buchi neri che sono migrati verso il centro della galassia e la loro fusione ha dato origine a fenomeni violentissimi. Sono state osservate galassie spirali molto particolari prive di un nucleo denso e luminoso, dette di Seyfert, che si pensa trattarsi di galassie giovani.

 

Lo stadio violento successivo è invece rappresentato dai quasar. Questi sono oggetti molto particolari. L’osservazione al telescopio permette d’osservare galassie fino ad una certa distanza nello spazio-tempo. Dopo c’è solo il buio che viene rotto improvvisamente solo dalla luce dei quasar. L’analisi di questa luce rivela fenomeni estremamente energetici concentrati in spazi di dimensioni quasi stellari.

Si può arrivare alla conclusione che questi quasar rappresentino la nascita dei super buchi neri che si nascondono nei luminosi nuclei delle galassie. Questi giganteschi buchi neri vanno ingoiando tutta la materia della galassia e si circondano di un alone di stelle, spesso molto vecchie. Così si potrebbero spiegare le galassie ellittiche, prive di bracci densi e visibili. Ovviamente questa è un’evoluzione delle galassie suscettibile di profondi cambiamenti in seguito a scoperte future. Risale infatti al marzo 2000 la scoperta del quasar più lontano, circa un miliardo di anni, ma presto potrebbe venire superato da nuove ricerche. Resta il fatto che l’universo è nato intorno ai 10 miliardi d’anni fa, miliardo più, miliardo meno, e che quindi ci sono ancora miliardi di anni da esplorare.


Nella possibile storia delle galassie sopra accennata non si parla delle galassie spirali barrate e di quelle irregolari. L’evoluzione delle spirali barrate è certamente simile a quelle delle normali spirali, solo che al momento della nascita alcuni grandi ammassi si sono messi in orbita intorno all’ammasso principale invece di fondersi con esso. La barra che li congiunge è formata da stelle che orbitano fra i tre ammassi. Ovviamente anche questa sull’origine delle spirali barrate è un’ipotesi, mentre per le irregolari ci sono prove che dimostrano come queste siano il frutto di passaggi ravvicinati tra galassie, scontri e “cannibalismo” galattico. Le galassie sono in movimento nello spazio e possono avvicinarsi. Quando ciò accade le reciproche attrazioni gravitazionali disfano l’ordine delle stelle e danno alle galassie l’aspetto di giganteschi girini.

collisione tra galassie

Può anche capitare che una galassia di massa notevole possa fagocitare una galassia più piccola, come nel caso della Via Lattea con la due Nubi di Magellano. Anche la nostra Via Lattea è comunque in pericolo perché è in rotta di collisione con M31, di massa molto superiore.
Vista la possibile evoluzione delle galassie, è interessante capire perché le galassie a spirale possiedono questa forma particolare che le fa sembrare dei dischi con un grande rigonfiamento centrale. Se era possibile vedere le altre galassie, poco si sapeva della nostra Via Lattea. Solo l’osservazione delle onde radio a 21 centimetri mise in luce l’aspetto a doppia spirale molto avvolta che porta la Via Lattea nella classe Sa. Che la materia orbitante intorno ad un unico centro di gravità tenda a disporsi su un unico piano, formando così una sorta di disco, era cosa nota e verificabile anche matematicamente, diverso il discorso per i “bracci”. L’osservazione radio dimostrò che i bracci erano composti di gas idrogeno, reso visibile per l’elevata densità e dal riscaldamento dovuto alla luce ultravioletta delle stelle. Delle simulazioni hanno mostrato che le stelle, orbitando attorno ad un centro comune, danno origine a delle “onde di pressione gravitazionali” che partono dal nucleo verso l’esterno, ma la rapida rotazione del nucleo fa loro disegnare una spirale. I bracci di una galassia altro non sono che zone dove la forza di gravità è più intensa. Ciò attira e compatta il gas interstellare mentre non disturba più di tanto le stelle che si trovano in tale fascia, essendo troppo massicce. Questi bracci, o meglio queste ondate gravitazionali, si spostano verso l’esterno ad una velocità di 30 Km/s ed imprimono ai gas ed alle polveri una spinta di circa 10 km/s, che forma una vera e propria onda d’urto.

la nostra galassia

Il nostro Sole si trova in una zona libera tra due bracci: il braccio di Orione, in allontanamento e di cui vediamo la parte posteriore; il braccio del Sagittario, in avvicinamento e di cui vediamo la parte frontale. Nel braccio del Sagittario si osservano numerose nebulose ad emissione, mentre nel braccio di Orione si osservano numerose nebulose a riflessione. Che succede? L’onda di pressione gravitazionale compatta la materia interstellare rendendola visibile per la riflessione della luce ultravioletta. Così compattata la materia interstellare viene poi raggiunta dall’onda d’urto che la comprime tanto che in alcune zone la densità di materia è tale da dare vita a nuove stelle e formare quindi nebulose a riflessione (vedere la spettacolare M42). Questa è la meccanica che porta alla nascita di stelle nuove in una galassia spirale.
La nostra via Lattea ha un diametro di 100.000 anni luce ed un nucleo di circa 20.000 anni luce di diametro. Dentro al nucleo si nasconde un gigantesco buco nero, di cui possiamo vedere solo la radiazione X emessa dalla materia che vi cade dentro ed una forte emissione radio. In genere i buchi neri emettono violente scariche elettriche verso i poli dei loro potentissimi campi magnetici. Anche i super buchi neri galattici danno vita ad identici fenomeni, proporzionali alle loro dimensioni. Sono stati osservati getti di materia provenienti dai nuclei di altre galassie che si muovevano alla velocità della luce. Si trattava delle scariche elettriche che volavano verso i poli magnetici delle loro galassie. Fenomeni grandiosi e spettacolari. Sembra che anche la nostra galassia abbia un suo getto. Cosa succede nel nucleo della Via Lattea non è chiaro, è certo solo che c’è stata una potente esplosione che ha scagliato un anello di gas idrogeno verso i bracci alla velocità di 53 km/s nella nostra direzione ed a 135 km/s in direzione opposta ed ora si trova a 10.000 anni luce dal nucleo, mentre un'altra si muove a 1.000 anni luce di distanza dal nucleo, composta da molecole complesse come la formaldeide, l’ammoniaca ed il cianuro di metile, in moto alla velocità di 40 km/s. Cosa ha provocato una simile esplosione è tuttora un mistero.
Il nostro Sole orbita a circa 20.000 anni luce dal nucleo ad una velocità di 250 km/s, pari a circa 900.000 km/h. Ciò lo porta a compiere una rivoluzione ogni 225 milioni di anni. Da quando è nato ha già compiuto 18 giri. Il Sole si sposta, tra le stelle vicine,  ad una velocità di 19.4 km/s in direzione della costellazione dell’Ercole, verso le coordinate: A.R. 18h 4’; Dec. +30°.
Anche la Via Lattea si muove nello spazio, insieme alle altre galassie vicine che formano il “gruppo locale”.

 

La Via Lattea viaggia a 600 km/s, pari a 2.160.000 km/h verso un punto nella costellazione del Leone (non è molto, per percorrere uno spazio di 149.000.000 km, ovvero una Unità Astronomica o la distanza media Terra-Sole, la galassia impiega due giorni, contro gli otto minuti della luce). Nella costellazione del Leone sembra esserci un “grande attrattore” che sta attirando i grandi ammassi di galassie del Leone e della Vergine. La Via Lattea, insieme ad altre galassie contenute entro una certa distanza, forma il “gruppo locale”.

Zona centrale del gruppo locale

L’universo a grande scala è costituito da gruppi di galassie. L’aspetto sembra essere quello di addensamenti di galassie intervallate da vuoti abissali, similmente al fumo filamentoso di una sigaretta o alla sezione di una spugna. Non bisogna dimenticare che i nuovi telescopi che stanno operando, come l’Hubble Space Telescope, e quelli che stanno per essere ultimati, spingono ancora più in profondità l’osservazione dell’universo, ma spingersi in profondità significa anche spingersi indietro nel tempo. Quindi sembra essere impossibile avere una visione dell'universo così come si presenta oggi, ma sempre relativa al tempo in cui i fotoni sono partiti dalle galassie lontane. L’aspetto che dovrebbe avere l’universo è poi legato alla sua evoluzione. Uno dei parametri che permise di svelare la vera identità delle galassie fu, ed è tuttora, il forte spostamento verso il rosso dei loro tracciati spettroscopici, noto come “red shift”.

Redshift

L’astronomo Hubble s’accorse che esisteva un nesso tra lo spostamento degli spettri luminosi e la distanza delle galassie dall’osservatore. Le galassie parevano allontanarsi dall’osservatore sempre più velocemente tanto più erano lontane. Oggi sappiamo che una galassia s’allontana da noi alla velocità di 17 km/s ogni milione di anni luce, cosa nota come “legge di Hubble”. Questo moto di allontanamento è il residuo dell’espansione dell’universo iniziato con il Big Bang. Il problema è che l’espansione sembrerebbe indicare che l’osservatore è il centro dell’universo, cioè noi, la Terra, ma ciò non è possibile, infatti grazie alla teoria della relatività sappiamo che questa particolarità è comune per ogni corpo celeste. Spiegazione: se potessimo andare su un’altra galassia vedremmo ancora le altre galassie allontanarsi da questa. Insomma non ci sono punti privilegiati nello spazio, ma ogni punto può essere considerato centro. Che aspetto può avere un universo senza centro? E’ una domanda alla quale per ora è difficile dare una spiegazione. Sappiamo che il nostro universo si espande in tutte le direzioni, con le galassie che assomigliano alle uvette nell’impasto del panettone natalizio che lievita nel forno. L’universo che sembra rispondere meglio alle caratteristiche attuali è curvo, ovvero se immaginassimo di muoverci in linea retta in una qualsiasi direzione torneremmo sempre al punto di partenza, ma secondo recenti studi sarebbe piano, ovvero non torneremmo mai al punto di partenza, ma ci muoveremmo all’infinito.

 Modelli di universo

A complicare le cose c’è sempre la velocità d’espansione dell’universo. Questa velocità inizialmente era elevatissima, ma la materia, con la forza di gravità, l’ha rallentata ai valori attuali. Altra questione è se la forza di gravità sarà capace di rallentare e quindi fermare l’espansione dell’universo. Se nell’universo ci fosse abbastanza materia l’espansione si fermerebbe e porterebbe l’universo a collassare, per poi forse generare un nuovo Big Bang ed un nuovo universo. Altrimenti l’universo è destinato ad espandersi in eterno.

Gli astronomi sono alla ricerca di materia nell’universo. Hanno ipotizzato l’esistenza di corpi massicci ed oscuri e la presenza di massa in particelle subatomiche evanescenti, non solo nella speranza di capire se c’è abbastanza materia nell’universo, ma perché simulazioni hanno dimostrato che ci sono fenomeni nel cielo che dimostrano che c’è più materia di quanta si ipotizzava. Ma secondo studi recenti sembra che la velocità di espansione dell’universo sia in aumento oppure le nostre stime fino ad oggi sono errate. Ancora una volta l’universo custodisce gelosamente i suoi segreti ed i cosmologi continuano a produrre nuove teorie o rielaborare le vecchie alla luce di nuovi dati o punti di vista. Se l’universo è destinato ad espandersi in eterno che accadrà alle galassie? Poco alla volta i loro buchi neri fagociteranno tutta la materia. E’ possibile che alcuni di questi buchi neri si trovino abbastanza vicini da catturarsi vicendevolmente, ma poi non resterebbero che loro, poca materia e tanta radiazione diluita in spazi enormi. Anche i buchi neri non vivono in eterno ed anche loro si dissolveranno, probabilmente in raggi X, ed il nostro universo diventerà un’enormità buia e fredda. Sarà veramente così? Sembrerebbe di si, ma siamo ancora agli inizi dell’esplorazione dell’universo. Continuiamo ad esplorarlo e si vedrà.  
            

 

Sezione Neofiti

home