La nascita dell’universo e la vita delle stelle


 
La teoria più accreditata per spiegare la nascita del nostro universo, con tutte le sue varianti, è quella del Big Bang. Secondo questa teoria l’universo è nato 11-13 miliardi di anni fa con una sorta di potente esplosione, da cui il nome, e con esso anche il tempo, la quarta dimensione. Con le attuali conoscenze si è arrivati a comprendere cosa è accaduto fino a 10-43 secondi dalla nascita, il resto è ancora avvolto nel mistero.



In quei primi istanti la materia non era ancora nata e le quattro grandi forze dell'universo (Nucleare, Elettromagnetica, Nucleare Forte e Debole) erano libere, la temperatura enorme e l'universo stesso si espandeva a velocità superiori a quelle della luce. Dopo un millesimo di secondo la temperatura era 30 milioni di volte quella del Sole; dopo un secondo il diametro dell'universo era già di 20 anni luce. Le quattro forze cominciarono a fondersi originando le prime particelle di materia: protoni ed elettroni. Con la nascita della materia, l’universo cominciò a rallentare la sua espansione nel vuoto a causa della forza di gravità mentre la temperatura diminuiva tanto che dopo trecentomila anni raggiunse i tremila gradi centigradi. A questo punto la fisica dell’universo cambiò. Materia ed energia, che prima erano unite, si separarono ed i fotoni ( la luce) furono in grado di muoversi liberamente mentre protoni, neutroni ed elettroni si aggregavano formando atomi prevalentemente d’idrogeno, una piccola quantità d’elio e tracce di litio. Da allora la temperatura dell’universo è scesa ed attualmente è di 3 gradi Kelvin, –270 gradi Centigradi.
L’aspetto dell’universo era quello di un’immensa nuvola di gas che si espandeva nel vuoto. I gas non erano distribuiti in maniera uniforme, ma c’erano zone dove la densità era maggiore. Nelle zone più dense gli atomi si sono attirati a vicenda, hanno sommato le loro forze gravitazionali ed hanno cominciato ad attirare atomi sempre più lontani. Si sono create inizialmente delle palle di gas dove gli atomi in profondità hanno cominciato a scaldarsi a causa della pressione generata dalla massa sovrastante. Il continuo afflusso di materia ha elevato la temperatura nel nucleo della palla che comincia a diventare incandescente finché la temperatura raggiunge i 10 milioni di gradi centigradi. Gli atomi si fondono tra loro innescando quel processo a catena noto come fusione nucleare, che tiene in vita le stelle. Questo tipo d’energia è lo stesso che l’uomo usa nelle “bombe H” e che tenta d’imbrigliare nei reattori a fusione nucleare, nella speranza di poter finalmente avere energia pulita ed in abbondanza. In questo modo nascono le stelle, dove quattro atomi d’idrogeno si fondono assieme per formarne uno d’Elio. Le reazioni da fusione sono molto energetiche e rapide; la nuova stella comincia a gonfiarsi e tenderebbe a dissolversi nel vuoto se la sua forza di gravità non frenasse il moto d’espansione fino ad arrestarlo. Si produce così uno stato di stallo fra forze gravitazionali e nucleari che può durare miliardi d’anni. Con l’accendersi delle stelle, l’universo comincia ad illuminarsi.
Come già accaduto per gli atomi, anche le stelle cominciano ad attirarsi vicendevolmente formando prima degli ammassi dove centinaia di migliaia di stelle orbitano attorno ad un centro comune, poi questi ammassi ne attirano altri e formano cosi le galassie, immensi ammassi di stelle e gas orbitanti attorno ad un centro comune.

Tutte le stelle nascono in nubi di gas e polveri, si evolvono e terminano la loro vita in modi diversi, ma non sono tutte uguali. Solo la prima generazione sembra sia stata tutta composta da stelle dello stesso tipo, giganti dalla vita breve che hanno disseminato la loro materia nello spazio per creare le generazioni successive.
Già osservando le stelle ad occhio nudo si possono notare differenze di colore. I primi tentativi di classificare le stelle si basavano proprio sul colore, dando loro le lettere dell’alfabeto. Il sistema fu modificato quando fu possibile osservare la luce delle stelle allo spettroscopio. Con questo strumento divenne possibile stabilire il vero colore della stella osservata ed anche le sue caratteristiche chimiche. Il vecchio sistema di classificazione rimase, ma l’ordine alfabetico fu stravolto. Oggi le stelle possono essere identificate in undici tipi diversi, più altri peculiari: W, O, B, A, F, G, K, M, R, N e S. L’ordine parte dalle stelle con la temperatura superficiale più alta e di colore azzurro, per passare alle stelle gialle e finire con le nane rosse. Oltre al tipo è possibile aggiungere delle lettere che specificano che la stella ha delle particolarità, poi i tipi stellari sono divisi in ulteriori dieci parti, riferite al decrescere della temperatura superficiale. Per esempio il nostro Sole è una stella tipo G2, molto simile al tipo G0 ma meno massiccio e brillante.

diagramma sulla vita delle stelle


Uno strumento grafico per conoscere le caratteristiche delle stelle è il diagramma Herzsprung-Russel o diagramma HR. Sull’asse orizzontale le stelle sono disposte per tipo, quindi per temperatura superficiale, mentre sull’asse verticale ci sono la massa e la luminosità assoluta. Conoscendo alcune caratteristiche della stella è così possibile fare la sua “carta d’identità”.

diagramma H-R


Com’è possibile misurare la massa e la luminosità di una stella? E la distanza? Per ottenere questi dati servono telescopi precisi e matematica. La maggior parte delle stelle hanno delle compagne della stessa dimensione o più piccole. Sono i sistemi binari, cioè composti da due stelle vicine, ma esistono anche sistemi composti da più stelle. A volte le compagne sono direttamente visibili al telescopio, altre volte la loro presenza è rilevabile dal variare della luminosità della stella. Nel caso delle stelle visibili al telescopio, conoscendo il periodo di rotazione è possibile, grazie alle tre leggi di Keplero ed alle formule di Newton, calcolare le masse in gioco. La determinazione della distanza è un gioco trigonometrico che si basa sul piccolissimo moto apparente delle stelle nel cielo stellato dovuto al moto della Terra intorno al Sole (metodo della parallasse). Si tratta di rilevare la posizione esatta di una stella a sei mesi di distanza, quando la Terra si trova nella posizione opposta, circa 300 milioni di chilometri. Le due misurazioni daranno origine ad una piccola differenza angolare. Con la distanza e l’angolo, usando la trigonometria, si determina la distanza della stella. Questo metodo è possibile usarlo solo per stelle che non superano qualche centinaio d’anni luce, poi l’angolo diventa troppo sensibile agli errori di misurazione, all’effetto della rifrazione atmosferica o incalcolabile per i limiti degli strumenti di misura.

parallasse

Per stabilire la distanza di stelle più lontane ci si basa sulla loro luminosità dal momento che decresce proporzionalmente alla distanza. Questo permette di stabilire la distanza di stelle molto lontane conoscendo il loro tipo spettrale e la luminosità (magnitudine) apparente.
Tutte le stelle nascono in nubi di polveri e gas. E’ all’interno di queste nubi che nascono le differenze tra le stelle, sia per tipo sia per massa. Molte stelle addirittura nascono “malate” e ciò provoca loro delle fluttuazioni di luminosità. Questo tipo di stelle è noto con il nome generico di stelle variabili. Ne esistono ben quaranta tipi diversi, ognuno con le sue caratteristiche. C’è un tipo su cui vale la pena di soffermarsi per il contributo che dà agli astronomi nel misurare le distanze. Si tratta delle “variabili Cefeidi”. Sono grandi stelle che si stanno avviando verso la fine dei loro giorni. Le loro fluttuazioni di luminosità sono regolari mentre la frequenza e la luminosità sono proporzionali alle dimensioni della stella. La particolarità delle Cefeidi è che i loro spettri sono distinguibili anche in altre galassie, quindi basta trovare una Cefeide in una galassia per determinare la distanza della galassia stessa.

Le cefeidi

 

Nel cielo non ci sono solo stelle, ma anche i loro miseri resti. Cosa accade ad una stella quando arriva la fine della sua vita? Tutto dipende dalla sua massa. Con una massa fino ad un decimo di quella del Sole la stella, solitamente di tipo M e nana, non raggiunge le temperature per accendersi, pur essendo molto elevate. Stelle come queste esauriscono lentamente la loro energia e si spengono trasformandosi in anonimi planetesimi.


Con una massa tra un decimo ed 1,4 volte quella del Sole, arriva il momento in cui l’idrogeno diminuisce troppo. Le reazioni nucleari nel nucleo diminuiscono d’intensità provocando la contrazione della stella e l’accensione dell’idrogeno superficiale. Ciò provoca un brusco aumento delle temperature che permette la combustione dell’elio prodotto in precedenza dalla combustione dell’idrogeno. La stella ricomincia a gonfiarsi diventando una gigante (il Sole in questa fase potrebbe raggiungere i 40 milioni di chilometri). Per diversi milioni d’anni non accade nulla (100 per il Sole), poi anche l’elio si esaurisce, le reazioni nucleari si affievoliscono e la forza di gravità della stella la fa collassare trasformandola in un piccolo oggetto con una densità enorme. Le temperature s’innalzano nuovamente riaccendendo le reazioni nucleari. Si ha così una Nana Bianca. La temperatura superficiale arriva a raggiungere i 10-40 mila gradi centigradi e la stella continua a brillare finché pressione e temperature rimangono elevate, poi la stella si spegne, diventando una nana nera, un anonimo corpo freddo nel buio dello spazio.

Le nane bianche


Con una massa superiore a 1,4 volte quella del Sole, l’evoluzione può essere uguale a quella delle stelle di massa più piccola solo se durante la fase di gigante la stella perde il suo involucro esterno, circa 10-20 % della massa. Si forma così una nebulosa planetaria, una bolla di gas in allontanamento dalla stella che nel frattempo è diventa una nana bianca. Se invece la stella non si libera di parte dell’involucro, terminato di bruciare l’elio comincia a bruciare il carbonio, producendo magnesio, sodio, neon ed ossigeno. Bruciato anche il carbonio, il nucleo si contrae permettendo la fusione dell’ossigeno in zolfo e fosforo, mentre in superficie viene bruciato ancora l’idrogeno, l’elio ed il carbonio. La temperatura del nucleo s’innalza ancora e passati i 3 miliardi di gradi si formano i primi atomi di ferro. Il ferro non si lascia bruciare, richiedendo troppa energia, e quando la stella esaurisce l’ossigeno si contrae bruscamente nel giro di pochi secondi. Dopo un’iniziale implosione, la stella esplode trasformandosi in una supernova.

Gran parte della sua massa viene scagliata nello spazio. Il resto, imprigionato nel nucleo, è stato sbriciolato nei suoi elementi costituenti: elettroni, protoni e neutroni. Gli elettroni ed i protoni si fondono assieme trasformandosi in neutroni. Dopo la fase di supernova la stella si trasforma in una stella di neutroni o pulsar. Queste stelle ruotano rapidamente sul loro asse, hanno una densità enorme ed evaporano lentamente trasformandosi in onde radio. Man mano che la stella “evapora”, diminuisce il periodo di rotazione finché la stella non svanisce in onde radio.

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Quando la stella ha una massa enorme, durante l’ultima fase del collasso, la materia raggiunge densità enormi e di conseguenza l’intensità della forza di gravità raggiunge livelli tali che per sfuggire alla sua attrazione bisognerebbe viaggiare più rapidamente della luce. Si forma così un buco nero.  Un oggetto invisibile sotto tutti i punti di vista, in quanto nessuna forma di radiazione può pervenirci da esso, ma è possibile scoprirlo per via della radiazione X e dei fenomeni elettromagnetici emessi dalla materia che spiralando vi cade dentro.Anche i buchi neri però non vivono in eterno, pare che al loro interno la materia si trasformi in radiazioni, diminuendo la densità e la gravità, quindi il destino ultimo dei buchi neri sia quello di dissolversi in radiazioni. L’osservazione del cielo sulla frequenza dei raggi X ha mostrato diverse sorgenti sparse nella nostra galassia e nei nuclei delle galassie.      
          

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